Carlo Romano

Reichiani

Olivia Laing: EVERYBODY. Un libro sui corpi e sulla libertà. il Saggiatore, 2022

Quella di Olivia Laing (1977) è una carriera nella critica letteraria e nel giornalismo che l’ha portata a collaborare con le principali testate inglesi (ha per altro curato la sezione “libri” dell’”Obeserver”). È autrice di alcuni libri tradotti in italiano. Ricordo in particolare Viaggio a Echo Spring (nel catalogo de il Saggiatore anche questo) dove analizza le abitudini alcoliche di alcuni scrittori americani (il titolo si riferisce non a caso all’armadietto dei liquori com’era chiamato in La gatta sul tetto che scotta di Tennessee Williams). Come questo, dove è rievocata la sua famiglia di alcolisti, in Everybody Olivia Laing sembra prendere la strada del memoir, della confessione, dell’autobiografia che tuttavia rimane un’impressione fino a quando non racconta di essere arrivata a incrociare la vicenda umana e speculativa di Wilhelm Reich. Da lì in poi sarà il discusso psicoanalista austriaco a costituire il filo conduttore del libro, ancorché l’autrice non smetta di riverberarvi la personale esperienza.

Con Reich si accavallano vicende di scrittori e artisti venuti a contatto con le sue teorie. Si affaccia, e non in maniera secondaria dal momento che contagia pressoché tutti i personaggi analizzati, anche il tema dell’omosessualità del quale Reich tendeva a dare un’interpretazione di deviazione malata, tanto che rifiutò sorprendentemente di prendere in considerazione quella di Allen Ginsberg quando a lui si rivolse. All’epoca delle prime ricerche reichiane sul potenziale liberatorio della sessualità era attivo l'Institut für Sexualwissenschaft (Istituto per la ricerca sessuale) fondato da Magnus Hirschfeld, insigne militante e fondatore del primo movimento di liberazione omosessuale, nonché ideatore del termine “travestitismo”, e organizzatore nel 1921 del Congresso per la riforma sessuale seguito fino all’avvento del nazismo della Lega mondiale per la riforma sessuale. Iniazialmente Hirschfeld inclinò a considerare l’omosessualità congenita ma col tempo gli piacque l’idea che fosse una scelta. Negli anni berlinesi l’Istituto di Hirschfels fu seguito da Christopher Isherwood che ne conobbe il direttore. Wilhelm Reich nello stesso volgere di tempo (La funzione dell’Orgasmo, soppesato da Freud come “un mattone”, è del 1926) si interrogava sulla teoria freudiana delle nevrosi e concluse che se queste erano provocate dal blocco dell’energia sessuale il suo rilascio non poteva essere una forza curativa? E perché non creativa? Susan Sontag, che provò, avendo già un figlio, il primo orgasmo con una donna a ventisei anni, lo associò a un risveglio emotivo e spirituale.

A questo riguardo la sezione più intensa del libro è quella centrale con diversi artisti come interpreti. Olivia Laing si dedica a Agnes Martin (1912-2004) la quale seppur considerata una protagonista del minimalismo pensava a sé stessa come a un espressionista astratto.  Il collegamento della Martin con Reich la Laing lo individua nei suoi quadri a rete immaginati come una “gabbia di Faraday” al pari delle camere orgoniche del periodo americano dello psichiatra, curiosa argomentazione che se si spinge a ridurre tali camere a una scatola qualsiasi artista, da Cornell a Maciunas, andrebbe considerato un suo discepolo. Logica e diretta fu invece Kate Bush che una volta lette le memorie di Peter, il figlio di Reich, trovò l’ispirazione per Cloudbusting, sull’arnese col quale Reich pensava di produrre, agendo sull’”energia orgonica”, dei mutamenti climatici.

Questa sezione del libro accorpa vari argomenti partendo dalle riflessioni femministe di Kate Millet e dalle violente rappresentazioni performative di Ana Mendieta, l’artista di origine cubana che ebbe una morte violenta cadendo dall’ottavo piano del palazzo dove abitava col marito, che subì un processo in quanto sospettato di aver causato l’incidente, l’ammirato scultore Carl Andre. A questo punto si assiste a una biforcazione delle interpretazioni femministe fra la veemente Andrea Dworkin, militante antipornografica favorevole alla censura, e Angela Carter, l’autrice di romanzi “strani e ammalianti”, dove viene coinvolta la figura di de Sade. La Carter che non è solo una brava narratrice ma una studiosa e saggista di pregio, ha buon gioco a demolire sia le opzioni censorie sia le deformazioni che la Dworkin ha operato nei confronti di noti episodi della biografia sadiana.

Il libro si chiude con due vicende, quella del pittore Philip Guston e quella della cantante Nina Simone, le quali non è che implichino direttamente Reich (ci si limita, per esempio, a rievocare James Baldwin, amico della cantante, come uno dei più acuti lettori dello psichiatra) e vi si discute prevalentemente di razzismo. Il sesso come medicina del corpo e dell’anima nella testimonianza reichiana è presente in ogni caso in tutti i più insoliti recessi di questo libro eccentrico (nel senso che non è facile individuarvi un vero centro) e insolitamente attraente.

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