IL MIO GRIDO

di Nicola Costantino

 
 Non è la ragione che martiria il mio grido,
ma la coscienza, del sottrarre
o cedere questo ventre addomesticato all'amore
che suggella il patto della maternità.
Ancora è in tempo,ci pensi.
Ed ora sono sola, piccolo brusio di luna
che cementi in me la tua grandezza d'uomo, sola con te
a manifestarti ira e odio, ad esporti la mia pena
sfinita nel ruolo che affanna virtù e tenerezze.
Mi chiedo s'è giusto che ti dia la vita in questo mondo
privo di umanità, se sarai un'altra casalinga schiava
della famiglia o povero operaio che danza otto ore
di supplizio al giorno trafitto dai chiodi del dovere;
s'è giusto ch'io coinvolga anche te nel dubbio che macera
nel pianto che tracima e non assolve la paura irredenta.
Se ti facessi morire ora bisbigliandoti perdono per la vita
che ti tolgo, per ninne-nanne che non ti canterò,
se ti affogassi nel sangue in cui ti formi
mia piccola conchiglia
e ti sputassi da origini remote alle spiagge gelide,
tu,errore d'un momento,
frutto di stanchezza e d'abitudine
non seme d'amore che d'amore poca lealtà resta.
Ma per quanto invalido m'appaia il tuo destino
ogni incognita è rischio che conforta, per cui piccolo fiore
cresci forte, deruba pure questo cuore insonne
reggi l'affronto dei miei pensieri, strepita, scalcia,
affama queste viscere, disarma il talento dell'ira,
e quando Dio vorrà che da Dio provieni
esplodi nel mio corpo e ricominci in te,fasto e tragedia
il lungo cammino dell'amore.