Jehanne
Denogent (Université de Lausanne), da “CONSTELLATION CENDRARS” N.5, Garnier
2021
Jehanne Denogent
Ritmi & Sonorità. I Poèmes
nègres di Tristan Tzara
Ogni uomo gridi: c'è un lavoro grande, distruttivo,
negativo da compiere. Spazzare, pulire. La pulizia dell’individuo si afferma
dopo lo stato di follia, di follia aggressiva, completa […] 1
Per dimostrare il
loro rifiuto di una civiltà che portò alla tragedia della Prima Guerra
Mondiale, i protagonisti dada rivendicarono una “primitività” e evocarono il
riferimento “negro” come emblema di questo “stato di follia” che invocavano. Durante
le “Serate Negre”, a partire dal febbraio 1916, Tristan Tzara, Hugo Ball,
Francis Picabia e gli altri membri del movimento eseguirono “canzoni negre”,
accompagnate da percussioni e danze dal desiderato carattere “tribale”. Questo
primitivismo rumoroso e trasgressivo nasconde tuttavia uno stupefacente lavoro
accademico portato avanti da Tristan Tzara. Dal 1916 al 1919, il poeta romeno
frequentò assiduamente la biblioteca di Zurigo, dove consultò numerose opere
etnologiche dalle quali trascrisse, tradusse e adattò testi africani e
oceanici. I Negro Poems sono il
frutto di questa ricerca, portata avanti da un poeta tanto provocatorio in
scena quanto studioso dietro le quinte.
Rispettivamente a
Zurigo e Parigi, Tristan Tzara e Blaise Cendrars hanno compiuto sforzi
bibliografici simili. Nelle collezioni della Bibliothèque nationale de France,
Raymond Radiguet (2), sotto mandato di Cendrars, copiò i racconti che sarebbero
stati pubblicati nell'Anthologie nègre del 1921. Gli echi tra i due progetti
testimoniano uno spirito primitivista del periodo che vedeva, dal 1907, la
mania per l’“arte negra” agita la comunità d’avanguardia parigina. Se le
sculture africane e oceaniche rappresentano un fiorente mercato a Parigi, la
letteratura non occidentale, originata da tradizioni orali e trascritta da
missionari o etnologi, rimane tuttavia relativamente sconosciuta al di fuori
dell'ambito scientifico. Ciò si spiega in parte con il notevole lavoro di
schiarimento e decifrazione necessario per comprendere le trascrizioni, a
fronte della comprensione pressoché immediata delle sculture, slegate da
qualsiasi contesto. A questo proposito, i Negro Poems e la Negro Anthology
costituiscono delle eccezioni. Costituiscono in questo momento i rari esempi di
uno sguardo estetico concentrato sulle arti verbali extraoccidentali che, per
molti all'epoca, non appartenevano alla letteratura. I due approcci realizzano
uno spostamento di testi, dal campo dell'etnologia a quello della letteratura,
per il quale consultano anche le stesse opere, ad esempio quelle di Henri
Alexandre Junod o Édouard Jacottet.
Nonostante il loro comune interesse per le
culture africane, Tristan Tzara e Blaise Cendrars non si mescolano. Non esiste
alcuna prova di un legame tra i due uomini durante il periodo zurighese e
quando sulla rivista Cabaret Voltaire fu pubblicata una poesia “elastica”,
Cendrars affermò di non averne dato l'autorizzazione (3). Quando Tzara arrivò a
Parigi nel 1920, i due non si avvicinarono più, evolvendosi in reti dissociate,
sebbene condividessero alcune amicizie, in particolare con la coppia Delaunay o
con Mário de Andrade. Se nei loro approcci c'è un'evidente vicinanza, Cendrars
mantiene le distanze dal dadaista. Anche i loro progetti africanisti hanno
ambizioni diverse. A differenza di Cendrars, Tzara non è così interessato alle
forme narrative come i racconti. I testi selezionati sono brevi e la maggior
parte del suo archivio è composto da canzoni: "Canzone da costruire",
"Canzone da tagliare", "Canzone per il tatuaggio di un
uomo" e, la più conosciuta, la "Canzone Cacadou". La curiosità
di Tzara per le arti verbali extraoccidentali sembra orientata dall’idea di
oralità e dalla prospettiva di eseguirle durante le “Serate Negre”. A parte
alcune “poesie negre” nella rivista Dada, ha scelto di non pubblicare i testi
raccolti, a differenza di Cendrars la cui Anthologie negre segna una svolta
nella storia della trasmissione della letteratura africana in Francia (4). Al
contrario, il lavoro accademico di Tzara rimase a lungo invisibile, forse
perché non si adattava bene alla posizione del poeta dadaista. Solo nel 1975,
nelle Opere Complete curate da Henri Béhar, furono pubblicati i Poèmes nègres. L'editore
riprende così il titolo annunciato da Tzara nel 1917 sulla rivista Dada5 e dà
unità a questi testi sparsi: frammenti di canzoni, indovinelli, racconti. Si
crea un'entità che fino ad allora non esisteva, poiché i testi venivano
conservati come appunti, senza alcuna intenzione apparente di pubblicarli. L'insieme
riunisce circa 90 testi di origine africana o oceanica, che Tzara ha copiato
sui suoi taccuini durante il suo soggiorno a Zurigo. Nelle note, Henri Béhar
indica l'origine di alcune fonti utilizzate da Tzara, il che gli permette di
“avanzare l'ipotesi che nessuno dei “Poesie negre” sia il frutto di un inganno
dadaista (6).» Nel 2005, nella prefazione alla seconda edizione di Poèmes
nègres, Marc Dachy rilevava anche la serietà e la reale curiosità di Tzara che,
qualche anno dopo, figurava nell'elenco dei principali collezionisti d'arte
africana in Francia (7). Ma la maggior parte dei documenti consultati in questo
periodo dal poeta restano sconosciuti, anche se egli stabilì bibliografie
precise indicando addirittura il numero delle opere presenti nella Biblioteca
centrale di Zurigo. Grazie agli indizi forniti da Tzara, riportati sui
manoscritti conservati presso la Biblioteca Jacques Doucet, mi è stato
possibile risalire alle sue letture e stabilire le fonti utilizzate per
ciascuno dei Poèmes nègres, il cui elenco accompagna una selezione di testi in
il file proposto di seguito.
Queste nuove
informazioni aprono prospettive critiche per lo studio dell’opera di Tzara. Fanno
luce sul modo in cui le Poesie Negre fanno parte di una traiettoria individuale
così come di un panorama intellettuale e geopolitico. In effetti, l'elenco
delle sue letture mostra una conoscenza in sintonia con i suoi tempi. Ad
esempio, il poeta è consapevole, in una certa misura, delle particolarità etniche,
linguistiche e folcloristiche dei popoli africani e oceanici, di cui adatta i
testi. È quindi importante tenerne conto nello studio dei poemi negri,
prestando maggiore attenzione agli ipotesti e alle culture da cui provengono. “Canto
dei pescatori” e “Canto dei figli dei figli dei figli
di Lebonda” non provengono, ad esempio, da una “tribù Lounji”, nome utilizzato
nelle Opere Complete, ma da “Louyi”, un popolo del Sud Africa di cui Tzara ne
scoprì l'esistenza attraverso un'opera di Édouard Jacottet. E la canzone che
inizia con “The Plundering Sparrow” non viene dalle Isole Keij in Indonesia ma
dall’Africa, in quella che oggi è la regione del Transvaal. Nonostante il
titolo generico Poèmes nègres, Tzara non fa tanto una generalizzazione etnica,
indicando quasi sistematicamente la provenienza dei testi. Disporre di questa
bibliografia permette anche di avvicinarsi ai poemi negri in termini di
circolazione, cioè di interessarsi ai processi di risemantizzazione indotti
dalla traduzione, dalla trascrizione o dal semplice spostamento del dominio
dell'etnologia a quello delle avanguardie. letteratura d'avanguardia.
Quali cambiamenti
ha apportato Tzara? Quali concezioni del linguaggio implicano? In che modo
riecheggiano o meno il progetto Dada? L'analisi di Weiter Veit, che ha
dimostrato che Tzara prediligeva le traduzioni interlineari, potrebbe così
essere estesa (8). È possibile esaminare anche l'immaginario legato alla
letteratura extraoccidentale grazie alle informazioni fornite dai paratesti
etnologici. Sebbene il poeta abbia scritto a Jacques Doucet che “Toto-Vaca” è
“composto di suoni puri […] che non contengono alcuna allusione alla realtà” (9),
il suo interesse per le arti verbali extraoccidentali non sembra essere solo
formale, ma è informato dalla loro contesto (10). Le opere etnologiche
forniscono informazioni sui significati sociali e simbolici della letteratura. Questo
ancoraggio del fatto letterario alla vita sociale, spirituale e culturale guidò
probabilmente l'attenzione del poeta. Significativo, a questo proposito, il
testo che inizia con “Il lago si prosciuga alle sue sponde”. La sequenza dei
“versi” può sembrare astratta, giocando solo sulla materialità del
significante. Ma in realtà si tratta di una serie di enigmi, che sono stati
messi uno dopo l'altro in entrambe le edizioni pubblicate, sebbene funzionino
in coppia.
Al testo del
collage erano allegate anche due canzoni, "The saccheggio del
passero..." e "Non vuoi comprare...". La
forma dialogica degli enigmi, secondo l'etnologo Henri Alexandre Junod, precede
i racconti durante le veglie e ha una funzione rituale, legata alla
rappresentazione (11). Che siano enigmi o canzoni, tutti i testi selezionati da
Tzara fanno originariamente, secondo gli etnologi, parte della vita sociale,
anche solo per la loro modalità di trasmissione. Tutti, infatti, indicano una
scenografia orale che coinvolge suoni, ritmi e corpi, quello dell'oratore o del
pubblico. Henri Alexandre Junod, ad esempio, descrive dettagliatamente la
rappresentazione di “Rongué à Chiriudja” tra i Ba-Ronga, che unisce spettacolo
teatrale, musica e danza, “che ricorda i balletti organizzati” (12): Qui le
parole cominciano a mancare di significato... Essi finiscono per diventare una
pura stringa di parole senza alcun significato. Udendo questo strano
spettacolo, incomprensibile come gli sfoghi dei nostri bambini, tutti i
presenti ballano in silenzio, eseguendo sul posto alcune contorsioni, senza
dubbio intelligenti come il dialogo precedente. […] Ovviamente i cantori
celebrano la gioia di questa festa dove tutti hanno il cuore allegro, dove il
leader è di buon carattere, dove gli dei stessi (gli antenati defunti) si
uniscono ai vivi (13). La descrizione, nota a Tzara, anticipa l'energia delle
“Serate Negre”, che mescolano percussioni, danze e declamazioni di Poesie Negre
in uno “stato di follia”. L'interesse del poeta per le arti verbali
extraoccidentali, principalmente per le canzoni, può essere spiegato dal loro
ancoraggio sociale, ma anche dalla loro dimensione musicale e coreografica, che
Cendrars ha esplorato per il balletto La Création du monde. Sebbene si astenga
dal mostrare erudizione etnologica, Tzara trae ispirazione da queste arti per
ripensare le forme e le funzioni della letteratura. Le sue poesie negre (14)
riflettono il desiderio di decompartimentalizzare le arti e avvicinarle alla
vita. Perché, scriveva nel 1918 nella sua “Nota sulla poesia negra”, “la poesia
vive innanzitutto per le funzioni della danza, della religione, della musica, del
lavoro (15)». E poi torna a noi il ritornello degli animali, nel penultimo
capitolo dell'Antologia Negra dedicato a “Poesie e canzoni”: “Tutto vive, tutto
danza, tutto canta (16)…” Per Tzara come per Cendrars,
l'oralità africana e le sue rappresentazioni, che immaginano senza poterle
conoscere, diventano lo spazio del rinnovamento letterario, basato sui ritmi
della musica e della vita.
Note
1 Tristan Tzara, « Manifeste Dada
1918 », Œuvres complètes, éd. Henri Béhar, Paris, Flammarion, 1975, t. 1
(1912-1924), p. 366.
2 Selon un propos de
Miriam Cendrars concernant la graphie des pages manuscrites. © 2021.
3 «
Crépitements » aurait été envoyé à la revue par Apollinaire. Voir Blaise
Cendrars, Œuvres romanesques précédées de Poésies complètes, éd. Claude Leroy,
Paris, Gallimard, Bibliothèque de la Pléiade, 2017, t. 1, p. 1248.
4 Voir Christine Le
Quellec Cottier, « Préface », Anthologie nègre ;
Petits contes nègres pour les enfants des Blancs; Comment les Blancs sont
d’anciens Noirs; La Création du monde, Paris, Denoël, TADA 10, 2005 p. IX-XIX
et Emmanuel Fraisse, Les Anthologies en France, Paris, PUF, 1997 p. 142.
5 «
Chanson du Cacadou », Dada, no 1, 1917.
6 Henri Béhar (éd.), Tristan Tzara, Œuvres
complètes, op. cit. p. 715.
7 Voir Marc Dachy, « Introduction », Découverte des arts dits primitifs suivi
de Poèmes nègres, Paris, Hazan, 2006, p. 7-22.
8 Weiter Veit, «Dada
Among the Missionaries : Sources of Tristan Tzara’s
“Poèmes nègres” », Andrea Bandhauer et Maria Veber (dir.), Migration and
Cultural Contact : Germany and Australia, Sydney, Sydney University Press,
2009, p. 45-88.
9 Lettre de Tzara à
Jacques Doucet, citée par Henri Béhar, « LUMIÈRE NOIRE
: Tristan Tzara et ses “poèmes nègres” », Mélusine, 2018 : « https
://melusine-surrealisme. fr/henribehar/wp/ ?p=1013
(consulté le 20/02/2021) ».
10 À ce propos, voir
mon article : « L’art DADA de l’appropriation. Les
Poèmes nègres comme phénomène de transfert culturel», Fabula/Les colloques,
Traduire, transposer, composer.
Passages des arts
verbaux extra-occidentaux en langue française, 2021 :
« http://www. fabula.org/colloques/document6944.php (consulté le 20/02/2021) ».
11 Henri Alexandre
Junod, Les Ba-Ronga : Étude ethnographique sur les
indigènes de la baie de la Delagoa, Mœurs, Droit coutumier, Vie nationale,
Industrie, Traditions, Superstitions et Religion, Neuchâtel, [s.n.], 1898, p.
251-252.
12 Ibid., p. 270. 13
Ibid., p. 276-277.