LUCI NOTTURNE

di Cucciolo

Le mie dita riescono ancora ad andare lontano nonostante il tempo ed il logorio della memoria. Questo piano, queste note, sono leggeri ma pesantissimi. Vedo l’oro sulle mie dita diventare giorno dopo giorno sempre più cupo, è ormai piombo e il sogno di una dolce melodia si trasforma in un crudo suono assordante e doloroso. Sette anni di ricordi mi stanno sfuggendo rapidamente dagli occhi e ogni volta che papà apre quella porta l’ultimo sollievo di vento si trasforma in un duro rimpianto che mi scalfisce, mi riga il cuore. Voleva fortemente che imparassi a volare tra le note, che riuscissi a sognare e far sognare. La musica è la mia vita ma non riesco a volare, non ce la faccio. Quel sogno giovanile di poter domare suoni e sentimenti è adesso un incubo che mi guarda dritto negli occhi e mi gela il fiato. La mia anima è schiacciata sempre più sotto il peso di quel desiderio di papà. Ci sperava tanto ma io sono rimasto indifferente al suo e al mio bisogno di volare e sono ancora qui ad ansimare tra i rimpianti…e allora il dolore, quell’animale lurido, mi strozza e mi scaraventa giù, nel buio più profondo. Ogni notte, ogni giorno mi sembra che questa sia solo la brutta copia della mia vita e nel cielo notturno non ci sono più stelle e pianeti, ma solo un bagliore pallido, ruvido. Ogni volta che lui apre quella porta, il mio cuore sussulta battiti, battuti sulle curve della vita che risuonano come lacrime di vetro sulla punta delle dita. Sono rimasto qui e questa notte mette timore, è scura, tanto da unire il cielo e il mare e confondersi nel buio degli occhi assonnati. Mi domando se è vero che questa vita sia soltanto mia. Le mie ali sono ferite e chissà se mai ritornerò a volare. Papà mi ha sempre lanciato al cielo, sicuro che avrei scalato monti e mari ma ogni lancio è una caduta e ogni caduta un male che si spande in fondo al cuore, un maledetto male che trasforma i giorni in ore, tutte uguali, che finiscono per poi ricominciare stancamente ed incessantemente. Gli artigli di quel vecchio sogno diventato incubo graffiano la pelle e la notte, con le sue luci vitali, si trasforma in un cupo e disordinato ammasso di stupide stelle. Adesso non posso più muovermi e il cielo mi cala addosso come un soffocante telo. Sono qui, in balia di questo sentimento dai lineamenti bestiali. Ma adesso papà apre quella porta e la belva mi lascia a terra esanime e lo assale con un balzo felino ferendolo a sangue. Il mio dolore è anche il suo. Quella bestia è grande il doppio sopra di lui. Papà mi diceva di strappare ogni mio ieri e guardare avanti stringendo sempre i denti. Quei battiti battuti per me sono vita ma per gli altri saranno sempre e solo luci notturne, non è colpa sua, forse sono io l’unico colpevole. Un respiro profondo e comincio a rincorrere la mia inquietudine. L’ ho trovata, la guardo negli occhi, ma scompare in un secondo. Nel cuore sanguinante un profondo sgomento. Io non so più se era lei…o forse chissà, ero io…