DI
UN UOMO D’ ALTRI TEMPI
(Versione
Censurata)
di Dynamite Bla
“Quando
mi vedrai morto d’amore per te, o donna, e le mie labbra saranno schiuse e
vuoto dell’anima sarà il corpo, allora, vinta dal dolore e dal rimorso,
verrai al mio capezzale e con voce tenera e sommessa dirai: Sono colei che ti ha
ucciso e pentita sono ritornata”
Antico detto popolare Cinese
“Un caloroso
e sentito ringraziamento a tutte quelle persone (genitori, parenti ed amici) che
mi sono state vicine nei momenti di sconforto e che mi hanno aiutato, ciascuno
con i propri mezzi e secondo le proprie possibilità, a risalire lentamente dal
baratro senza fine della pazzia in
cui stavo precipitando, infondendomi nuova linfa vitale.
L’ Autore
L’
Autore, prima di lasciar intraprendere la lettura di quanto segue, ringrazia
vivamente tutti quanti lo hanno sostenuto ed aiutato in questa nobile quanto
ardua impresa e tiene a precisare che quanto riportato in questa opera, proposta
sotto forma di diario narrato in prima persona dal protagonista, a mò di
confessione, è scevro da contenuti volgari o elementi di cattivo gusto
offensivi nei confronti dell’ utenza. In qualsiasi momento chiunque non
dovesse trovare l’opera di suo gradimento è pregato di non proseguirne la
lettura. Il tutto è da ritenersi racconto di pura immaginazione; pertanto ogni
riferimento a fatti o persone reali è da considerarsi puramente casuale.
A
tutti una Buona Lettura.
Prefazione
“Per comprendere al meglio ogni più piccola sfumatura della mia vicenda narrata in questa autobiografia è necessario anteporre delle precisazioni”. Spiega il protagonista:
“Il contenuto di questa mia opera è una storia di presunto amore tra un ragazzo di città ed una ragazza di provincia, a prima vista una storia come tante, anzi per certi aspetti e per alcune persone addirittura superficiale; ma di grande importanza per il protagonista, molto intensa, carica di emozioni forti, tanto da meritare un posto di rilievo nella sua memoria, nonché nel suo cuore.
Esistono delle chiavi di lettura, non molto velate per la verità, delle quali è meglio ricordarsi fin dalle primissime pagine, al fine di poter inquadrare nella giusta ottica alcuni comportamenti ed evitare fraintendimenti di sorta, col procedere della lettura.
Molto probabilmente la storia era destinata a finire ancora sul nascere, dati alcuni episodi - chiave capitati sin dall’inizio; ma la testardaggine (o forse il sentimento di sincero affetto) del protagonista nei confronti della ragazza gli impedirono di rendersi conto di questi funesti quanto risolutori segni del destino e di aprire gli occhi; sino a quando non ebbe la disperazione e la forza necessaria per trovare il coraggio di porre fine ad un dolore che lo stava sempre più logorando e portando a compiere gesti d’insana pazzia.”
Il finale è inaspettato e il racconto finisce così lasciando tutto quanto in sospeso.
Lo stile utilizzato è quello del romanzo; ma l’opera assume le caratteristiche di un diario, di una vera e propria confessione scritta.
La narrazione è suddivisa in capitoli, in ciascuno dei quali viene spiegato l’avvenimento anticipato dal rispettivo titolo. Azioni e fatti hanno un posto di rilievo nelle prime battute, per poi velocemente cedere il posto ad una narrazione più introspettiva e riflessiva. Intervalli di tempo relativamente grandi ed azioni susseguitesi a ritmo serrato lasciano ben presto il posto, nei capitoli centrali ed ancor di più nelle battute finali, a descrizioni d’intervalli di tempo piuttosto brevi e alla quasi totale assenza d’azioni, in favore di una presenza sempre più preponderante di meditazioni, a tutto vantaggio della caratterizzazione psicologica dei due protagonisti. Il tutto è indice di una lettura più lenta ma in ogni caso sempre agile e di facile comprensione, e per questo coinvolgente.
L’ attenzione rivolta solo ed esclusivamente alla storia ha determinato una scelta stilistica ben precisa da parte dell’autore di lasciar perdere abbellimenti di sorta, ampollosità, schemi e figure retoriche, perché ciò che conta in qualsiasi buon romanzo che si rispetti è il contenuto, non tanto il modo in cui esso viene proposto, che comunque ha una sua relativa importanza da non trascurare.
Il primo punto che merita una precisazione è quello riguardante la genesi dell’intera storia.
“Tutto è cominciato con un incontro via chat. La chat è uno dei passatempi del sottoscritto, al pari della musica, dell’informatica, di internet e dell’attività fisica. Trattasi di uno strumento sempre più utilizzato dai giovani del nuovo millennio per fare incontri via etere con gente distante e per questo non raggiungibile e non conoscibile altrimenti. Lo stesso nome significa in inglese ‘chiacchierare’, e questo è ciò che avviene in una sessione di chat. Due o più utenti connessi alla Rete chiacchierano, si scambiano messaggi scritti sul monitor del pc, con l’ausilio d’appositi programmi, il tutto nel più stretto riserbo data l’ impossibilità di vedere chi si cela dall’ altra parte del monitor. Persino i nomi non sono quelli reali ma per l’ occasione vengono inventati dei soprannomi (‘nickname’ in inglese) con cui identificarsi. Il nickname del protagonista era un soprannome che gli derivava dai trascorsi musicali, affibbiatogli dai compagni di scuola ai tempi del Liceo. Il fine della chat è quello di passare allo stadio successivo, quello di un eventuale incontro dal vivo, per instaurare nuove amicizie, conoscere nuovi futuri amori o semplicemente come passatempo, in un mondo come quello odierno in cui sempre meno tempo si ha a disposizione per instaurare nuovi rapporti interpersonali, causa la vita caotica e frenetica delle metropoli, il sempre più invadente ingresso dell’ informatica nelle abitazioni civili e la conseguente inevitabile pigrizia della gente che crede che basti la semplice pressione di un pulsante sulla tastiera del proprio computer per vedere migliorata la propria esistenza. Internet non migliora la vita, come diceva giustamente qualcuno, non bisogna confondere la vita virtuale con quella reale. La gente conosciuta dal vivo può essere diversissima dall’ immagine che viene data di sé stessi via etere, complice il fatto di non essere visti né sentiti, e quindi la possibilità di lasciar andare i propri freni inibitori, di inventarsi un’altra personalità o addirittura di mentire sul proprio conto. Tutti avvertimenti questi apparentemente banali ma importanti, di cui il sottoscritto non tenne erroneamente conto per un periodo di tempo, e di cui inevitabilmente finì per pagarne giustamente le conseguenze.
Prima di questo incontro infatti, (a prima vista uno come tanti, poi rivelatosi decisamente diverso per ovvii motivi) ve ne furono altri, tutti andati a finire più o meno nella stessa deludente maniera. Ecco la seconda importante chiave di lettura, la motivazione che fece agire il sottoscritto in un determinato modo all’avverarsi di certe situazioni, che parevano essere segni tangibili del passato che ritorna, dello stesso incubo che si ripete.
A tutto ciò va aggiunto il bagaglio di esperienze personali con l’ altro sesso assai limitato, in alcuni tratti perfino sorprendentemente carente, del protagonista, frutto questo della sua indole innata timida, riservata, generosa, ipersensibile e fortemente influenzabile da personalità con più esperienza, ritenute quindi fonte di ispirazione da cui attingere preziosi consigli coadiuvanti, e pertanto più autorevoli di altre.
Anche di questa esasperante e frustrante condizione di inesperienza, oltretutto non voluta, tuttora accettata a malincuore e indipendente dal carattere personale, il sottoscritto finì per pagarne le conseguenze, stavolta ingiustamente.
Vi sono personaggi, oltre ai due protagonisti, di sicura importanza ai fini dello svolgimento dell’ avventura, ma comunque marginali, dei quali però viene comunque data una seppur minima caratterizzazione. I nomi di questi personaggi, dei luoghi e alcune situazioni che fanno da contorno alla storia sono rimasti nella più totale genericità e anonimità (lo stesso identificativo dei protagonisti è stato volutamente cambiato con uno fittizio. Per lei si è optato per l’appellativo ‘Sofia’, nome greco che significa ‘saggezza’, qui appositamente usato in chiave ironica per sottolineare l’indole della giovane protagonista, tutt’altro fuorchè saggia), in quanto comuni a qualsiasi realtà giovanile, per facilitare l’ immedesimazione nella vicenda.
Esistono inoltre degli avvenimenti che non sono stati inseriti nella storia, in quanto trattasi di fatti di cui purtroppo non si dispone di prove certe ma solo di canoniche voci di corridoio, nonostante l’ indiscutibile solidità di alcune fonti di provenienza; quindi sono state ritenute non influenti ai fini dello svolgimento della narrazione, e ancor prima considerate assolutamente irrilevanti per il proseguo della storia.”
Per concludere, un’ ultima precisazione:
“Ho optato per la stesura di questa vicenda autobiografica in quanto trattasi di materiale piuttosto interessante, comprendente avvenimenti alquanto bizzarri, a tratti surreali, con qualche pizzico di ironia e amarezza, dai risvolti ora comici ora tragici, e con una sfumatura di emozioni ed una gamma di sensazioni abbastanza ampia. Ma il motivo principale per cui tengo particolarmente a questa opera è la presenza all’ interno della stessa di risposte esaustive ai fini della risoluzione di interrogativi ancora rimasti insoluti e di clamorosi sbagli altrimenti misteriosi, nonché di episodi apparentemente privi di fondamento, ancora in cerca di verità.”
Come collocazione temporale si è optato per il periodo che va dall’ estate dell’anno 2002 all’ estate dell’ anno successivo, un periodo di tempo assai tormentato in cui, concorsualmente all’evento narrato ne avvenne anche un altro, di tutt’ altra fattura, cui in un futuro prossimo forse verranno dedicate altre curiose pagine; ma questa, come si suol dire, è un' altra storia.
Come mio solito fui sempre molto prudente, talvolta pure fastidiosamente vago, seppur comunque schiettamente sincero nel fornire informazioni su di me, e trattandosi ancora di un’ estranea mi limitavo a scambiare semplici e banali dialoghi tipici di due persone che volevano soltanto conoscersi un po’ e passare del tempo davanti al computer in maniera meno dannosa possibile per il cervello, invece di videogiocare o di affrontare la terrificante afa che affligge ricorsivamente le estati della zona in cui abito.
Dopo un po’ di tempo, all’ incirca verso Agosto, sia io che Sofia partimmo ciascuno per le proprie ferie e non ci sentimmo più fino al nostro rientro, sul finire dell’ estate.
Quando ci ritrovammo, sempre in chat, ci raccontammo con sempre crescente entusiasmo le nostre vacanze, ed intensificammo i rapporti epistolari, scambiandoci anche le rispettive fotografie.
Nonostante abitasse in un paese in cui bazzico spesso non l’ avevo mai vista prima e non sapevo nemmeno niente di lei. In me crebbe così l’ interesse e la voglia di incontrarla dal vivo, tanto più che nemmeno lei si era mostrata contraria alla cosa, sin dalla mia prima richiesta, così le domandai se le andava di fissare un appuntamento di lì a qualche giorno.
In fin dei conti eravamo d’accordo tutti e due sul fatto che chissà quante volte potevamo esserci incrociati passeggiando per il centro della nostra città; quindi era giustamente ora di vedere chi fossimo in realtà.
Ero emozionato ma al tempo stesso anche titubante perché in passato avevo conosciuto dal vivo gente proveniente dalla chat ma tutti questi incontri si rivelarono fallimentari in quanto una volta faccia a faccia scoprii che tutte queste ragazze non erano altro che personaggi banali e superficiali, interessati solo alla bella presenza o a futilità simili. Le mie precedenti esperienze così non andarono a buon fine perché persi ogni contatto non per mia volontà, e l’ ottimo rapporto virtuale così faticosamente creato venne bruscamente interrotto.
L’ occasione per questo nuovo incontro fu favorita da parecchie circostanze favorevoli, una di queste fu un avvenimento che accomunava un po’ tutti, datato 5 Settembre, e che interessò sia me ed i miei amici, sia lei e le sue amiche. L’ avvenimento in questione fu un concerto tenuto dalle nostre parti da un artista molto conosciuto ed in voga in quel periodo, ex-cantante di un famoso gruppo. Ai miei amici interessava andarci perché conoscevano ed apprezzavano già da tempo il repertorio di questo artista; io semplicemente non avevo mai assistito ad un concerto prima d’ ora, se si escludono le esibizioni locali di svariati gruppi musicali nostrani.
Dal momento che già da tempo i miei amici lamentavano una carenza di nuovi ingressi in compagnia che portassero nuova linfa al nostro sparuto ma compatto gruppo, mi prodigai per la ricerca dei biglietti, in modo da accontentare tutti. Una volta trovatili ormai il faccia a faccia con questa nuova amica della chat fu inevitabile, in quanto dovevo consegnarle le contromarche per accedere al concerto.
Forte delle mie già citate numerose esperienze precedenti negative, in me cresceva qualche perplessità, alimentata dai miei amici, che una volta consegnati i biglietti ognuno sarebbe andato per la sua strada. Temevo infatti di venir sfruttato solo per soddisfare gli interessi altrui; ma ebbi subito una smentita che mi fece cambiare totalmente opinione sulla questione: ci si mise d’accordo per trovarsi tutti all’ ingresso del luogo dove si teneva il concerto per godercelo insieme, noi quattro ragazzi con Sofia e tre sue amiche compaesane. Per l’ occasione lei mi fornì il suo numero di cellulare per potersi tenere in contatto.
Capitolo 2: Il Primo Incontro
Giunta la fatidica ora mi presentai nel posto stabilito con un ansia indescrivibile.
C’ era un gruppo di ragazzi antistanti la piazza dell’ oratorio del paese che sistemavano una vettura cercando di cambiarne una ruota, evidentemente incidentata, con quella di scorta. Mi avvicinai a loro, ma avendo molta vergogna a domandare se conoscessero Sofia e dove fosse al momento, presi il cellulare e la chiamai.
Un telefonino posto in una borsetta sul sedile anteriore della vettura squillò a pochissimi metri da me, e immediatamente da dietro la macchina una ragazza si affrettò ad andare a rispondere. Avendo quindi capito finalmente chi fosse mi avvicinai, la chiamai timidamente e fu così che ci presentammo e ci conoscemmo. Fui subito colpito dalla sua statura, al di sopra della media per una ragazza, ma ancor di più dai suoi modi di fare. Non mi diede la canonica stretta di mano perché era tutta sporca di olio e grasso dell’ autovettura, dato che la macchina cui si stava trafficando indaffaratamente per cambiare la ruota era proprio la sua.
Io fui imbarazzatissimo per tutto il tempo che stetti lì da lei. Le diedi i biglietti che mi ero procurato e mi misi d’accordo con lei per trovarci il giorno seguente. Seppi che lei e le sue amiche sarebbero partite con un congruo anticipo per evitare code al parcheggio ed all’ ingresso; noi invece eravamo costretti a partire proprio una manciata di minuti prima dello spettacolo a causa del turno di lavoro di due miei amici, il quale non poteva essere decurtato o spostato.
La mia permanenza al primo incontro fu alquanto breve, e mi congedai timidamente a tempo di record dopo neanche cinque minuti che ero arrivato, dato che per il vistoso ed incontenibile imbarazzo in cui ero caduto non riuscivo a trovare nessun ulteriore argomento di comune interesse.
Mi resi successivamente conto, a tempo debito, di aver dato erroneamente l’ impressione di essere un tipo piuttosto sbrigativo e senza tante argomentazioni a suo carico.
Essendo passato un lasso di tempo brevissimo ed avendo io ancora parecchio tempo a disposizione tornai dalle mie cuginette per finire i loro compiti estivi.
Fu così che sfumò la possibilità di un’ uscita insieme per fare quattro chiacchiere dal vivo; ma fui contento ugualmente perché ero sicuro che l’ avrei rivista con più calma in un’ altra occasione, assai più tranquilla e favorevole.
Tornato a casa pensai ad ogni minimo inconveniente che riguardava il viaggio dalla mia città al luogo del concerto, così, preso da molti scrupoli non persi tempo a cercare in internet una cartina con segnata la strada più agevole da seguire per arrivare a destinazione e la inviai repentinamente via posta elettronica a Sofia. Io ne feci a meno in quanto conoscevo molto bene il percorso, già intrapreso in precedenza.
Andai a letto con ormai la solita emozione che mi accompagnava già da qualche sera, dal momento che venni catapultato in situazioni che non avevo mai provato prima, e per questo altamente adrenaliniche. Mi sentivo fiero di me stesso per essere riuscito per la prima volta a farmi vedere deciso, serio, e a non perdermi in inutili chiacchiere. Anche i miei amici furono notevolmente risollevati col morale perché perlomeno per una sera avremmo fatto qualcosa di diverso con compagnie nuove. Questo fattore giovò notevolmente a caricare di entusiasmo e vivacità i nostri animi e a renderci più uniti, poiché da troppo tempo si trascorrevano i fine settimana senza troppe inventive o trovate interessanti.
Tutto il giorno seguente lo passai a mettermi d’accordo con gli altri compagni a metterci d’accordo per fare una figura il più decorosa possibile.
Il tempo volgeva al peggio ed infatti negli attimi antecedenti l’ esibizione cadde qualche goccia di pioggia, che però non intimorì gli animi dei presenti.
Fummo sempre più infervorati dall’ intrigante atmosfera che si andava creando. Quando finalmente ebbe inizio l’ esibizione scoppiammo in un boato di urla, grida ed applausi. Tutto il mio improvvisato quanto determinato studio dei giorni precedenti dette i suoi frutti: diedi l’ impressione di essere un accanito fan dell’ artista, non un intruso capitato lì a caso. Scoprii così in lui non solo un valido e bravo cantautore ma anche una ricchezza nei suoi testi che ormai mi catturò del tutto e che mi piacque decisamente.
Evidentemente avvenne in me qualcosa di indescrivibile che mi fece mutare in maniera piuttosto evidente il mio abituale comportamento, e fra tutti il più elettrizzato ed incontenibile fui proprio io. Per l’ occasione mi lasciai proprio andare e trascinare dalla musica, quando invece la mia irritante natura timida e riservata mi aveva sempre fatto trattenere qualsiasi tipo di emozione prima d’ ora.
Complice la calda e promettente situazione ormai venutasi a creare passammo un bel po’ di tempo vicini l’ uno all’ altra a scherzare e giocare innocentemente insieme. Sembrava proprio che avessimo fatto una bella impressione finalmente. Di solito avevamo fama di suscitare nella gente un’ impressione iniziale piuttosto negativa, ma questa volta la maledizione sembrava finita.
La serata trascorse liscia e carica di adrenalina, e ogni tanto volavano sporadiche ma ammiccanti occhiate di simpatia e compiacenza tra il sottoscritto e la sua amica. Finalmente un qualcosa di diverso, come non accadeva da un bel po’ di tempo, in piacevolissima compagnia.
Una volta finito il tutto si mise di nuovo a piovere, stavolta più insistentemente di prima, così ritornammo tutti al paese di Sofia nell’ oratorio per parlare un po’ più tranquillamente, cosa risultata impossibile nei due momenti di incontro precedenti per ovvie ragioni. Due dei miei amici dovendo lavorare il giorno dopo e abitando un po’ fuori mano optarono per non venire, preferirono andare subito a casa loro. Andammo solo io e uno che era in macchina con me.
Purtroppo l’ orario avanzato non consentì molte divagazioni così dopo aver parlato del più e del meno ci salutammo tutti ed andammo ognuno a casa propria. A me fu rivolto un invito a risentirci ed a rivederci, ma non presi molto in considerazione la cosa all’ inizio; anzi, la presi proprio alla leggera., se devo essere sincero fino in fondo. Mi sembrava infatti di rivivere il solito incubo delle esperienze passate che si ripeteva inesorabilmente, di gente che dopo avermi incontrato e conosciuto dal vivo mi disse che ci saremmo tenuti ancora in contatto e poi non si fece più sentire e nemmeno rintracciare, per continuare perlomeno la corrispondenza epistolare. Tutti i miei buoni propositi di amicizia andarono inesorabilmente in fumo in quelle occasioni. Pensai pertanto che il tutto si sarebbe esaurito dopo il concerto. Oltretutto nei giorni seguenti Sofia era impegnatissima nell’ elaborazione dei giochi dell’ oratorio, in occasione dell’ imminente festa del paese, di cui era una delle organizzatrici ed intrattenitrici. Per qualche giorno quindi si ripiombò nel silenzio più totale. Cominciarono però in questi frangenti i primissimi scambi di squilli ed sms sui rispettivi telefonini. I pochi fine settimana che passammo prima del suo ingresso in compagnia furono all’ insegna di frequentissime chiamate sul cellulare da parte di entrambi: anche se lei era impegnata con la festa del paese aveva comunque l’ educazione e l’ accortezza di rispondermi sempre o addirittura di chiamarmi per sapere con chi ero, dove mi trovavo e come stavo. Un bel trattamento davvero: non era mai accaduto prima, mi sentivo come uno che avesse fatto finalmente centro. Non avevo sbagliato niente, e per di più senza seguire nessuna assurda tattica, semplicemente essendo me stesso fino in fondo. L’ incontro con lei di persona e poi l’ avvenimento del concerto furono proprio galeotti. Presi allora a sperare che forse la situazione non fosse così spiacevole come l’ avevo ipotizzata prima.
Continuai la mia vita di ogni giorno col ricordo del concerto nel cuore, come di una esperienza che significò qualcosa di importante nel mio cammino formativo di approccio con la gente. Fra tutte le ragazze conosciute, oltre ovviamente a Sofia, mi era rimasta impressa la figura di questa sua amica, mia vicina di casa, che sapeva praticamente tutto su di me. In seguito la scoprii essere una conoscente dei miei zii e dei miei genitori. Purtroppo di lei io non avevo alcun ricordo. Appresi anche che una mia per così dire cugina, acquisita, era la parrucchiera di Sofia e per questo sua amica. Davvero piccolo il mondo.
Nel frattempo tornò in compagnia un mio caro amico d’ infanzia dopo un anno di assenza trascorso fuori provincia in servizio militare. Si integrò con noi alla perfezione.
Anche per questa seconda occasione di incontro, come per la precedente, mi adoperai perché risultasse tutto perfetto nei minimi particolari, così riuscii ad organizzare una seratina tranquilla ma coinvolgente che vedeva una fusione tra le due diverse realtà, quella dei miei amici e quella degli amici di Sofia.
Stavolta il confronto fu decisamente impari: da parte nostra eravamo solo in sei, cioè i quattro del concerto più un altro ragazzo, che ormai si faceva vedere presso di noi ogni tanto causa i frequentissimi ed alquanto piacevoli impegni mondani con la fidanzata, e il mio carissimo amico, milite assolto. Da parte loro si presentarono in una decina circa tra ragazzi e ragazze.
La situazione fu però insolitamente piacevole, data la presenza, in entrambi i due gruppi, di persone che bene o male avevano già avuto a che fare tra loro grazie a precedenti scolastici comuni.
Pur essendo in tanti la serata trascorse serenamente tra scherzi coinvolgenti, battute, barzellette, bevute in allegria e conversazioni coinvolgenti. Io ero sempre più contento ed orgoglioso per essere riuscito a mettere in piedi qualcosa di diverso dalla routine per la seconda volta. Anche in questa occasione da parte del sottoscritto e della sua amica della chat volavano scambi di apprezzamenti e di occhiate interessanti, ma ancora troppo acerbe, alle quali non diedi il giusto valore. Non riuscimmo a sederci vicini ma scambiammo lo stesso quelle poche chiacchiere che facevo uscire dalla mia bocca, sempre piuttosto riservata e tenuta a freno dalla timidezza. Preferivo ascoltare che intromettermi e fare figure grossolane. Oltretutto quella sera fui davvero stanco dato che ero in piedi dalla mattina alle quattro perché ero andato con mio padre e mio zio ad assistere alle prove di Formula 1 al circuito di Monza; ma non lo dissi a nessuno e cercai di resistere stoicamente alla serata facendomi vedere sempre bello attivo e sveglio. Ci voleva ben altro per mettermi fuori uso.
Purtroppo di occasioni così non ce ne furono più in seguito, dato che col passare del tempo gli amici di Sofia si fecero sentire sempre meno e non vennero più ai successivi appuntamenti; oppure venivano ma optavano per altre mete, diverse dalle nostre, lasciando la povera Sofia spiazzata in balìa nostra. Fu in quelle occasioni che lei ci spiegò che non si trovava più tanto bene con i suoi amici e che preferiva uscire con noi dato che aveva dei forti dissapori e contrasti con alcuni di loro, che tendevano ad emarginarla dal resto del gruppo. Una situazione del genere mi spiaceva tantissimo e molte volte mi chiesi il perché di un gesto simile, insensato, nei confronti di una ragazza che ritenevo così dolce e terribilmente affascinante.
In breve tempo Sofia divenne presenza fissa tra di noi, si presentava al nostro luogo di ritrovo ormai divenuto anche il suo a pieno titolo, con un entusiasmo ed una energia tale che infondeva in tutti noi un innato spirito di intraprendenza.
Mi sentivo trattato da lei in maniera diversa da come mi avevano trattato in precedenza altre ragazze, ai miei amici non veniva riservata quella accortezza che invece c’ era nei miei confronti.
La complicità avanzava sempre di più, il rapporto si andava solidificando. I suoi modi di fare erano garbati, gentili, affabili; lei era simpatica, aperta e socievole e con me aveva attenzioni particolari. Si sedeva sempre vicino a me, mi fissava parecchie volte in una serata, in alcune occasioni i miei amici notavano apprezzamenti particolari nei miei confronti che io ancora non ero in grado di decifrare data la mia sconvolgente ingenuità. Sapeva creare atmosfera e riscaldare gli animi, primo fra tutti il mio, quando mi prendeva la mano o appoggiava la testa sulla mia spalla, accompagnando sempre questi gesti con un sorriso. Uno dei tanti ricordi cui sono particolarmente legato riguarda proprio una di queste primissime sere in cui Sofia cominciava a sperimentare anche nuove compagnie, oltre alla sua solita. L’ estate stava volgendo al termine ma conservava ancora quel suo intrigante fascino di spensieratezza fino agli ultimi giorni. Eravamo tutti riuniti ad un tavolo in un locale molto caratteristico all’ aperto affacciato sul fiume che transita alle porte della città, e tra musiche, giochi, spettacoli, ordinammo da bere una caraffa con cannucce dalla lunghezza spropositata, chilometrica. Bere con quelle cannucce era difficile, così partivano spruzzi dappertutto, getti addosso alle persone, e quando finimmo di bere utilizzammo le cannucce per farne delle collane da cingere attorno al collo, e ballare così conciati come dei matti, o le univamo tutte insieme per farne delle armi improprie. In quegli istanti la compagnia era più unita e spensierata che mai, certo Sofia si sentiva ancora spaesata per esservi entrata per ultima ma a noi tutti questo irrilevante dettaglio non interessava, anzi fummo contenti di averla con noi, dato che eravamo un gruppo di ragazzi molto alla mano e non provavamo fastidio ad inserire nuova gente, peraltro sempre ben accetta. In quegli istanti avrei voluto fare un po’ di più e mostrarmi scaltro, aggressivo, e invitarla a ballare, dato che dai suoi sguardi, dalle sue parole e dai suoi gesti si capivano benissimo le sue intenzioni nei miei confronti, ma ero ancora troppo innocente ed incredulo per capirle appieno; così pensai semplicemente che la serata andava bene così, senza un pizzico di intraprendenza da parte mia. Le nottate in sua compagnia poi terminavano sempre con noi due seduti a turno sulla mia o sulla sua macchina, che ci scambiavamo pareri ed impressioni sul tempo che trascorrevamo insieme e ci auguravamo la buonanotte con i canonici tre baci sulla guancia, dopo aver passato un po’ di tempo in giochi e scherzi innocenti in cui tra l’ altro ogni tanto ci scappava sempre il contatto fisico. In questi istanti, sebbene in maniera ancora impercettibile, il mio cuore prendeva a pulsare più intensamente e dentro di me stava cominciando a nascere un sentimento inaspettato, nuovo, diverso dalla semplice amicizia, ma ancora troppo debole, indefinito e per questo non ancora maturo.
I miei rapporti con lui erano sempre stati buoni, senza conflitti o rivalità di sorta, così decisi di far uscire pure lui con noi, tanto più che poteva essere un valido elemento di aggancio, data la sua effervescente simpatia. La nostra compagnia sembrava così più unita e rinvigorita che mai, grazie ai nuovi elementi.
In quelle serate di fine estate iniziai ad andare dal mio fidato amico d’ infanzia per chiedergli consigli su come farmi sempre vedere attivo ed intraprendente, in modo da uscire dall’ imbarazzante quanto irritante stato di timidezza che ormai da troppo tempo mi affliggeva e mi pesava come una maledizione.
Costui era l’ unico da cui potevo andare perché con lui avevo un rapporto molto più aperto che con gli altri amici, che conoscevo invece da un lasso di tempo molto inferiore.
Inoltre genitori e parenti erano ancora all’ oscuro di tutto. In tanti anni mai ero andato da loro a chiedere consigli su problemi che si erano venuti a creare in ambito scolastico, mi ero sempre risolto tutto da solo, figurarsi se mi fossi rifugiato in loro per avere delucidazioni in campo affettivo, cosa che ritenevo insensata, indegna e perfino disgustosa. Anche questa volta volevo fare a meno di loro, ma mi resi conto della mia netta inferiorità rispetto agli altri quanto ad esperienze amorose, quindi vidi in questo mio amico, con molto più passato di me, la figura di un vero e proprio guru.
Egli si offrì innocentemente di aiutarmi in qualsiasi momento avessi avuto bisogno, tanto più che si sentiva per la prima volta onorato del fatto che un suo caro amico andasse da lui a chiedere consigli, non viceversa. Anche lui inoltre aveva in ballo un’ infatuazione, per una sua compagna d’ università, pertanto le nostre sedute si tramutavano in veri e propri scambi di opinioni, di pareri e di consigli, contribuendo a indirizzare il nostro reciproco rapporto verso una profondità mai raggiunta in precedenza.
Frattanto i miei trascorsi con Sofia procedevano a gonfie vele: non facevamo che parlare di noi due, di quanto ci divertivamo, di quanto stavamo bene insieme. Finalmente presi il coraggio di chiederle di uscire anche infrasettimanalmente, senza rispettivi amici, per passare un po’ di tempo noi due soli, al cinema o in qualche localino della nostra città. Lei accettò fin da subito con visibile stupore e piacere. Il primo film che vidi da solo con lei al cinema fu “Men in Black 2”. La mettevo a suo agio, nonostante io non lo fossi per niente causa la paura di sfociare in pessime figure. La facevo ridere raccontandole episodi divertenti accaduti durante la giornata. Dal canto suo lei mi presentava alle sue amiche e alle colleghe di lavoro, a me pareva di essermi inserito bene nel suo giro, e di essere riuscito ad inserire lei nel mio. Era sempre stato questo il mio obiettivo primario in una eventuale buona relazione che mi sarebbe capitata (e alla quale ormai aspiravo da tempo con impazienza) con una ragazza: stare bene con qualcuno, sentirsi e far sentire importante, provare rispetto e fiducia reciproca. Gli apprezzamenti da parte sua si sprecavano, gli elogi al mio circondario di amici pure, parallelamente a forti critiche nei confronti di ciascuno dei suoi vecchi amici compaesani; così decisi una volta per tutte di accantonare tutti quei preconcetti assurdi che mi ero costruito sugli incontri in chat. Stavolta la faccenda stava prendendo una piega tutt’ altro che negativa, decisamente promettente.
Alcune volte non potevo restare tutta la serata fuori fino a tardi, altre invece non potevo assicurare la mia presenza causa svariati impegni che in quel periodo avevo da espletare coi miei genitori, così ero costretto ad andare via prima o a rinunciare a vederla e notavo in lei chiari segnali di dispiacere, così dopo un po’ cominciai seriamente a credere di interessarle, perlomeno in maniera diversa rispetto all’ interesse che lei nutriva verso gli altri. Ero come dire privilegiato, coccolato e accudito.
Da una situazione di questo tipo a una dello stadio successivo il passo fu breve. E lo stadio successivo consistette nell’ andare a trovarla a casa sua con banalissime scuse che lasciavano trasparire la voglia accomunante di vedersi e stare un po’ da soli, scuse per lo più inventate da lei, ma da me accolte con disinvoltura e compiacenza. Bastava un semplice scambio di videocassette ed ecco che ero sicuro che ancora per qualche volta l’ avrei vista con la scusa di renderle tutte le cose che mi prestava; poi comunque vedevo che se anche io esaurivo le argomentazioni a mio carico per incontrarla, ci pensava lei a trovarne di originali. Una sera addirittura superò se stessa: mi disse che voleva farsi tagliare i capelli quasi a zero, come li aveva qualche anno prima, dato che le davano fastidio. Lo disse con un tono così serio che dopo un po’ di scetticismo di fronte a una decisione del genere, finii per crederci. Passai innumerevoli tentativi di farla desistere, ma mi disse che ormai il danno era fatto. Mi invitò di sera al suo paese per farmi vedere in anteprima il capolavoro svolto sulla sua chioma. Mi precipitai subito a rimproverarla per quel gesto insano dato che era così carina con quei suoi capelli lunghi sciolti, sia ricci che lisci. Me la trovai davanti ma misi le mani davanti alla testa per non vedere lo scempio. Lei invece mi prese le mani, me le allontanò dalla faccia e inevitabilmente lo sguardo capitò titubante sul suo volto. Con mia grande sorpresa non la vidi rasata a zero come temevo, ma solo con una chioma leggermente spuntata e meglio curata. Passato l’infarto lei corse a sedersi sulla mia macchina e passammo così l’intera serata a ridere, rimproverarci scherzosamente, giocare a tris sul vetro sporco della mia autovettura con tanto di annessi contatti fisici ammaliatori da parte sua che sereso quella serata davvero indimenticabile. Per l’occasione mi confessò del motivo per cui cercava di allargare il suo giro di amicizie: era stanca dei suoi amici, secondo lei non le volevano abbastanza bene perché la emarginavano, non la tenevano in considerazione e perché al suo compleanno le avevano regalato tutti insieme una cosetta da poco mentre lei si aspettava di più da gente che conosceva dall’infanzia. Personalmente mi sembrava strano che una così carina ragazza fosse maltrattata in tal modo, secondo me evidentemente i suoi amici non sapevano con chi avevano a che fare dato che Sofia era una ragazza tra le più dolci che avessi mai conosciuto. Aggiunse anche di avere bisogno di un tecnico per il suo computer, dato che aveva litigato bruscamente con qualche suo ex-ragazzo per via di alcuni dissapori e pertanto era rimasta senza una valida manodopera. Talvolta allora le sistemavo il suo pc, in condizioni precarie causa la trascuratezza di alcune operazioni per il corretto mantenimento del sistema, oppure le risolvevo problemi relativi ai suoi componenti. In ogni occasione l’ atmosfera si caricava di notevole calore, quando io ero intento ed indaffarato con gli occhi fissati sul monitor, a risolvere i problemi al computer quasi fossi un tecnico pagato a ore e lei si avvicinava, cercava il contatto, mi prendeva la mano, mi stringeva forte da dietro le spalle e mi sussurrava parole dolci all’ orecchio. Ormai episodi di questo tipo si ripetevano anche due volte al giorno, tante erano le volte in cui mi recavo al suo paese per trovarla. Mi sentivo al settimo cielo per la felicità. Non facevo altro che parlare bene di questa mia nuova conoscenza con gli amici, specialmente col mio guru, al quale rompevo le scatole sempre più insistentemente di volta in volta spiegandogli dettagliatamente le situazioni in cui incorrevo e facendomi elargire consigli su come comportarmi in caso queste situazioni si fossero ripetute. Ormai si capì che il mio interessamento era palese così mi venne la proposta volontaria di aiutarmi non solo con consigli ma anche con aiuti ben più importanti e consistenti, ogniqualvolta ne avessi avvertito il bisogno, data la mia nota imbranataggine coi rapporti interpersonali.
Ormai mi sentivo tranquillo e sicuro di me stesso perché a guidare le mie azioni c’ era una valida guida su cui potevo contare. Anche il mio socio della chat, ormai divenuto pure lui un amico in carne ed ossa date le assidue volte che ci frequentavamo, si offrì di aiutarmi, sebbene però a lui non lo avessi chiesto esplicitamente, comunque non rifiutai.
Con l’ inizio dell’ autunno arrivò anche la mia ormai inaspettata chiamata alle armi, in quanto credevo di poterla fare franca dato che i tempi previsti dallo Stato per la richiesta della mia partenza stavano scadendo. Venni avvisato proprio sullo scadere del termine massimo. Di lì a qualche giorno quindi avrei cominciato un ciclo di dieci mesi da espletare in qualità di Servizio Civile come obiettore di coscienza.
Mi disturbò alquanto la cosa, all’ inizio, creandomi non pochi disagi e costringendomi a sospendere e rimandare di un anno la carriera universitaria.
Mi presentai al colloquio per l’ assegnazione dei posti. Non so in base a quali caratteristiche o requisiti, ma dopo il colloquio sostenuto venni scelto per la sezione Affari Sociali, al servizio degli anziani soli, poveri e con malattie o problemi seri. Dovevo in pratica fare loro da supporto umano, dialogando con essi, tirandoli su di morale, facendo loro compagnia o aiutandoli in vari modi facendomi carico delle loro spese, procurando medicinali, dovevo accompagnarli alle visite negli ospedali, assisterli durante le terapie riabilitanti o visite specialistiche. Avevo a disposizione una macchina fornitami dal Comune con la quale andavo in giro per la città. Un incarico non proprio leggero, per uno che fino al giorno prima aveva per la testa frivolezze di altro genere, un incarico di grande serietà e responsabilità. Ogni giorno della settimana andavo ciclicamente da una decina di persone sparse per tutta la città ad imparare bene la loro condizione e fornendo tutto l’ appoggio necessario. Mi trovai sbalzato di colpo in una realtà che prima ignoravo e che mi creò dei disagi non indifferenti, superati poi con facilità dopo poco tempo.
A questo punto della mia esistenza mi trovai a dover gestire due nuove realtà in cui venni catapultato quasi simultaneamente: il mio nuovo lavoro di giorno e la mia vita privata per tutto il resto del tempo.
Ogni volta si ripeteva sempre la stessa scenetta: seratina romantica faccia a faccia, un giro per la città, tappa in qualche pub a bere qualcosa, al cinema o dovunque ci fosse vita; lì cominciavano giochi e scherzetti, ammiccamenti vari, fine serata in macchina e poi bacino della buonanotte. In molte occasioni provavo a incominciare un discorso serio ma non riuscendo a guardarla in faccia finivo per tirar fuori argomenti di tutt’ altra portata, poi mi innervosivo una volta a casa mia per l’ incapacità e l’ incorreggibile imbranataggine, e mi ripromettevo di andare a colpo sicuro all’ occasione successiva. Così cominciavo a tormentarla di messaggi sul cellulare mentre io ero sotto le coperte e lei era in macchina sulla via del ritorno verso casa, chiedendole sempre se si divertiva, se era tutto di suo gradimento, se usciva con noi perché si trovava bene o se in realtà c’ era qualcosa sotto tipo una qualche simpatia nei confronti di qualcuno di noi.
Già il periodo di riflessione prima di scrivere e spedire sms di questa esile portata era immenso, talvolta mi studiavo parole e discorsi durante il giorno per non sbagliare e spedire così il messaggio la sera seguente dato che dalla mia bocca non voleva uscire niente. All’ atto della spedizione tremavo tutto, andavo in fibrillazione, attendevo con ansia risposte esaustive da parte sua, ma quando la risposta arrivava tentennavo nel leggerla per paura di scoprire in essa contenuti negativi. Passava così tanto tempo prima che mi decidessi a leggere i messaggi che capitava che mi addormentavo col telefonino tra le braccia e leggevo la corrispondenza il mattino seguente appena sveglio prima di andare al Servizio Civile.
Le risposte da parte sua mi rendevano ogni giorno più felice ma non mi soddisfacevano appieno: erano sì mirate ma al tempo stesso incomplete, piuttosto vaghe, generiche.
Giunto a questo punto dovevo assolutamente sapere se usciva così spesso con me e mi trattava in quella maniera così speciale perché provava qualcosa o non si andava al di là del semplice affetto tra due amici, seppur buoni.
Data l’ importanza della cosa e la tremenda difficoltà dell’ impresa per un imbranato cronico da competizione quale il sottoscritto mi guardai bene dal chiederglelo dal vivo e mi ridussi, sotto l’ influsso di chissà quali intrugli mistici dopanti, a trovare perlomeno il coraggio per una dichiarazione scritta e porre fine così alle mie sofferenze e alle mie patetiche quanto ridicole serate a smessaggiarmi con lei, serate che tra l’ altro finirono per far precipitare a rotta di collo in brevissimo tempo il credito residuo del mio telefonino, e ad alleggerire il portafogli per i frequenti pieni di benzina che consumavo tutta più che volentieri per andarla a trovare o a portarla in giro (meno male che ci pensava la generosità dello Stato a rimpinguarmi le esili casse con lo stipendio generoso del Servizio Civile).
Fu così che finalmente scoprii che Sofia aveva delle simpatie verso qualcuno. Preso da un insperato ed indomabile barlume di coraggio, mentre tutto attorno a me sembrava non esistere e mentre il mio letto sembrava sciogliersi come burro sotto l’ effetto potentissimo e devastatore del sudore che emanavo da ogni poro, forte di tutti i consigli che avevo ricevuto di farmi avanti già molto tempo prima, le chiesi se era interessata a provare a costruire qualcosa insieme a me, dato che avevo la certezza di essere cotto perso.
Quella serata sembrò durare in eterno: non ero mai arrivato a chiedere a qualcuna se aveva interesse a stare con me, prima d’ ora mi ero sempre tenuto nascosto tutto, nemmeno lasciavo trasparire un benché minimo interessamento. Forse per questo persi molte occasioni senza nemmeno provare ed il risultato è che tutt’ ora vivo con rimorsi su rimorsi. Mi venne in mente in quel frangente, mentre aspettavo risposta da parte sua, tutta la mia lunga e tormentata vicenda amorosa precedente.
Ripercorrendo brevemente la mia carriera avventurosa, alle elementari provavo un sentimento di simpatia, ricambiato, per una ragazza della mia classe, molto carina; fui molto invidiato da altri compagni per una precocità del genere, ma crescendo le cose cambiarono di netto.
Con l’ adolescenza la ragazza si interessò ben presto ad altri compagni, ed il sentimento di profondo affetto che provavamo l’ uno per l’ altra mutò in un inspiegabile odio ed insofferenza più totale di lei nei miei confronti. Avevo avuto il primo prototipo di morosina all’ età di cinque anni, poi più niente per secoli e secoli.
Al Liceo mi piaceva una ragazza, molto gentile e simpatica con me, ma non ebbi mai la forza per dirglielo, anzi il mio comportamento quando mi piaceva qualcuno era di totale apatia e indifferenza nei confronti dell’ oggetto dei miei desideri, così la ragazza finì per interessarsi a qualcun altro e mai nemmeno in futuro, venne a sapere dei miei sentimenti.
Cominciai ad andare un pochino oltre appena dopo il diploma. Mi dichiarai in un paio di occasioni con alcune mie compagne di classe che stravedevano per me e mi dedicavano molte attenzioni data la mia gentilezza e disponibilità nell’ eseguire compiti a loro assegnati, date anche alcune circostanze favorevoli ed incoraggianti; ma nel primo caso ricevetti un netto rifiuto, con tutta una serie di argomentazioni e postille al discorso molto superficiali ed alquanto irritanti; nel secondo caso ricevetti un bel due di picche. Il che mi fece perdere ogni fiducia nei confronti dei comportamenti sfruttatori di questi esemplari di ragazze, fino a che non incontrai appunto Sofia, che sembrava proprio essere il non-plus-ultras.
Sapevo che aveva moltissimi amici, quindi chissà quante richieste come la mia avrebbe ricevuto, qualcuna perfino in maniera molto più originale che tramite un semplice sms.
Non mi aspettavo nulla di buono ormai, mi stavo rassegnando; ma almeno ero felice per essere arrivato fino a questo punto ed essermi sbloccato. Pensavo di aver rovinato tutto con la mia impazienza. Gente che stava intorno a me mi aveva incitato a farmi avanti già molto tempo prima subito dopo i primi segnali che avevo ricevuto, segnali per loro fin troppo palesi ma per me ancora non sufficienti data la mia testardaggine che voleva a tutti i costi avere una controparte espressa a chiare note dall’ interessata.
Arrivò la risposta: non avevo il coraggio di leggerla; ma ormai il danno era fatto, se di danno si trattava.
Così non fu invece. Mi disse che le sarebbe piaciuto ma al momento non era ancora in grado di avere una storia con qualcuno perché aveva sofferto troppo in passato e ora preferiva vivere il più tranquilla possibile per riprendersi dalla delusione precedente. Mi specificò anche di non prendere la sua risposta come un rifiuto, ma come un invito ad aspettare un po’ di tempo che si sistemassero le ferite. Da parte mia le promisi pazienza e le offrii tutto l’aiuto necessario per dimenticare le brutte esperienze passate, ed ottenni un ringraziamento a riguardo. Mi disse inoltre di non vergognarmi della mia timidezza perché ne esistevano pochi di ragazzi sensibili e dolci come me, e questa mia caratteristica mi rese non indifferente a lei. Dal momento quindi che non ricevetti un rifiuto mi feci sempre più coraggio sulle mie possibilità di riuscita. Caddi esausto in un sonno molto profondo dopo un’ impresa titanica del genere.
Capitolo 7: Una Brutta Serata
Se già nelle nottate precedenti, quando le mandavo i messaggi carini, avevo un senso di vuoto più totale dentro e mi sembrava di aver compiuto gesti di ordinaria follia, figurarsi stavolta che mi ero dichiarato del tutto e dovevo oltretutto affrontarla faccia a faccia.
Mi accolse. Io non riuscivo a guardarla in faccia. Era come se avessi commesso un orrendo crimine e dovessi andare a confessarlo davanti ad un giudice. Mentre cercavo di esprimermi meglio che potevo, tentativo piuttosto inutile per la verità, tenevo gli occhi bassi, ero concentratissimo, tesissimo, giocavo nervosamente con tutto quanto era presente sulla scrivania del suo ufficio. Mi sentivo un bambino davanti alla sua mamma che lo rimproverava, tanta era l’ inferiorità che avvertivo nei confronti di questa ragazza che per me ormai significava tutto.
Generosamente imboccato da lei, cercai di tirar fuori le parole adatte per ripetere a voce ciò che avevo scritto così timidamente ed impacciatamente.
Per smorzare un po’ la tensione accumulata ci accordammo per passare la serata in un disco-pub della nostra città. Ritornammo poi sull’ argomento dichiaraione e lei mi raccontò di un avvenimento accaduto un annetto prima che cambiò radicalmente la sua esistenza, rendendola meno stronza (parole sue testuali) e più rispettosa dei sentimenti altrui. Prima d’ora era sempre stata piuttosto bambinescamente vendicativa nei confronti dei suoi ex, e si divertiva a complicare loro la vita inscenando pagliacciate in presenza di costoro e delle loro nuove fidanzate. Mi informò anche del fatto che aveva numerosissimi amici sparsi su tutto il territorio, e con tutti aveva mantenuto sempre buoni rapporti, senza mai farseli passare però.
Avevo smesso di giocare, mi ero calmato, cominciavo timidamente a fissarla negli occhi mentre lei parlava.
Ora sapeva dei miei sentimenti; io tuttavia non sapevo ancora niente di quello che provava lei. Non accennò ad esporsi. Non insistetti però.
Le dissi che in qualsiasi momento avesse superato il suo stato confusionale io sarei stato pronto ad accoglierla a braccia aperte, avrei aspettato anche mesi e mesi per lei.
Da quel momento data la mia sempre crescente curiosità di sapere qualcosa sul suo conto, quel qualcosa che mi interessava e che lei non accennava mai a far trasparire, cominciai a prendere esempio di quanto da lei compiuto settimane prima: cercai di informarmi un po’ di più su di lei tramite amici comuni, conoscenti, sfruttando fino al midollo anche il mio ormai fidato amico d’infanzia e l’altro mio amico della chat. L’intento era a fin di bene: dato che da lei non riuscivo a cavare un ragno dal buco, pensai che si sarebbe confidata con qualcuno, così pensavo di interrogare in buona fede quel qualcuno in modo da sapere cosa pensava Sofia di me adesso, e poter fare bella impressione prevedendo le sue aspettative o i suoi comportamenti ed agendo di conseguenza. In fin dei conti lei mi aveva confidato che i primissimi tempi ancora prima di incontrarmi dal vivo si era preventivamente informata su di me tramite la mia vicina di casa. Mi sembrava un chiaro segno di interesse, assolutamente da ricambiare.
Quella sera stessa andammo in un frequentato e arcinoto locale della nostra periferia, in cui non ero mai stato prima; ma di cui conoscevo la fama.
Tutto andò bene, come gli incontri precedenti, fino a quando non si avvicinò un ragazzo. Alla vista di questo ragazzo Sofia balzò letteralmente in piedi, gli corse incontro, i due si toccarono un po’ poi lui mise la mano sui fianchi di lei, girata di spalle rispetto a me, e si baciarono sulla bocca un paio di volte. Vidi quella scena molto distintamente, al contrario dei miei amici che erano girati di spalle, quindi fui l’unico testimone dell’accaduto. Per me fu in incubo. Oltre a ciò si andò oltre: il tipo ricevette un invito a sedersi al nostro tavolo per conversare un po’ con noi, senza che ci fosse stato chiesto il permesso. Si sedette vicino a me. Sofia e lui parlavano con me di fianco come se niente fosse accaduto pochi istanti prima, e ancor di più come se niente fosse accaduto la mattina stessa.
Il tipo mi rivolse pure la parola. Non so come feci a trattenere il mio nervosismo in quel momento, ma gli risposi garbatamente. Ma dentro cominciava a ribollirmi il sangue nelle vene e arrivai al punto da non poter più essere in grado di sostenere una situazione del genere, e preso dalla mia indole più forte di me, non volendo fare scenate di gelosia inutili davanti a tutti, non diedi spiegazione a nessuno e mi allontanai dileguandomi tra la folla. Lasciai tutti lì sul posto esterrefatti. Chiesi ad un mio amico di accompagnarmi a casa, lui era l’ altro testimone della scena oltre a me, e capendo lo stato in cui ero, si offrì generosamente di condurmi via di lì, per poi tornarci in seguito con gli altri. Ero incredulo, stordito, arrabbiatissimo. Soffrivo. Scoprii in quell’ occasione di essere geloso, e di tenere a quella ragazza più di ogni altra cosa. Non capivo però quello che successe. Qualcosa non quadrava. Rimasi un po’ in giro a riprendere il controllo di me, poi quando fui esausto e coi nervi a pezzi cercai di andare a letto senza lasciar trasparire niente di quello che provavo ai miei genitori. Piansi tutta la notte, mi disperai, mi chiesi il perché di quella scena davanti ai miei occhi, davanti a me, che mi ero così faticosamente dichiarato, corrisposto oltretutto, appena poche ore prima. Passai attraverso innumerevoli stati d’ animo quella notte: prima dolore, sconforto, delusione, poi rabbia, ira, odio. Mi sentivo vittima di un raggiro. Non riuscii a chiudere occhio. Forse mi si teneva nascosto qualcosa. Arrivai alla mattina del giorno dopo esausto per tutte le lacrime versate. Nel frattempo, ignara di tutto, convintissima di non aver fatto niente di male, Sofia mi fece sapere che si era trovata a discutere dell’ accaduto coi miei amici e si arrabbiò con me perché me ne ero andato via senza lasciar spiegazione, abbandonandola. Entrambi non capivamo il perché dei nostri reciproci gesti. Pensai che non si trattasse di un semplice amico, dal momento che gli amici non si baciano sulla bocca, ma di quella famosa persona verso cui nutriva una certa simpatia. C’ era bisogno di una spiegazione.
Per risolvere quella situazione diventata così pesante e così imbarazzante si decise di fissare un incontro tra me e lei, perlomeno per fare chiarezza sull’ accaduto. L’ incontro era fissato per la domenica pomeriggio seguente, noi due da soli senza intrusioni. L’ obiettivo era far luce sull’ accaduto.
Durante la strada che mi conduceva al luogo dell’ appuntamento mi corse incontro frettolosamente e premurosamente il mio fidato guru, avvertito di quello che era successo la sera prima. Nemmeno lui si sapeva spiegare un gesto simile da parte di Sofia., soprattutto perché a lui raccontavo tutto, ogni piccolo particolare, quindi era informato sui precedenti episodi. Ero furibondo. Le uniche raccomandazioni che riuscì a proferirmi furono inviti a mantenere la calma, non commettere stupidaggini, lasciarla parlare, non agitarmi e ragionare insieme col dialogo. Lo ascoltai; prima che arrivassi lui si dileguò e mi fece pervenire da solo all’ appuntamento, come da patti precedenti.
Tutti gli altri amici rimasero in zona ma distanti, data l’ aria che si respirava in quella circostanza così pesante. Di tanto in tanto passavano vicino per accertarsi che fosse tutto a posto e che avessimo finito di parlare, ma la cosa fu molto più lunga del previsto, tanto era il materiale di cui discutere.
Capitolo 8: Il Chiarimento
Chiesi timidamente spiegazioni sull’ accaduto, ma fui invitato abbastanza energicamente da lei ad essere io il primo a fornirne.
Mi venne riferito inoltre che il mio comportamento fu alquanto inutile e sconsiderato quanto irritante perché la persona con cui c’ era stato quello scambio di effusioni altri non era se non un suo carissimo amico, il migliore che lei avesse, e mi ripetè, nel caso non lo avessi capito bene, che lei aveva molti amici e non rendeva conto a nessuno se voleva uscire o fare qualcosa con loro, perché era liberissima di farlo. Quel suo amico era ubriaco fradicio e lei non riuscì ad opporsi alla stretta e poi al bacio, inevitabile.
All’ inizio non credetti a quello che sentivo in quanto le motivazioni da lei addotte mi sembravano così assurde, prive di fondamento, il suo modo di ragionare non era compatibile col mio, troppo diverso.
Decisi di voler sapere una volta per tutte da lei che ruolo ricoprissi nella io sua vita, e la risposta fu che io ero nei suoi pensieri al pari di un'altra persona, occupavo metà del suo cervello quindi.
Col passare del tempo avrebbe cercato di dimenticare questa fantomatica persona per fare strada unicamente a me. Mutai comportamento allora. Non ebbi il coraggio di chiederle chi fosse l’ altra persona che occupava i suoi pensieri, mi bastava essere ancora presente nella sua testa, seppur per la metà. Pensavo di non contare più niente per lei, per questo me ne ero andato in silenzio, senza dire niente a nessuno, così io sarei rimasto col mio dolore e lei sarebbe stata libera di fare quello che voleva, dato che non era ancora insieme a me, con chiunque volesse, però lontano dai miei occhi. Invece mi sentii rimproverare, mi venne detto che contavo molto per lei, perché col mio dolcissimo modo di fare e ancor di più col mio carattere ero riuscito a conquistarla, e mi fece sapere che ormai aveva accantonato la sua precedente simpatia nei confronti di uno della nostra compagnia in mio favore.
Certo ero ancora visibilmente scosso per l’ accaduto ma perlomeno sapevo di non essere vittima di un raggiro. Sapevo a chi era indirizzata la sua simpatia all’ inizio, mi venne anche riferito da altre persone estranee alla faccenda, ma sorvolai su tutto questo, non ci feci più caso, non mi sentii più sfruttato come aggancio per arrivare a qualcun altro, dopo che sentii le sue parole.
Mi sgridò e mi disse di non comportarmi mai più in sua presenza in quella odiosa maniera perché non provava niente per quel suo amico col quale si erano scambiati il bacio, erano solo in ottimi rapporti, niente di più.
Era quello che volevo: finalmente cominciavo a sapere qualcosa in più sul suo passato. Mi raccontò di un paio di esperienze passate , una di lunga durata e seria importanza, l’ altra più breve ma comunque intensa, entrambe finite male.
Io ascoltavo ma qualcosa dentro di me non collimava ancora. Non capivo ancora bene, ero troppo stordito per la batosta ricevuta. Ero partito infuriato con l’ idea di chiedere spiegazioni del suo gesto, del tutto inatteso, ed invece finii per darle io spiegazioni sul mio, che consideravo assai intuibile per un ragazzo della mia natura. Spinto dal suo modo di parlare e di ragionare, mi sentii in colpa e le domandai perdono per la mia maleducazione. L’ importante era riappacificarsi, il resto non contava.
Non riuscivo a crederci. Questo fu a tutti gli effetti il nostro primissimo litigio, a voler ben vedere una sciocchezza, ma per me di grande importanza, che servì ad unire ancora di più gli animi. Ora eravamo ancora più vicini l’ uno all’ altra, io sempre più innamorato perso, lei sempre più decisa. In quei frangenti scorgevo in lontananza la sagoma dei miei amici che si accertavano che non ci fossero vittime, ai quali feci cenno che era tutto a posto. Li avevo fatti aspettare parecchio: c’ era in programma un’ uscita fuori porta quel pomeriggio, e ci eravamo trovati presto per poi andare via tutti insieme, ma l’ enormità del tempo trascorso con Sofia a sistemare la questione ci fece ripiegare le scelte su mete alternative più vicine.
Fu così che avvenne la riappacificazione. Lei mi prese la mano e me la strinse per tutto il tempo. In altre occasioni lo aveva fatto per gioco o per scaldarsi, in questa occasione lo fece per affetto nei miei confronti. Alla fine ci alzammo in piedi, ci guardammo negli occhi, ancora bagnati di residui di lacrime, con espressioni di comune gioia, ci prendemmo entrambe le mani e ci scambiammo un lungo e caloroso abbraccio, seguito da un bacio sulla guancia da parte sua in segno di avvenuto perdono.
Cercammo di trascorrere al meglio il resto della giornata non pensando all’ accaduto. Io nonostante fui tranquillizzato purtroppo non riuscivo ancora a togliermi dalla mente la visione della scena che tanto mi scioccò. Furono tutti contenti che non si fosse rovinato un così bel rapporto. Eravamo proprio una bella coppia. Alcuni avrebbero scommesso che c’ era qualcosa di tenero, e che di lì a poco tempo sarebbe successo qualcosa di gradevole per entrambi.
Verso sera tornammo tutti a casa e per calmarmi della giornata intensa e ricca di emozioni appena trascorsa mi misi al computer per chattare un po’, giusto per distrarmi.
Poco tempo dopo incontrai Sofia, felicissima perché sapeva di trovarmi connesso a quell’ ora.
Mi disse che era talmente contenta dell’ esito positivo del chiarimento che una volta a casa aveva preso a cucinare lei, fatto questo abbastanza raro ultimamente, dato che era sempre giù di morale; ma io ero riuscito a farle tornare il buonumore e la felicità. Mi lanciò un invito ad essere più sicuro di me, a provare più autostima, e ad avere pazienza; le cose dovevano fare il loro corso naturale senza forzatura, così, lasciando tempo al tempo, se il destino avesse voluto, di lì a poco ci saremmo messi insieme. Fui d’accordo su tutti i fronti con lei.
L’ atmosfera ormai si faceva sempre più rovente. In quella chiacchierata al computer Sofia passò ad esporre alcune sue confessioni. Mi spiegò che teneva tanto a me e al rapporto che si stava instaurando perché tempo prima aveva perso un amico probabilmente per colpa sua, e che si sentiva responsabile dell’ accaduto. Quel suo amico in questione era un suo carissimo collega di lavoro, che morì poco tempo dopo in circostanze misteriose. Non voleva quindi ripetere gli errori del passato e perdere uno come me.
Da parte mia la rassicurai e la tranquillizzai dal momento che la vidi un po’ giù di corda.
Ci augurammo la buonanotte ed andammo entrambi a letto, io soddisfatto e risollevato del lieto fine di una vicenda che credevo terminata, di un problema che credevo insormontabile.
Il mio sentimento nei suoi confronti era cresciuto notevolmente, fino a toccare i livelli massimi, sentimento continuamente alimentato tra l’ altro dai suoi incoraggiamenti che trasparivano dalle sue parole e dai suoi gesti, così pieni di accortezza e gentilezza.
Capitolo 9: Il Primo Bacio
Passavo molto tempo in ospedale ad assistere gli anziani bisognosi di aiuto negli spostamenti da una visita all’ altra, e a inizio Ottobre anche Sofia cominciò a frequentare l’ospedale, ma per ragioni diverse.
Andava tutte le mattine in Fisioterapia per la riabilitazione motoria della spalla destra, alla quale accusava dei dolori causa la postura innaturale che era costretta a tenere tutto il giorno durante il suo lavoro in ufficio.
Data la sua evidente paura a passare due ore da sola in balìa di medici sconosciuti e di attrezzi tecnologici inquietanti, mi chiese se potevo farle da sostegno morale durante il periodo di permanenza in ospedale. Ovviamente il regolamento ferreo del mio lavoro non me lo consentiva; ma decisi di fare uno strappo alle regole. Così, mentre ero in servizio, anche a costo di essere scoperto e punito, passavo a trovarla e stavo un po’ di tempo con lei per incoraggiarla, vista la sua comprensibile soggezione in un ambiente fuori dell’ ordinario.
Prontamente ogni mattina mi presentavo all’ ingresso dell’ ospedale per assisterla e rincuorarla durante il tragitto e successivamente durante le terapie.
Lasciavo, ovviamente a buon rendere, alcuni miei incarichi al mio collega, fintanto che c’ era bisogno di me lì in ospedale. Per i restanti me ne occupavo io ma avevo la testa talmente improntata verso altri pensieri che il mio inizio di servizio non fu dei migliori: dapprima grossolani errori, poi dimenticanze piuttosto gravi. Inoltre il mio collega non si preoccupava minimamente di assolvere il suo compito, così oltre a venire sgridati praticamente ogni giorno per la nostra negligenza, tutti avevano un opinione negativa di noi e ci consideravano degli scansafatiche. Più volte fummo puniti con orari straordinari di lavoro non retribuiti assegnatici dalle impiegate del Comune, ma la cosa all’ inizio a dire la verità non mi turbò più di tanto; ero sereno lo stesso perché sapevo di essere un valido sostegno per la persone che in quel momento per me contava più di qualsiasi altra.
Costei prese a dirmi che di sera era solita uscire a turno con qualcuno dei suoi numerosi amici, e la mia proto-gelosia a riguardo era non indifferente, e stavo sempre sull’ attenti nell’ accertarmi di chi si trattasse; ma in fondo avevo ricevuto così tanti segnali di interesse da parte sua che le diedi completamente fiducia e piuttosto cercai di lavorare da solo per migliorarmi sotto l’ aspetto della gelosia, in modo da non fare più brutte figure come quella memorabile di qualche sera prima.
Anche se non ero completamente tranquillo cercavo di non darlo a vedere e cercavo di farmi passare il problema, che in fin dei conti riguardava solo me dal momento che di intrusi nella mia storia non Sofia non ce n’ erano, o almeno questo credevo.
Cominciarono proprio in questo felice periodo a giungermi all’ orecchio alcune indiscrezioni che giravano sul conto di Sofia e di alcune sue amiche, ma non diedi loro peso, sebbene comunque provenissero da fonti abbastanza solide, in quanto non mi fidavo di semplici voci di corridoio e comunque la cosa non mi riguardava più di tanto perché ritenevo la mia Sofia fuori dalla grazia di Dio. Certo le voci non erano per niente confortanti ma ci sorvolai abbastanza serenamente come se si fosse trattato di malelingue messe in giro per mettere a prova la mia pazienza. Non ne volevo nemmeno sapere di dare retta alla più piccola di esse. Niente da fare.
Le avevo promesso di non avere fretta e di non rovinare niente coi miei fraintendimenti, e volli mantenere fede al mio giuramento a tutti i costi. Non mi azzardavo mai a fare il primo passo, di qualsiasi cosa si trattasse, di una carezza, un bacio, un minimo gesto d’ affetto, non per cattiveria o disinteresse nei suoi confronti ma per timidezza e per rispetto della persona, d’ altronde non eravamo ancora insieme ed la voce della mia coscienza mi ricordava sempre il mio patto. Lasciavo pertanto sempre fare a lei e quando il magico momento di una qualsiasi effusione si compiva provavo in me un senso di benevolenza e di accettazione mai provato prima con nessun altra persona. Volevo che tutto fosse perfetto. Avrei lottato con tutto me stesso contro tutte le mie imperfezioni e difetti per far sì che mi si conoscesse veramente per quello che ero.
Una sera come tante, il 7 di Ottobre, in occasione della nostra diciassettesima uscita accadde qualcosa che non potei prevedere e che mi fece rimanere letteralmente di sasso. Avevamo trascorso tutto il tempo insieme da soli, come ormai consuetudine dopo la mia sudata dichiarazione. Era arrivato il momento dei saluti, così ci recammo sulla mia macchina, posteggiata appena davanti la sua in un noto parcheggio a pagamento situato sul corso più importante della città, poco distante dal teatro.
Dialogavamo guardando i passanti, in bicicletta o a piedi, che ci transitavano accanto, e ridevamo facendo commenti su alcuni di loro.
Inutile rammentare quanto lei riuscì ad arroventare l’ atmosfera anche in questa ennesima occasione con la sua affabilità e la sua infinita dolcezza.
Dal momento che non avevo più credito telefonico e non potevo pertanto tartassarla come d’ abitudine con invadenti messaggi notturni, decisi di salutarla lì in macchina avvicinandomi a lei e porgendole per primo la buonanotte tramite i canonici tre baci sulla guancia.
Avevo quasi finito, dopo il terzo bacino stavo per ritirare la testa indietro e accendere in tutta fretta la macchina per sfrecciare via a tutta velocità quasi avessi compiuto un furto di borsetta ad un’ anziana indifesa, ma avvenne l’ inaspettato. Sofia si spinse in avanti, mi fermò la testa, mise la sua bocca in corrispondenza della mia e senza parola proferire, nel silenzio più totale, mi baciò.
L’ atto durò parecchi istanti, non seppi quantificarli esattamente data la fusione totale del mio cervello, che per l’ occasione si prese una licenza illimitata improvvisa e andò in vacanza.
Dire che ero spiazzato non renderebbe a sufficienza l’ idea. Non capivo bene cosa significasse quel segnale. Poteva essere frutto di un qualche momento di debolezza di lei, o semplicemente un ringraziamento per starle vicino in quei momenti così difficili per lei.
Fatto sta che quello fu il mio prima bacio con una ragazza. Ricevuto, più che dato, per giunta la cosa acquistò per me un’ importanza notevolissima. Non credevo che la mia esistenza mi avrebbe riservato un tale privilegio, ma in quell’ attimo venni catapultato in paradiso. Mai avrei pensato di piacere ad una ragazza, ormai mi ero rassegnato alla mia condizione di single per scelta altrui, invece in quegli attimi la mia esistenza cambiò radicalmente. Finalmente piacevo a qualcuno. Era ora. Finalmente qualcuno che mi avesse fatto provare il brivido e l’ ebbrezza del primo bacio.
Dopo tale botta di vita ci salutammo e lei uscì contenta e tutta salterellante dalla mia macchina in direzione della sua. Per quella sera nessuna superflua parola venne proferita dopo il bacio. Ci salutammo e la faccenda finì lì per quella notte.
Arrivai a casa in uno stato catatonico di totale confusione, piacere, emozione, euforia, ma soprattutto gioia. Incolmabile gioia. Infinita gioia.
Tutto il giorno seguente pensai all’ accaduto. Quando vidi lei ancora, però, feci finta di niente ed andai avanti ad assolvere al mio compito di accompagnatore di cortesia per le corsie dell’ ospedale.
Fu lei a riportarmi sull’ argomento. Io avevo paura di avere frainteso qualcosa per questo cercai di sviare il discorso. Ma la domanda fu netta e precisa: voleva sapere da me come avevo interpretato il suo gesto. Le dissi che non c’ era stato niente di sbagliato nel suo e che anzi, qualora ci fosse stato qualcosa di sbagliato nel mio, avrebbe dovuto dirmelo e correggermi prontamente.
La risposta a questa mia affermazione fu un sorriso tremendamente dolce.
Le altre persone ci guardavano mentre ci vedevano insieme e ci salutavamo e sorridevano anch’ esse. Ero contento che ci vedessero tutti. Avevo anche io qualcuno che desse un senso alla mia stupida ed inutile esistenza. Avevo anche io una ragazza, anche se tecnicamente non lo era ancora data la mancanza di una sua risposta definitiva, fino all’ arrivo della quale non avrei bruciato nessuna tappa.
Capitolo 10: Il Compleanno
Per l’ occasione speravo che Sofia decidesse di farmi il più bello dei regali cui avessi mai aspirato, cioè dirmi finalmente di sì; ma comunque di certo non avrei pilotato forzatamente la natura delle cose. Nei giorni immediatamente antecedenti il mio compleanno cominciammo a scambiarci sms, e-mail e telefonate sempre più importanti. Addirittura ricevetti telefonate giornaliere da lei sul posto di lavoro, dal suo ufficio. Capii l’ importanza che rivestivo ai suoi occhi, in quanto nessuno prima d’ ora mi aveva chiamato semplicemente per sentire la mia voce, ma quei pochi che lo facevano avevano sempre degli interessi più o meno sapientemente celati, che spaziavano dai favori scolastici a veri e propri atti di connivenza col nemico, non molto nobili. Un secondo ricordo cui sono particolarmente legato fu un avvenimento caduto proprio a ridosso del mio compleanno, qualche sera dopo il fatidico primo bacio. Per l’ occasione si era optato per andare al cinema, stavolta però in tre. Il filmiche andammo a vedere era “Minority Report”. Io ero alquanto preoccupato per il terzo incomodo, che era un mio caro amico, e per tutta la durata del film pensavo a come si sarebbe sentito, dal momento che prima di lui anche io avevo provato cosa voleva dire essere in una situazione imbarazzante come la sua. Sofia invece non ebbe problemi di sorta e anzi si comportò con disinvoltura, come se lui non ci fosse. Io ero accanto a lei, sempre piuttosto sulle mie non per maleducazione ma al contrario per rispetto della persona. Non mi erano venuti in mente particolari lampi di genio per allietare la situazione, cercavo semplicemente di gustarmi il film. Ma ci pensò lei ad accendere il fuoco della passione. Cominciò dapprima ad appoggiare la testa sulla mia spalla, poi mise delicatamente la mano sul mio braccio. Io feci finta di niente ma la cosa mi turbò moltissimo, in senso positivo s’ intende. Ma ebbi anche parecchia paura di compiere gesti folli, sconsiderati, fraintendere tutto e rovinare un’ atmosfera del genere che stavo sperimentando per la prima volta. Andai molto con cautela. La sua mano sul mio braccio ogni tanto cercava qualcosa, e lanciava timidi segnali di nervosismo, come per dirmi di svegliarmi fuori, ma figurarsi se riuscivo a comprendere l’ entità di un gesto del genere. Seguii poco il film e passai tutto il tempo a chiedermi che cosa volesse, cosa si aspettasse. Passai così tutto il primo tempo e gran parte del secondo, poi dopo aver riflettuto ogni piccolo dettaglio, verso lo scadere del film, dopo circa un’ ora e tre quarti provai timidamente ad appoggiare l’ altro mio braccio e l’ altra mia mano sulla sua, tesa verso di me. Feci centro al primo colpo, Era quello che voleva. E ci avevo messo quasi due ore per capirlo, ma perlomeno la prima mossa che feci fu quella giusta. Niente di compromesso quindi: mi strinse forte la mano, e guardammo il resto del film così, vicini, con le mani incrociate nella più classica e banale delle situazioni tra due innamorati. Date le piacevolissime sensazioni che provai in quegli istanti avrei voluto fare prima un gesto del genere, e mi rimproverai x molto tempo per la mia sorprendente ingenuità che non accennava a diminuire nel crearmi disagi. Sudavo, ero in fibrillazione, ma passai il quarto d’ ora più bello della mia vita in quel cinema. Per me era già un ottimo primo regalo di compleanno ciò che ricevetti quella sera. Date premesse come questa ci stavamo ovviamente avvicinando sempre di più e la fase dell’ innamoramento era giunta al suo apice per tutti e due. Ci cercavamo sempre più spesso, eravamo in sintonia, io trascuravo il mio dovere di obiettore pur di starle accanto.
Lottavo disperatamente per cancellare ogni aspetto negativo del mio carattere e per migliorarmi ogni giorno di più. Era doveroso, lo facevo per lei, e lei meritava questo ed anche di più dopo quello che mi aveva dato. Niente poteva distogliermi dal mio obiettivo. Perfino le malelingue sempre più frequenti ed insistenti sul conto di questa ragazza d’ oro scivolavano via sul piano inclinato della mia più totale indifferenza. Una mattina mi offrii volontariamente di riaccompagnarla a casa al suo paese con la macchina del Comune di cui disponevo, e di assisterla nelle compere giornaliere, dato che aveva bucato con la sua vettura al parcheggio dell’ ospedale. Non ero un esperto meccanico, nemmeno un principiante della brugola, altrimenti mi sarei adoperato per sostituirle la ruota con quella di scorta. Stavolta però la dimenticanza nei confronti dei miei nonni adottivi fu grave: venni richiamato in ufficio. Venni minacciato di trasferimento ad altra sede entro la fine del mese se le cose non si fossero sistemate. Troppe telefonate di lamentele da parte degli utenti, denunce di disservizi che stavano minando la buona reputazione di un servizio del genere.
La cosa mi sembrava alquanto bizzarra e preoccupante perché da parte mia non c’ era cattiveria, negligenza, o svogliatezza, quindi mi feci spiegare dal mio collega il motivo di una sgridata del genere che ritenevo ingiusta. Seppi allora che lui a me dava garanzia di assistere gli anziani per tranquillizzarmi, poi invece passava le mattinate al bar non curandosi minimamente di compiere il suo dovere. Avevo le mie responsabilità, chiaro, ma essere responsabile anche del suo operato per me era troppo. Così anche per colpa sua rischiai di incorrere in pesanti sanzioni. Ma la mia mente non comprendeva ancora bene l’ importanza dell’ incarico affidatomi, la sola cosa che mi stava a cuore era non fare mancare niente a Sofia, la sua felicità, la sua tranquillità, il suo sorriso. Vivevo in funzione di quello.
Cominciò a subentrare però, a lungo andare, un notevole stress causatomi dal mio collega che lavorava sempre meno e sempre peggio, così subivo sgridate pesanti per colpa sua; ma non avevo il coraggio di fare la spia e dire che lui non lavorava. In pratica egli, sapendo che gli anziani si sarebbero lamentati di lui e avrebbero conseguentemente richiesto il mio intervento al posto suo, si ingegnava per incorrere in enormi infrazioni al codice lavorativo dell’ obiettore, per incappare apposta in grossolani errori nella consegna delle spese, dei resti e nel trattamento delle persone.
Con la scusa che io ero più educato, gentile, attento e premuroso di lui i poveri nonnini così vigliaccamente maltrattati mi imploravano di occuparmi di loro. Logicamente preso da un sentimento di benevolenza ed affetto nei loro confronti, mi feci carico di tutti più che potevo, lavorando così per due persone, ad un ritmo sempre più serrato, con sempre meno tempo libero.
Logicamente non potevo andare da tutti io, anche se il mio collega ormai se ne fregava altamente di tutto e di tutti, ma mi feci in quattro per imparare a memoria le esigenze di ciascuno e per assecondarle nel minor tempo possibile.
Fu così che escogitai parecchie metodologie di lavoro per assolvere al compito di due persone con a disposizione il tempo (e lo stipendio) di uno soltanto.
Nacquero in questo periodo le mie spese multiple ma sempre diversificate quanto a resti, scontrini e merce acquistata. Diventai ben presto velocissimo e precisissimo grazie al fatto che accontentavo più persone contemporaneamente, ma ero sempre impeccabile.
Questo fattore unito al tempo che dedicavo a Sofia, i contrasti sempre più accesi in famiglia causati dal mio temperamento instabile e maleducato, finirono ben presto per rendermi a tutti gli effetti instabile, irascibile ed intrattabile. Se ne accorsero tutti: parenti, amici e conoscenti vari.
Per rilassarmi e distendermi un po’ in occasione del mio compleanno organizzai una festicciola con pochi intimi in un locale della mia città molto in voga lo scorso inverno.
Il mio fido consigliere si stava interessando sempre di più al mio caso umano così presi a sfruttare maledettamente e diabolicamente l’ occasione per tempestarlo di domande sulla mia situazione affettiva, che volevo avesse importanti sbocchi nel futuro prossimo.
La festa si rivelò di sicuro gradimento per tutti, con atmosfera creata apposta per l’ occasione, musica scelta dal sottoscritto con l’ ausilio di un suo amico dj che lavorava in quel locale, cocktail a volontà e tanta voglia di divertirsi.
Ma arrivato il momento di lasciarsi andare un po’, subii così tante pressioni ormai, da ogni parte, a lasciarmi travolgere dalla musica, che non solo non le ascoltai ma declinai bruscamente l’ invito rispondendo in maniera sgarbata ai vari inviti a ballare. Sono sempre stato noto per essere uno dei pochi esemplari umani ad odiare le discoteche, il ballo, il frastuono, tutto quanto a questi argomenti correlato, data la mia pacatezza e la mia tranquillità a volte disarmante.
Ma in quell’ occasione diedi letteralmente fuori di matto. Mandai al diavolo tutti coloro che mi si avvicinavano invitandomi in buona fede a ballare con loro, e tra queste persone Sofia non fece eccezione. Urlai ai presenti di lasciarmi stare, di non badare a me, di pensare a divertirsi per conto loro e basta. Chi soffrì di più di questa mia uscita di senno fu indubbiamente lei.
Mi calmai poco dopo, e mi resi conto dell’ enormità dell’ errore da me compiuto. Passai il resto della serata del mio compleanno a chiedere scusa per la mia superficialità, a cercare di farmi perdonare in tutti i modi. Mi spiaceva tanto, e in quegli attimi pensai di essere inadatto al ruolo di boyfriend, che forse era meglio se si lasciava perdere, dal momento che non capivo cosa ci trovava Sofia di così interessante in un tipo complicato e complessato come me. Lo facevo per lei. Non mi sentivo pronto per niente, troppi pensieri per la testa, troppi problemi, nessuno con cui parlarne, e tutto il peso della responsabilità che gravava sulle mie spalle. Tutto questo venne inevitabilmente a galla dopo il mio scatto d’ ira. Ero arrivato al punto che la mia situazione sul lavoro interferiva sulla vita privata e mi causava problemi, e viceversa. Più stavo attento alle esigenze degli altri per non avere problemi, più invece finivo per crearne, per assurdo.
Capitolo 11: Un Destino Avverso
nel gestire separatamente le due carriere, quella lavorativa e quella privata. Finivo inevitabilmente per cacciarmi nei guai, e non per mia volontà, non per cattiveria, non avevo intenti malvagi o secondi fini.
Il mio senso di inferiorità e di svantaggio nei confronti di gente con alle spalle più esperienze di me mi stava ossessionando. Non ero all’ altezza della situazione. Molto probabilmente finii per incappare in una storia più grande di me, ma al momento non me ne resi conto e volevo andare fino in fondo. Tutti quei discorsi sull’ autostima, sulla sicurezza, sulla fermezza, rischiavano di andare a vuoto. Era giunto il momento di darsi una regolata, dovevo essere preparato nell’ affrontare una vita insieme ad una ragazza, condividendo momenti belli e brutti, e l’ angoscia di un possibile confronto con i suoi precedenti fidanzati finì per rendermi timoroso perfino della mia ombra.
A questo punto non mi servivano più i semplici consigli che mi venivano generosamente offerti, per cui decisi di prendere in mano tutta quanta la situazione anche in questo caso e decisi di fare tutto quanto di testa mia, dall’ inizio alle fine. Avevo ben chiare le informazioni che mi interessava avere, e la chat era un territorio abbastanza conosciuto per me, così cominciai a carpire da solo importanti segreti o confessioni di Sofia, ma non tramite altra gente, bensì da lei in persona, sotto falsa identità. Mi sembrava l’ unica soluzione possibile: almeno lei sarebbe stata sincera, si sarebbe confidata con un amico, così io avrei saputo da lei cosa le piaceva di più in un uomo e cosa si aspettava in un rapporto serio, per poi utilizzare queste preziose informazioni in suo favore, per colmare l’ immenso divario che mi diversificava da tutti i suoi precedenti ragazzi con cui era stata. Chiedere una cosa del genere di persona avrebbe sicuramente rovinato il mio rapporto con lei, dato che lei diceva sempre di essere così matura e di avere così tanta esperienza. Non potevo rendermi ridicolo ai suoi occhi. Non potevo umiliarmi così tanto e dirle che ero ancora casto. Lei mi voleva forte, deciso, intraprendente, e solo una persona con qualcosa alle spalle sa come trattare con una ragazza. Da parte mia invece oltre al vuoto più totale e alla carenza di svariati amori giovanili da tutti sperimentati, non c’ era niente.
Non lo feci con cattiveria; non lo feci con secondi fini. Non ci fu malizia nelle mie intenzioni. Fatto sta che cominciai a chattare con lei alcune sere di fila fingendomi un altro ragazzo, un estraneo quindi. Fui subito colpito dalla facilità con cui Sofia parlava della sua vita privata a gente che conosceva da pochi minuti sul monitor del pc, così le mie domande si fecero sempre più mirate.
Venni a sapere tutto ciò che mi interessava, e purtroppo anche di più. A quale prezzo però.
Rischiai un collasso quando appresi che Sofia si trovava bene nell’ attuale compagnia perché era super coccolata, e soprattutto perché c’ era qualcuno verso cui nutriva simpatia.
Sfortunatamente quel qualcuno non ero io, al contrario, venni considerato come uno che le moriva dietro in maniera esagerata, una presenza ingombrante, che ostacolava i suoi propositi di avere una relazione con qualcun altro. Aveva paura a confessarlo perché mi riteneva un debole, uno che non accetta la realtà. A sentire lei, ero uno cui non si poteva dire di no, così cercava di tenermi buono con moine e gesti affettuosi, anche se il suo cuore andava in tutt’ altra direzione, nella speranza che io comprendessi e me ne facessi una ragione.
Il mio stupore andò oltre ogni limite, la mia incredulità raggiunse livelli mai visti in precedenza, non credetti a quello che lessi. A confronto di questa serata, quella del bacio al suo migliore amico era un’ inezia. Se prima ero sconvolto, ora ero distrutto. Mi cadde ogni punto di riferimento, ogni appiglio.
Mi sentii ferito nell’ orgoglio, non potevo pensare dopo tutto quello che avevo fatto sinora di venir considerato solo ed unicamente come una presenza scomoda, che ostacolava i suoi propositi di presunto amore nei confronti di uno che a me, faccia a faccia, aveva detto di non interessarle causa il suo singolare carattere. Non collimava più quanto mi aveva detto in precedenza e quanto mi disse in chat. Le due cose erano l’ esatto contrario l’ una dell’ altra. Proferite però dalla stessa persona. Non ci furono parole per descrivere un comportamento del genere
I miei onesti e sinceri sentimenti si sentirono brutalmente sfruttati ed offesi, raggirati.
Tanto più che con l’ episodio del bacio credevo di aver sancito l’ inizio di una nuova era per me.
Avevo cominciato a ben sperare. Così accecato dall’ ira quella sera non andai a casa del mio fido consigliere come previsto, senza avvertire, ma scrissi di botto un documento, che volevo lasciare nelle mani del mio caro amico, col quale volevo sparire per sempre dalla sua vita e fuggire via da tutto e da tutti. Dopodiché girovagai nervosamente per tutta la città col cuore a pezzi, in uno stato catalettico. Preoccupato dal fatto che non mi feci sentire il mio amico contattò Sofia, che dopo la chattata si era preparata ad una serata in compagnia di uno dei suoi tanti amici. Così non sapendo entrambi nulla di me optarono per vedersi e mettersi a cercarmi, parlando nel frattempo di me.
Da parte mia continuavo a non farmi trovare. Avevo solo il dolore a farmi compagnia. Avevo saputo qualcosa che forse era meglio non venire a sapere. A quale prezzo.
Capitolo 12: Un Fatale Errore
Ormai avevo tramutato la tristezza in rabbia ed i suoi atteggiamenti graziosi non avevano più alcun effetto su di me. Lei continuava ad abbracciarmi, preoccupata che mi fosse successo qualcosa. Io non proferii parola, avevo il volto scuro, teso, accecato, tormentato da quella chiacchierata che mi aveva sconvolto l’ esistenza. Decisi che era meglio finire lì la serata ed andare a letto a cercare di riposarsi. Furono le uniche parole che mi uscirono di bocca. Stavolta Sofia non riuscì nell’ intento di creare atmosfera. Se ne andò un po’ confusa. Non capiva che cosa avesse fatto di male. Per lei era tutto regolare, come l’ altra sera al disco-pub. Mi arrivò un sms dal mio amico che mi incitava a tenere duro perché qualcosa di buono stava per accadere, ma mi sentii il dovere di rispondergli e fargli luce sull’ accaduto, nonché di informarlo su che razza di persona avevo avuto a che fare, troppo misteriosa e complicata da interpretare.
Scrissi un bel messaggio in cui riversai tutta la mia rabbia per il raggiro di cui fui vittima e la definii una ragazza falsa ed approfittatrice e poi lo inviai.
Pensavo ancora fortemente a lei mentre scrivevo quelle parole, così invece di inviare il messaggio al mio amico lo inviai proprio a Sofia. Resomi subito conto dell’ errore ormai non c’ era più niente da fare: il messaggio era già partito e stava per essere recapitato al destinatario sbagliato. In quei pochi secondi che seguirono l’ erroneo invio del messaggio mi affrettai a chiamare Sofia, nonostante fosse notte inoltrata, e la pregai di non leggere il contenuto di quanto le sarebbe arrivato sul telefonino, dato che avevo sbagliato persona cui inviare quel testo. Lei con fare tranquilli mi assicurò di non leggerlo e di cestinarlo subito, in fin dei conti se non era un messaggio destinato a lei non le interessava. Così mi disse. Al che fui tranquillizzato. La scampai bella. Tirai un sospiro di sollievo e ripresi fiato. Tutti quei colpi di scena in quelle poche ore mi avevano mandato il battito del cuore a mille. Ma ormai ero salvo, per miracolo. Quella fu una serata davvero intrisa di emozioni forti, serata che però non finì lì.
Qualche minuto dopo mi arrivò una telefonata inaspettata della stessa Sofia.
Era in lacrime. Singhiozzava, non riusciva ad esprimersi bene, non riusciva a contenere il dolore. Mi disse che di sms sul suo telefonino ne erano arrivati due e che aveva cancellato il primo, come promesso a me, ma aveva letto il secondo credendo che stavolta fosse davvero indirizzato a lei.
Fu così che rimasi sbalordito e senza parole. Il destino volle che il fatidico messaggio fosse arrivato, per errore dell’ operatore telefonico, in duplice copia al destinatario, cosa che peraltro è abbastanza frequente nei periodi di alta concentrazione di scambi di telefonate, ma quella volta non avevo previsto un caso del genere, e quella volta fu la mia rovina totale.
Mi spiegò che di lei si poteva dire di tutto ma non che era bugiarda, perché era sempre stata sincera. Io al momento non stetti a spiegare il motivo delle mie parole scritte in quel maledettissimo messaggio, le dissi soltanto che ero fuori di me per la rabbia quindi in condizioni normali mai mi sarei permesso di prendere una simile iniziativa. In effetti ero ancora sconvolto davvero per la conversazione via chat nella quale emersero verità inaspettate. Ma forse sarebbe stato meglio se avessi spento il telefono invece di mettermi a mandare dei messaggi dato lo stato confusionale in cui ero caduto. Sentirla così giù di morale ed in lacrime, come mai prima d’ora, mi fece capire l’ enormità dell’ errore da me compiuto. Avevo compromesso una così bella storia, iniziata come un sogno e destinata molto probabilmente a finire in quegli istanti all’ improvviso, come un incubo. La invitai a casa mia la sera seguente per darle tutte le spiegazioni del caso, dal momento che al telefono non era proprio l’ ideale. Inoltre mi ero anche proposto di andare di corsa immediatamente verso casa sua, per calmarla, tranquillizzarla, prima di farla entrare nella sua abitazione. Ma l’ orario non consentiva di intraprendere un viaggio del genere verso il suo paese, inoltre si trattava di un’ operazione delicata, che richiedeva tempo, e di lì a poche ora mi sarei dovuto svegliare per assolvere al mio ormai abitudinario compito di obiettore. Avrei comunque fatto un sacrificio del genere, ma anche Sofia fu concorde nell’ asserire che era meglio se per quella sera non ci pensavamo e avessimo rimandato le spiegazioni alla serata seguente. Consapevole che non c’ erano scuse per la leggerezza da me commessa mi misi in testa che ormai era finita. Mi avrebbe odiato per un fattaccio del genere. Il cuore era in pace. Che fatica. Riuscii comunque un po’ a calmarla; ma non ero tranquillo ugualmente. Si sentiva benissimo che soffriva, che stava male. E la cosa che mi spiaceva di più era vedere una ragazza soffrire. Figuriamoci poi se era per colpa mia. Avevo fatto del male ad una ragazza, per la prima volta in vita mia. Che sgradevole sensazione, anche se lei non me lo disse apertamente mi sentii un verme. E’ vero, ero venuto a conoscenza di una verità scottante dialogando con lei in internet, a ben vedere ero stato io ferito a morte prima di lei, dato ciò che avevo appreso a malincuore. Non era nel mio stile però far soffrire una ragazza, nemmeno nel caso che fossi stato io a ricevere un torto, mai mi sarei vendicato, non era nei miei propositi la vendetta. Anche stavolta quindi non ci misi rancore o cattiveria, in quanto si trattava di un semplice sfogo tra me ed un mio amico, ma il destino volle comunque che la faccenda avesse preso quella inevitabile piega sfavorevole. Non feci altro che pensare alla stupidità e banalità del mio errore. Bastava un po’ di lucidità mentale in più e non avrei sbagliato così in maniera da principiante. Ma parlare di lucidità mentale in quella maledetta sera era un’ utopia. Molte volte in quella eterna notte in cui non riuscivo a prendere sonno mi chiesi se si fosse trattato di un errore madornale il mio, o se si fosse trattato semplicemente di un inevitabile segno del destino che voleva così invitarmi a lasciar perdere e a ricominciare una nuova vita.
Capitolo 13: L’ Inizio Della Storia
La abbracciai di mia iniziativa come tante volte mi era stato caldamente consigliato di fare, ma la vidi piuttosto tesa, ancora scossa, un po’ titubante, quindi non rispose in pieno al mio abbraccio, ma si appoggiò soltanto a me impercettibilmente.
La tensione accumulata durante la giornata fu tanta per me. Data la mia indole, avevo fretta di risolvere la questione che mi stava tanto a cuore, e se mi fosse stato consentito avrei anche sistemato la faccenda seduta stante, ma per ovvie ragioni non mi fu concesso; quindi dovetti aspettare impazientemente il calar del sole. Non mangiai quel giorno, né a pranzo né a cena, ero troppo nervoso, finchè non avessi risolto l’ inghippo in cui ero caduto non avevo tempo per nient’ altro e non c’ era posto per nessun altro. Quando sorgono contrasti di questo tipo non riesco a stare tranquillo fino a quando non metto la parola fine alla vicenda, nel bene o nel male, e divento ansioso ed impaziente di parlare e di esporre le mie ragioni a riguardo.
Di sera prima dell’ arrivo di Sofia mi arrivò un suo messaggio in cui mi si diceva di prepararmi e tenermi forte perché l’ accaduto l’ aveva fortemente scossa e delusa, e mi disse di aver bisogno di un amico che la accettasse per quello che era, senza cercare di cambiarla. Quelle parole chiave mi gettarono indubbiamente nello sconforto più totale: le prime lasciavano presagire un’ inevitabile rottura di un così bel rapporto fino ad ora mantenuto, le seconde mi fecero capire le sue intenzioni a riguardo. Mi convinsi che ormai non c’ era più niente da fare. Se tutto fosse andato per il meglio, tutt’ al più sarei stato suo amico per sempre; al peggio, lei se ne sarebbe andata dalla mia vita. Di mettersi insieme non se ne parlava, era fuori discussione un’ ipotesi del genere. Asciugai le lacrime prima di uscire di casa, mi diedi un ultimo sprazzo di coraggio, poi mi diressi nel parcheggio sotto casa mia ad affrontarla. Quando arrivò la accolsi e la invitai a salire da me.
Ci sedemmo al mio tavolo, le feci vedere la mia stanza ed il mio computer, dal quale era iniziato il tutto: la prima chattata, le successive, l’ incontro, le uscite insieme, l’ innamoramento e poi le ultime vicissitudini.
Presi la parola, con pacatezza, le chiesi come stava. Dopo pochi istanti che ebbe cominciato a parlare scoppiò in un pianto di delusione e sconsolatezza. Mi disse che al lavoro s’ erano accorti tutti del suo morale sotto terra, che durante tutta la giornata non aveva pensato ad altro che al mio gesto e alla sua motivazione. Si mise le mani davanti al volto, non riusciva a smettere, io mi avvicinai a lei e cercai in tutti i modi di farla smettere, ma niente da fare. Aveva il volto e gli occhi visibilmente rossi per il dispiacere. Se fosse stato qualcun altro a mandarle un messaggio del genere, dato il suo carattere, mi disse che non ci avrebbe messo tanto a mandarlo a quel paese, ma trattandosi di me la faccenda la turbò moltissimo perché non si aspettava una simile caduta di stile da me, dal momento che ormai i suoi pensieri stavano lentamente accantonando l’ altra persona impressa nella sua memoria e stavano volgendo interamente verso di me soltanto.
Ecco che capii perché ci rimase così male. Si stava innamorando anche lei, a quanto mi fu dato di capire, e proprio nell’ avverarsi di questo sogno da me tanto agognato e sperato, fatalmente stava finendo tutto in pochi attimi.
Mi chiese cosa avevo intenzione di fare, se andare avanti ognuno per la sua strada o rimediare al danno arrecato. Io allora le presi a spiegare un po’ la mia situazione, prima di proferire una risposta, le parlai della mia natura, degli anni indietro, dei miei brevissimi trascorsi precedenti con l’ altro sesso, delle mie delusioni, della mia paura di trovarmi sempre di fronte allo stesso incubo che si ripeteva, del passato che ritornava inesorabilmente a trovarmi. Accantonai il discorso della chiacchierata rivelatoria in chat, perché le avrei dato un colpo troppo grande da digerire.
Comunque ero bene a conoscenza della precaria situazione in cui versavo, ed infatti preso da ogni sorta di scrupolo le dissi che se non voleva sentire più scuse ed aveva intenzione di andarsene via e lasciarmi da solo, avrei compreso in pieno il suo gesto e non avrei insistito per farla desistere. Ero ben conscio in quel momento di avere arrecato dolore alla persona più importante della mia vita. Anche se lei non me lo diceva apertamente si capiva dai suoi gesti, dalle sue parole, dal suo volto che era alquanto provata e scossa.
Era tutto nelle sue mani. L’ ultima parola era la sua, l’ ultima scelta stava a lei.
Mi sentii di aggiungere un ultima frase soltanto prima del verdetto. Le spiegai che finchè fossi rimasto nel ruolo, sospeso a metà, dell’ amico interessato, avrei continuato in eterno a commettere errori data la mia incapacità di interpretare i segnali di una donna. E di errori non volevo più commetterne. La mia vera essenza era un’ altra, volevo a tutti i costi fargliela conoscere, gle lo dovevo. Doveva sapere come ero fatto dentro perché lei fu l’ unica, al momento dei fatti, ad essere arrivata così avanti. Tutte le altre si erano soffermate sull’ aspetto esteriore, o guardavano al portafogli, a futilità del genere. Qualcuna si era rifiutata perfino di conoscermi, qualcun'altra dopo avermi sfruttato fino in fondo mi aveva utilizzato come aggancio per raggiungere i suoi egoistici propositi. Lei no, era diversa. Aveva saputo guardare dentro me e stava incominciando ad intravedere quel pizzico di buono che una persona come me poteva offrire. Era arrivata quasi in fondo al traguardo, non potevo permettere che si fermasse proprio in prossimità di esso. Insistetti per un suo ultimo sforzo, pertanto. La ringraziai per il bellissimo regalo che mi fece qualche settimana prima, del primo bacio, le spiegai che in quel momento riversai in lei tutta la fiducia che potevo darle. Le chiesi quindi, stavolta finalmente con parole mie e faccia a faccia, se aveva l’intenzione (abbastanza probabile) di lasciar perdere, dato che riconoscevo la mia schiacciante inferiorità e l’ incapacità di essere all’ altezza della situazione, o se era intenzionata a mettersi con me una volta per tutte per provare a costruire qualcosa di serio insieme e per farle vedere chi ero in realtà.
Con mio infinito stupore la soluzione optata da Sofia fu la seconda, me lo disse in maniera ferma e decisa, così un insolito coraggio mi invase tutto, cambiai espressione. Da triste e rassegnato acquisii i tratti somatici caratteristici di un pesce lesso, incredulo per il lieto fine inaspettato di tutta la vicenda. Sorrisi, anche lei smise di piangere, si soffiò il naso in segno liberatorio, poi stavolta fui io ad approssimarmi sempre di più a lei. Ci scambiammo un lungo, intensissimo e fortissimo abbraccio al termine del quale la guardai in viso, avvicinai il volto al suo e le diedi un bacio intenso di una durata e di un piacere incommensurabili, che mi ripagò di tutto il periodo in cui avrei voluto e probabilmente anche dovuto farmi avanti prima, senza trovarne mai il coraggio.
Al termine riuscì a strapparmi un’ importante promessa: fummo d’accordo tutti e due nel non avere fretta e nell’ andarci con cautela, in un rapporto del genere, non più di semplice amicizia, dato che comunque tutto sarebbe capitato al momento opportuno.
Capitolo 14: Un Sogno Divenuto Realtà
Da quel momento tutto cambiò e fu così diverso, sotto un’ altra luce. Migliore, s’ intende. Sprizzavo gioia da tutte le parti. Andammo subito dal mio ormai fido consigliere, che fu il primo ad avere l’ onore di sapere questa notizia. Sofia passò un po’ di tempo da sola con lui a raccontare l’ accaduto di quella sera, mentre io ero in macchina a pensare infinitamente a quanto ero fortunato. Da quel momento in poi si tenne spesso in contatto con questo mio amico che suo malgrado finì così per diventare anche il suo consigliere personale. Di giorno lo tempestavo di telefonate per sapere pareri, impressioni e giudizi su qualsiasi mia piccola mossa, e di sera andava a casa sua Sofia, prima o dopo di uscire con me. Avevo tutto in quegli istanti, niente mi avrebbe turbato. Quella sera e le seguenti per me furono le più belle della mia vita fino a quel momento vissuta nel timore di rimanere solo. Ma finalmente invece avevo trovato quella fantastica ragazza che per prima era andata oltre il mio guscio, aveva scavato in profondità, ed evidentemente le era piaciuto quello che vi aveva trovato dentro. Continuavo a ripetermi e a dire a tutti, ma soprattutto a lei in persona, che era speciale, che non doveva cambiare mai perché col suo modo di fare mi sentivo bene, molto bene, e la sua intraprendenza andava dove io non riuscivo ad andare per la mia riservatezza, quindi le due cose si compensavano a vicenda, come d’ altronde era giusto che fosse.
Il dolore che avevo causato col mio gesto insano mi aveva troppo toccato la coscienza, così ripromisi solennemente di non farle più del male. Certo capita a tutti di sbagliare ma dal mio punto di vista a me non era concesso, quindi mi adoperai affinché fosse sempre tutto perfetto.
Non mi resi conto però, perlomeno non immediatamente ma dopo una settimana circa, che un cammino da gestire insieme non è un cammino facile, vi sono sempre imprevisti o inconvenienti ai quali si pensa ma di fronte ai quali si è sempre impreparati, quando questi avvengono.
Passammo la prima settimana nella più totale spensieratezza e felicità. Si ripeterono infinite volte tutte quelle occasioni speciali che prima del nostro riappacificamento erano solo sporadiche: lei mi prendeva la mano, ci guardavamo in viso, sorridevamo compiaciuti, lei si faceva avanti a baciarmi e io la seguivo immediatamente. Non prendevo mai iniziative comunque, quando ero con lei, per la solita mai compresa abbastanza paura di compiere passi falsi o di risultare sgradevole. Anche se ormai eravamo insieme e stando alla logica potevo essere più disinvolto di prima, ero ossessionato dal terrore di commettere altri sbagli così misi da parte qualsiasi mio interesse personale e assecondai solo ed unicamente i suoi. Era come se mi fossi annullato l’ esistenza ed avessi messo la mia vita al suo servizio. Non osavo ancora toccarla o solo sfiorarla. Uscivamo insieme ma sembravamo due fratelli più che due innamorati.
Da parte sua invece le iniziative si sprecavano, tutte accolte da me alquanto volentieri.
Almeno così sapevo di non sbagliare momento, dato che a me un suo gesto d’ affetto andava sempre bene in qualunque posto ed in qualunque momento, così quando lei ne avesse voglia mi trovava lì attento, felice e prontissimo a braccia aperte ad assecondarla.
Le visite di Sofia a casa del nostro fidato maestro di vita si intensificarono notevolmente: andando da lui poteva saperne di più sul mio conto e sulla motivazione del mio “guscio” creatosi con gli anni, che mi impediva di esprimermi liberamente coi gesti e mi rendeva tacito e freddo glaciale, quasi come se fossi frigido.
Per contro la situazione amorosa del mio amico in quel periodo non fu così rosea come si era aspettato. Cadde presto vittima di sconforto quando passò attraverso una delusione, così ora era il nostro turno per aiutarlo, un modo per ringraziarlo di averci fatto aprire gli occhi. Lo prendemmo con noi una sera e lo portammo fuori a bere qualcosa. Lui spiegò nel dettaglio la sua triste situazione ed era così giù di morale che era doveroso, dopo tutto quel che aveva fatto per noi, dargli una mano a risollevarsi di morale. Da parte mia non fui molto utile in quanto gli diedi anch’ io dei consigli, ma non se la sentì di ascoltarli. Fu invece Sofia la vera risolutrice della situazione. Prese in mano il tutto, gli fece l’ esempio della nostra storia e gli così diede un’ insperata forza di passare oltre quei momenti negativi, che poi sarebbe arrivato anche per lui il momento della felicità.
Dopodiché, vedendolo visibilmente migliorato d’ umore, riaccompagnammo a casa il nostro caro vecchio saggio, il quale durante il tragitto per la stanchezza e la tensione nervosa si era addormentato sulla mia macchina. Una volta salutato il nostro amico Sofia prese a farmi un discorso inaspettato a poche ore dall’ inizio della nostra storia. Intendo dire inaspettato perché se mai avessi pensato di riuscire a stare con una ragazza, men che meno avrei pensato di lì a poco tempo di dover incorrere in un altro argomento delicato, il sesso. Per l’ occasione mi disse di non farmi ingannare dall’ apparenza, mi spiegò che il suo carattere dolce, disponibile, e la sua indole aperta non dovevano essere causa di fraintendimenti. Mi affermò di essere una ragazza sì vivace ma matura, responsabile, perché cresciuta in fretta, quindi non si lasciava andare tanto facilmente con i ragazzi, e che occorreva qualcuno di veramente speciale per convincerla a portarla a letto, pertanto non era facile riuscire a guadagnare la sua fiducia. Da parte mia fui sorpreso di sentir parlare di un argomento del genere, però dall’ altra fui contento, e le dissi che quello che mi aveva detto mi era servito ad apprezzarla ed ammirarla ancora di più, dato che erano poche le ragazze al giorno d’ oggi ad avere certe idee ben chiare sul cosa volere dalla vita, e lei mi sembrava una di queste. Mi piacque ancora di più, dopo quello che mi disse. Fui convinto allora più che mai di avere a che fare con una ragazza responsabile e sincera, diversa da tutte le altre ragazze dai costumi facili che circolano in giro. Comunque la cosa sebbene mi avesse dato coraggio non riuscivo ancora a fare il ruolo del cacciatore, ma ero fortemente incatenato a quello di preda.
Il fatto è che sporadicamente io prendevo un po’ di coraggio e mi facevo avanti ma guarda caso non era mai il momento opportuno: o era giù di morale per qualcosa, o non voleva essere toccata o non voleva farsi vedere in giro mano nella mano con me perché diceva di non essere tagliata per certe inutili smancerie. Accadeva pertanto che venivo sempre più sconfortato dal compiere una qualsiasi piccola azione in suo favore. Sembrava che facessi apposta a captare proprio il momento sbagliato come se avessi le antenne.
Volevo darle tutto quello di cui necessitava, quindi mi sforzavo sempre di più di capirla. Mi sembrava la cosa migliore. Le chiesi semmai avesse avuto intenzione di farmela pagare per la vicenda traumatica dell’ sms sbagliato, ma lei mi giurò che non era più in collera, che le era passata, che era storia vecchia, che quello che contava era il presente e via dicendo, e che soprattutto non avrebbe meditato vendetta. L’ avevo vista col morale a terra, ora invece sembrava di vivere un sogno. Evidentemente fu davvero un sogno perché questa apparentemente idilliaca situazione ben presto mutò e volse verso un declino lento ma inesorabile, di cui feci molto fatica a rendermi conto.
Si ammalava parecchie volte causa la stagione fredda cominciata anzitempo, così poteva uscire poche volte, ma richiedeva così spesso la mia presenza che andavo a trovarla a casa sua. Mi diceva che andarla a trovare la faceva sentire meglio, così mi facevo carico anche di telefonarle per sapere come stava, passavo un po’ di tempo in camera con lei, in pigiama e sempre sotto le coperte, per farle un po’ di compagnia e cercare di farla star meglio.
Quei momenti furono di una bellezza indescrivibile per me: eravamo così vicini, così affiatati, così romantici… Il primo film che vidi a casa sua in stanza con lei fu La maschera di Zorro.
Esattamente come nel precedente episodio del cinema, anche in questo caso avevo timore di lasciarmi troppo andare dalla fretta, e mi mettevo dall’ altro lato della stanza, in disparte; lei invece mi invitò a coricarmi accanto a lei nel suo letto, e una volta che la accontentai, avvicinammo l’ un l’ altra le nostre teste, ci stringemmo fortemente e guardammo il film insieme. Stesso copione qualche giorno dopo, di nuovo al cinema, a vedere “Signs”. Stavolta i miei tempi di recupero furono però davvero brevi, quasi da record per un polentone come me: la abbracciai subito dopo una decina di minuti dall’ inizio del film e la coccolai teneramente per tutta la durata della proiezione. Anche in quel caso mi scordai della trama, dato che il cervello era già fuso e pensava a tutt’ altro fin dai primi istanti.
Dopo quelle primissime settimane trascorsa insieme avvenne qualcosa in lei, o forse fu la vicinanza a me a cambiarla, non so, fatto sta che le cose non furono più come un tempo.
Mi disse innanzitutto che certe volte esageravo con la mia gelosia, nonostante facessi di tutto per nasconderla ed avevo sempre comunque evitato di intraprendere scenate tipiche dei possessivi gelosoni siciliani. Il fatto è che non mi andavano alcune cose nel suo comportamento ma per il profondo rispetto che provavo per lei non osai mai dirglielo.
In pratica non riuscivo ad accettare il fatto che lei parlasse così tanto dei suoi ex ragazzi, talvolta calcando addirittura la mano mostrando in mia presenza le foto di lei in compagnia dei suoi antichi amori. Comunque non feci mai presente nessuna mia rimostranza di fronte a questi episodi perché mi sembrava tutto inutile: in fin dei conti ciò che contava era il presente, e all’epoca dei fatti c’ero io al suo fianco, tutto il resto avvenuto prima non importava. Ero sì un po’ geloso ma sempre in maniera pacata, oserei dire al punto giusto, e mai ossessivo o limitante della libertà altrui. D’altronde gelosia significa attaccamento alle cose importanti; discorso a parte invece per i vari eccessi, che non sono altro se non dimostrazioni della limitatezza degli orizzonti mentali. Inoltre trattandosi quello di un problema mio decisi che dovevo lavorarci su personalmente per cercare di migliorarmi.
Aveva poi una strana fissazione, che ben presto diventò proprio un’ossessione nei miei confronti: voleva a tutti i costi che mi tagliassi i capelli, non so perché, forse voleva farmi assomigliare a qualcuno, fatto sta che cominciava a limitare un po’ la mia libertà a partire proprio da queste piccolezze. Per nessun’altra donna, nemmeno per mia mamma, mi ero mai fatto tagliare i capelli, di cui andavo peraltro orgoglioso. Li portavo sempre piuttosto selvaggiamente lunghi ma ben curati; evidentemente a Sofia non piacevano per principio, così per farla smettere di assillarmi con le sue richieste presi la triste decisione di tosarmi il capo in pieno stile militare, tanto per rimanere in tema. Da parte mia mi smebrava una chiara dimostrazione che per lei avrei fatto di tutto pur di piacerle e rispondere il più possibile alle sue esigenze; da parte sua, anche se ancora non lo comprendevo bene, era un segnale della sua volontà di prevalere sull’uomo, di comandare a tutti i costi, di limitare la libertà altrui. D’altronde non potevo ancora comprensibilmente immaginarmelo in quanto essendo io innamorato perso di lei andavo in giro con le cosiddette fette di salame davanti agli occhi e ogni desiderio della mia donna era un ordine da eseguire senza discutere. Inoltre Sofia mi spiegò che dopo un periodo passato a stretto contatto con me nonostante si trovasse bene, avvertiva in lei qualcosa di strano, che a lungo andare si sentiva cambiata, che stare con noi e soprattutto con me l’ aveva tranquillizzata, ma forse un po’ troppo, dato che aveva sì imparato ad apprezzare le cose semplici fatte in compagnia; ma mi spiegò che la sua indole era sempre stata vivacissima, quasi selvaggia, e che prima di allora usciva tutte le sere senza rendere conto a nessuno, andava in discoteca a scatenarsi e tornava all’ alba del giorno dopo. Una vita abbastanza libertaria quindi, complice una situazione familiare che non la esaltava per niente e per evitare la quale stava in giro più che poteva, in assoluta libertà. A me spiaceva di essere responsabile del suo rammollimento, così la portai sempre in posti che piacevano a lei, senza badare ai miei gusti, in modo da farla scatenare come prima d’ ora aveva sempre fatto, ma lei voleva farlo insieme a me. Io da parte mia non mi prestavo mai a certe esplosioni di vivacità incontrollata, più che altro stavo in disparte e lasciavo che lei si divertisse; ma la cosa a lungo andare non fu di suo gradimento. Andò dapprima a confidarsi periodicamente dal mio amico, a casa sua. A me non fece sapere niente; seppi poi da lui della condizione in cui versava Sofia, una condizione di imprevisto distaccamento. Si stava allontanando, sempre di più. Il giorno del patrono della nostra città, il gg di mm mi arrivò un sms dal mio amico in cui c’era scritto che Sofia sentiva di stare per allontanarsi da me inesorabilmente, senza sapere bene perché. Non riuscivo a soddisfacerla, evidentemente. Feci di tutto allora per trovare del tempo per vederla e risolvere la cosa, senza farle capire che ero venuto a sapere del suo stato d’ animo dal nostro comune amico, e credevo di farle una sorpresa, di organizzare un incontro gradito. Rimandai un importante incontro con alcuni amici quella sera, per correre da lei e starle accanto. Per tutta risposta mi disse che lei non avrebbe rinunciato ad uscire con le sue amiche quella sera, e che io non potevo obbligarla a vedermi se non ne aveva voglia. Ci rimasi male. Sapevo del suo malumore, volevo fare qualcosa di utile e carino per risollevare le sorti ma non fu per niente apprezzato il mio gesto. Si stancò ben presto della mia pacatezza, e una sera come tante quando la riportai a casa mi disse seccata che era stanca di vedermi così mite e poco reattivo ai suoi richiami. Mi diede un ultimatum in tono visibilmente seccato: o mi svegliavo dalla mia situazione di torpore altrimenti non l’ avrei più rivista. Quelle parole mi arrecarono un fastidio ed un dolore mai provati in precedenza. Stavo per perdere la persona più importante che avevo conquistato così a fatica per colpa del mio carattere sonnolento. Fu lì che, una volta sotto le coperte, riflettei a lungo sulla mia condizione. Odiavo i miei genitori per avermi cresciuto in una certa maniera, per avermi infuso un certo tipo di educazione a tratti fin troppo rigida, odiai ancor di più me stesso per la mia timidezza che non voleva accennare a diminuire. Mi sarei preso a schiaffi se fossi stato l’ artefice di una rottura con lei. Fortunatamente Sofia si rese conto di aver calcato un po’ troppo la mano, e mi chiese scusa via sms per la sua irritante impulsività, ma voleva una storia seria con me, una storia matura, non una come tante.
Dopo questo episodio negativo purtroppo ve ne furono altri, a breve distanza. Avvenne che si ammalò per l’ ennesima volta e una buona volta che insistetti per andarla a trovare mi rispose di lasciarla in pace, e di non insistere, dato che lei teneva innanzitutto alla salute poi a tutto il resto.
La mia intenzione non era di rendermi appiccicoso e fastidioso, volevo solo insistere per andare a trovarla perché sapevo che in altre occasioni una mia visita le aveva giovato molto al morale. Per tutta risposta mi sentii dire che ero fastidioso, che le mie preoccupazioni la rendevano ansiosa, e che l’ ansia la infastidiva. Così ci rimasi veramente male e anche quella volta per fare la pace e dimenticare l’ accaduto ci volle una bella chiacchierata, dopo qualche giorno dall’ evento.
Non solo, persino i nostri dialoghi erano mutati, al pari della situazione venutasi a creare.
Quando discutevamo su qualcosa, su cui prontamente eravamo in disaccordo, io ero sempre su posizioni calme, ero tranquillo, sapevo di poter risolvere il tutto con una buona dose di dialogo, ed era questo che mi aveva concesso in tante occasioni di porre un lieto fine ai nostri litigi. Sofia invece cominciava il discorso piuttosto tesa, nervosissima, turbata, sempre arrabbiata usando toni vivaci, coloriti, gesticolando ed dimenandosi. In una occasione era talmente furiosa che arrivò a picchiare violentemente contro il volante della sua auto, visibilmente imbestialita, mentre inveiva contro di me. Feci presente che non c’ era bisogno di scaldarsi tanto, era sufficiente la bocca per risolvere le incomprensioni in una coppia. Non persi mai la calma, era l’ unico modo che avevo per esprimermi al meglio, altrimenti avrei farfugliato frasi senza senso, così cercai di mantenermi sempre lucido e di non lasciarmi andare anche io a manifestazioni così accese di tensione.
In quella occasione si finì per lasciare il tutto in sospeso e per rimandare la discussione ad un secondo momento, in cui anche Sofia fosse più calma.
Non capivo il perché di tanto astio nei miei confronti dimostratomi in quei frangenti. Ero sempre al suo servizio, pronto a soddisfare ogni sua voglia, al suo più completo servizio ma mi si diceva che questa era la strada sbagliata, che dovevo essere più autoritario. In pratica non dovevo ridurmi a fare la parte della donna nella storia, perché se lasciavo tutto in mano sua sarebbe andato tutto a rotoli come le sue storie precedenti. Mi si chiedeva esplicitamente di avere energia, polso. Però quando dimostravo fermezza e decisione era sempre il momento sbagliato e risultavo invadente e cattivo; così non sapevo più come comportarmi. Quella sera dopo aver discusso di queste cose, e dopo aver lasciato ancora irrisolto il contrasto d’ idee, ricevetti un suo messaggio. Mi disse che voleva vedermi perché confidandosi con una persona aveva capito tante cose su di me.
Il messaggio lasciava ben sperare, così presi la macchina ed andai al suo paese. Ci salutammo. Sembrava che il litigio di qualche ora prima non avesse intaccato minimamente il nostro rapporto.
I nostri sguardi erano sempre dolci, soprattutto i suoi, erano innamorati, così mi spiegò che per la prima volta qualcuno era riuscito a farla sentire in colpa, e aveva capito di avere esagerato coi toni, e mi chiese scusa. Io senza colpo ferire accantonai anche questa spiacevole occasione di esporle le mie rimostranze nei suoi confronti, e la perdonai all’ istante, sancendo la chiusura del diverbio con un bel bacio profondo.
Capitolo 16: L’ inevitabile
Fatto sta che una sera, esattamente il 23 di Novembre, per festeggiare il nostro primo mese insieme decisi che era ora di farle un regalo, un qualcosa che le potesse tornare utile. Sapevo delle condizioni non proprio buone in cui versava il suo computer, dal momento che passavo parecchio tempo a sistemarglielo, così non badai a spese e le presi un componente nuovo di pacca da sostituire a quello vecchio che creava conflitti con l’ intera a apparecchiatura. Andai a casa sua per farle una sorpresa. Ma la sorpresa fu accolta un po’ a malincuore in quanto Sofia mi fece sapere di sentirsi in colpa per quel regalo, secondo lei non avrei dovuto, e che prima dovevo ascoltare quello che doveva dirmi da qualche giorno, argomento su cui stava riflettendo già da tempo.
Le diedi lo stesso il regalo e fissai un appuntamento per uscire la sera stessa, in modo da parlarne più approfonditamente dato che lì in casa sua non era possibile. La vidi parecchio giù di morale ma pensai si trattasse di un momento a parte, che il suo stato d’ animo non influisse sul nostro rapporto. La baciai per assicurarmi che fosse tutto a posto: dal momento che lei non si tirò indietro e mi baciò con voglia pensai che fosse tutto frutto della mia immaginazione, che il segreto che aveva da dirmi fosse qualcosa di piacevole.
La sera mi mostrai un po’ perplesso e preoccupato, pensavo continuamente alle parole del suo ultimatum di qualche giorno prima, pensai che era ora di muoversi prima di una eventuale sua perdita, dato che non avrei retto ad un colpo del genere. Così passai la serata distante da lei, in quanto non osavo parlarle, per paura di affrontare l’ argomento, ed aspettai l’ occasione giusta, messo preventivamente in guardia dal mio amico che forse più intelligentemente di me aveva capito i sintomi di una possibile crisi fra noi due.
In circostanze simili mi era stato caldamente consigliato di essere io il primo a lasciar perdere, non appena avessi intravisto segni di crisi, per non soffrire tanto, data la mia nota ipersensibilità; ma nonostante tutto non notavo (o forse non volevo notare) nessun segnale di pericolo, così aspettavo che si presentasse l’ occasione giusta.
Tale occasione si presentò una volta che fummo da soli vicino alla sua macchina, dopo che tutti gli altri amici se ne furono andati. Era tardi, e la stanchezza era leggibile sul volto di entrambi, ma insistetti delicatamente per parlare della questione lasciata in sospeso nel pomeriggio.
Lei era molto restia a tirar fuori il discorso, nonostante fossimo lì da soli e in assoluta tranquillità, e a differenza di altre occasioni in cui era sempre la prima a voler discutere di qualcosa, stavolta presi in mano io la situazione e la convinsi che se c’ era qualcosa da dirmi era meglio farlo seduta stante.
Titubava. Si vedeva chiaramente che non voleva affrontare quei momenti. Tirò un lungo sospiro, ci pensò su un attimo, guardò l’orologio, poi mi invitò a salire dentro in macchina con lei.
Dentro di me stavo per comprendere il significato di quanto mi avrebbe detto Sofia, solo che continuavo a non pensarci, e in cuor mio speravo si trattasse d’ altro, ma quando cominciò il discorso capii che si trattava proprio di dover affrontare la mia paura più grande.
Mi raccontò che il suo periodo di permanenza con noi le aveva giovato. Aveva trovato degli amici fantastici, che le fecero dimenticare la delusione dei suoi vecchi amici compaesani, che in quel periodo l’ avevano emarginata. Provava verso di noi una stima e un affetto profondi, soprattutto nei miei confronti. Questo affetto e questa stima la avevano spinta a provare a mettersi con me per un periodo che lei considerava di prova. Tale periodo era scaduto, secondo lei, ed era arrivata alla conclusione che nei miei confronti non riusciva a provare nient’ altro che amicizia. Si dichiarò spiacente della cosa. Mi invitò a troncare la relazione, dato che per lei era finita quella sera stessa, ma mi chiese ugualmente di uscire con lei come prima, subito la sera dopo.
Purtroppo era così decisa nel parlare che mi disse anche che non sarebbe tornata sui suoi passi, che la sua era una scelta ben ponderata, quindi definitiva, e che non dipendeva da me, ma da lei.
Pensai ad un milione di possibili conseguenze di un gesto del genere in quel momento. Le sue parole mi ferirono. Anche ammesso che non ci furono cattive intenzioni, sentirsi dire quelle argomentazioni da lei, con la quale avevo trascorso il periodo più bello della mia vita fino a quel momento, incurante perfino dei malumori e dissapori che aleggiavano nell’ aria, mi sconvolse.
Stavo provando in quegli attimi la tristezza e lo sconforto di chi viene lasciato. Non mi resi bene conto della serietà dell’ accaduto. Compresi poco dopo che non avrei più potuto baciarla, o salutarla in maniera differente dagli altri miei amici, sarei sceso al rango di semplice amico, come agli inizi, pertanto decadevano alcune implicazioni nei suoi confronti. Dovevo trattarla e dovevo essere trattato come tutti gli altri. Il fatto di vedermi ritornato indietro al ruolo di amico, sapendo che non provava niente per me, mi fece star male. Il mio tono di voce si affievolì, cominciavo a sparlare, singhiozzare. Non volevo che mi vedesse piangere. Nessuno mi aveva visto piangere, ero sempre da solo quando accadeva. Così conscio del fatto che di lì a poco sarei scoppiato, uscii dalla sua macchina, corsi via verso la mia e mi chiusi dentro. Lei nel frattempo se ne andò via, senza proferire nessuna ulteriore parola. Quando fui nella più totale solitudine, nel silenzio che mi circondava, scoppiai in un pianto di disperazione tale che mi misi ad infierire selvaggiamente sulla mia macchina, prendendola a pugni, calci, facendomi anche male, pur di dimenticare alla svelta il dolore che avevo al cuore. Ma il dolore fisico non servì a indirizzare altrove i miei pensieri. Anche a casa me la presi con tutto quanto avevo nella mia stanza, prendendo qualsiasi cosa mi capitasse sottomano e gettandolo all’ aria, dimenando pugni e calci contro le pareti, contro le mie apparecchiature tecnologiche, contro tutto.
Ero come impazzito. Caddi in uno stato simil-vegetativo. Mi misi a letto. Non riuscii a dormire per l’agitazione, versavo lacrime su lacrime, in un mare di dolore continuamente alimentato dall’ incapacità di accettare una situazione del genere.
Andai avanti così per due giorni. Non mi feci sentire con nessuno. Preoccupata Sofia mi fece uno squillo la mattina dopo, e al pomeriggio mi chiamò. Non volevo rispondere, ma spinto dalla disperazione lo feci. Volevo sentire la sua voce anche se le cose non sarebbero cambiate. Mi chiese, come se nulla fosse accaduto, di uscire con lei la sera stessa. Io ero troppo sconvolto, per poter acconsentire ad una richiesta del genere, così rimandai l’ appuntamento a quando sarei stato in grado di intendere e di volere di nuovo. Si volle accertare che non si trattasse di un lento allontanamento il mio: disse che non lo avrebbe mai sopportato. Passai così la domenica ad urlare, disperarmi e dimenarmi, poi gradualmente quando finii le lacrime cominciai a mutare la tristezza in rabbia, l’ unico modo per non soccombere al pesante colpo che mi era stato inflitto. Credevo che il motivo della rottura e del suo sentimento di amicizia nei miei confronti fosse tutto nel mio comportamento da fratello minore piuttosto che da vero uomo, così credetti che fosse dipeso tutto da me, che fosse tutto una conseguenza della mia fiacchezza in quel rapporto. Mi odiavo. Odiavo lei per quella decisione così insensata quando invece bastava parlarne per venirne a capo, ma forse ancor di più odiavo me stesso più che mai, divenni il mio peggior nemico.
Non uscii con i miei amici quella domenica pomeriggio, come di consuetudine; al contrario mi vidi con una sola persona, e le raccontai tutto l’ accaduto, visibilmente commosso.
Cercavo di trattenere le lacrime dato che eravamo in un posto pubblico, ma mi riuscì molto difficile la cosa. Ero straziato. Lui si fece prendere dalla mia situazione, accantonò per un attimo i suoi di problemi e constatato lo stato in cui ero caduto decise di fare tutto il possibile per rimediare a quella situazione, anche se non mi prometteva niente, solo che avrebbe fatto di tutto per aiutarmi. Non poteva vedermi in quelle condizioni. Non ero più io, non ero più il suo caro amico d’ infanzia di una volta, ero soltanto un ragazzo distrutto. Rimase con me tutto il pomeriggio e gran parte della sera, e si offrì gentilmente di portarmi anche a casa, per assicurarsi che non mi venissero in mente strane idee. Io non facevo altro che implorare che Sofia tornasse, era l’ unica cosa che mi interessava, la volevo ancora nonostante la rottura, non riuscivo ad accettare il fatto. La volevo accanto a me, la desideravo forse ancora più di prima. Intanto che pensavo a tutto ciò cercai di riposarmi e riprendermi dallo shock del sabato sera e da quel nevrotico pomeriggio passato a urlare e disperarmi. La mattina dopo oltretutto mi aspettava una giornata di lavoro parecchio impegnativa.
Capitolo 17: Un Triste Segreto
L’ importante per loro era però vedermi sereno, il resto non contava, così lasciarono tutto l’ accaduto, di cui peraltro sapevano pochissimo, alle spalle.
Raccontai a Sofia, anche se avrei dovuto tacere in base al segreto professionale, che assistevo una signora probabilmente di sua conoscenza. Feci centro: quella signora anziana a me tanto cara era proprio una conoscente della loro famiglia, esattamente come mi aveva detto lei il giorno prima. Dal momento che da tanti anni ormai lei e Sofia non si vedevano più la mattina seguente feci uno strappo alla regola ed optai per un’ incontro tra le due, una sorta di regalo quindi per entrambe. La cosa non mi creava problemi né mi portava fuori tempo più di tanto così la mattina dopo senza nulla dire alla signora la condussi nel bar di solito frequentato da Sofia e le feci incontrare.
Furono proprio contente di rivedersi dopo tanto tempo, sembravano proprio due parenti che non si frequentavano da una vita. Parlarono per qualche minuto dei ricordi del passato. Alla fine l’ incontro, per esigenze di tempo di tutti, fu breve, ma comunque importante, soprattutto per me, che ancora una volta ero soddisfatto per aver sancito la mia nuova unione con Sofia con questo ulteriore piccolo gesto. Non solo, feci di più: ormai mi sentivo quasi come uno della famiglia, quindi decisi di aiutare questa simpatica nonna anche la settimana successiva nonostante secondo il contratto avrei dovuto smettere di vederla in quanto il mio aiuto non era più necessario. Seppi che doveva sbrigare un’ importante faccenda in Banca trattavasi di un ritiro piuttosto ingente di denaro contante, e che non aveva nessuno che la accompagnava, quindi da bravo obiettore non mi tirai indietro e presi l’ iniziativa di propormi come accompagnatore, tassista, guardia del corpo e tutto il resto. Ne fu entusiasta, e io felice di essere d’ aiuto per qualcuno.
Questo nuovo periodo fin da subito non fu più felice e spensierato come il primo passato con Sofia. Qualcosa era cambiato. Se prima la riuscita della storia dipendeva in gran parte da me, ora che avevo messo la testa nell’ ottica giusta non dipendeva più da me ma dal comportamento sempre più bizzarro di Sofia.
Passammo felici e completamente in sintonia una settimana a far tanto, poi si ripetè la stessa situazione di incomprensione che aveva caratterizzato la crisi precedente.
Io ormai non avevo più paura a prendere iniziative così il più delle volte ero io adesso a giocare il ruolo del cacciatore, cercavo di fare tutto quanto di testa mia.
Purtroppo sbagliavo occasione: Sofia era spessissimo giù di morale per avvenimenti che l’ avevano turbata durante la sua giornata lavorativa e scaricava la sua tensione su di me, così finivo per rimanerci male e le serate si concludevano sempre con noi due che in macchina discutevamo del suo comportamento anomalo. Spessissime volte coi suoi ragionamenti Sofia faceva sembrare tutta colpa mia, per la mia fretta, la mia impulsività, la mia incapacità di tatto e comprensione, così anche se a ben vedere il più delle volte mi sembrava di aver sbagliato poco o nulla, finivo lo stesso col chiedere perdono pur di non farla rimanere col viso imbronciato. Episodi di questo tipo avvenivano ormai quotidianamente.
Lei usciva spessissimo con le sue amiche, tutte le sere o quasi, e a me dedicava poco tempo. Quando le chiedevo spiegazioni si arrabbiava, deviava l’ argomento, non ne voleva sapere di parlarne. Se mi facevo avanti era sempre il momento sbagliato, così finii per lasciar perdere le mie timide avances per attendere le sue, dato che io erravo sempre.
Il rapporto si stava infossando verso posizioni tutt’ altro che piacevoli. Io continuai lo stesso a farle dei favori, sempre in maniera disinteressata. Non pensavo ad anomalie varie o a nuove crisi, credetti che si trattasse solo di un momento cruciale nella svolta decisiva del nostro rapporto, e mi feci vedere sempre attivo, convinto e deciso.
Andavo ad accompagnarla o a prenderla dal lavoro, dati i frequenti guasti alla sua macchina, andavo a casa sua per la manutenzione delle sue apparecchiature: mi mostravo sempre pronto ma da parte sua c’ era solo freddezza, in qualche caso perfino maleducazione.
Mi sembrava che i ruoli si fossero invertiti: più passava il tempo più ero convinto di fare la parte della donna in questa storia. Passavo il tempo a lamentarmi con gli amici della trascuratezza di Sofia nei miei confronti, chiedevo aiuto per non tornare nella situazione di disperazione in cui finii prima. Ma ci stavo tornando inesorabilmente, e non era ancora tutto.
Avevo in programma alcuni viaggi fuori città con gli amici, e dato che le festività natalizie si stavano avvicinando volevo cogliere l’ occasione per comprare a Sofia qualcosa che sancisse l’ importanza che aveva per me, così non dissi niente a lei della mia scappatella innocente e benevola in modo da guardarmi intorno indisturbato per il fatidico regalo; ma quando lei lo seppe si arrabbiò perché non era stata avvertita e si sentì esclusa anche da noi, asseriva di non contare più niente per noi, che eravamo degli egoisti a pensare solo ai nostri interessi, e che di lì a qualche giorno si sarebbe vendicata per ripicca, soprattutto nei miei confronti.
Così inevitabilmente quando credevo di compiere buoni azioni, lei mi faceva credere di essere un megalomane che la asfissiava con le proprie ansie, mentre invece volevo solo accertarmi che avesse tutto ciò di cui abbisognava.
Contrariamente la situazione sul lavoro migliorò notevolmente: da quando mi feci carico di tutto il lavoro non ricevetti più lamentele da parte degli anziani per i disservizi, e i miei capi erano soddisfatti.
Il mio collega, vedendo che facevo sempre di più la sua parte cominciò a lasciarsi andare e passò tutto il tempo al bar o in giro per la città a elogiare la sua situazione di privilegiato e a prendermi in giro e rovinarmi la reputazione. Ormai lavoro e vita privata erano perfettamente separati e non influivano più l’ uno con l’ altro.
In questo periodo capitò un episodio che mi sta particolarmente a cuore e che mi fece comprendere appieno la delusione della mia vita sentimentale. Un anziano aveva bisogno del mio intervento per ritirare l’ esito di un esame importante, e non aveva nessuno che potesse recarsi in sua vece allo sportello per il ritiro dei referti. Così lo chiamai a casa sua e lo assicurai di farmi carico dell’ impegno, tranquillizzandolo. Le sue parole di stima e ringraziamento mi toccarono molto: non finiva più di ringraziarmi, da parte mia fargli quel favore non mi costava niente, anzi, era solita banale routine; invece per quel signore il mio intervento era decisivo, di importanza vitale, così al telefono mi ringraziò un’ infinità di volte, per così poco. Appresi l’ importanza del compito affidatomi e mi sentii più sollevato: nemmeno con Sofia infatti avevo ricevuto così tanta soddisfazione per averle fatto un favore, invece con questo signore era tutt’ altra cosa.
Lo vidi per l’ ultima volta qualche giorno prima delle festività natalizie: il signore in questione si presentò sulle scale della sua abitazione con sua moglie e mi regalò un pacco natalizio per ringraziarmi del mio operato a lui tanto gradito. Non seppi come accettarlo. Volevo rifiutare ma capii l’ importanza che aveva quel regalo per loro, era l’ unico modo che avevano per mostrarmi la loro gioia, così lo accettai e andai via da quella casa quasi commosso per tanta gentilezza e gratitudine dimostratami in cambio di un piccolo favore.
Purtroppo di lì a poco quel signore morì, perché versava in gravi condizioni, così non ebbi più la possibilità per rivederlo e scambiare ancora due chiacchiere con lui, dal momento che mi aveva infuso tanto coraggio per andare avanti nella mia missione nonostante avessi alle spalle una situazione affettiva disastrosa. Così finii per essere io in debito con lui. Mi affezionai e questo mio sentimento innato purtroppo mi procura spesso dei dispiaceri come nel caso di questo signore anziano, cui ero molto legato, e che adesso non c’ è più. Vivo però da allora con un bel ricordo, che in momenti di debolezza mi aiuta un poco ad andare avanti.
Fatto sta che nonostante tutto non ero più felice come prima. Questa seconda possibilità che diedi a Sofia per rimediare alla sofferenza che mi aveva inflitto si rivelò ben presto uno sbaglio. Tutto diventò una farsa, a cominciare dai suoi comportamenti e dalle sue scuse addotte per l’ occasione.
Lei prima fissava poi disdiceva gli appuntamenti all’ improvviso dando spiegazioni molto vaghe e alquanto improbabili. Provavo a cercarla sul cellulare ma non la trovavo mai, così mi preoccupavo del suo stato di salute dato che la sapevo cagionevole, ma per tutta risposta mi sentivo dire che ero assillante, fastidioso e ansioso e che la rendevo nevrotica con le mie paure infondate ed assurde.
Addirittura una delle poche sere che eravamo riusciti a vederci, quasi per errore, andai a prenderla al suo paese, ritornai in città con lei ma ebbi appena il tempo di bere qualcosa, poi mi toccò riportarla indietro perché durante il poco tempo che era stata con me aveva ricevuto una telefonata da parte di un suo amico che implorava il suo aiuto. Se era fuori coi suoi amici non mi rispondeva e non aveva tempo per me; quando invece usciva con me era sempre attaccata al telefono a chiamare a destra e a manca ed era a disposizione di tutti. Tutti quei chilometri per niente…
Come se non bastasse quando le chiedevo di intensificare un po’ di più le uscite per vederci più spesso lei mi rispondeva che ne aveva voglia ma non sapeva quando: aveva già programmato tutti i giorni della settimana, e se non usciva con le sue amiche c’erano i suoi amici, i lavori da svolgere per il prete del suo oratorio, i colleghi di lavoro; insomma alla fine dei conti io non ero stato inserito in nessuno dei giorni della settimana, se non per tappare i suoi buchi di solitudine. Ormai mi chiamava solo se aveva poco o niente da fare al lavoro, per avere qualcuno con cui parlare e sfogarsi; quando invece mi aspettavo che mi avrebbe chiamato per chiedermi di uscire o perlomeno per sentire la mia voce e basta. Chiedevo così poco per essere felice.
Le uniche parole che sapeva tirar fuori di bocca davanti a rimproveri del genere erano semplici e banali scuse quasi non le importasse più di me, ma solo dei suoi amici, che così tante volte aveva disprezzato quando usciva i primi tempi con la mia compagnia, elargendo parole di critica nei confronti di chiunque di loro.
Ogni mio tentativo di sapere qualcosa su quanto le stava accadendo sfociava in un litigio. Più la cercavo e sentivo il bisogno di stare con lei più mi si diceva con bizzarre ed improbabili scuse di lasciarla in pace. Più ero in pensiero per lei e più mi si diceva che ero ossessivo. Io mandavo giù tutto ma c’ era gente che non era più disposta a vedermi così a terra col morale e col cuore a pezzi.
Mi venne offerto aiuto per uscire dalla mia situazione divenuta insopportabile; ma rifiutai tutto.
Cominciai a perdere molte amicizie in questo periodo, prima quelle virtuali poi gradualmente anche quelle reali e consolidate da tempo. Ormai Sofia non era più una presenza fissa in compagnia, ci stava abbandonando, mi stava abbandonando. Smise di farsi sentire con chiunque di noi: stavo rimanendo inesorabilmente da solo.
Capitolo 19: Mai Piu’ Come Prima
Un pomeriggio di domenica doveva presentarsi all’ ora prestabilita al solito luogo di ritrovo per uscire con noi, una delle poche volte in cui ancora si ricordava che esistevamo ancora, ma non lo fece.
Da parte nostra aspettavamo: era solita arrivare in ritardo. Passato un bel po’ di tempo però, preoccupato, cominciai a chiamare i suoi amici per sapere cosa era successo ma nessuno aveva notizia di Sofia. Finimmo per aspettarla per ore, in attesa che ci facesse un segno per dirci che stava bene ed era tutto a posto. Rimandammo la nostra uscita domenicale fuori porta ad un’ altra occasione.
Verso metà pomeriggio venni a sapere che Sofia era in Oratorio a giocare coi suoi amici, ma non riuscii a comunicare con lei in quanto mi dissero che aveva dimenticato il cellulare a casa sua, cosa peraltro assai strana per una ragazza come lei che stava attentissima a non perderlo mai di vista.
Quando riuscii a parlare con lei le chiesi come mai non veniva, e lei mi rispose che non ne aveva tanta voglia, che preferiva uscire con un suo amico in macchina, e mi disse che magari ci saremmo visti in serata. Così nel tardo pomeriggio la chiamai di nuovo per sapere dov’ era e per vederla finalmente, ma seppi che aveva preso il largo ed era andata fuori città. Il luogo dove era lei non era distante dal locale in cui ero andato coi miei amici, così proposi di fermarci a salutarci al suo ritorno, ma mi disse che non dipendeva da lei ma dal suo amico che aveva la macchina. Stavo cominciando ad inquietarmi. Fissammo un appuntamento in centro città prima di cena, giusto per sapere un po’ che spiegazioni aveva da dare ad un simile comportamento. Non solo si presentò in ritardo, ma col suo amico, come se niente fosse, bella contenta e sorridente, e mi chiese se volevo uscire con lei dopo cena; ma subito si corresse ricordandosi che aveva un’ impegno all’ oratorio, così io ormai visibilmente furibondo la salutai bruscamente senza nemmeno baciarla e me ne andai verso casa, deluso per quel pomeriggio perso ad aspettare una che neanche si degnava di considerarmi nonostante mi fossi preoccupato. Lei come al solito non si accorse di niente, per lei era tutto sotto controllo. Anzi. Non capii il mio comportamento e me lo chiese il giorno dopo, dato che da qualche ora non mi facevo sentire. I miei amici cominciarono a dubitare di lei, e a consigliarmi di prendere in mano la situazione prima che fosse troppo tardi: stavo mandando giù troppi bocconi amari e stavo facendo la figura del bamboccio troppo buono e gentile, a questo punto secondo loro doveva scattare l’ orgoglio maschile di chi non si fa prendere per i fondelli da gente così, ma erano tutti discorsi che non mi toccavano e che non consideravo.
Questo ennesimo bidone tirato a me e alla mia compagnia fu però l’ ultimo. Mi arrabbiai sul serio e gle lo feci presente al telefono. Chiamai io e passai moltissimo tempo a parlare. Lei ebbe ancora il coraggio di arrabbiarsi e lì in quell’ occasione mi sventolò in faccia, urlando, la possibilità di lasciarmi perché non ce la faceva più a sopportarmi. Premesso che io in tante occasioni mi ero arrabbiato con lei, ultimamente, ma mai comunque avevo preso in considerazione l’ ipotesi di lasciarla, solo mi sarebbe piaciuto capire il perché dei suoi modi di fare così irrispettosi nei miei confronti. Il mio intento, questa volta come tutte le volte precedenti, era soltanto quello di discutere civilmente faccia a faccia le nostre posizioni per arrivare ad un accordo, un compromesso, fare la pace.
Avevo un impegno importante quella sera, il 16 di Dicembre, ma lo lasciai in secondo piano.
Dovevo presentarmi infatti ad una cena già fissata da settimane con alcuni amici per discutere su alcune problematiche che ci riguardavano da vicino, ma li lasciai ad aspettare mentre ero al telefono. Successivamente li avvertii della mia impossibilità a presentarmi da loro causa impegni di forza maggiore, e loro capirono comprensibilmente di cosa si trattava. Non avevo fatto una bella figura con loro, mi rendo conto, ma purtroppo quando mi si presentavano situazioni del genere non riuscivo a mandar giù boccone senza prima aver parlato e risolto la faccenda. Fu così che non mi presentai da loro, anche se potevo benissimo andare alla cena e discutere con Sofia più tardi, e optai per recarmi immediatamente al suo paese per risolvere il conflitto. Non mangiai nulla. Andai da lei a stomaco vuoto con un bel magone per quanto mi era stato detto prima al telefono. Io non ero partito prevenuto nei suoi confronti, invece lei aveva minacciato di mollarmi perché non mi sopportava più. Durante il viaggio mi interrogavo sul fatto della responsabilità di una azione del genere. Mi chiedevo se fosse stata colpa della mia irruenza o se proprio stavolta fosse stata lei ad oltrepassare i limiti dell’ umana sopportazione.
Per l’ ennesima volta quindi annullai ogni impegno che avevo perché Sofia aveva la priorità nella mia scala dei valori.
Andai sotto casa sua, lei salì in macchina. Le avevo detto al telefono di stare calma, che tutto si sarebbe risolto parlando con calma, ma non ci fu niente da fare. Nonostante la sera prima ero stato io vittima dei suoi scherzi subdoli, ero stranamente tranquillo e anche un po’ timoroso, mentre lei, che aveva dato inizio a tutto quel trambusto, era pure infuriata.
Quella sera si era spezzata l’ armonia. Non riuscimmo a dialogare. Lei ferma sulle sue posizioni, io a cercare di discutere civilmente per chiarire una volta per tutte l’ accaduto. Troppa incompatibilità di carattere, troppa diversità. Non c’ era più la comunicazione e la sintonia e la magica atmosfera galeotta dei primi tempi.
I fraintendimenti erano all’ ordine del giorno, si viaggiava su lunghezze d’ onda sfasate.
Lei sbandierava sempre la sua maturità, la sua saggezza, la sua esperienza, e metteva così in risalto la mia piccolezza di fronte ad una storia del genere, la mia incapacità, la mia inesperienza. Mi sentivo così impotente ed inferiore dopo le sue parole che non sapevo che soluzione intraprendere.
L’ unica soluzione possibile venne dalla sua bocca. Sofia voleva un periodo di riflessione, una pausa, che sarebbe durata a tempo indeterminato. Mi lasciò per la seconda volta. Decise di tornare agli inizi quando non aveva ancora nessun legame. Mi disse che evidentemente non aveva aperto ancora bene gli occhi. Aveva in mente il suo collega, la sua storia di cinque anni andata a finire male, le delusioni d’ amore successive a quella storia, non aveva le idee chiare come invece mi aveva assicurato un mesetto prima.
Decise tutto lei, quella sera, e come la prima volta a me non rimase che mandare giù questo ulteriore smacco e restare con un vuoto incolmabile, con un senso di dolore fisico e psichico all’ ennesima potenza. Di nuovo amici, niente più baci, carezze, gesti d’ affetto, solo un’ amicizia come tante altre. Io che avevo un ruolo così importante nella sua vita dovevo ritornare per la seconda volta nella schiera dei suoi amici, uno come tanti, quindi.
Mi volle abbracciare alla fine della battaglia, ma questa volta dissi che non sapevo se era il caso. Se ne andò allora via un po’ offesa come se fossi stato io a ferirla, quando invece io ero solo talmente confuso da non sapere più nemmeno la strada per il ritorno a casa. Era tutto come prima, come quella sera che mi lasciò. Fu così che venni mollato una seconda volta, e a poca distanza dalla prima. Oltretutto per un errore che ritenevo non di mia responsabilità. Assurdo.
Capitolo 20: Periodo Di Riflessione
Avevo paura che il tabellone segnalasse casi di aiuto, non avrei saputo come intervenire. Già ero abbattuto di morale per la vicenda della sera prima, poi mi trovavo in quell’ ambiente ostico, freddo, che aveva un che di psicopatico ed incuteva un certo timore in me. Vi era un letto a lato della stanza, una cucina di fianco al letto, un tavolo spoglio al centro con un bicchiere d’ acqua
E una finestra che dava sul cortile interno, alquanto desolato e triste. Accanto vi era il bagno. Nient’ altro, nessun ornamento, niente di niente. Quell’ ambiente malsano stava influendo non poco sui miei pensieri già contorti per conto loro, e non vedevo l’ ora che arrivasse il mio turno di uscita per respirare un po’ d’ aria di libertà. Era come una prigione, forse peggio, data l’ atmosfera cupa che emanava quella stanza.
Ogni tanto mi mettevo a mandare sms a qualcuno giusto per fare qualcosa e non pensare al luogo in cui ero, perché se la mia mente avesse ceduto lì dentro sarei diventato uno schizofrenico.
Non so come feci a resistere, ma quando arrivò anche per me l ‘ora di andare mi precipitai di corsa fuori a tornare così nel mondo civile. Fortunatamente in quel frangente di tempo non si erano registrati casi di malesseri.
Restai fuori fino a serata inoltrata per rendermi bene conto di quanto stavo attraversando in quel periodo. Stavolta ero proprio distrutto, non ce la facevo a ritornare a casa. Con che faccia avrei affrontato la mia famiglia, ora si vedevano chiaramente i segni della sofferenza sul mio volto, non riuscivo a nascondere più niente, nessuna emozione. Data l’ imminenza delle festività Natalizie mi misi a cercare qualche regalo, tanto per distrarmi un po’.
La città brillava tutta di luci, colori, festoni, striscioni ovunque, insegne addobbate per l’ occasione, e negli anni precedenti mi piaceva passeggiare per il corso circondato da tutta questa atmosfera intrigante, questa volta alla luminosità del mondo attorno a me faceva riscontro il buio più totale che c’ era in me, i miei sentimenti offuscati, il mio cuore spento, triste, abbandonato e spezzato.
Ero di nuovo solo adesso. E stavolta per sempre. Tutto ciò che era accaduto prima evidentemente non contava più nulla per Sofia, per me invece significava tutto.
Trascorrevano i giorni ed i ricordi dei primi periodi di innamoramento mi balenavano in mente insistentemente, e a seguire versavo un fiume di lacrime per l’ ingiusta fine della vicenda.
Mi trovai ancora qualche volta con Sofia, nei giorni successivi: ero matto, lo so, ma pur di vederla ancora ero disposto anche ad esserle amico.
Un giorno venne a trovarmi nel bar dove ogni tanto bazzicavo tra un incarico e l’ altro, mi fece vedere la sua macchina nuova appena uscita dal concessionario. Fui il primo a vederla: ne ero felice, e questo era un buon segnale per me, almeno sapevo che non provava più nessun rancore né propositi di vendetta nei miei confronti. Mentre parlavo con lei, ancora visibilmente provato in volto per il dolore, la fissavo e più il mio sguardo si impuntava su di lei più il cuore prendeva a pulsare. Evidentemente avevo ancora qualche residuo di sentimento per lei, ma era normale: d’ altronde non avevo scelto io di lasciarla, quindi ne ero ancora innamorato nonostante tutto. Chiesi scusa per il mio comportamento tenuto qualche giorno prima, per non averla abbracciata. Il suo viso intristito mi aveva mosso a dispiacere, alimentato dal sospetto di aver portato io alla rottura del rapporto col mio modo di fare impulsivo, seppur sincero. Alla fine per farmi perdonare non so neanche io di che cosa, la presi e la abbracciai forte, chiedendole come stava e se era tutto a posto. Stare con lei in quell’ occasione mi aveva fatto venire voglia di compiere un gesto del genere. A rigor di logica avrebbe dovuto chiedermelo lei, dato che ero io il lasciato, ma in quell’ occasione spinto da una forza misteriosa decisi di farmi avanti come tante volte mi era stato ripetuto, invano. Lei si mostrò stupita ed accolse la mia iniziativa: mi abbracciò, mi diede un bacio sulla guancia e mi sussurrò nell’ orecchio che quella mia nuova veste era migliore della prima, che il mio interessamento stavolta era giusto, non stavo sbagliando niente. Confuso per l’ accaduto, innamorato perso di lei, complice la situazione, non capii bene cosa avesse voluto dire con quelle parole, così mi lasciai andare ai più disparati pensieri. Conoscendola, avrebbe potuto benissimo ritornare un’ altra volta sui suoi passi. Era quello che avrei sperato ma al momento cercai di non pensarci e di trascorrere qualche giorno in tranquillità. Qualche sera più tardi addirittura mi chiamò come faceva quando eravamo ancora insieme, e mi propose di andare al cinema insieme: non diede buca stavolta, si presentò ed andammo a vedere “Natale sul Nilo” giusto per farci quattro risate.
Si presentò la stessa scena ormai già sperimentata altre volte: ad un certo punto del film mi prese il braccio e se lo strinse, appoggiò la testa sulle mie spalle e stette tutto il tempo restante in quella posizione, avvinghiata a me. Nonostante il film facesse ridere non riuscii sfortunatamente a gustarmelo appieno, dato che quando Sofia elargiva i suoi gesti d’ affetto mi veniva da piangere. Soffrivo, invece di essere contento, soffrivo. Non avevo il coraggio di allungarle la mano, non capivo perché lei lo facesse, se non eravamo più insieme non aveva più senso un gesto del genere, così finii con l’ essere sempre più in dubbio, sempre più spiazzato, disorientato. Io la trattavo da amica, ma lei non mi trattava come gli altri amici. Certo non mi baciava più, però sentivo che ero un gradino sopra le altre sue conoscenze; venivo trattato in maniera decisamente diversa, ma non le chiesi mai il perché di un simile comportamento. Un po’ mi piaceva, un po’ mi faceva soffrire la situazione in cui ero caduto. Decisi di fami forza e provare cosa sarebbe successo se le avessi stretto la mano come i vecchi tempi. Fu un’ emozione fortissima, come non accadeva da giorni: sembravamo ancora insieme, la gestualità, i discorsi, tutto lasciava intendere che non fosse successo niente a rovinare la nostra unione. Purtroppo la realtà dei fatti non era quella: anche se io con lei stavo benissimo e non facevo altro che pensare a come ero felice prima, a conti fatti mi aveva dato il benservito qualche giorno indietro.
A fine film nel tornare a casa ridemmo e scherzammo come non accadeva da tempo. Sembrava essere tornato indietro ai primi tempi, esattamente come lei voleva che fosse. Io la facevo ridere, anche se avevo il cuore a pezzi, ma cercavo di nasconderglielo, e l’ atmosfera era ancora per qualche istante felice e gioiosa come un tempo. Rimassimo in macchina a parlare del più e del meno proprio come facevamo a settembre, quando ci conoscevamo appena. Provavo nostalgia di tutto in quegli istanti. A fine serata dopo i saluti andai a nanna e mentre mi stavo addormentando, sempre col telefonino tra le mani, mi arrivò inaspettatamente un messaggio da parte di Sofia. Strano, non lo faceva più da parecchie settimane. Lo lessi. Con meraviglia e stupore mi aveva scritto che aveva passato una bella serata con me e che sentiva di volermi bene, e pure tanto… Non so perché ma quel messaggio mi riempì il cuore di speranza, d’ altronde tutto poteva accadere, e i miei pensieri furono tutti rivolti ad un suo eventuale ripensamento, dati quei segnali positivi. Ma comunque era ancora presto, e tutt’ al più si sarebbe scoperto qualcosa dopo le vacanze natalizie, vero e proprio periodo di riflessione per entrambi.
Capitolo 21: Un Natale Diverso
Stavo comunque mettendomi il cuore in pace che un suo eventuale rifiuto sarebbe stato più che plausibile, stavolta, quindi continuai a tirare a campare con questa speranza anche se non ne ero del tutto convinto nemmeno io. Pensavo che la causa di tutti gli errori commessi fino allora fosse solo ed unicamente la mia inesperienza e mi odiavo a dismisura per il mio senso di inferiorità che non voleva abbandonarmi. Avevo mandato tutto in fumo. Ritenevo che si trattasse solo di colpe mie: in fin dei conti l’ avevo sempre considerata come la sorella maggiore matura, saggia, esperta, e io mi sentivo a disagio a paragonarmi a lei.
Pur nel dolore che mi accompagnava però stavolta provavo un insolito senso di leggerezza, di liberazione oserei dire, e tal cosa mi agghiacciava e mi incuteva terrore. Ero disperato per la mia condizione di ritrovata solitudine, ma al tempo stesso mi accorgevo che non ero più in quello stato di totale sua dipendenza. Non mi sentivo più obbligato, incatenato come prima. Ero libero di non rendere conto a nessuno. Provavo un terrificante e raggelante senso di leggerezza. Però il fatto di essere stato lasciato così, per una banalissima questione, mi bruciava. Il mio povero cuore si stava mettendo in pace ormai, dal momento che passavano i giorni e non accadeva nulla di ragguardevole. Non osavo più sperare niente a questo punto.
La sera della vigilia si presentò con una borsa piena di regali e li distribuì a tutti i componenti della mia compagnia, perfino a quelli che conosceva poco. Il pomeriggio e la sera del giorno di Natale lo passammo tutti in compagnia. Fu un Natale diverso dal solito, piacevole sì ma con qualche riserva di tristezza ancora da smaltire. Per la sera andammo in un locale fuori città, e dopo aver trascorso dei bei momenti tutti assieme noi due decidemmo di tornare a casa prima, dato che lei accusava ancora qualche dolore alla spalla, era stanca e si stava addormentando.
Quel viaggio in macchina con lei lo ricordo come uno dei più dolci in assoluto: la strada era lunga, faceva freddo, c’ era un po’ di nebbia e ghiaccio sulla strada, così andavo piano. Durante il tragitto Sofia si addormentò e si appoggiò alla mia spalla e ci rimase per tutto il viaggio. Anche se mi rendeva difficoltosa la guida non le dissi niente, era così piacevole guardarla e sentirla vicino a me. Era così carina mentre dormiva. Sembrava proprio un angioletto, e pensare che in certi momenti mi aveva reso la vita un inferno, ma quando mi soffermavo a guardarla mi passava ogni tipo di rancore nutrito verso di lei. Era carinissima. Non le avrei detto niente. Arrivati a casa la svegliai dolcemente, la aiutai a scendere e la accompagnai alla sua macchina. Lei si svegliò delicatamente, mi abbracciò, stette per un po’ in quella posizione poi mi diede un bacio e mi salutò, andandosene via ancora assonnata e stanca. Il Natale 2002 ormai se ne era andato, e con esso tutto il carico di emozioni che mi aveva accompagnato durante quel periodo. Credevo che avrei passato la festa più importante dell’ anno con la persona più importante della mia vita, invece lo passai come i precedenti, nella più completa solitudine e amarezza.
Di lì a qualche giorno fervevano i preparativi per la nostra settimana bianca a cavallo di capodanno, e in quei giorni lasciai un po’ cadere tutto il resto in secondo piano.
Sofia rimase in città coi suoi amici. Mi disse che ormai si era affezionata al nostro gruppo e che non riusciva più a stare senza, che coi suoi amici ormai si annoiava perciò attendeva il nostro arrivo con impazienza. Certo quelle parole erano confortanti per quanto riguarda noi, ma non piacevolissime a sentirsi per i suoi amici, che le avevano fatto compagnia fino a prima del nostro ingresso nella sua vita. Comunque la cosa ci faceva onore, in primis a me. Pensavo che un periodo di lontananza come quello fosse capitato proprio al momento giusto, e che un po’ di lontananza avrebbe giovato a tutti e due, se non altro per chiarire le idee.
La sera prima della partenza ricevetti una telefonata dall’ ufficio di Sofia: voleva augurarmi buon viaggio e si lasciò sfuggire una confessione, mi disse che le sarei mancato. Mi disse anche che avevo una bella voce in quella circostanza migliore di prima, forse frutto della maturazione avvenuta in quel periodo. Non capivo ancora bene il significato di quello che volesse dirmi. Soprattutto il modo in cui le aveva espresse, come se avesse vergogna a farmi dei complimenti, sembrava ritornata ancora timida e insicura ma molto graziosa, esattamente come accadeva all’ inizio. Quelle parole però mi riempirono il cuore di gioia e di speranza che una volta ritornato finalmente avrebbe avuto la mente lucida per prendere una decisione definitiva, se riprendermi o lasciar perdere, dato che così come eravamo in quella situazione c’ era troppa ambiguità nei suoi comportamenti e doveva stare da una parte o dall’ altra della barricata, perlomeno per me. Decisi che al mio ritorno, con l’ anno nuovo, mi sarei posto alcuni propositi tra i quali acquisire una maggiore padronanza delle mie capacità e farmi vedere grintoso e deciso, così le avrei chiesto col dovuto garbo in quale considerazione mi tenesse ora che non eravamo più insieme, e le avrei anche chiesto il perché mi trattasse con un occhio di riguardo nonostante fossi semplicemente uno dei suoi tanti amici.
La mattina della partenza accesi il telefonino molto presto e scoprii che durante la notte Sofia mi aveva spedito un messaggio beneaugurate in cui mi si rimarcava il fatto che mi voleva tanto bene.
A maggior ragione in quel giorno e nei giorni seguenti rimasi con un forte dubbio da colmare il più presto possibile: dovevo sapere a tutti i costi cosa stava succedendo nella sua mente, cosa stava architettando, cosa aveva intenzione di fare una volta riavvicinatici dal lungo periodo di separazione.
Capitolo 22: Il Ritorno
Passavo le giornate chiuso in stanza, tra un pasto e l’altro, mentre i miei amici sciavano spensierati e felici. Molto probabilmente avrei dovuto godermi di più il posto in cui alloggiavo data la cifra non propriamente economica sborsata per quella vacanza; ma non mi sentivo di fare altro. Ero felice così. Tra un pasto e l’altro passavo tutto il tempo in stanza, a guardare il panorama imbiancato delle possenti montagne attorno a me, e di tanto in tanto leggevo tutti gli sms più importanti che avevo salvato nella memoria del mio telefono, e pensavo continuamente a Sofia, ai bei momenti passati insieme. Rivivevo giornalmente la nostra storia, le nostre vicissitudini, e tra un ricordo e l’altro il tempo scorreva rapido ed inesorabile. Non si può dire che non mi fossi divertito, anzi, la sera uscivo coi miei compagni e ci divertivamo insieme a fare i matti per le vie della località turistica. Giravamo nelle caratteristiche baite di montagna adibite a bar o discoteche, e tra una partita a carte e l’ altra, tra un ballo in discoteca e l’ altro un pensiero fisso alla mia ormai ex-ragazza ci scappava sempre, inesorabilmente. Durante il giorno poi ero completamente da solo a riflettere, qualche volta piangere, o a incoraggiarmi per il futuro. Mi tenevo sempre in stretto contatto con Sofia, più che altro telefonavo io, anche la sera dell’ ultimo per farle gli auguri, e ricevetti gli auguri non solo da lei ma da parte di tutti i suoi amici che erano con lei a cena. Mi sentivo ancora una volta importante per quella gente, benvoluto e accettato, nonostante la lontananza che ci separava. Per tutta quella settimana quindi non feci altro che mangiare, dormire, pensare fino allo sfinimento ed incoraggiarmi per l’ avvenire. La lontananza a me fece capire che ormai non riuscivo più a stare senza Sofia, che lei significava tutto per me, e al mio ritorno l’ avrei abbracciata forte per farle capire quanto mi era mancata. Non vedevo l’ ora di tornare.
La mia voglia di rivederla fu accentuata l’ ultima notte: Sofia mi mandò un messaggio in cui implorava il nostro ritorno perché aveva passato una settimana di noia mortale al lavoro, e ancor più noiosa e stressante coi suoi amici, che non erano in grado di intrattenerla e divertirla come sapevamo fare noi. Le dissi di tenere duro, che entro meno di 24 ore saremmo ritornati e ci saremmo rivisti subito. Dentro di me fremevo per incontrarla, avevo una voglia che in poche altre occasioni avevo sperimentato: volevo non solo vederla ma stare un po’ con lei, raccontarci tutto per filo e per segno, una settimana senza di lei per me era fin troppa data l’ infatuazione di cui fui vittima.
Finito purtroppo anche il Capodanno 2003 venne il momento di rientrare alla solita vita di sempre nella nostra beneamata cittadina di provincia.
Verso sera ricevetti l’ ennesima telefonata da parte di Sofia che era visibilmente preoccupata del fatto che non fossimo ancora tornati. Si mise d’accordo con me telefonicamente per vederci un po’ prima del solito orario, in modo da trascorrere qualche minuto in tranquillità prima dell’ arrivo di tutti gli altri amici. Mi disse che fremeva dalla voglia di salutarci, soprattutto me.
Come però accadde anche innumerevoli volte prima di questa, all’ ultimo momento vidi sfumare l’ ipotesi di un incontro con lei dato che mi avvisò via sms che preferì uscire con alcuni suoi amici, ma disse che potevamo raggiungerla quando volevamo per i tanto attesi saluti.
Il locale in cui andarono era lo stesso in cui avevo dato la mia festa di compleanno qualche mese prima.
La faccenda mi fece innervosire parecchio: non capivo come mai mi avesse cercato così affannosamente per incontrarci prima di tutti gli altri se poi all’ ultimo momento preferì uscire con le sue amiche. Davvero strana come ragazza: non era certo il primo bidone che tirava, ormai dovevo esserci abituato, ma ogni volta che un episodio di questo tipo succedeva era come se avessi dimenticato i precedenti, come se fosse la prima volta. Le perdonavo sempre tutto, infatti, proprio di tutto, ma finivo con lo star male interiormente per lei.
Finalmente la vidi all’ interno de locale, felice e spensierata come al solito con una sua amica e due ragazzi. Al che capii che non ci aveva messo tanto tempo a trovare compagnie alternative, e la mia rabbia aumentò, ancora una volta giunta a livelli critici. Ormai si succedevano senza tregua gli episodi in cui pur di non fare scenate inutili in luoghi pubblici finivo per tenermi tutto dentro e inevitabilmente ci rimettevo un po’ di salute, fisica e mentale. Venni messo a dura prova in quel periodo, ma ancora non sapevo che il meglio doveva ancora capitarmi.
Fatto sta che rimasi molto poco a salutarla, come se il rivederla mi avesse dato fastidio, e me ne andai via praticamente subito con qualche amico trovato lì per caso, al mio seguito, in qualsiasi altro posto che non fosse qualcuno frequentato da Sofia.
Cercai di sbollire la rabbia distraendomi, bevendo di tutto (cosa che mai prima d’ ora avevo fatto: non sono mai stato un alcool-dipendente, ma proprio in questi momenti cominciai ad andarci un po’ pesante coi bicchieri).
Al momento la delusione passava e sembravo felice, poi la tristezza prendeva nuovamente il sopravvento su tutto e ricadevo in uno stato di trance che perdurava fino a tutto il giorno seguente alla sbornia.
Credevo proprio di non contare più niente per lei. Evidentemente era vero ma il suo comportamento appositamente provocatorio e dubbioso mi tenne sempre in sospeso fino all’ ultimo. Immaginavo che le ferie trascorse in lontananza sarebbero servite a rinvigorire la mente e lo spirito, soprattutto i suoi. Quanto mi sbagliavo. Inutile descrivere ancora una volta quanto mi sentii raggirato, illuso e poi abbandonato.
Per tutta risposta ancora una volta fu Sofia ad offendersi per il mio comportamento: mi rinfacciò il fatto di non volerle bene, di non tenerla in considerazione, mi fece venire dei sensi di colpa per azioni che avevo compiuto in condizioni di totale incapacità mentale, anche se a ben vedere i comportamenti più irrazionali erano i suoi. Ma la sua abilità nel rovesciare le situazioni a suo favore anche stavolta mi mise in condizioni mentali tali per cui credevo di essere io dalla parte del torto, e di doverle delle scuse e delle spiegazioni.
Una sera mi propose di andare al cinema con lei come avevamo fatto sotto Natale, per rivivere un’atmosfera romantica e speciale; ma pochi minuti prima che uscissi di casa, tutto bello infiocchettato e pronto all’evento, mi mandò solo un paio di semplici e freddi sms in cui annullava l’appuntamento perché aveva dei lavori arretrati da eseguire per il parroco del suo oratorio, finito col lavoro. Mi permisi di insistere, dato che praticamente ero già fuori pronto sulla mia autovettura; ma non ci fu niente da fare: si arrabbiò, mi pregò di non insistere perché oltretutto era anche senza soldi.
Aveva speso tutto quello che aveva durante le festività e non aveva più nulla in tasca. Per me la situazione era risolvibilissima: mi offrii di pagarle cena, cinema, tutto il resto di cui bisognasse. Non ci fu niente da fare lo stesso: Sofia apprezzava la mia gentilezza ma disse che era molto stanca, e preferiva andare a casa. Inutile dire quanto ci rimasi male: era da Natale che aspettavo di ripetere un’esperienza memorabile con lei al cinema, ma un episodio speciale del genere purtroppo per me non si ripetè mai più dopo quella piacevolissima volta.
Puntualmente, come in altre occasioni simili, a tal riguardo mi giunsero all’ orecchio dapprima voci di corridoio sconfortanti sul conto di questa ragazza, poi arrivarono copiosi i consigli sulle strategie da seguire per farla pagare a chi di dovere.
Su entrambi i fronti non diedi peso a ciò che le mie orecchie ascoltavano, perché il mio cuore aveva preso il sopravvento e ormai voleva compiere tutto da solo senza l’ausilio di intrusi vari. Era questa la strada migliore da seguire: dato che in passato avevo sbagliato anche per colpa di alcune dritte non propriamente dignitose decisi che se volevo impostare una nuova relazione dovevo necessariamente farlo su nuove basi. Era inoltre necessario porre le nuove basi fin da subito per evitare ancora incomprensioni o crisi. D’ ora in poi volevo agire di testa mia, anche a costo di sbattere contro degli ostacoli, e impostare la mia vita di coppia con una ragazza su importantissime fondamenta quali la tranquillità la sincerità e la fiducia. Da lì in poi mi sarei fidato solo di ciò che avrei sperimentato coi miei occhi: non avrei più dato minimamente retta a nessuno, in buona o in cattiva fede. Da qui cominciai a diventare diffidente e sospettoso verso tutto e tutti: persi la fiducia nelle persone, anche erroneamente in gente che non ne aveva colpa.
Quel mio amico, il milite assolto per intenderci, dal canto suo si sentì il dovere di informarmi su una certa faccenda che era avventa a mia insaputa durante una delle numerose sere in cui Sofia andava a casa sua per trovarlo e chiedere consigli su come comportarsi con me. Mi fece leggere a riguardo, sebbene a malincuore perché sapeva del dolore che poteva arrecarmi, una lettera scritta e consegnata a mano da Sofia a lui, il cui contenuto mi fece andare letteralmente in catalessi. Mi disse che si era sentito il dovere di mettermene al corrente per correttezza nei miei confronti, perché non voleva nascondermi niente lui, ed era giusto che io lo sapessi. Lo ringraziai allora, e la nostra amicizia non fu compromessa: in fin dei conti a lui non interessava Sofia, non ci aveva mai provato quindi, la colpa tutt’ al più era di Sofia stessa e dei suoi frequenti abbagli per ciascuno della nostra compagnia.
Non riuscivo a togliermi di dosso il sentimento che provavo per lei, sembrava che si fosse annidato così profondamente in me da non volersene andare mai via. Mi aveva proprio rubato la vita, quella ragazza, aveva un non so che di strano in lei, un qualcosa di impercettibile che mi aveva fatto letteralmente cadere ai suoi piedi e mi aveva reso totalmente dipendente al pari di una droga.
Mi venne anche un ulteriore rabbia quando seppi, sempre da terzi e mai dalla diretta interessata, che lei usciva pure con l’ altro dei miei amici, l’unico con cui finora non c’era stato ancora nessun abbaglio. Anche lui si sentì il dovere di informarmene e di precisare che tra lui e lei non c’era nessun sentimento, perlomeno da parte sua. Preoccupato che un’evenienza del genere divenisse realtà subito mi ripromisi di sistemare una questione che stava diventando imbarazzante.
Una sera uscii con loro due; ma Sofia non sembrò gradire la cosa come se avesse voluto rimanere sola con lui. Giunti in un locale scelto da loro, osservavo le loro conversazioni e sembrava avessero instaurato un ottimo feeling: argomentazioni in comune, totale accordo su tutto, sintonia perfetta, sincronismo e atmosfera intrigante. Arrivò il momento clou della serata: Sofia fece con quel mio amico ciò che prima faceva con me. Mise dapprima la testa sulla spalla di lui poi cominciarono a giocare scherzosamente prendendosi in giro, finendo poi vicini vicini, quasi attaccati. A me venne in mente tutte quelle volte che eros tato io l’ accanto a lei, ed in quel momento di carenza affettiva quella visione non mi aiutava di certo. Stetti male per tutta la sera, volevo andarmene via ma non potevo in quanto ero in macchina con loro: fui così costretto a fare da spettatore a quell’ increscioso episodio. Al ritorno non proferii parola ero come di sasso, ammutolito, schiacciato, spaccato, morto. Compresi che al mondo non c’ era più da fidarsi di nessuno: chiunque era pronto a portare via la felicità alla gente, persino gli amici più fidati, e non c’era nessuna legge a tutelare i poveri innocenti che ci andavano di mezzo, che si sono sempre andati di mezzo, e che verranno coinvolti purtroppo per sempre, nei tempi a venire, da che mondo è mondo.
Fu in quei giorni di totale diffidenza verso il mondo che gradualmente smisi di frequentare tutti gli amici che possedevo e mi chiusi sempre di più in me stesso. Il rapporto coi miei genitori subì un calo di tono tremendo: mi vedevo incompreso, ostacolato, non riuscivo a combinare niente di nuovo, diedi un taglio netto con i miei interessi più cari.
Trascorrevo le giornate e le nottate al bar di un mio amico a bere per cercare di dimenticare.
Era l’ inizio più evidente del mio lento ed inesorabile declino verso la pazzia, ma all’ epoca dei fatti non me ne rendevo bene ancora conto.
In mezzo a tutto questo trambusto c’era stato tempo perfino per un episodio piacevole per me. Avevo conosciuto alcune ragazze in giro che volevano uscire con me e la mia compagnia per conoscerci meglio, ma non appena Sofia lo venne a sapere mi telefonò, gelosa, e mi disse che mi aveva squadrato da capo a piedi, non si aspettava da me un affronto simile.
Ora, dato che non eravamo più insieme anche io pensavo di essere libero di fare quello che volevo; evidentemente quella era una prerogativa a senso unico dato che Sofia mi mandò a monte un’ occasione del genere. Pazienza, pensai, magari poteva essere un segnale che voleva riprendermi tutto per sé, chi poteva dirlo. I presupposti c’ erano tutti. E ancora dovevano accaderne, di belli.
Trovai un piccolo sostegno e conforto morale in un mio zio che, data l’età avanzata e conseguentemente anche l’esperienza necessaria, mi aiutò pian piano ad uscire dal mio stato di confusione profonda, aprendomi di volta in volta gli occhi sul mondo. Cominciai a recarmi da lui ogni qualvolta sentissi il bisogno di sfogarmi o di avere opinioni sul da farsi, e gradualmente le cose sembravano andar meglio, dato che quel mio zio era pur sempre un gradino più in alto quanto a saggezza ed esperienza di tutti i miei amici coetanei da cui potevo rifugiarmi. Il ruolo da lui assunto fu così quello di uno psicologo vero e proprio: mi recavo da lui in salotto, mi faceva accomodare, tra una battuta e l’altra mi metteva a mio agio e così mi distaccavo da ogni preoccupazione e cominciavo a raccontargli ogni particolare della mia travagliata vicenda per avere suggerimenti a riguardo.
Capitolo 23: La Confessione
Presi qualche giorno di coraggio poi decisi di spiegarle il perché di alcuni miei comportamenti, soprattutto la verità sul messaggio mandato erroneamente al destinatario sbagliato, nonché il discorso della mia chattata sotto altra identità. Anche se si trattava di episodi morti e sepolti dovevo rispolverarli tutti anche a costo di compromettere l’ esito della mia amicizia con lei: non mi interessava di riportare alla luce vecchi rancori, volevo solo fare chiarezza su tutti i fronti.
Non era per niente facile però reperirla: lei era visibilmente ancora offesa per il trattamento da me riservatole al mio ritorno dalle ferie, così giocava a non farsi trovare, dicendo che era sempre troppo occupata o che stava male o aveva altro da sbrigare.
Facilitai in maniera impressionante il nostro incontro, presentandomi senza pretese sotto casa sua, così in un momento di riposo avrebbe potuto scendere e parlare con me qualche minuto, oppure mi facevo trovare nei luoghi da lei frequentati: le stavo rendendo tutto così facile ma in qualsiasi occasione venni rispedito a casa con un invito abbastanza esplicito e con la promessa che ci saremmo visti in un secondo momento.
Da parte mia non avevo niente da perdere: ormai Sofia da un mese non era più la mia ragazza, era soltanto un’amica, quindi peggio di così non poteva andare. Non pensai alle conseguenze che un gesto come il mio avrebbe portato: non misi in conto un suo possibile scatto di rabbia o una sua delusione nei miei confronti, le conseguenze non mi interessavano io volevo confessarmi e dirle tutto. La coscienza me lo imponeva.
Così correvo in lungo ed in largo per la città e per il suo paese in cerca di una manciata di minuti da dedicarmi per sbrogliare quest’ultima fastidiosa pratica di cui mi ero fatto carico senza che lei me lo avesse espressamente chiesto.
Se non altro perlomeno si sarebbe apprezzata la mia sincerità, a questo io miravo.
Arrivò una sera in cui non resistetti più al suo continuo procrastinare gli eventi, quasi come se fossi una presenza ingombrante, così con tono velatamente sostenuto riuscii ad obbligarla a presentarsi all’ incontro dato che non potevo più aspettare.
Finalmente la vidi arrivare, anche se mi disse che aveva poco tempo da dedicarmi perché era nel bel mezzo di una partita a carte coi suoi amici all’ oratorio. Feci più in fretta che potei ma non era facile andare subito al nocciolo della questione e spararle in faccia una realtà che mai si sarebbe aspettata, ma feci il possibile per risultare il più preciso e mirato possibile nella spiegazione dei fatti.
Innanzitutto tenni molto a precisare che non era stata una bella azione il suo comportamento ammiccante e compiacente col mio amico proprio davanti a me quella sera che uscimmo in tre, e che ci ero rimasto molto male per quello. Sapendo lei dei miei sentimenti avrebbe dovuto avere il buon gusto di non ferirmi in quella brutale maniera.
Al che Sofia si arrabbiò subito e mi rispose che se c’ero rimasto male lei non poteva farci niente, era un problema mio e dovevo farmelo passare io, in quanto lei non era vincolata a niente e nessuno, come uno spitiro libero. Non si sentiva in colpa, pertanto, né le dispiacque la cosa.
Presi un po’ di fiato e di coraggio poi feci in fretta e andai subito al dunque: le raccontai tutto per filo e per segno, tutti i perché dei miei gesti apparentemente inspiegabili, senza che lei peraltro me l’ avesse mai chiesto. Era una cosa che volevo fare io di mia iniziativa, per farle capire anche se in maniera piuttosto bizzarra quanto tenevo a lei e alla storia che c’era stata. Più mi tiravo la zappa sui piedi più continuavo lo stesso il racconto come spinto da una incontrollabile spinta ad andare fino in fondo. Un gesto molto probabilmente a doppio taglio, masochistico, ma per me liberatorio e di vitale importanza…
Le dissi che molte volte avevo agito sotto influsso di alcune persone che vedevo come i miei salvatori così mi ero affidato completamente a loro anche se a ben vedere comunque le mie idee ce le avevo anche io, e spesso ciò che feci non coincideva con quello che in realtà avrei voluto fare.
Raccontai della mia magatella in chat sotto falsa identità, che diede inizio alla storia del messaggio spedito erroneamente al destinatario sbagliato.
Molto probabilmente Sofia era già talmente infuriata a sentire tali parole che non comprese appieno la motivazione dei miei gesti, nonostante gle l’avessi specificata: mi comportai in quella maniera per fare centro su di lei dato che ero a secco quanto a possibilità se avessi agito da solo causa la mia timidezza e mancanza di intraprendenza. Feci tutto in buona fede senza doppo fini o malintenzionamenti.
L’ultima goccia che fece traboccare il vaso avvenne quando io confessai di aver saputo dal mio amico di una certa lettera scritta e consegnata da lei stessa, nella quale veniva manifestato un certo interesse nei suoi confronti, e più nessun interesse invece per me.
Anche qui lei andò fuori di testa e mi disse che non dovevo mai venirne a conoscenza in quanto si era trattato di un’ abbaglio, esattamente come di abbaglio si era trattato all’ inizio quando provava una certa simpatia per un altro membro della mia compagnia.
Una volta finita quella burrascosa quanto dannosa narrazione la reazione di Sofia fu un vero e proprio uragano di improperi, urla, disprezzo, odio e rabbia nei miei confronti. Mi disse che avevo sbagliato a pedinarla, che non era mio diritto, che avrei dovuto farmi i fatti miei, disse che se c’ ero rimasto male per la mia gelosia era un problema mio che dovevo farmi passare alla svelta, in quanto lei non aveva sbagliato niente. Lei era libera, era sempre stata libera, poteva fare quello che voleva. Cercai di farle capire che avevo visto in lei una specie di maestra, una persona da cui prendere esempio, e cercavo di imitarla in tutto ciò che aveva fatto lei molto tempo prima di me sebbene con modalità differenti. Mi sentii dire che a me non era concesso di comportarmi secondo queste direttive, che non ne avevo diritto.
Mi provocò un grave colpo quando a tutto ciò aggiunse che se prima avevo una qualche piccola speranza di essere ancora nei suoi pensieri, grazie a quella sconsiderata confessione ogni spiraglio si era chiuso, pertanto potevo ritenermi liquidato e ormai dimenticato, non più nel suo cuore. Inferocita come non mai aggiunse che sarebbe sparita, che si sentiva offesa, non sarebbe più uscita con m e con gente come me. L’ avevo comprensibilmente distrutta, umiliata, tradita, me ne rendevo conto perfettamente.
Per tutto questo tempo aveva creduto di essere stata insieme con me non per volontà mia ma per volontà degli amici che mi infondevano consigli, mi considerò quindi uno senza personalità, un ragazzo vuoto, deludente. Capii che si sentiva il mondo crollare addosso in pochi minuti.
Non ci fu verso di farla calmare o ragionare. Io non avevo più niente da fare dopo quell’ impresa, se non ribadirle un’ ultima volta i miei sentimenti sinceri e andarmene sconsolato dalla sua macchina, per ritornare alla mia vita di sempre, stavolta però senza nemmeno un punto di riferimento, dato che avevo già perso la ragazza, e in quella situazione persi anche una cara amica.
Se ne andò via giurando vendetta. Era troppo tardi per farla desistere. Era decisa, determinata: avrebbe preso provvedimenti con tutti, primi fra tutti quelli che mi avevano deviato la mente coi loro consigli e con i loro pettegolezzi, poi con me.
Scosso dalla sua reazione mi rifugiai a casa di mio zio in cerca di consolazione, e mi si disse che avevo fatto il mio dovere, ora stava a lei capire la bontà del mio gesto oppure decidere di far naufragare tutto. In un primo momento sembrò voler dimenticare l’ accaduto infatti dal giorno successivo a quello della confessione si piombò in un silenzio atipico, quasi sconfortante: Sofia non mi chiamò più dal suo ufficio, nemmeno dal telefonino, non uno squillo, un messaggio, un segnale di vita, niente di niente.
I miei amici ormai non avevano più notizie di me, ero come sparito nel nulla ai loro occhi: qualcuno giustamente se la prese con me per il mio silenzio immotivato, e quasi tutti i miei rapporti interpersonali, sia quelli reali che quelli via internet decaddero in un attimo.
La mia nuova condizione era quella della solitudine adesso.
Niente più ragazza, come prima, niente più nemmeno amici con cui uscire, niente più soddisfazioni o passatempi personali: passavo il tempo a disperarmi e a meditare sull’ accaduto. Avevo perso quasi tutto, ma le uniche cose che mi erano rimaste in quel periodo non le prendevo nemmeno in considerazione: l’ affetto della mia famiglia, dei miei amici più fidati, dei parenti e dei conoscenti tutti.
Mi rassegnai. Pian piano mi misi il cuore in pace che non c’ era più niente da fare: dovevo ricominciare a rifarmi una vita e imparare a non dipendere da nessuno, soprattutto a non buttarmi a capofitto in vicende amorose tipo quella.
Con l’aiuto di mio zio cercammo insieme la via per ridare un po’ di sollievo al mio animo tormentato e infondere un po’ di pace al mio cuore ferito.
Capitolo 24: Una Nuova Vita
Morì in circostanze sgradevoli un altro dei miei nonni assistiti dal Comune, uno che da tempo soffriva di malattie cardiovascolari e che poco tempo prima avevo fatto ricoverare in ospedale. Ero in buoni rapporti con la moglie di questo signore, che mi aveva preso in simpatia per i miei modi di fare garbati e seri, così andai da lei a presentarle le mie condoglianze e per farla sfogare un po’. Ero giù di morale per questo avvenimento, così decisi che Sofia doveva esserne al corrente. Ancora una volta quindi mi feci vivo io al telefono: la chiamai per sentire come stava, se mi aveva perdonato, e tra le altre cose le confessai di avere il desiderio di rivederla per dialogare più civilmente della burrascosa volta precedente. Le mie preghiere stavolta furono ascoltate: mi venne concessa la possibilità di vedermi con lei per scusarmi e per mettersi d’accordo sul da farsi.
Era l’ ultima occasione di rimanere in buoni rapporti dato che di lì a pochi giorni sarebbe iniziata per Sofia una nuova vita, con un conseguente nuovo ciclo di impegni. Sarebbe stata impegnata infatti per sei mesi in un corso di programmatrice di siti web in una scuola vicino casa mia, per due volte alla settimana, in orario serale - notturno. Questo avrebbe compromesso seriamente ogni possibilità di vederla per questo sei mesi, considerati anche gli impegni di lavoro di entrambi e le difficoltà ad avere orari compatibili per ogni sorta di uscita insieme. Se devo essere sincero avevo molta paura a chiamarla, paura di ricevere ancora insulti e di venir trattato male, ma d’altronde dovevamo per forza trovarci perché ciascuno di noi due aveva a casa propria in prestito del materiale appartenente all’ altro.
Inoltre in me incombeva la solita pesante voce della coscienza che mi invitò a non presentarmi completamente a mani vuote, ma che sarebbe stata cosa buona e giusta suggellare quell’incontro risolutore con un piccolo gesto di affetto col quale chiedere perdono. Fu così che andai in giro percorrendo parecchi chilometri alla ricerca di un qualcosa di speciale da regalarle, qualcosa che fosse di suo sicuro gradimento. Andai per svariati negozi fuori mano, anche fuori provincia, alla ricerca di oggetti originali inerenti i suoi non facili gusti, ma ogni volta mi rispondevano che gli articoli che cercavo erano andati fuori produzione oppure esauriti. Mi rimase un’ultima soluzione allora: optai per un carinissimo peluche di cui Sofia mi aveva parlato tempo prima, a lei molto caro ma non approdabile economicamente date le circostanze in cui versava in quel periodo. Anche lì non badai a spese; del resto si sa: quando uno è innamorato perso farebbe di tutto per la propria donna.
Dentro di me sentivo una soddisfazione non paragonabile a niente di simile prima d’ora: stavo dimostrando ancora una volta i miei sentimenti, senza vergogna, alla ragazza che tanto mi piaceva e che tanto mi aveva fatto penare.
Arrivò il giorno prestabilito per il ritrovo, un venerdì sera sotto casa mia appena dopo il suo turno di lavoro.
Sofia credeva che io non l’ avessi cercata perché ormai on mi interessava più niente di lei, e chissà perché ogni qualvolta proferiva quelle parole, accompagnate da un’ espressione facciale che incuteva tanta tenerezza e compassione, mi scioglievo e mi lasciavo andare in gesti di affetto e domande di perdono di ogni tipo, indipendentemente da chi di noi due avesse torto. Da parte mia invece c’era solo la consapevolezza della schiacciante inferiorità nei confronti di un rapporto molto al di sopra delle mie capacità ma la volontà di instaurare qualcosa di serio e di assumermi la mia parte di responsabilità.
Ero troppo convinto di essere risultata una presenza scomoda, fastidiosa: me ne rendevo conto perché ero sempre io a cercarla per parlare con lei, mentre lei continuava la sua vita di sempre. Ero più che convinto di questo, potevo metterci la mano sul fuoco, anche se Sofia si ostinava a dire che sbagliavo a pensarla così. In quell’occasione e in altre a breve distanza oltre che esporle i miei non ancora sopiti sentimenti in maniera esplicita, chiesi cosa dovevo fare per domarli o per ucciderli del tutto in modo da non commettere più errori. Le promisi che se avesse voluto avrei cercato di soffocare i miei sentimenti per lei, così lei non sarebbe più stata in imbarazzo quando usciva con me ed altra gente. Ero dispostissimo a farlo, pur di riaverla fuori in compagnia come i vecchi tempi mi dimostrai disposto a far finta di niente e celare i miei propositi amorosi dietro la più totale indifferenza. Ma a mio inspiegabile motivo lei mi disse sempre che non era giusto far morire un così bel sentimento, mi incoraggiò a tenerlo, anzi ad accrescerlo perché era una bella cosa, la faceva sentire importante.L’ approccio nel proferire parole di questo tipo fu lento e difficoltoso ma riuscii comunque a spiegarmi con precisione quel tanto che me lo consentivano le lacrime ed i singhiozzi che mi uscivano per la commozione.
In quell’occasione le chiesi io una possibilità per rimediare, standole vicino ed aiutandola nei momenti di bisogno. Non l’ avessi mai fatto, ma in quel momento mi sembrava l’unica strada percorribile dato che avevo sbagliato come boyfriend e poi ancora come semplice amico, quindi mi offrii perlomeno di farle da angelo custode, facendomi carico di apportarle un po’ di sollievo nei suoi momenti di sconforto e fragilità.
All’ inizio la vidi molto fredda e distaccata, poi si lasciò lentamente andare e disse che mi avrebbe perdonato. Le diedi il mio regalo per suggellare l’avvenuto rappacificamento, tanto ero felice, e lei apprezzò il mio gesto. Mi ringraziò con un abbraccio. Espresse il desiderio di uscire ancora tutti insieme come i bei vecchi tempi, voleva farlo subito la sera seguente dato che andando avanti col tempo sarebbe risultato tutto più difficile per via dei suoi numerosi impegni. Mi raccontò anche un episodio che scatenò in me un barlume di gelosia: mi disse che da quando aveva cominciato il corso di programmatrice aveva rivisto un suo vecchio compagno delle scuole medie che si era piazzato subito di fianco a lei e che non la lasciava mai in pace. Dal momento che ero ancora pesantemente infatuato di lei non potei fare a meno di mostrarmi ancora un po’ sospettoso, in buona fede s’intende.
La sera seguente, contrariamente a quanto asserito, non si fece sentire, intuii allora che era uscita coi suoi amici, così preoccupato per una dimenticanza simile da parte sua decisi di uscire lo stesso coi miei compagni, al cinema. Non era più la stessa cosa però senza Sofia: avevo in mente le serate in cui uscivo con lei, quando eravamo in sintonia, quando eravamo innamorati ma ancora non osavamo far trapelare un sentimento del genere, quando tutta l’atmosfera era solare, leggera, magica, ricordai con nostalgia i film visti al cinema con lei che si stringeva forte a me. Come se ciò non bastasse venni a sapere da Sofia che decise di sottoporsi, di lì ad un mese circa, ad un delicato intervento chirurgico per l’ asportazione delle tonsille, che tanto le avevano creato problemi. Le possibilità di ritornare un po’ indietro nel tempo e passare un po’ di tempo con lei quindi svanirono la sera stessa del nostro rappacificamento. Da lì in poi non facevo altro che trascorrere le mie giornate inutilmente, attendendo una sua chiamata che non arrivava mai, un suo messaggio, un suo squillo, una qualsiasi richiesta di uscire con me, ma niente da fare. Il telefono era caduto nel più sconfortante dei silenzi.
Appena qualche giorno prima della sua entrata in ospedale per l’ intervento però si presentò finalmente la possibilità di assistere ancora ad un’ esibizione concertistica del cantante di cui al Cap.3, che tornava a suonare dalle nostre parti il 24 di Gennaio dopo alcuni mesi di assenza. Come del resto era avvenuto anche la prima volta, anche in questa occasione a me non interessava molto il concerto, più che altro ero interessato a trascorrere qualche ora vicino a Sofia, anche se mi rendevo perfettamente conto che molte cose erano cambiate da quel famoso e memorabile primo concerto a Settembre. In pratica era come se con l’ esibizione di quell’artista si fosse aperta e chiusa un’ epoca, intensissima per il sottoscritto, racchiusa tra due parentesi, un’ epoca che era iniziata col vuoto totale prima di esse e con ancora un vuoto, stavolta incolmabile, dopo di esse. Il tutto in perfetta quanto rattristante simmetria: se non ci fosse stato il primo concerto molto probabilmente non l’ avrei mai conosciuta, ora col ritorno di questo artista sulla scena si sarebbe sancita la fine di una storia che aveva significato molto, forse tutto, per me.
Capitolo 25: Barlumi Di Speranza
Stavolta andai oltre però: mi informai tramite terzi sulle canzoni preferite da Sofia, perché volevo fare proprio le cose in grande, così attraverso internet contattai il sito del Fans Club dell’artista per chiedere disperatamente una dedica di una sua canzone all’ interno del suo concerto, anche dietro compenso. Ero sicuro che Sofia l’avrebbe gradito un gesto del genere: la fantasia non mi mancava, l’originalità e l’intraprendenza pure, pertanto ero sicuro che avrei fatto centro come non mai. La mia richiesta fu alquanto inaspettata e per tal motivo mi giunse via posta elettronica la risposta dello stesso frontman in persona: rispose lui alla mia richiesta perché si trattava di un qualcosa di speciale, che mai gli era stato chiesto prima. Fu molto gentile nel rispondermi, tra un impegno e l’altro, ma mi disse che nonostante la nobiltà del mio gesto purtroppo per me lui non avrebbe eseguito quella tanto agognata dedica, in quanto non poteva sostituirsi a me nel dichiarare qualcosa alla ragazza che mi interessava.
Compresi l’importanza di quelle parole e mi diedi da fare per cercare soluzioni alternative.
Nel frattempo la notte del tanto atteso spettacolo canoro arrivò e andò via liscia come l’ olio, trascorsa senza infamia e senza lode, come un avvenimento del tutto normale, non più speciale come lo era stato la prima volta. Mi lasciò del tutto indifferente, non segnò in me qualcosa di profondo come invece era successo qualche mese prima purtroppo. Mi sarei aspettato di più ma forse ero ancora troppo pregno di ricordi e per questo troppo pieno di aspettative utopiche. Mi stavo proprio illudendo, mi rifugiavo in un mondo di sogni e continuavo a vivere con questi sogni sempre ben presenti in mente, talvolta sognavo anche ad occhi aperti, e quando un avvenimento non dava i frutti sperati come il sopraccitato concerto, passavo ad escogitare un’altra fantasia e trascorrevo i miei giorni nell’attesa che questa si materializzasse nella realtà, e così via.
Ci furono un paio di occasioni, proprio qualche giorno prima del suo ingresso in sala operatoria, in cui passai la serata da solo con lei. Aveva chiesto espressamente il mio aiuto: era stressata dalla angoscia per l’operazione, aveva delle crisi e scompensi cardiaci, aveva alle spalle molti litigi con i suoi amici in quel periodo e le serviva qualcuno che le tirasse su di morale, per questo aveva pensato a me. La tensione causta da tutti questi disagi le aveva fatto prendere molti medicinali in quel periodo, in dosaggi superiori da quelli consigliati dai medici. Aveva terrore, era provata. Io non mi tirai indietro anzi mi dimostrai disponibilissimo agli incontri: durante quelle sedute cercavo di sviare le sue attenzioni altrove, le infusi il coraggio necessario per affrontare con serenità la difficile operazione, la feci distrarre, parlare, sfogare, tutto quanto poteva servire a calmarla e a infonderle il calore umano di cui aveva tanto bisogno.
Certo nemmeno io ero scevro da pensieri e preoccupazioni in quel periodo ma in quell’ occasione di fronte a una persona che aveva bisogno di me accantonai le mie priorità e al loro posto avevo messo le sue, come fa un buon angelo custode. Avrei voluto chiederle, alla fine di queste serate, cosa ero diventato per lei, che ruolo rivestivo, ma vedendola così presa dalla sua fragile e precaria condizione mentale decisi di lasciar stare il discorso rimandare il tutto. Era la cosa migliore da farsi secondo me: poverina aveva già tanti pensieri per la testa, non volevo che entrasse in sala operatoria col peso di dovermi affrontare ancora in battaglia una volta uscita di lì. Accantonai quasi completamente i miei propositi verso di lei e mi dedicai nella ricerca di tutto quanto potesse servirle per stare bene ed accomodarla.
Seppi che aveva bisogno di un pc portatile per proseguire i suoi studi nel periodo di degenza in Ospedale, ma il suo collega cui lo aveva chiesto si era rifiutato, in quanto Sofia era famosa per mandare in tilt con un solo tasto anche i sistemi operativi più tenaci, che non resistevano di fronte alla sua curiosità di modificare i vari settagli del computer.
Mi offrii io volontariamente per il prestito: per qualche giorno avrei potuto benissimo farne a meno. Mi ringraziò del mio gesto, disse che ne avrebbe tenuto conto, che ero molto gentile.
In quegli istanti in cui dialogavo con lei in macchina mi sembrava di essere tornato indietro nel tempo ai primi periodi, quando momenti come quelli erano all’ ordine del giorno,quando ogni pretesto era buono per vedersi e ogni gioco era adatto per passare al contatto fisico, per cercarsi a vicenda tra sorrisi ammiccanti e sguardi innamorati, sinceri, innocenti. Io ormai non chiedevo niente di meglio da lei, mi ero rassegnato. Se era questo il tipo di rapporto che dovevo avere con Sofia accettai il mio destino di rimanere un buon amico, l’importante era non perdere un elemento così importante per la mia vita.
Troppe volte avevo fallito, sia come fidanzato che come amico, così presi a cuore la sua situazione e vegliai su di lei come una figura paterna.
Come ulteriore segno del mio attaccamento a lei, casomai ce ne fosse stato bisogno di conferma, mi feci consegnare il suo computer di casa, ormai in condizioni pessime, e mi proposi di farglielo tornare nuovo entro brevissimo tempo, giusto il tempo della sua permanenza tra le mura dell’Ospedale, proprio come fa un qualsiasi buon tecnico di fiducia.
Avvenne che tra un momento di svago e l’altro, durante uno dei nostri passatempi preferiti, il gioco del tris sul vetro perennemente sporco della mia macchina, in una sera di queste lei mi disse di girarmi dalla parte opposta alla sua, verso l’ esterno: voleva disegnarmi qualcosa sul vetro ma aveva vergogna che io lo vedessi. Mi girai e le promisi che no avrei guardato quel disegno se non dopo che se ne fosse andata via. Successe poi che tra un abbraccio e uno scambio di pc mi dimenticai completamente di guardare il fantomatico disegno di cui aveva tanta vergogna a mostrarmi.
Mi passò completamente di mente. Trascorsero alcuni giorni e Sofia entrò in Ospedale per i primi controlli, gli esami e le cure mediche necessarie ad affrontare l’ operazione, mentre io mi dedicai alla sistemazione del suo computer.
Una mattina di pallido sole di inizio Febbraio, completamente per caso, vidi in controluce sul mio parabrezza anteriore sporco di polvere la tavola da tris disegnata da Sofia qualche sera prima, così mi venne in mente di guardare quel famoso disegno fatto con le sue dita di cui mi aveva parlato, alquanto incuriosito ed intrigato dal tutto. Mi avvicinai e guardai all’ interno della tavola disegnata, esattamente al centro di essa, e non credetti ai miei occhi quando vidi quello che vi era stato rappresentato.
Non era possibile, non me l’ aspettavo proprio. Io avevo lasciato da parte i miei sentimenti in quelle settimane, per non darle fastidio: avevo cercato di assopirli e di accontentarmi della nuova piega piuttosto solare che aveva preso il nostro rapporto, e se devo essere sincero ci ero quasi riuscito del tutto ma quando vidi ciò che Sofia mi aveva disegnato tutto d’un tratto mi si riaccese inevitabilmente la fiammella della speranza. Aveva disegnato un cuore. Era proprio ben visibile e distinto, senza possibilità di sbaglio o fraintendimenti: era proprio un cuore, di dimensioni cospicue.
Avevo questioni importanti da sbrigare, compiti da svolgere, così lasciai la discussione di questo segno da parte sua al periodo post- operatorio. Mi concentrai sulla riparazione del suo computer forte di un vigore e di una serenità d’ animo mai avuta in precedenza. Attesi con ansia la sua uscita dalla degenza, poi molto delicatamente e senza fretta avrei affrontato la delicata quanto insolitamente piacevole questione.
Capitolo 26: L’ Operazione
Mi disse che mi voleva bene. Fui l’ ultima persona con cui entrò in contatto prima di andare sotto i ferri.
Quella mattina ero forse più preoccupato di lei, e la mia mente non riusciva a pensare ad altro che non fosse quell’insperato cuore disegnato sul parabrezza della mia macchina.
Passarono alcune ore, e fortunatamente andò tutto per il meglio. Appena Sofia si svegliò dall’ anestesia fui la prima persona con cui si mise in contatto, sempre via sms data la sua impossibilità a parlare.
Provavo un senso di piacere immenso, sentivo di ricoprire per lei una grande importanza in virtù di questi piccoli segnali che però avevano un elevato valore simbolico per me. Durante la sua degenza in Ospedale mi prodigai giorno e notte alla sistemazione del suo pc. L’impresa fu più ardua del previsto perché si trattava di compiere tutta una serie di operazioni il cui errato ordine di svolgimento avrebbe causato danni all’ intero sistema operativo. Lavorai moltissimo a questa titanica impresa e profusi tutte le mie energie, ed alla fine di alcune nottate insonni venni premiato.
Il suo computer sembrava appena uscito dall’ assemblaggio, come nuovo.
Mi sentivo orgoglioso di me stesso, pensavo di aver compiuto un bel lavoro.
Purtroppo in tutto questo trambusto lavorativo dovetti optare per il sacrificio di alcuni componenti del mio computer, che così si ridusse ad un ammasso di ferraglia senza utilità. Fu così che il mio computer cessò di essere quel portento di tecnologia che era stato per quattro lunghi anni. Non avevo mai fatto niente di simile per nessun altro, geloso com’ero delle mie apparecchiature tecnologiche; ma fui ben felice di avere sacrificato alcuni pezzi per rimettere in sesto quello di Sofia.
Avevo fatto il tutto in maniera disinteressata, senza volere nulla in cambio da lei, se non altro volevo dimostrarle veramente coi fatti e non a parole che se fosse stato necessario avrei dato tutto per lei, e gran parte di me già le apparteneva da tempo.
Il miglior ringraziamento per me era il sorriso di Sofia, la sua felicità prima di tutto, nient’altro.
Andai anche a trovarla all’ Ospedale, il venerdì pomeriggio finito il lavoro, appena conclusa la mia opera, per renderla partecipe della rinascita del suo pc, ma sfortunatamente la trovai in un momento in cui era ancora addormentata e con qualche linea di febbre causata dall’ intervento.
Non volevo svegliarla, sarebbe stato un atto di maleducazione a mio avviso: doveva riposarsi dopo un intervento simile, inoltre non era mia abitudine disturbare chi stava male, così decisi di passare in un secondo momento a trovarla, un momento più propizio, magari anche con qualche amico, giusto per farle vedere che le volevamo bene un po’ tutti.
Prima di andare via però rimasi lo stesso qualche secondo fermo a guardarla ed appoggiai delicatamente un piccolo regalo sul suo comodino, in modo che l’avrebbe visto appena ripresi i sensi. La guardai in volto mentre dormiva così profondamente, rimasi lì fermo per qualche attimo.
Avrei voluto prenderle la manina, accarezzarla, ma avevo paura che si sarebbe svegliata troppo presto, prima del tempo necessario previsto per il recupero delle sue funzionalità, così mi trattenni e lasciai perdere.
Era così carina, traspariva un non so che di innocenza in quella posizione, ed in me ormai si era risvegliata del tutto la fiamma della speranza, alimentata dai segnali benevoli che avevo ricevuto nei giorni passati. Quando uscii dalla stanza arrivò il medico a svegliarla per le medicine ma non tornai indietro, non approfittai di questo momento, decisi piuttosto di ripassare il giorno dopo. Per quel giorno era già stato abbastanza averla vista così, come la mia bella addormentata.
Andai ancora a trovarla la sera del sabato con un mio amico, la trovai sveglia finalmente, che dialogava con altri suoi amici presenti in stanza, chiaro segno questo che aveva ripreso del tutto le sue funzionalità vocali.
Ci promise che non appena sarebbe uscita da quell’angusto luogo ci saremmo trovati tutti quanti noi insieme per trascorrere un’allegra serata in compagnia. Io non vedevo l’ora. Sembrava un sogno che si stava avverando. Il momento della verità era vicino: una volta dimessa, senza più alcuna preoccupazione, le avrei chiesto finalmente di espormi i suoi sentimenti verso di me, così da ricominciare insieme il cammino verso la felicità.
Il mio mondo ormai ruotava tutto intorno a lei soltanto.
Venne finalmente il giorno della dimissione dall’Ospedale: non sperai proprio di rivederla subito, in quanto le serviva ancora un po’ di tempo per riadattarsi all’ ambiente, così pazientai ancora e una settimana dopo circa sarebbe dovuto cadere il nostro fatidico incontro.
La vidi uno dei pomeriggi seguenti per ridarle il suo pc nuovo di zecca e per farmi restituire il mio. Per l’ occasione si presentò vestita come mai aveva fatto in precedenza: con stivali, gonna e top che risaltavano la sua femminilità e le davano l’ impressione di una dark-lady, quando per tutto il tempo che era stata con me si vestiva sempre con calzettoni e felpe extralarge piuttosto mascoline. Non l’avevo mai vista così intrigante: mi piaceva come si era vestita. Feci proprio caso al suo cambiamento di look, non potevo evitare di accorgermene perché era troppo palese: al momento mi sembrò frutto di una coincidenza e non pensai a niente di più di un semplice cambiamento d’abbigliamento come ne avvengono abitualmente; poi più avanti capii che si celava qualcosa sotto. Al momento della consegna del suo computer e della restituzione del mio mi disse di guardare un file di testo che mi aveva scritto durante la permanenza in ospedale, mi disse che mi avrebbe ringraziato di lì a qualche giorno a voce, di persona, aggiunse che mi avrebbe dato anche lei qualcosa in cambio di tutto quello che avevo fatto e mi rammentò il nostro incontro che sarebbe dovuto cadere guarda caso la settimana successiva, in concomitanza con la festa di S. Valentino.
Da parte mia spero che mi venga concessa l’ignoranza mentale ma dati alcuni simili presupposti e dato il fatto che non mi aspettavo niente in cambio da lei, credo che non servano molti calcoli per arrivare a pensare cosa architettò la mia mente malata. Credevo infatti che il suo ringraziamento sarebbe stata una proposta ufficiale di ricongiunzione dopo il periodo di riflessione, proposta che sarebbe stata accettata ancora una volta da me con un sì incondizionato, date le circostanze favorevoli di quel così fortunato periodo. D’altronde i presupposti c’erano tutti: il disegno del cuore sul parabrezza, una lettera lasciata sul mio computer, e il così tanto ostentato ringraziamento per tutto quello che avevo fatto sonora. Mi telefonò addirittura di persona appena ebbe recuperato in pieno l’uso della voce, e mi disse che il lavoro eseguito sul suo computer era un’autentica opera d’arte e che per quello voleva mettersi in pari con me, saldando il debito. Ecco che mi misi ad aspettare con ansia il giorno della Festa degli innamorati. In quel giorno cadeva una cena con alcuni miei amici, che non mi sentii di rimandare, in fin dei conti potevo sempre presentarmi alla serata con Sofia in ritardo, dopo aver finito la cena, ovviamente previo avvertimento. Avevo già programmato tutto, tranne l’ imprevisto.
Capitolo 27: Declino Inesorabile
Data la mia inesauribile pazienza cercai do convincermi che ormai arrivati a quel punto un giorno valeva l’altro, tanto avevo aspettato. La mia curiosità di sapere che tipo di ringraziamento voleva darmi fece crescere esponenzialmente l’ansia e anche un po’ di timore per dover affrontare una situazione alquanto delicata.
Fu così che passarono giorni, settimane, quasi un mese, ma Sofia non si fece più sentire né con me né con nessuno dei miei amici. Ci chiedevamo tutti che fine avesse fatto, non era da lei sparire così se non tutt’al più per complicazioni post- operatorie. Preoccupatissimo come sempre per il suo stato di salute mi misi a contattarla sperando di non disturbarla nel bel mezzo di qualche delicato momento. Ma non ci riuscii, non la trovai più. Sembrava sparita, volatilizzata. Né i miei amici né i suoi sapevano niente di lei, o forse non volevano rendermi partecipe di quello che in realtà sapevano. Al telefono non rispondeva oppure ogni tanto dopo qualche squillo metteva in funzione la segreteria telefonica quasi non volesse rispondere e farsi reperire, come mi aveva raccontato che faceva con i seccatori quando era ancora fidanzata con me; io mi immaginavo situazioni problematiche e complicazioni di chissà quale tipo e per questo ero troppo in ansia per lei.
Andavo continuamente al suo paese ad attenderla nei luoghi che frequentava abitualmente, pensando di farle gradita sorpresa mostrandomi interessato, ma non la trovai più. Ormai dentro di me cominciavo a spazientirmi, prima ancora di me i miei amici che forse molto intelligentemente avevano già capito tutto fin dall’ inizio.
Uno di loro la vide in giro una sera in macchina con un suo amico. Quando me lo venne a dire mi cadde ogni punto di riferimento: da lì cominciai gradualmente la mia ascesa verso la crisi anche se non me ne rendevo ancora bene conto. Continuai a concedere il beneficio del dubbio fino all’ ultimo: se ci fosse stato qualcosa sotto confidavo nella sua sincerità, credendo che lei avrebbe preso esempio dalla mia dimostrazione di fedeltà raccontandomi tutto quanto le stava passando per la mente. Mi sbagliai ma all’ epoca dei fatti non me ne capacitavo ancora del tutto. Continuai a sperare nonostante tutto. All’apparenza tutto ruotava a mio favore, non avevo niente da temere.
Alla fine dopo innumerevoli tentativi di chiamate andati a vuoto, e culminati con alcuni momenti di crisi da parte mia, riuscii come per magia a raggiungerla. Non mi sembrava vero. Mi rispose come se nulla fosse successo. Era tranquillissima, con voce normale mi chiese se per caso l’avevo cercata e cosa avevo da dirle. Mi disse che aveva dimenticato il suo telefono cellulare a casa di una sua amica e che per qualche giorno era rimasta senza, impossibilitata ad andarlo a prendere o a farselo portare, e che era indaffaratissima, che non trovava un buco libero per quel famoso ormai rimandato all’infinito appuntamento con annesso ringraziamento ufficiale.
Le mie crisi fecero il loro ingresso ufficiale proprio in questo dannato periodo, un ingresso molto delicato all’inizio, poi gradualmente presero sempre più piede e diventarono una fastidiosa quanto dolorosa compagnia giornaliera per me.
Da lì cominciai a sospettare fortemente di essere preso in giro in maniera palese; ma preferivo comunque sentirmi dire le cose in faccia a voce dalla diretta interessata.
Per risolvere la questione e chiederle cosa avesse di così importante da dirmi mi recavo apposta al suo paese per trovarla ma lei mi diceva che non poteva uscire per il dolore alle tonsille. Eppure vidi sempre la sua macchina parcheggiata al di fuori dell’oratorio.
Cominciai a capire che doveva essere accaduto qualcosa, o nel periodo dell’ operazione o addirittura prima, altrimenti un cambiamento di comportamento del genere non era plausibile. Cercai lo stesso con una forza disumana di ignorare quei funesti segnali del destino e di trovare una spiegazione razionale al tutto. Giunti a questo punto della vicenda non combaciava più niente: la Sofia del dopo operazione non era più la stessa di prima. Era visibilmente cambiata, sembrava addirittura un’ altra personalità. Mi sfuggiva, mi evitava come la peste, restava molto vaga nel dare spiegazioni o peggio ancora non le forniva affatto. Da parte mia io non chiedevo tanto, solo di vederla qualche minuto per sapere cosa aveva in definitiva da dirmi di così importante per ringraziarmi. Il problema l’aveva sollevato lei, a me andava bene così la situazione, ma mi misi a facilitare lo steso enormemente l’incontro facendomi trovare sempre presso di lei nel suo paese disponibilissimo al dialogo a qualsiasi ora di qualsiasi giorno.
A maggior ragione una sera l’avevo trovata di sfuggita in chat quasi per caso, e per l’occasione mi disse che voleva vedermi per dirmi qualcosa ma non voleva farlo per iscritto, bensì dal vivo. Ma fu tutto inutile: non so quante occasioni le diedi per vederci. Lei faceva il corso vicino a casa mia ma era impossibile sperare che passasse da me e si fermasse come invece aveva fatto quando era disperata ed aveva bisogno d’aiuto. Era praticamente impossibile reperirla. Addirittura una sera stanco del fatto che non mi rispondesse più nemmeno agli appelli via sms mi presentai al di fuori dell’edificio dell’oratorio ad aspettarla. Le bastava uscire e dirmi quello che doveva e poi rientrare, non l’avrei trattenuta oltre. Se non mi avesse gettato continuamente le pulce nell’orecchio con la scusa dell’ incontro per il ringraziamento molto probabilmente, anzi quasi sicuramente non sarei stato così insistentemente e fastidiosamente curioso ed ansioso di sapere cosa aveva da dirmi. Prima tirava il sasso poi nascondeva la mano.
Purtroppo data l’impossibilità di raggiungerla mi arresi all’evidenza dei fatti e mi misi a scambiare e-mail con lei, le mie lunghe articolate e pregne di significato, le sue sbrigative ed alquanto fredde.
Ecco che finalmente il tutto diede i frutti sperati e venne a galla la tanto sospirata verità: in una di queste e-mail capii finalmente il tipo di ringraziamento che voleva darmi e la cosa importante di cui voleva rendermi partecipe.
Capitolo 28: Un Coraggio Inaspettato
Mi convinsi che non poteva finire così in quella maniera. Volevo lo stesso sentirmelo dire dal vivo per averne la certezza, ma quanto fu difficoltoso fissare un appuntamento. Ero arrivato al punto che pur di finire la faccenda non vedevo l’ora di incontrarla per venire liquidato così su due piedi, col mio benservito, perlomeno per stare in pace con me stesso. Caddi inevitabilmente in uno stato di sconforto e di crisi che nessuno ebbe la sfortuna di vedere, soltanto io fui spettatore impotente di quanto di spaventoso mi accadde in quei lunghissimi ed interminabili, maledetti giorni di fine inverno. Non mangiavo, non dormivo, piangevo per tutto il tempo e presi ancora a prendere in mano oggetti della mia stanza e spaccare tutto. Avevo degli scatti furiosi di nervi, poi espressioni di rabbia incontrollabile, alla fine cadevo esausto a terra o a letto e mi addormentavo per la mancanza di energie, tutte quante profuse durante i miei sbalzi impressionanti d’umore. Ero intrattabile, una vera furia umana. Così via fino alla crisi successiva: dapprima ne subivo una al girono poi via via si fecero sempre più frequenti ed arrivai a dover affrontare spasmi, contrazioni involontarie di muscoli e affanni vari anche diverse volte al giorno.
In qualche occasione ero in casa da solo, in quanto i miei genitori incuranti di quello che mi stava succedendo uscivano per conto loro a fare shopping fuori città. In quei diversi momenti in cui ero in casa da solo meditai seriamente di farla finita suicidandomi perchè non riuscivo a smettere di soffrire.
Non potevo farci niente, nessuno poteva farci niente: il pensiero del suicidio occupava tutte le mie tristi giornate trascorse nella mia più totale solitudine mentre Sofia usciva con questo suo nuovo ragazzo mano nella mano nel centro storico della mia città, felice e spensierata come lo era sempre stata in occasioni simili. Le feci sapere del mio stato catastrofico, ma lei asseriva di non averlo saputo in tempo e di non avere tempo in quanto impegnata in faccende che la prendevano del tutto quali il lavoro, la macchina nuova da pagare, le sue spese mensili e la sua nuova fiamma.
Sapeva ormai sia dei miei sentimenti che del mio dolore ma non voleva vedermi. In uno dei giorni successivi tra una crisi e l’altra feci due passi nel centro storico della mia città e vidi la scena che più di ogni altra cosa avevo temuto fin dall’inizio come il mio incubo peggiore: lei con un tipo mano nella mano che si scambiavano aperte ed accese effusioni d’amore in pubblico incuranti di tutto e di tutti.
Io stavo male ma lei per me non aveva più tempo, era felice così. Ero passato di moda, ero vecchio ormai, facevo parte della sua vita precedente, ero uno come tanti per lei ora, uno dei suoi innumerevoli ex ragazzi; quando invece lei per me fu la mia prima vera storia importante, quindi indimenticabile. Avevo un sacco di progetti interessanti, dalle vacanze insieme ad altri piani così ingenuamente prefissati, avrei voluto costruire qualcosa di serio con lei a cominciare dalle fondamenta ma finii col passare i miei giorni solo, abbandonato, e accompagnato solo dalle mie insistenti manifestazioni di dolore.
Tra una crisi e l’altra ero preoccupato perché non sapevo esattamente quando sarebbe subentrata la successiva; mentre quando la crisi era giunta all’ apice del suo compimento ero più rasserenato in quanto sapevo che poi mi sarei riposato per un po’ di tempo. Pazzesco: ero arrivato a questo punto. Ecco il ringraziamento che ricevetti da lei dopo tutto quello che avevo fatto, dopo tutto quello che le avevo regalato, per essermi messo d’impegno in una storia che credevo importante, per averla aiutata nei momenti difficili, per averle regalato tutto di me, vita compresa. Ecco cosa aveva di così importante da dirmi: aveva un altro. Mi chiesi allora cosa significava quel cuore disegnato sulla mia vettura, non capivo, non ero più lucido mentalmente. Era riuscita a farmi diventare letteralmente pazzo, mi rubò la vita entrando bruscamente nella mia esistenza e poi uscendone così in maniera inaspettata.
Passavo le serate a ricordare tutta la mia tormentata vicenda fin dagli albori, la rivissi tutta interamente, pensai che la persona con cui avevo a che fare non era la stessa di prima. La Sofia di cui mi innamorai era morta, non esisteva più, dovevo convincermi di questo. Andavo nei nostri luoghi di ritrovo dove tante volte ci trovavamo prima degli altri per trascorrere qualche minuto di intimità, voltavo lo sguardo a destra e a sinistra sperando di vederla arrivare per una qualche spiegazione, l’avrei perdonata nonostante tutto, ma non arrivava mai. Passavo i giorni credendo ogni volta che quel giorno sarebbe stato quello giusto per un incontro e chiarimento di posizioni, ma non mi chiamava mai. Presi a mandarle e-mail su e-mail: ne approfittavo per raccontarle qualcosa di divertente, in modo da mascherare il mio stato d’animo devastato, ed alla fine inserivo un picccolo appello a farsi sentire e chiamarmi. Non ricevevo risposta. La trovavo in chat e lì andavo subito sul sodo ma era come se Sofia non leggesse attentamente ciò che le scrivevo: restava sul generico. Le mandavo messaggi sul cellulare per dirle di fermarsi a casa mia dopo il suo corso di informatica, ma non mi rispondeva mai. Non sapevo più a questo punto se i miei richiami erano palesi o velati; a me sembrava di essere chiaro. Sapevo che le piaceva quando le raccontavo storielle divertenti, così gle ne mandavo parecchie al giorno, e tutte con in fondo un disperato appello a farsi sentire; ma era come se tutto ciò che facevo andasse in fumo. C’ era come un muro tra di noi, un muro di incomprensione e di inevitabile distaccamento. Mi aspettavo in qualsiasi momento che si sarebbe fatta viva per darmi perlomeno una qualche dovuta spiegazione, ma così non fu. La realtà dei fatti, che mi rifiutavo di accettare con ostinazione, era tutt’ altra: Sofia era felice con un ragazzo che aveva preso il mio posto così facilmente, in breve tempo. Era accaduto qualcosa durante il periodo di assenza da parte sua. Mi trasferii in pianta stabile dai miei zii in paese per ricevere aiuto, loro mi diedero una mano a trarmi su di morale, mi infusero nuovo vigore e nuovo coraggio per affrontare la vita, che nonostante tutto, a loro parere, è bella. Il loro tentativo di rimettermi in carreggiata fu molto lungo e difficile, con talvolta dei progressi da parte mia, talvolta dei regressi.
Tutt’ ora, al momento della stesura di questo diario, non posso dire di aver superato la crisi del tutto, anzi.. Molta è ancora la strada da percorrere, sempre irta di agguati, pericoli, tranelli.
Bevevo, bevevo molto in quel periodo: passai un mese da autentico alcolista anonimo per cercare di affogare i miei dispiaceri, ma non servì a niente: una volta finita la sbornia il cervello riprendeva a pensare, riflettere e a martellarmi in testa pesanti interrogativi sul modo in cui era finita la mia vicenda. Per ringraziare i miei zii dell’aiuto che mi stavano dando decisi di fare qualcosa in cambio per loro, così mi misi a spiegare il funzionamento di internet alle mie neofite cuginette e a mio zio, novizio dell’informatica.
Una di queste sere, apparentemente una come tante, mentre spiegavo il funzionamento della Grande Rete ai miei parenti, stufo dello stato di sospensione in cui ero caduto e colpito da un insperato coraggio decisi di porre la parola fine alla vicenda che tanto mi aveva fatto soffrire e che mi aveva ridotto a quel rottame umano che ero diventato. Presi in mano il cellulare, in un momento qualsiasi della serata, tranquillo, e forte di una spinta inaspettata di vigore e lucidità mentale folgorante scrissi un sms a Sofia, l’ ultimo di una serie infinita, con poche ma precise parole. Il messaggio inviato da me era un chiaro invito a finire la faccenda una volta per tutte anche via cellulare data l’ impossibilità fittizia di un confronto a cielo aperto. Non mi si poteva tenere più a lungo in quella situazione di sospensione senza fornire alcuna spiegazione, era disumano un comportamento del genere. Fu così che trovai il coraggio di compiere un gesto che molto probabilmente avrei dovuto espletare già molto tempo prima, a detta di parenti amici e conoscenti tutti: dirle addio e darle così il fatto suo.
Capitolo 29: Epilogo
Io non ne potevo più: avevo passato un intero mese a diventare matto per cercarla e non ci riuscii; alla fine anche il più caparbio e tenace spirito avrebbe smesso molto tempo prima di me.
Decisi di chiamarla perché dovevo per forza farmi passare perlomeno la metà della rabbia che provavo dentro, e dovevo dirle qualcosa subito per mettere le cose in chiaro; la seconda metà del discorso glie l’avrei fatta entro breve tempo ma intanto era necessario che andassi a dormire tranquillo dopo aver proferito ciò che era doveroso dirle.
Ancora una volta mi presi io il disturbo di chiamarla al telefono, dato che lei asseriva di essere perennemente senza soldi da circa un trimestre, così consumai un mucchio di credito telefonico in chiacchierate, almeno fossero andate a buon fine, invece…
Le chiesi il perché del suo gesto sconsiderato di sparire dal nulla, il significato dei suoi ammiccamenti se ormai non le interessava più niente di me, domandai spiegazioni anche su ciò che avevo visto di persona, non fidandomi io delle voci di corridoio che mi giungevano. La sua voce cambiò tono, lei si arrabbiò a sentire queste parole. Non dissi niente di strano, domandai solo spiegazioni senza offendere mai nessuno, lei invece già al telefono partì subito per la tangente con toni sostenuti ed asseriva di avere ragione sempre lei, non ascoltava i miei tentativi di farla ragionare seriamente. Mi disse che era la vita, che lei aveva sofferto tanto, ed ora doveva essere felice con qualcuno, disse che le situazioni spiacevoli aiutano a crescere e tra una scusa e l’altra rimarcava sempre la sua maturità e la sua esperienza a riguardo come fossero dei ritornelli. Diceva che era destino che fra me e lei si fosse innalzato un muro; quando invece secondo me sapeva benissimo che il muro l’aveva innalzato appositamente lei, per non dare spiegazioni. Secondo lei io dovevo accettare la cosa dato che nella vita si ha una sola occasione e bisogna sfruttarla fino in fondo. Capii allora che non c’era proprio niente da fare. Era impossibile ragionare con una personalità del genere, che non ascoltava oppure aveva i suoi interessi a far finta di non capire. Per non consumare del tutto il credito telefonico con una persona del genere che non meritava più di tanta attenzione la obbligai a presentarsi tassativamente il giorno dopo nel primo pomeriggio per i dovuti saluti di rito. Stava finendo, finalmente, il mio incubo più grande, la mia atroce prigionia.
Il giorno dopo Sofia arrivò come al solito con un ritardo mostruoso ed addusse una scusa alquanto ridicola per giustificarsi. Dal canto mio io stavo per andarmene convinto che avesse bruciato anche quell’ultima possibilità per redimersi, poi mentre ero sul punto di salire in macchina lei arrivo così mi feci forza e mi sedetti in macchina con lei per l’ultima delle nostre discussioni, stavolta un po’ diversa da tutte le precedenti.
Al telefono la sera prima mi aveva rimproverato il fatto che non la facevo parlare, che addicevo discorsi su discorsi senza le dovute prove, e che l’avevo molto delusa perché da me non si aspettava un comportamento simile, così da bravo gentiluomo anche in quell’estrema occasione mi calmai, conservai il mio stato mentale lucido e stetti zitto e la invitai a parlare, a raccontarmi tutto quello che doveva dirmi, così non mi si poteva più dire che non le permettevo di aprire bocca. Stetti zitto, lei era così libera di dirmi tutto quello che voleva. Me l’aveva fatto presente tante di quelle volte che ora ero lì muto immobile ad aspettare che dalle sue labbra uscissero dei discorsi sensati. Come però pensavo, quando toccò a lei parlare non ebbe tanto da dire, solo cose banali ed inutili che peraltro sapevo già per conto mio da tempo.
Cominciò a dirmi che si sentiva tanto triste perché era impegnata sul lavoro, voleva licenziarsi perché non era felice, aveva problemi a casa, con amici, conoscenti, litigi e disaccordi dappertutto, e provava un dispiacere enorme per sua sorella che non poteva avere figli quindi a lei venne negata la possibilità di diventare zia. Tutto questo non c’entrava niente col motivo per cui ci eravamo trovati, lei infatti doveva spiegarmi il perché di tanti ammiccamenti e gesti falsi se in realtà non le interessava più niente di me. La feci pertanto ritornare sui suoi passi senza ulteriori divagazioni e perdite di tempo in discorsi fuori tema.
Mi disse allora che aveva in ballo non una classica e banale storia d’amore puerile ma una vera e propria relazione con un uomo col quale aveva già fatto dei progetti in grande stile quali la convivenza e tutto quanto a ciò è strettamente connesso, dato che quest’uomo finalmente la interessava molto e si sentiva felice, libera, viva con lui.
Non osava guardarmi in faccia, era nervosa, giocava nervosamente con le mani, col volante, gesticolava, sempre con lo sguardo basso senza mai incrociare il mio che invece la fissava continuamente.
Già il fatto che mi disse queste cose spudoratamente in faccia sapendo benissimo il sentimento che ancora provavo per lei mi procurò un ulteriore dolore acuto, ma stetti comunque lì ad ascoltare fino alla fine cos’altro aveva combinato in tutti quei mesi durante i quali aveva preso in giro me pur avendo già una relazione con qualcun altro. Chiaramente la cosa più utile e sensata sarebbe stato dirmi di accantonare i miei sentimenti e di mettermi il cuore in pace; invece non solo Sofia mi aveva raccomandato di tenere vivi i miei propositi, ma mi aveva addirittura disegnato un cuore sul parabrezza della macchina. Era troppo, essere preso in giro e sfruttato in quella maniera. Molto probabilmente doveva conoscere abbastanza bene quel suo nuovo ragazzo, per andarci a convivere insieme implicava automaticamente il fatto che si dovevano essere conosciuti per bene anche parecchio intimamente, pertanto immaginai che la sua situazione era già cominciata sicuramente qualche mese prima, forse addirittura mentre era ancora insieme a me.
Il motivo per cui mi tenne nascosto tutto quanto, a detta di lei, era il fatto che per scrupolo non voleva anticiparmi niente finchè non si fosse resa conto che la storia andava bene, altrimenti se non fosse stata sicura non me l’avrebbe detto; invece vedendo che c’era sintonia si era proposta di dirmelo di lì a qualche tempo ma voleva aspettare. Ed infatti aveva aspettato parecchio, aveva aspettato un paio di mesi, aveva aspettato che mi sentissi in crisi, aveva aspettato che li vedessi di persona, e che scoprissi tutto da solo senza un minimo aiuto.
Non c’era motivazione valida in quello che asseriva, solo pochi sprazzi di discorsi campati per aria ed inventati alla spicciola per l’occasione.
Fu così che allora, vedendo che non sapeva cos’altro aggiungere, presi io la parola per tutti gli interminabili minuti che portarono alla fine dell’ ora successiva. Parlai come spinto da un desiderio di dimostrarle in faccia tutta la mia rabbia per quello che mi aveva fatto passare, ero lanciato, deciso come non mai, non mi fermavo, avevo un tono risoluto, mai offensivo nei suoi confronti ma pur sempre sostenuto, comprovavo quello che dicevo con esempi concreti e argomentazioni ampie ed articolate, mentre da parte sua (quelle poche volte che riusciva ad inserire un commento) uscivano soltanto i soliti due o tre ritornelli, non aveva nient’altro da dire. Stavolta ce l’avevo io molto da dire: per il presente, per il passato ed anche per l’avvenire.
Il mio intento era farla riflettere col dialogo, lasciavo trasparire tutto quell’immenso dolore per i momenti di crisi intensa che avevo passato, ma lei si arrabbiava sempre e continuava a stare sulle sue posizioni asserendo di avere ragione in toto e di non avere mai sbagliato.
Contrariamente a quanto pensavo non avevo di fronte una persona disposta a ragionare, nemmeno ad ascoltare, dato che i miei discorsi non la toccavano nemmeno. Tutto tempo perso.
Un’ultima cosa mi interessava sapere prima di andarmene, e fu la questione del famoso disegno che mi lasciò sognare ed illudere ad occhi aperti per tutto quel tempo.
Quanto lei rispose mi lasciò ancora una volta senza parole, allibito, esterrefatto, incredulo.
Mi fece notare che mi ero montato la testa, che mi ero inventato tutto, che lei non mi aveva illuso per niente, anzi che ero io l’illuso. Per lei il cuore disegnato aveva la valenza di amicizia, non di amore, e che faceva sempre così, era il suo modo di comportarsi con tutti, e soggiunse che se avesse saputo che mi ero montato la testa si sarebbe guardata bene dal disegnarmi un cuore, preferendo al suo posto un paio di corna. Da quando in qua il cuore era sinonimo di amicizia, le chiesi, se anche nel più vecchio dei film d’amore il cuore inciso sulla corteccia di un albero sta a significare solo ed esclusivamente amore. Lei non seppe rispondere a questa mia domanda. L’esempio addotto da lei però fece proprio al caso mio in quanto le risposi che forse era meglio se mi avesse disegnato un paio di corna, almeno avrei capito con che razza di persona avevo a che fare, e già che c’ era tutt’al più sul cuore poteva scrivere il nome suo e quello del suo nuovo amore, così mi avrebbe reso partecipe della sua gioia ed almeno avrei saputo a chi era indirizzato quel maledetto disegno.
Le augurai tanta fortuna col suo nuovo uomo allora, perché aveva un bisogno enorme di essere felice e soprattutto di andare alla ricerca di se stessa prima di tutto, ed aggiunsi che con me aveva chiuso. Era libera, ora più che mai, di illudere chi voleva coi suoi astuti giochetti, poteva prendere in giro chiunque e scherzare coi sentimenti importanti, ma con me non avrebbe più giocato, non mi avrebbe più fatto del male.
Poteva cambiare partner ogni giorno, farsi sedurre o sedurre facilmente chi voleva, grazie alle sue moine a alle sue finte scenate e alle sue lacrime di coccodrillo, ma non avrebbe più ingannato me.
Troppe volte venni sfruttato, sedotto poi abbandonato, non tolleravo più un atteggiamento del genere. Finalmente avevo aperto gli occhi e giudicato in maniera esatta sulla persona che mi stava davanti.
A quel punto la rabbia e l’odio avevano ormai preso completamente il posto prima occupato dal dolore. La mia rabbia era continuamente alimentata e tenuta in vita attimo dopo attimo come un incendio che divampando aumenta le sue proporzioni e la sua carica distruttiva, continuamente alimentato.
Era finita. Avevo detto d’ un botto tutto ciò che avevo da dire, non mi rimaneva che andarmene. Me ne andai infatti, sbattendo la portiera della sua macchina e non voltandomi mai indietro a vedere che reazione avesse scatenato in lei.
Non seppi mai come considerò le mie ultime parole, se le ascoltò o meno, non seppi più nulla di lei, come reagì alla mia uscita di scena, di lei non mi interessò più niente.
Salii in fretta sulla mia macchina e me ne andai via dal parcheggio di casa mia senza voltare lo sguardo indietro a guardare cosa fece Sofia.
Mi venne da chiedermi più volte se la nostra storia fu vero amore, seppur per un breve periodo, o se si trattò semplicemente di un frutto di un momento di debolezza di entrambi, o più suo che mio.
Finì così in quella triste maniera una vicenda che mi aveva tenuto incatenato al letto della tristezza e della sofferenza per troppi mesi. Terminò così la storia più importante della mia vita fino a quel punto, una storia in cui avevo dato tutto me stesso, forse anche di più. Era cominciato tutto come un sogno e finì come una liberazione da un incubo. L’ombra di Sofia non incombeva più sulla mia figura, stavo uscendo dal tunnel cieco dell’ amore. Rientrai a casa più sollevato, come alleggerito di un peso enorme finalmente scaricato al punto giusto. Raccontai tutto a mia mamma, cosa mai fatta sinora, per avere pareri ed opinioni da gente più esperta di me in materia. Le raccontai quasi tutta la storia, tralasciando i particolari più emotivi dato che già quel poco che le stavo raccontando era sufficiente a rabbrividirla, quando spiegavo i comportamenti di quella maledetta ragazza. Da lì in poi cercai sempre aiuto e conforto nei genitori, nei successivi momenti di debolezza, peraltro assai frequenti, ma intanto il mio incubo peggiore era finito, dovevo solo far passare del tempo ed avere pazienza: le cose si sarebbero sistemate da sole. Misi definitivamente la parola fine allo strazio quel giorno stesso, il 4 di Marzo, una giornata di pallido e ancora debole sole che coi suoi timidi raggi anticipava l’inizio della primavera.
Considerazioni Personali
Se tutto ciò che ho patito deve essere una punizione per i sbagli da me commessi mi sembra comunque una punizione troppo grande da sopportare, smisurata, dato che il dolore che inflissi a Sofia involontariamente non era neanche lontanamente paragonabile a quello che lei inflisse a me consapevolmente. Non credo di avere mai agito in malafede né spinto dalla ripicca o dalla vendetta.
Ho cercato di riportare in maniera più oggettiva possibile tutti gli episodi che mi hanno visto protagonista, riservando i miei commenti personali in quest’ultimo capitolo posto volutamente in fondo al volume per non deviare l’attenzione dei lettori dalla vicenda con le mie considerazioni personali soggettive alquanto opinabili ed aperte a discussioni.
Innanzitutto non sono nessuno per giudicare la gente né ho la facoltà di capire se sia più giusto il mio modo di ragionare o il suo, fatto sta che soltanto il buon Dio sa chi di noi due abbia realmente ragione. Dal canto mio io ho solo la forza e il coraggio di dire che il mio modo di pensare non collima con quello di Sofia, siamo troppo diversi, troppo in conflitto su tutto, troppo distanti.
Non ritenevo giuste le motivazioni da lei addotte durante il mio benservito in quanto erano emblematiche di un modo di ragionare alquanto infantile ed immaturo a differenza della serietà che andava vaneggiando quella ragazza che credeva di possedere tutte le migliori qualità di questo mondo.
Durante le discussioni io ero sempre calmo, rilassato, aperto al dialogo, mai offensivo né allusivo;invece l’ impulsività di Sofia la portava a urlare, dimenarsi, inveire, offendere, trattar male la gente, e nonostante tutto io continuavo ad andarle dietro e a mettermi al suo servizio come un cane fa col suo padrone. Ero pronto a darle tutto di me ed ecco il ringraziamento che ottenni: la feci innamorare di qualcun altro a tal punto da andarci a convivere insieme, di questo unicamente sono stato capace. Per il resto è stato un fallimento sotto tutti i fronti.
A me raccontava delle cose, agli amici delle altre, non si sa quale fosse la verità ma io le ho sempre concesso il beneficio del dubbio persino davanti a situazioni palesemente compromettenti, da tanto che ero innamorato e credevo in lei.
Tutte le volte correvo per lei, mi davo da fare, mi dannavo, e per tutta risposta mi sentivo dire che ero fastidioso e che dovevo lasciare il giusto spazio per farla vivere. Quante volte facevo io il primo passo per baciarla o per compiere altri gesti d’affetto, e tutte le volte era il momento sbagliato, quasi come avessi avuto delle antenne a captarlo. Poi la vidi in giro in centro mano nella mano con la sua nuova fiamma in tutta una serie di atteggiamenti per i quali a me aveva sempre detto di non essere tagliata nell’espletarli in pubblico.
Se mi avesse detto prima che provava qualcosa per qualcun altro sarebbe stato meglio, lei sarebbe stata sincera e io pur nella sofferenza però avrei apprezzato la sua sincerità. Credevo di averle dato buon esempio riguardo la schiettezza assoluta. Molto presumibilmente invece Sofia non mi disse niente della sua storia perché sperava di tenerla nascosta fino all’ultimo, in modo da potermi sfruttare per i suoi interessi personali, dato che sapeva che essendo innamorato, per lei avrei fatto di tutto. E così in effetti feci: le diedi tutto di me, il mio cuore, la mia anima, la mia vita, il mio primo bacio, il mio primo litigio.
Non riesco ancora a capacitarmi di come lei consideri il simbolo del cuore, la sua concezione a riguardo è fuori da ogni logica: da che mondo è mondo perfino nei film di culto più antichi in bianco e nero il cuore disegnato sui muri o sulle cortecce degli alberi sta a significare amore, non amicizia, e mai mi era capitato di sentire delle scuse del genere così assurde e così ridicole.
Anche questo ulteriore argomento di discussione mette in chiara luce la superficialità con cui siano stati tenuti in conto i miei sinceri e puliti sentimenti.
Sofia mi ha proprio distrutto, rovinato, mi ha quasi ucciso, ed ora come prima è felice, sempre felice nonostante secondo me abbia torto, e io non riesco a farmene una ragione perché non ritengo sia umanamente possibile che una persona ami prima uno poi qualcun altro. L’amore, quello vero, è rivolto a una persona non a più soggetti, oltretutto contemporaneamente. Non mi sono illuso di niente, piuttosto sono stato illuso più di una volta. Non la perdonerò mai per tutto quello che ho passato, per quei terribili giorni in cui volevo cessare di vivere e farla finita col mondo, quei giorni in cui mi accasciavo a terra tra spasmi terribili e contrazioni di muscoli, sancite da lacrime, scatti di nervi e poi culminati da un sonno profondo liberatorio.
Ho avuto la sfortuna di rivedere Sofia qualche settimana dopo il mio addio, in giro con alcuni dei suoi numerosissimi amici coi quali a detta di lei non esistono scambi di intenti ti tipo erotico o sessuale. lei fece finta che fosse tutto a posto e mi spalancò un sorriso compiacente, avvicinandosi al nostro tavolo, come se nulla fosse accaduto. Mi chiese come stavo. Io non risposi, rispose solo uno dei miei amici che contro di lei personalmente non aveva nulla in quanto era fuori dall’ intera faccenda. Poi seppi che a Sofia aveva dato fastidio che non l’avessi salutata, come se la sua presenza fosse risultata ingombrante.
Come se ciò non bastasse, trascorso qualche giorno da tale episodio mi mandò un sms in cui, facendo ancora una volta finta di niente, mi chiedeva di restituirle alcuni oggetti di sua proprietà, un cd dati vuoto e uno su cui le avevo duplicato un album musicale. Detto, fatto: per liberarmi il più alla svelta possibile di ogni suo residuo nella mia vita lo consegnai ad una nostra conoscenza in comune, quella mia cugina che fa anche da sua parrucchiera personale, dato che la vedevo praticamente tutti i giorni in palestra. Mi sembrava la cosa migliore da fare dal momento per fissare gli ultimi appuntamenti con Sofia ero diventato matto a cercarla ovunque ma lei non si faceva mai trovare.
Non contenta di ciò Sofia mi mandò un altro sms in cui si mostrava stupita che non l’avessi contattata per consegnarle il malloppo di persona, specificando che non mi avrebbe mica aggredito (oltre a ciò che avevo subito ci mancava pure che mi volesse mangiare). Dato che non risposi a quell’ irruente quanto fastidioso messaggio lei prese pure l’assurda e ridicola iniziativa di chiamarmi a casa mia di sera dal suo ufficio, quando ormai erano mesi e mesi che non si dava più disturbo per un atto del genere. Ovviamente non risposi neanche in quella occasione. Le avevo detto addio e mi mostrai coerente con quanto promesso: non avrei più voluto avere niente a che fare con lei e con gente simile.
In poche parole, volendo riassumere il tutto, eravamo una compagnia speciale per lei; però non si fece più sentire. Ci voleva bene; però ci abbandonò senza fatica. Le eravamo entrati nel cuore, si era affezionata; ma non esitò a tornare dai suoi amici compaesani che tante volte aveva disprezzato all’epoca in cui usciva con noi, non risparmiando parole di critica per nessuno di loro. Io ero importante per lei, me lo disse davanti alla tomba del suo povero amico defunto; ma trovò ben presto qualcuno che la consolasse meglio, forse addirittura mentre era ancora con me. Si trovava bene con me, ero l’uomo giusto per lei; ma poi mi abbandonò senza pensarci su troppo, una volta finito il mio compito di semplice consulente, intrattenitore, tassista e tecnico tuttofare.
Non riusciva ad avere una storia seria con nessuno, e troncò la sua relazione con me un paio di volte per colpa di questa sua incapacità di prendere una decisione seria e coerente; ma evidentemente non ci mise molto tempo a farsi passare tutti quei problemi esistenziali e a buttarsi a capofitto a tempo di record in una relazione addirittura a scopo di convivenza con qualcuno che le interessava molto più di me.
Aveva le idee chiare sul nostro rapporto; eppure fu vittima di così tanti abbagli, poverina.
Lei era libera di fare ciò che voleva, anche ferirmi; io invece ero sotto il suo sguardo attento e vigile e pure geloso.
Dei due il più insopportabilmente attaccato e geloso a detta di lei ero io, ma cercai sempre di nascondere questo mio difetto e migliorarmi; lei invece mi mandò a monte un’ uscita con delle ragazze nonostante non fosse più insieme a me.
Dei due il bambino immaturo ero io; però era lei ad agire per ripicca e vendetta quando c’ era qualcosa che non andava, a differenza di me che invece lasciavo perdere il tutto.
Dei due il povero illuso che si era montato la testa ero io; ma fu lei a darmi segnali inequivocabili di un possibile riavvicinamento disegnandomi un simbolo d’amore riaccendendomi così la speranza proprio quando stavo per rassegnarmi.
Secondo lei era giusto così, che fosse felice in quanto aveva sofferto tanto in passato, poverina. Premesso che comunque quello che le capitò non sarebbe stato facile da digerire per chiunque, questo fatto non la giustificava però nelle sue azioni: non stava scritto da nessuna parte che ora dovevo essere io a soffrire come se la vita non fosse altro che una ruota della fortuna che gira.
Mi diede il benservito via e-mail, neanche dal vivo. Eppure io la cercavo anche a costo di tirarmi la zappa sui piedi. Dopo tutto quello che feci, lei voleva dimostrazioni di fiducia; ma credo di avergliene date a caterve in più di una occasione. Lei invece sfruttò e buttò via inesorabilmente la mia.
Di fronte alle prove compromettenti di alcune sue scappatelle amorose la difesi lo stesso e le concessi il beneficio del dubbio fino all’ultimo, come fa un buon avvocato; lei invece appena nutriva un ben che minimo sospetto si aizzava contro di me ed inveiva inferocita.
Molto probabilmente l’ unica spiegazione a tutti questi contrasti è da ricercarsi in una colpa imperdonabilmente mia, e cioè il fatto che riposi tutto me stesso in una persona che non meritava affatto così tanto. Forse allora l’errore a monte di tutto è stato mio: l’aver concesso il mio amore puro e sincero ad una ragazza cui non importava l’amore; ma il divertimento puro e sfrenato senza regole, prima fra tutte il rispetto. Ho solo perso tempo, sprecato sette mesi della mia vita a correre costantemente dietro a un’ utopia, un sogno irrealizzabile, il mio più grande desiderio non ancora mutato in realtà: una storia seria.
Oltre a ciò ultimamente sono venuto a sapere che Sofia non ha neanche avuto il buon gusto di rimanere nell’ ombra zitta e tranquilla, ma è tornata alla ribalta attirando dalla sua parte tutti i suoi amici aizzandoli contro di me, facendomi odiare da tutti loro, persino dai membri della sua famiglia o da gente che nemmeno conosco, raccontando loro evidentemente chissà quali enormi bugie pur di avere qualcuno dalla sua parte, conoscenti occasionali compresi. Ha deciso proprio di rovinarmi l’esistenza in tutto, continua a farlo tuttora: anche se è lontana dai miei occhi e forse anche dal mio cuore persevera lo stesso nei suoi propositi di vendetta; proprio lei che non voleva serbare rancore con nessuno.
Credo di conoscerla proprio bene, più di certi suoi amici o parenti, dal momento che ci sono stato insieme. Un amico a livello di conoscenza non può andare oltre una certa soglia; ma un boyfriend conosce la sua amata meglio di chiunque altro, nonostante ci abbia passato relativamente poco tempo insieme; ma comunque è stato un tempo più che sufficiente per inquadrarla nella giusta ottica.
Asserisce che la pietà non serve con lei, proprio perché è lei la prima a sfruttare questa caratteristica piangendo continuamente, facendo la vittima, asserendo che il mondo ce l’ha con lei, rifugiandosi in tutte quelle persone che inevitabilmente si fanno prendere dalle sue false moine e finiscono col cadere nelle sue grinfie.
In quest’ ultimo periodo Sofia prima si tenne in contatto per un po’ con un ragazzo della nostra compagnia, poi ancora ricadde nel silenzio più totale e qualche settimana fa ritornò nuovamente alla luce con un altro tentativo di farsi sentire, tramite squilli al telefono cellulare, sempre con lui, l’unico col quale possa scambiare due chiacchiere dato che all’interno della mia compagnia nessun altro la vede di buon occhio dopo quello che ha combinato a me in primis, poi anche a tutti gli altri. Era davvero meglio se avessi tenuto più in considerazione le dicerie sul suo conto invece di non volerne sentire ragione.
Ho deciso di non riportare, per rispetto (anche se immeritato) della persona in questione e per la disperazione dei lettori più curiosi, maliziosi ed insaziabili, tutte quelle voci cui testardamente ed insistentemente non ho mai voluto dare ascolto, anche se possedevo delle fonti sicure che mi informavano su di esse, sul conto di Sofia e di qualche sua amica compaesana.
A prescindere dalla veridicità o meno dei fatti a me riportati Sofia comunque non ha preso in giro e sfruttato solo me ma anche, a turno, parecchi dei miei amici. Mi spiace di averli coinvolti tutti in questo disastro, di aver passato un inverno intero con lei, credendo che fosse una persona sincera quando forse era addirittura peggio di tanta altra gente con cui avevo avuto a che fare sinora. Mi spiace di averli resi partecipi di questa farsa, di questa montatura, di una storia che credevo seria ed importante e che invece si è rivelata un autentico invito al suicidio per il sottoscritto.
Ora sto cercando di rifarmi una vita, quella vita che Sofia mi ha devastato prima entrandoci in maniera preponderante poi uscendone così in sordina come se niente fosse accaduto. Anche questo è indice di quanto poco contavo per lei, e di quanto lei contava invece per me. Mi fa rabbia venire considerato un suo ex, uno come tanti altri, da parte mia è meglio se non considero questa storia e mi ritengo ancora a dover cominciare tutto daccapo. Sto cercando di convincermi di non avere mai avuto una storia con una ragazza del genere; ma se è facile illudere la mente, nulla si può inventare contro il cuore, l’unico che sa la verità.
Più
volte mi è stato riferito che questa esperienza mi è servita, mi ha aiutato a
maturare, a crescere interiormente, e che la prossima volta saprò incanalare
meglio la gente in determinati settori, tuttavia per quanto mi riguarda era
meglio se non mi fosse mai capitato un episodio del genere, date le conseguenze
pesanti che ho dovuto pagare.
Dapprima infatti nei numerosi momenti che passavo in casa non mi si poteva
lasciare da solo, in quanto avevo il chiodo fisso del suicidio e cercavo
qualsiasi strumento che mi potesse aiutare a riguardo, poi passai un periodo di
risanamento mentale a casa dei miei zii che facendomi prima svagare poi
riflettere sull’ accaduto mi aiutarono a rinascere proprio come si fa con un
bambino, talmente grave e seria era la situazione in cui ero caduto.
Ora mi sono avvicinato di più quanto a rapporti umani, coi parenti e coi genitori. Interpello sempre meno gli amici coetanei e mi rivolgo piuttosto a persone con più esperienza e saggezza, con le quali fortunatamente ho un rapporto più aperto, più libero e perché no, più bello. Mi confido coi genitori dal giorno in cui sono rientrato in casa dopo aver detto addio a Sofia, soprattutto nella figura materna ho trovato un grande sostegno morale. Lei stessa mi ha inculcato nella mante il fatto che ora non sono solo, ho semplicemente un posto libero accanto a me che aspetta di essere occupato. Mi fa vedere tutto in chiave positiva, ottimista. Io ho sempre avuto una paura di rimanere solo, e se questo è il mio destino lo accetto anche se a malincuore, però dopo aver provato certe emozioni mi chiedo sempre se altre persone saranno in grado di farmene provare di altrettanto intense o addirittura migliori. Dopo essere stato con qualcuna mi chiedo se mai sarò in grado di innamorarmi ancora di qualcun’altra, considerata la mia profonda ferita che tuttora non accenna a rimarginarsi, anzi in certi momenti torna a farsi sentire e a gridare tutto il suo dolore per il profondo taglio inferto al mio cuore.
Non è solo il mio cuore ad essere malato, ora, anche la mia mente risente ancore degli influssi del periodo di pazzia che passai a febbraio: ancora oggi di tanto in tanto pago per colpe non mie, e non credo di dover essere io a pagare, non credo di aver bisogno di ulteriori lezioni sul dolore.
Nei momenti in cui perdo la carica per affrontare la vita col dovuto entusiasmo mi reco al cimitero della mia città per scambiare qualche battuta scherzosa con gli anziani che nel frattempo che espletavo il mio Servizio Civile sono morti.
Mi fa sentire meglio tutto ciò.
Vado anche spesse volte dal collega di lavoro di Sofia al Cimitero, è lui in particolare che mi da la forza necessaria per andare avanti.
Personalmente non l’ho mai conosciuto ma posso immaginare quello che abbia passato, dato che per alcuni istanti ero lì per lì anche io pronto a compiere gesti sconsiderati. Probabilmente se mi fosse capitato di conoscerlo saremmo stati eterni rivali oppure amici per la pelle; più probabile la prima ipotesi comunque.
Riverso tutta la mia rabbia e scarico tutta la mia tensione accumulata in questo periodo andando in palestra per tenermi occupato un po’ la mente in qualcosa che non sia sempre e soltanto lo studio.
Ho praticamente finito il mio anno di Servizio Civile, conclusosi anche lui come una sorta di parentesi che ha segnato l’ inizio e la fine di un’epoca. Ora ho molto più tempo libero di prima: sono arrivati due nuovi ragazzi, dei validi sostituti, e ho passato l’ultimo mese ad istruirli sul da farsi: ora che hanno imparato tutto alla perfezione sono felice di essere stato loro d’aiuto. In più di una occasione costoro mi hanno manifestato il loro dispiacere per il fatto che non sarò più presente ad aiutarli, dicendomi perfino che sentiranno la mia mancanza, che niente sarà più come quando c’ero io. Una mattina in cui ero a casa in licenza mi sono recato in Biblioteca Comunale a cercare negli archivi del quotidiano locale un articolo che mi interessava leggere, quello cioè sulla scomparsa del ragazzo che lavorava con Sofia. Trovai l’articolo con sorprendente facilità quasi al primo colpo. Lo fotocopiai e da allora lo tengo sempre con me nel mio portafoglio come un ricordo che a differenza di Sofia non voglio cancellare, ma voglio tenere vivo. Quella persona non merita di essere dimenticata. Drammi come il suo purtroppo sono più frequenti di quello che si possa immaginare, al giorno d’oggi. All’epoca dei fatti Sofia mi confessò di non essere andata quasi mai a trovare questo suo amico importante al Cimitero, perché si sentiva a disagio in un posto del genere. Io ormai lo considero una presenza fissa nella mia vita, mi sono fatto carico del suo dramma, lo conservo dentro di me come un ricordo prezioso da cui trarre insegnamento. Sono vicino al dolore della famiglia di questo ragazzo col mio cuore anche se non so nemmeno immaginarmi cosa significhi perdere il proprio figlio; ma in più di una occasione anche i miei genitori rischiarono di rimanere senza di me, durante quelle interminabili giornate di dolore che passavo solitario in casa preso da giganteschi raptus di follia.
In un giorno ben preciso, in occasione dell’anniversario del ricordo di questa persona, ho posto sulla sua lapide una ciotola di fiori.
Frequentemente mi capita di vedere in giro la macchina di Sofia, che adesso considero come la macchina maledetta, o parcheggiata da qualche parte o in transito per le vie della città.
Un sussulto mi prende in questi momenti in cui la vedo, non riesco a farmelo passare. Non ci posso fare niente, è inevitabile ed assurdo che oltretutto che sono stato io il ferito, lei tuttora sia già felice di nuovo e io ancora nella stessa condizione di castigo ingiusta di prima. La mente è disposta a dimenticare ma il cuore probabilmente non è ancora pronto. E’ ingiusto che dopo quello che ho sofferto mi trovi addirittura a disagio nel vederla in giro, abbia fastidio ad incontrarla, sebbene io non abbia fatto niente di male. E’ assurdo che adesso lei sia ancora e sempre gioconda con qualcun altro, non si renda conto del male che mi ha fatto e io sia ancora da solo, triste e sconsolato per il dramma che ho vissuto e che non riesco a dimenticare. Ho paura che la mia stabilità mentale sia stata talmente shockata da risultare compromessa.
Ho proprio una grande paura di essere diventato pazzo dopo essermi avvicinato a quella soglia che mi separava dalla fine certa ed essere tornato indietro.
E’ passato ormai un anno dalla genesi di tutta la vicenda, da quando la incontrai. E’ finito tutto così come è cominciato: prima di allora non sapevo della sua esistenza, ora come ora non so più niente di lei, e nemmeno mi interessa più. Ciò che sta in mezzo a queste due parentesi però lo conservo come il più importante dei ricordi che abbia mai avuto, come un bagaglio di esperienza di cui fare tesoro in futuro per evitare ricadute.
Ho moltissimi ricordi, rimpianti, forse troppi per il poco tempo che ho avuto a disposizione per stare con lei.
Ripasso nei luoghi che frequentavamo, ascolto le canzoni che mi hanno accompagnato per tutti questi mesi in cui pensavo solo a lei.
Ho composto un cd che fa da colonna sonora alla mia storia, con dentro tutti i brani più significativi che mi facciano pensare a lei, brani il cui testo ha a che fare con ciò che ho vissuto, quello che ero e quello che sono ora.
Ascoltando tali brani e conoscendone a fondo il significato dei testi si può ripercorrere per tappe i momenti più significativi della mia vicenda dagli albori fino ai giorni nostri. Il mio cuore sta male, è ferito, ha bisogno di cure, di essere nuovamente scaldato da un calore umano sincero.
Non ho più le conoscenze e gli appoggi che avevo prima perché comportandomi come la persona che più disprezzo al mondo ho finito per essere in molte occasioni uguale a lei e ho posto fine a parecchie amicizie. Qualcuna molto lentamente e a fatica la sto recuperando, qualcun’altra spero di recuperarla al più presto dato che ho capito i miei errori e sto cercando di rimediare al tutto.
Ho perso fiducia in tutti, mi fido solo di me stesso.
Sono ancora visibilmente scosso e turbato per la scottatura che mi sono procurato con Sofia.
Ho mandato a monte qualche occasione interessante di conoscere gente nuova, prima per colpa della gelosia infondata di Sofia che mi squadrava da capo a piedi ogni volta che avevo impegni con altre ragazze e non voleva che ci andassi (non era più insieme a me ma chissà perché era gelosissima, invece io non potevo esserlo perché lei era libero di fare ciò che voleva con chi voleva, questo la dice lunga sulla sua serietà e maturità da lei sbandierate ai quattro venti un’ infinità di volte). Successivamente mandai a monte altre occasioni per l’incapacità di esteriorizzare i miei sentimenti dopo il torto che ho subito, dopo la presa in giro colossale di cui sono stato vittima.
Mi sono chiuso ancora nel mio guscio, stavolta con uno strato di spessore in più rispetto a prima. Diffidenza, odio, rabbia accompagnano queste mie giornate primaverili ed estive. Mi da fastidio tutto, specialmente i gesti di affetto della gente, che commetto l’errore di paragonarli a quelli superficiali e falsi di Sofia. Ho difficoltà persino a elargire carezze, sguardi sorridenti, mi da fastidio ricevere un minimo segnale di benevolenza da parte di chiunque.
Sono ancora solo. Ero solo e sono tornato ad essere solo: forse è la mia strada, il mio destino, forse sta scritto da qualche parte che devo restare da solo e non provare mai le gioie di un’ amore sincero come gli altri nonostante tutto ciò che regalo di me alla gente.
C’ è chi mi ha proposto di uscire da questa mia condizione di stupida soggezione vendicandomi con Sofia ma la vendetta non è nella mia natura. Attualmente sono insicuro su tutto ma su una cosa sono sicurissimo: nonostante tutto il male che mi si possa fare non mi vendicherò mai di nessuno perché non riesco ad odiare abbastanza la gente. Sono troppo, troppo buono. Sono un uomo d’altri tempi.
Nel caso dovessero capitarmi delle grane in futuro per colpa di qualcuno che si è voluto vendicare al mio posto senza il mio consenso spero di aver fatto capire la mia vera natura e quella di Sofia con queste mie confessioni raccolte tra queste pagine, in modo da potermi tirar fuori da qualsiasi impaccio. Se qualcuno pertanto dovesse prendere iniziative e vendicarsi di me senza mia approvazione sappia che mi dissocio dai suoi intenti. Non voglio essere aiutato, devo farcela da solo a rifarmi una vita.
La
vendetta non aiuta a star meglio, è solo un rifugio illusorio momentaneo. Ciò
che vado cercando ora è la calma, la pace, la tranquillità del cuore e
dell’anima.
La mia natura è questa: ho bisogno di trovare qualcosa cui dedicare le mie
energie per distrarmi. Così potrò ritrovare nuovo vigore nuova forza e perché
no anche una nuova carica di ottimismo per poter finalmente uscire dal tunnel
buio della disperazione in cui sono rimasto bloccato e tornare a sorridere di
nuovo alla vita.”