Paul de Musset

Da Chiavari a Sarzana discutendo di bigamia

Paul de Musset Voyage pittoresque en Italie (Paris 1855)

 

...Avevamo cambiato cavalli in località Bracco e stavamo lasciando quel borgo quando la nostra carrozza venne fermata da un assembramento che occupava la strada. Domandai che cosa fosse e il postiglione mi rispose che si portava in processione un bigamo. A queste parole, il curato s’affrettò a scendere, pregandomi di aiutarlo ad impedire quella cerimonia brutale.

- La bigamia, gli dissi, è cosa grave, se non assai riprovevole, e non ho nessuna voglia di battermi per un tizio che si è meritata la galera.

- Non sapete di che si tratta, rispose il curato saltando dalla vettura, Bisogna assolutamente prendere le difese di quel poveraccio.

- Dal momnento che ci tenete, dissi mettendo piede a terra, lanciamoci in questa avventura da strada, come dei cavalieri erranti; ma ho paura che ce la vedremo brutta.

- Sappiate, riprese il curato, che in questa provincia si chiama bigamo un vedovo che si risposa. L’uomo insultato non ha commesso altro crimine che sposare una donna che ama; perciò è un’ingiustizia e un torto che vi chiedo di riparare.

- Allora fatemi strada; sono pronto a farmi rompere braccia e gambe.

In quel mentre arrivò la processione, che era diretta al borgo. Uno spaventoso fracasso di attrezzi da cucina rappresentava l’orchestra. Al suo seguito, una banda di contadini, donne e ragazzi, le cui urla e fischi producevano un baccano che fece impallidire il curato. Al centro del gruppo, notai un uomo sulla quarantina, dalla faccia classicamente bella, e i cui tratti virili erano alterati dalla rabbia. Gli abiti della festa strappati e impolverati testimoniavano che aveva ceduto alla violenza solo dopo una lotta disperata. Lo avevano legato con delle carde a un asino, col viso girato verso la coda e in tal maniera lo portavano in giro contro il suo volere. Dietro la cavalcatura, un’orda vestita di stracci lo copriva d’ingiurie, e le donne si facevano notare, come sempre avviene nelle sommosse dove c’è solo del male da fare e nessun pericolo da correre. Vedendo una vettura di posta ferma sulla strada e delle persone distinte tra gli spettatori del suo sopruso, la vittima parve provare un riacutizzarsi di dolore e vergogna. L’infelice ci lanciò uno sguardo obliquo in cui sentii che gli si stringeva il cuore e che mi arrivò in fondo all’animo. Mi lanciai verso di lui, seguito dal curato; la folla si fece da parte, pensando che volessimo prenderci la nostra parte d’offese; ci fecero spazio, e tacquero per ascoltarci. Il curato prese la parola con voce alterata.

Da quando, disse, è una colpa o un crimine sposarsi per la seconda volta dal momento si è persa la prima moglie? Credete proprio che la Chiesa concederebbe la sua benedizione ad un’unione scandalosa e immorale? Tocca proprio a voi, ignoranti che siete, censurare quel che le leggi approvano! Sappiate che fin dal tempo in cui Dio si degnava di parlare al suo popolo, era non solo permesso, ma bensì comandato di dare una seconda madre ai propri orfani. Il patriarca Abramo si è sposato tre volte, e il Signore ha benedetto i suoi tre matrimoni concedendogli figli da tutte le mogli. Se quest’uomo avesse un cuore meno buono e meno onesto, lo scusereste allora di volere sedurre la donna che ama invece di offrirle pubblicamente il suo nome e la sua mano? Andatevene; i vostri insulti sono diretti a Dio, alla Chiesa e alle leggi. Vi ordino di smetterla con questa recita barbara, che vi ricopre d’infamia.

Una bordata di fischi interruppe il discorso, e la detonazione di un’arma da fuoco fece trasalire l’oratore.

- Non impauritevi, dissi a voce bassa; è un colpo di fucile a polvere.

- Ci mancherebbe soltanto che si oltraggiasse l’abito santo che porto! riprese il curato con energia. Che opinione si farà di voi questo signore francese che viene qui per ammirare le meraviglie della nostra civiltà? Crederà d’essere capitato in una tribù di selvaggi, che dico! tra bestie feroci.

Questa bella mossa oratoria rischiò di costarmi caro, perché le donne si misero a gridare che bisognava accoppare il cane francese.

- Ma no, continuò il curato riprendendo fiato, voi siete dei bravi italiani fuorviati dall’ignoranza e capirete la stupidità di questa usanza sacrilega. Non dubitate, signor straniero, queste brave persone hanno agito senza riflettere, e lo sbaglio già perde forza…

Mentre l’oratore cercava di appellarsi alla sensibilità dell’uditorio, avevo sciolto le corde che legavano il malcapitato e lo tiravo col braccio verso la berlina di posta. Solo vedendolo salire in cassetta si capì quel che volevo fare. Un tipo atletico con le maniche tirate su andò a sistemarsi davanti ai cavalli; io mi sbrigai a mettermi vicino al bigamo, e appena scorsi il curato che cercava di chiudere la portiera, una volta postosi in salvo nella vettura, gridai avanti! Il tizio a braccia nude s’allontanò non appena il postiglione alzò la frusta, e tutto il tiro, impaurito, partì a un passo che meritava incontestabilmente il nome di galoppo. Presto sentii grida acute; era la nostra anziana compagna di viaggio che ritenne a proposito di svenire, ma il postiglione continuò incurante. L’altro viaggiatore, l’antiquario, era ammutolito per lo spavento, e si tastava per scoprire quale parte del corpo fosse stata raggiunta dalla fucilata partita durante la mischia.  

Nel frattempo il mio vicino andava riprendendosi dalle forti emozioni. Una volta asciugatesi le grosse lacrime che gli scorrevano sul viso abbronzato, mi espresse la propria riconoscenza con toccante vivacità.

- Da dove viene, gli chiesi, l’usanza villana di offendere in questa maniera i vedovi che si risposano?

- Non ne so niente, Eccellenza, mi rispose. Risale ai tempi più lontani.

- Bisogna che amiate parecchio la vostra donna per aver osato sfidare questo maltrattamento.

- L’amo di vera passione, Eccellenza.

- Bene! Per sdebitarvi del piccolo servizio che vi ho reso, raccontatemi un po’ dei vostri amori e del matrimonio.

- È una storia molto semplice, Eccellenza. Lavoro la terra di un coltivatore del Bracco, sto in affitto in una casetta vicino al borgo e pago regolarmente malgrado la gran fatica e con la protezione della Madonna. A venticinque anni, stufo di vivere da solo, sposai una ragazza povera come me. Lo sa il cielo quanto abbiamo vissuto d’amore e d’accordo. Lei era dolce e io l’amavo. Per dieci anni pensai fosse sterile, e non osai lamentarmi, a causa della miseria, quando infine ebbe un figlio che fu obbligata ad allattare. Lo sfinimento la fece ammalare di una febbre che non conoscevo e che se la portò via in quindici giorni. Dovetti faticare parecchio per crescere il bambino che a sua volta cadde malato; tuttavia la Santa Vergine ebbe pietà della sua innocenza e lo salvò. Quando andavo ai campi, lo lasciavo ad una gentile vicina e la sera gli concedevo tutte le possibili attenzioni. Arrivò così all’età di tre anni e divenne forte e bello, come se non gli fosse mai mancato nulla.

Un giorno, era festa al paese di Moneglia, che si vede laggiù sulla destra, presi per mano il bambino e lo portai da Matteo, un amico contadino. Bevevamo insieme una bottiglia di vino del paese quando colpì col bicchiere il tavolo dicendomi:

- Ascolta, Andrea: sei ancora giovane e per di più risparmiatore e volenteroso; una casa senza donna non è cosa normale; dovresti risposarti. Ti cercherò io stesso, se sei d’accordo, una giovane che non ha paura degli spiritosi, e poi tu sei abbastanza robusto da pagare con pugni il contributo del bigamo.

Risposi che, senza nemmeno preoccuparmi degli spiritosi e del tributo del bigamo, non mi sarei più risposato a meno che non mi fossi innamorato. Mentre parlavamo, mi accorsi che il piccolino si era allontanato e uscii per corrergli dietro. Lo trovai davanti alla casa, sulle ginocchia di una ragazza, bella come Venere, vestita a festa, con fiori tra i capelli. E che accarezzava e sbaciucchiava il bambino. Restai immobile davanti alla giovane, senza poter spiccicare parola. Lei sembrò notare il mio turbamento e alzando gli occhioni scuri mi guardò fissò.

- Non abbiate paura che faccia del male al bambino, perché sento un’inclinazione a volergli bene come fossi sua madre.

- Dipende soltanto da voi di diventarlo, risposi balbettando.

Lei allora sollevò da terra il bambino, già pesante, entrando in casa con aria così arzilla che rimasi incantato nel vederla forte quanto bella. Seppi dal mio compagno Matteo che aveva fatto venire quella ragazza con l’intenzione di farmela conoscere e, tuttavia, non riuscii a levarmi dalla mente che quell’incontro avvenuto nel momento stesso in cui parlavamo di matrimonio non ci sarebbe stato senza una volontà espressa della Madonna. Per un mese andai tutte le sere a Moneglia per far la corte alla bella giovane con il consenso dei genitori. Nel paese non ero conosciuto e cosi avevamo mantenuto il segreto. Speravo di evitare gli insulti sposandomi di buon mattino a una lega dal paese mio; ma oggi, prima che s’alzasse il sole, tutti i mascalzoni e fannulloni di Bracco si erano radunati nella piazza della chiesa a Moneglia. Mi ordinarono di pagare il contributo del bigamo, che avevano fissato a dodici scudi. Non avevo neanche la metà di quella somma. Mi vennero addosso e nonostante i pugni che tiravo alle canaglie, riuscirono a legarmi su di un asino per riportarmi a Bracco, dove avrei dovuto subire ogni tipo d’insulto e maltrattamento. La vostra generosa signoria conosce il seguito… e adesso, se mi lascia scendere, ritornerò per quel sentiero traverso a Moneglia, dove la mia fidanzata sarà in lacrime.

Ordinai di fermarsi al postiglione; ma invece di scendere Andrea mi guardò con aria pietosa tendendo la mano.

- Eccellenza, disse, per portare al massimo la vostra generosità, per riparare i danni al vestito, per asciugare le lacrime della mia sposa...mi dia un pezzo di moneta, la vostra caritatevole signoria...la mia storia e le mie disgrazie l’hanno interessata.

- Ah! Briccone, gridò il curato, eccoti a elemosinare! Non dategli niente, signor francese.

Era troppo tardi; avevo appena messo una moneta nella mano del bigamo salvato. Andrea con un leggero salto fu a terra.

- E voi, disse al curato, mi fareste una piccola elemosina, mio coraggioso ed eloquente difensore?

- Non avrai nemmeno mezzo centesimo, rispose il curato. È per l’onore del paese che ho preso le tue difese; ma provo disprezzo, e se fossi in grado di distruggere nella tua persona l’umore mendicante che è la vergogna dell’Italia, ti strozzerei con queste due mani.

- E le loro eccellenti signorie? Disse Andrea guardando l’antiquario e la vecchia signora.

- Ti do cento bastonate, rispose l’anziana.

- Mille grazie! Mille ringraziamenti! Riprese il contadino con aria beffarda; il cielo benedica tutte le vostre signorie e conceda un viaggio cosparso di rose e gelsomini.

E mastro Andrea partì per il suo villaggio correndo come una lepre. Questo fu lo scioglimento poco tragico di un incidente che Miguel de Cervantes avrebbe definito la terribile avventura del bigamo.