le voci che corrono

i misteri ebraici ovvero la più antica massoneria religiosa

Carl Leonhard Reinhold, I misteri ebraici ovvero la più antica massoneria religiosa. Introduzione di Jan Assmann. A cura e con un saggio di Gianluca Paolucci. Quodlibet, 2011

«Credo di non offendere minimamente l’alta considerazione che ho della verità, come pure del sacerdozio mosaico, se mi spingo a considerare tale culto, nelle sue componenti fondamentali, una copia fedele della religione esoterica degli Egizi e ad affermare che il legislatore degli Ebrei, abbia apparentemente mirato, per quanto gli riuscì, a iniziare il suo intero popolo ai misteri egizi. Una volta fissata questa evidenza come premessa, l’infelice disputa circa l’origine delle verità religiose si rivelerebbe assolutamente superflua. Ci renderemmo generalmente conto che l’opposizione tra ragione e rivelazione si basava su un semplice equivoco».
A partire da queste tesi, Carl Leonhard Reinhold, filosofo, massone e Illuminato, si propone di dimostrare come Mosè fosse in realtà devoto al principio panteistico dell’Uno-Tutto, ovvero alla religione naturale che ricavò dalla frequentazione dei misteri egizi e che decise di porre al centro del suo culto monoteistico. Egli si vide cioè costretto a tradurre quella verità nella più accessibile immagine di una divinità tutelare antropomorfa, al fine di dare al suo popolo un’identità nazionale.
Nato come contributo alle ricerche sul simbolismo massonico condotte al termine del Settecento dalla loggia viennese «Zur wahren Eintracht», il saggio di Reinhold rappresenta un documento chiave per comprendere cosa significhi per la cultura occidentale il recupero di una «memoria egizia», dimostrando fino a che punto la massoneria e le élite intellettuali settecentesche individuassero nel modello sacerdotale egizio un ideale riferimento politico, religioso e artistico.

l’editore

§

L'ultima su Mosè? Era "massone" e filo-egiziano

(Piero Melati,  “il Venerdì di Repubblica”, 4 novembre 2011) Il legislatore degli ebrei? Era un seguace della mistica egiziana. L'uomo che discese dal monte Sinai con le tavole della Legge, i Dieci comandamenti, sarebbe stato un devoto dei misteri egizi. Solo che Mosè, In questa versione, dovette tradurre antiche credenze…

§

Le nozze alchemiche di Tamino e Pamina

(Giulio Busi, “Sole 24 Ore”, 27 novembre 2011) «Indietro»! Tamino si è imbattuto in tre grandi porte. Prova a entrare da quella di destra, e poi da quella a sinistra, solo per esserne scacciato da una voce minacciosa. Finalmente si aprono per lui i battenti della terza porta. Ad accoglierlo c'è un anziano sacerdote, che lo apostrofa con un misto di curiosità e diffidenza: «Dove vuoi andare audace forestiero? Cosa cerchi qui nel tempio?». La risposta di Tamino è immediata, ingenua, ardita: «Il regno dell'amore e della virtù».
La scena dei tre portali, nel primo atto del Flauto magico di Mozart, non è solo un espediente per rendere più movimentata la peripezia del protagonista, alla ricerca di Pamina, che non ha ancora incontrato ma già ama: i tre portali, che costringono l'eroe ad arrestarsi e a dimostrare il proprio valore, sono il simbolo di un'avventura sapienziale che accompagna la cultura europea sin dal Rinascimento italiano. Davanti a tre ingressi, del tutto simili a questi mozartiani, si era fermato dubbioso Poliphilo, nella Hypnerotomachia del frate Francesco Colonna, pubblicata nel 1499. Nell'incunabolo aldino dell'opera, al di sopra di ciascun passaggio, si legge in quattro lingue – arabo, ebraico, greco e latino – il nome di un diverso dominio: «Gloria di Dio», «Madre dell'amore», «Gloria del mondo». Poliphilo, come Tamino, cerca l'amore di una donna, Polia, e, attraverso di quello, vuol comprendere se stesso. Anche l'eroe quattrocentesco ottiene di varcare una delle tre soglie, per poi trovarsi di fronte a ulteriori prove, col rischio di perdere la vita e la ragione.
La somiglianza tra i due episodi non è casuale: un filo nascosto di erudizione e di esoterismo lega la Venezia del Colonna alla Vienna di Mozart e di Emanuel Schikaneder, l'autore del libretto. A far da mediatore tra i due estremi, tra la lotta d'amore in sogno dell'umanista italiano e l'utopia illuministica del Flauto magico è probabilmente un celebre testo del primo Seicento, le Nozze alchemiche, dedicate all'unione tra principio maschile e femminile. In quest'opera è Christian Rosenkreuz, l'eroe in viaggio verso il segreto della trasmutazione dei metalli, a dover superare tre cancelli, che difendono la scienza da occhi profani. La domanda è sempre la stessa. Come varcare la soglia proibita e addentrarsi al di là delle apparenze? In che modo raggiungere «il regno dell'amore e della virtù»? …
Sia Mozart sia Schikaneder sono convinti massoni (così come lo è Carl Ludwig Giesecke, che forse ebbe parte nella stesura del libretto), ed è proprio ripercorrendo la vita intellettuale delle logge viennesi che è possibile recuperare motivazioni ed echi formali altrimenti per noi inafferrabili. Un'ottima occasione è data dall'edizione italiana di un libro quasi dimenticato di Carl Leonhard Reinhold, I misteri ebraici ovvero la più antica massoneria religiosa. Viennese anch'egli, prima gesuita poi passato al protestantesimo, entrò nel 1783 nella loggia «Alla vera concordia» (Zum wahren Eintracht), alle cui sedute partecipava spesso Mozart (affiliato alla «Carità» – Zur Wohltätigkeit). Alla guida della loggia era Ignaz von Born, a cui forse è ispirato il personaggio di Sarastro. E su invito di von Born, tra il 1786 e il 1787 Reinhold scrisse I misteri ebraici. L'opera è una revisione, audace e provocatoria, della figura di Mosè. …