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Miscellanea, Fogli di Via 29

 

Steven Heller: STORIA UNIVERSALE DELLA SVASTICA. Utet, 2020

Il titolo italiano di questo libro è pesantemente fuorviante. L'originale avrebbe recitato, traducendolo letteralmente, La Svastica e i Simboli dell'odio: Iconografia Odierna. La tesi di Steven Heller si riduce infatti a sostenere la dubbia capacità del simbolo a riproporsi nei suoi originali e benigni, nonché decorativi, significati solari - che risalirebbero quantomeno all'area Vedica se non alla preistoria - dopo l'uso che ne fecero Adolf Hitler e il partito Nazionalsocialista tedesco.

L'autore è rettore della School of Visual Art di New York ed è autore di diversi altri studi sul design e la cultura visuale in genere. Senza essere scandalistico il suo tono in Storia Universale della Svastica è comunque arroventato in modo tale da paventare minacce che non è facile soppesare in maniera inappuntabile, ancorché le ragioni per riflettere non si possano liquidare come semplicemente moralistiche. Andando al merito del libro va però rilevata la gran messe di informazioni (e di immagini) che implicano in generale i vari passaggi nell'universo visivo contemporaneo e più in particolare la trasfigurazione del logo svastica negli stemmi di gruppi e partiti, specialmente americani.

Pare che Sinclair Lewis, a ridosso della pubblicazione del suo romanzo del 1935 Da Noi non può Succedere, avesse detto che "quando il fascismo arriverà in America, sarà avvolto dalla bandiera nazionale e brandirà la croce". A noi contemporanei ciò sembra apparire come un'accertata banalità, ma non è una buona ragione per sottovalutare la ricerca di Heller come ricerca sulla devoluzione di un simbolo fra occultismo nazionalsocialista, pubblicità, copertine di dischi, resurrezione di movimenti e un po' tutto l'armamentario culturale e ottico inabissato nella pubblica opinione.

BO BOTTO

 

Bruno Lauzi: RICOMPORRE ARMONIE. Poesie 1992-2006. Oltre edizioni, 2020

Per uno nato all'Asmara sembrerebbe naturale parlar di "mal d'Africa", quello di Bruno Lauzi (1937-2006) fu viceversa prima di ogni altro sentimento "mal di Genova e di Liguria", benché - seguendo la famiglia in Lombardia - non ci abbia vissuto più di tanto, seppur in anni formativi. Conservava malgrado tutto un tipico accento ed aveva buona la conoscenza del dialetto. Lo storico e critico della letteratura Francesco De Nicola - che ha radunato per le edizioni Oltre di Sestri Levante (cittadina rivierasca alla quale Lauzi era particolarmente legato) le raccolte di poesia che il "cantautore" andò pubblicando a partire dal 1992 (I Mari interni, Riapprodi, Esercizi di Sguardo, Agli immobili Cieli, I Solitari) - ha puntualmente osservato che "sebbene la permanenza di Lauzi in Liguria non si sia protratta per più di quindi anni, rimane... questa regione - definita perentoriamente "la mia Liguria ... - la più presente nei suoi versi" (senza nulla togliere, ovviamente alle suggestive poesie dedicate ad altri luoghi).

BB

 

Alessandro Mezzena Lona: IL POETA DELLE PANTEGANE. Acquario, 2019

"Quando son diventato matto / ero troppo distratto / non ho potuto godermi la scena". Questa strofa acchiappa subito il lettore dalla prima bandella di questo volumetto biografico - ma in un senso assai particolare - che Alessando Mezzena Lona (responsabile per sedici anni delle pagine culturali de "Il Piccolo" di Trieste) ha dedicato al poeta friulano Federico Tavan (1949-2013) che ebbe fra i suoi estimatori Claudio Magris, Franco Loi, Carlo Ginzburg, nonché Marco Paolini. Il poeta aveva 13 anni quando cominciarono le sue peregrinazioni fra le strutture sanitarie che si occupano dei disagi psichici. È a cominciare dagli anni '80 che si potranno veder raccolte alcune sue poesie nei "Quaderni del circolo culturale Menochio", mentre la raccolta più completa rimane a tutt'oggi quella pubblicata dalle Edizioni dellImmagine nel 2007 (AUGH!).

BB

 

Kent Haruf: LA STRADA DI CASA. NNeditore, 2020

Tradotto solo adesso, La Strada di Casa è in realtà il primo dei romanzi di Kent Haruf ((1943-2014) ambientati nella cittadina di Holt, sebbene solo i successivi siano rubricati come "trilogia della pianura" (Benedizione - Crepuscolo - Il canto della pianura) come un'opera a sé stante, secondo quanto lo stesso autore affermò in una lettera, anche se non è facile capire perché il primo romanzo debba esserne tenuto fuori. Curati da Franco Cremonesi questi libri cominciarono ad esser pubblicati in Italia dall'editore NN subito dopo la morte di Haruf, non seguendo esattamente l'ordine di pubblicazione originale, facendo ad ogni modo conoscere da noi un autore senza dubbio non prolifico ma assai dotato e suggestivo orientato a spostare a ovest quella che è la tradizione letteraria meridionale degli Stati Uniti, così da dichiarare di stimare William Faulkner sopra tutti gli altri scrittori, per quanto la sua influenza sembri riposare più nelle oscure viscosità delle storie famigliari di un mondo piccolo, ancorché a tante voci, che nelle raffinate e tenebrose complicazioni della scrittura - le quali, casomai, le si potrebbe recuperare ribaltate in un'ammirabile scioltezza.

BB

 

Massimo Bucciantini: ADDIO LUGANO BELLA. Storia di ribelli, anarchici e lombrosiani. Einaudi, 2020

Non è la storia del concepimento e della successiva diffusione della celeberrima canzone (in passato altri l'hanno tentata, per giunta in uno spettacolo) ma quella del suo un po' meno celebre seppur beatificato autore Pietro Gori. anarchico buono di cuore, esule di sentimenti italiani e visioni mondiali, poeta e sociologo, avvocato e difensore degli oppressi. Seguito con apprezzabile premura negli anni elbani, livornesi, pisani, il libro trova la sua centralità nel dibattito che coinvolse tutte le correnti del socialismo intorno al "ravacholismo" e alla "propaganda del fatto" che suggerì a Cesare Lombroso un suo famoso "trattato" (del tutto omogeneo all'Uomo Delinquente) incentrato su Gli Anarchici che fu assai discusso e contrastato da uomini come Gori e Filippo Turati (il quale per altro si trovava a fianco nel Partito Socialista il leader degli "intransigenti" Enrico Ferri, lombrosiano per eccellenza). Seguono poi le repressioni Crispine dei moti italiani e il conseguente esilio prima in Svizzera e in seguito nelle Americhe.

BB

 

Massimo Novelli: PIERROT LE FOU. Storia del bandito che leggeva Boris Vian e della sua donna. Oltre edizioni, 2020

Ben acclimatato fra personalità singolari (Novatore, Pollastro, Corbari, Seborga, Governato, Terra e altri) Novelli si è impegnato questa volta - con l'inclinazione già dimostrata per i fuorilegge - al bandito francese Pierrot Le Fou. In realtà i personaggi che adottarono questo nomignolo - celebrato anche da un film di Jean-Luc Godard - furono due e su tutti e due pesava un rapporto ambiguo con la Gestapo durante gli anni dell'occupazione tedesca in Francia. L'ambiguità si scioglieva tuttavia in un'ipotesi di doppiogiochismo a favore della Resistenza più esplicita in Pierre Carrot (il Pierrot "numero due") sulle imprese del quale (e della sua donna "la belle Katia") in buona sostanza (senza trascurare del tutto l'altro) si incentra il racconto di Novelli, largamente francese come è ovvio, ma con anche lunghe escursioni nel nordovest italiano, interno e rivierasco.

BB

 

Filippo Tommaso Marinetti: DIARIO FIUMANO. Italia Storica, 2020

Il libriccino si presenta assai bene, con una grafica indovinata senza essere smodatamente "futurista", quindi allusiva su basi più di eleganza formale che di forzature. La cura del testo marinettiano - e di una cospicua raccolta di appendici - è di Andrea Pautasso e sua è anche la solida (ma mi viene da aggiungere quanto solita di cose, fatti e interpretazioni, ma va bene così) prefazione. Per quel che mi riguarda potrei concludere qui, ma non resisto a dichiarare la mia insofferenza attuale per, se non tutto, gran parte di ciò che riguarda Marinetti e il Futurismo che non ho tema di reputare come un immane dementificio estetico-politico del quale non riesco a cogliere più quei lati comici un tempo forieri di moderata passione. Non va molto meglio per l'impresa fiumana del Comandante Rapagnetta, ma il fatto stesso che il Vate avesse coniato per Marinetti l'apellativo di "cretino fosforescente" me lo restituisce per il grande poeta e scrittore che fu.

WB

 

Nick Groom : VAMPIRI. Una nuova storia. Il Saggiatore, 2019

Nick Groom ci tiene a definire il suo libro sul vampirismo "una nuova storia" e si dilunga a motivare il perché. Non vuole essere una trattazione completa delle credenze sui "non morti" dalla notte dei tempi. Sull'argomento esistono numerosi studi "che esaminano demoni, streghe, lupi mannari e fantasmi della cultura mondiale per suggerire come il vampiro sia una minaccia eterna (anzi, immortale) per l’umanità". Groom considera il vampiro qualcosa di diverso che risale a un'epoca precisa e piu vicina a noi, benché vecchie storie folkloriche possano aver avuto il loro peso nella sua configurazione. Se certe tradizioni hanno una diffusione nei vari paesi europei, in particolare in quelli dell'Est, è nelle isole britanniche che il vampiro prende corpo in maniera adeguata, collegando materiali provenienti in epoca moderna dalla scienza e dalla teologia alle forme della letteratura già prima dell'esplosione, che diventerà ampiamente sfruttata dalla cultura di massa, del Dracula di Bram Stoker. Quest'enfasi sulla "nuova storia" potrà risultare velleitaria a certi lettori che abbiano in mente altre ricerche finite in volume, eppure non potranno fare a meno di constatare nelle dichiarazioni narcisistiche di Groom un certo fondamento se non un'effettiva originalità.

CLL

 

Materiali d’archivio

I pittori americani e la città

Prefato da Lionello Venturi, I Pittori Americani e la Città, accompagnava la mostra che si teneva nel padiglione statunitense della XXVIII Biennale di Venezia (Donelley e Sons – The Lakeside Press, 1956). Ne era curatrice Katharine Kuh (1904-1994) storica dell’arte, allieva di Alfred H. Barr al Vassar College, prima curatrice di arte moderna all’Art Institute di Chicago e, dopo le sue dimissioni nel 1959, collaboratrice della “Saturday Review”. Fu anche gallerista e, come ha scritto nel suo libro di memorie My Love Affair with Modern Art, “ho mostrato il lavoro di dozzine di artisti, spesso mentre stavano ancora lottando per il riconoscimento pubblico. Penso immediatamente ad Alexander Archipenko, László Moholy-Nagy, Fernand Léger, Stuart Davis, Isamu Noguchi, Paul Klee, Joan Miró, Ansel Adams, Edward Weston e Josef Albers, che ha tenuto una delle sue prime mostre in America presso la mia galleria.

Per la mostra veneziana, dove delegato all’allestimento era l’Art Institute di Chicago, la Kuh selezionò, fra gli altri, artisti come Jackson Pollock, Lyonel Feininger, Franz Kline, Stuart Davis, Ben Shahn, Georgia O'Keeffe, Jacob Lawrence, John Marin, Mark Tobey.

Red.