NATALE
di Nicola Costantino
Abita ancora a Betlemme
l’antica sofferenza umana.
Cos’è accaduto nella casa della carne?
La tragedia del tempo nella speranza
dell’eterno svelamento di ogni abbandono.
La notte incombe radicale all’orizzonte
e nelle metropoli del nulla
con l’orrore si moltiplica l’infinito
silenzio d’insignificante smarrimento.
L’approdo nei meandri del benessere
è il demone della moderna dispersione
brulicante nel tormento putrido
del vuoto che accompagna il consumo.
Una mamma abbandona il suo bimbo,
un barbone bruciato per gioco,
una tomba sradicata dal marmo,
una ferita inferta da misera cronaca.
La rovina balza dalla culla opulenta
dell’indifferenza al primo vagito cristiano
immemorabile nell’attesa lontana
di restare sulla grotta ormai consumata.
Nota Dell'autore
Non è privo di significato morale e religioso il fatto che Cristo sia nato a Betlemme in una grotta. L’uomo contemporaneo deve ancora riflettere su questo eccezionale avvenimento, che produce effetti su tutta la storia dell’umanità. La poesia vuole esprimere appunto il concetto di un ritorno alle origini cristiane, che sono quelle dell’umanità, della semplicità e dell’amore autentico per il prossimo, anche in una società caratterizzata dall’opulenza.
Questo significa che ancora Cristo abita a Betlemme.