Eric Cantona
Giurato
numero 2
Rifacimento non dichiarato de La parola ai giurati di Sidney Lumet (1957), Giurato numero 2 (in originale Juror#2) di Clint Eastwood (classe
1930) è sceneggiato da Jonathan Abrams. Se già nel
film di Lumet i giurati hanno un numero, scegliendo il giurato numero 2, e non
uno degli altri 11, per il titolo del suo film, Eastwood suscita il paragone
con l’infelice locuzione “genitore n. 1 e genitore n 2”.
A innestare il film è una lite in un bar. Una
viriloide giocatrice di biliardo molla la stecca per filmare il battibecco di
una giovane coppia. Conta di registrare l’eventuale violenza del giovanotto,
invece la lite finisce lì. Zelante, la giocatrice di biliardo conserva il
video. Lo consegnerà, solerte, all’inquisitrice (Toni Collette) della contea di
Savannah (Georgia), ansiosa di far bella figura, perché è sotto elezioni. Poco
dopo la lite, infatti, la ragazza (Francesca Eastwood) è finita giù da un
ponte. Quasi nessuno dei giurati trova indiziario il processo per omicidio:
solo il giurato numero 2 (Nichola Hoult)
ha vari dubbi. E una certezza…
La prima mezz’ora del film delinea gente comune in
situazione insolita, tra piccole pigrizie e prevenzioni scambiate per
convinzioni. La Georgia divideva legalmente fino agli anni ’50 il mondo in
bianchi (quasi buoni) e neri (ancor meno buoni dei bianchi); ora divide il
mondo tra falliti, specie se dipendenti da alcol e droghe, e donne, ipso facto,
potenziali vittime. In tribunale l’onere della prova è, formalmente, di chi
accusa. Ma è più facile che, sostanzialmente, accada il contrario.
Riappare così lo schematismo della discriminazione
razziale del ‘900. O di quella più sottotraccia verso gli omosessuali. Grande
giurista italiano, Salvatore Satta (1902-1975) scrive
nel Mistero del processo (Adelphi)
che “il processo è un posto dove non si dovrebbe essere”. Persona di cultura,
che recitava a Roma tra 1964 e 1968, quando Satta vi
insegnava, Eastwood potrebbe averne letto quel testo, se presenta così il suo
film. “La giustizia è cieca; la colpevolezza ci vede”.
Pubblica accusatrice, Toni Collette è la vera
protagonista del film, ma è il poliziotto in pensione di J.K. Simmons a giganteggiare con le sue poche battute. Badate
anche al difensore (Chris Messina) e alla giudice (Amy
Aquino), cui preme punire soprattutto un reato: l’oltraggio alla corte.
barbadillo.it, novembre 2024