Sono uno straniero in questo mondo, e nel mio esilio ci sono dura solitudine e doloroso isolamento. Sono solo, ma nel mio esser solo contemplo un paese sconosciuto e affascinante, e questa meditazione colma i miei sogni degli spettri di una grande terra lontana che i miei occhi non hanno mai veduto.

 

Vedo la parte più intima di me stesso sorridere, piangere, avere coraggio e paura; e la mia esistenza si interroga sulla sua sostanza, mentre la mia anima fa domande al mio cuore, ma io rimango sconosciuto, sommerso da un silenzio spaventoso.

 

I miei pensieri sono estranei al mio corpo e, davanti allo specchio, vedo sul mio volto qualcosa che la mia anima non scorge e trovo nei miei occhi quel che il mio io più profondo non vi trova.

 

Quando cammino per le vie della città, i bambini mi seguono gridando: “E’ cieco, diamogli un bastone per orientarsi!”, e le fanciulle afferrano l’orlo della mia veste dicendo: “E’ sordo, riempiamogli le orecchie con la musica dell’amore!”. E le persone anziane mi indicano con dita tremanti: “E’ pazzo, ha perduto il senno nel mondo dei geni e dei demoni!”

 

Sono uno straniero in questo mondo, e non esiste nessuno nell’universo che capisca la mia lingua. Bizzarri ricordi si formano all’improvviso nella mia mente, e i miei occhi danno vita a curiose immagini e a tristi spettri.

 

A mezzanotte i fantasmi delle epoche trascorse e gli spiriti delle civiltà dimenticate penetrano attraverso le crepe della grotta per venirmi a trovare. Io li fisso ed essi ricambiano il mio sguardo. Io parlo loro ed essi mi rispondono sorridendo.

 

 Kahlil Gibran

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