Carlo Romano
mangiare
Paolo Rossi: MANGIARE. Bisogno, desiderio, ossessione. Il
Mulino, 2011
In Good to Eat: Riddles of Food and Culture (Buono da Mangiare, Einaudi 2006) Marvin Harris
si chiedeva come mai, pur avendo l’apparato digerente del tutto identico, ci
sono esseri umani che mangiano carne di pipistrello, scorpioni fritti, formiche
(in confezioni anche acquistabili su Internet) e altri che rifiutano la carne
di maiale? Per quale ragione da noi si aromatizza la grappa con i rametti di
ruta e in Corea quella di riso la si lascia fermentare con un piccolo di topo
affogato? Perché il vitello sì e il cane no? E perché queste differenze
rimangono in buona parte insormontabili? Le regole imposte in qualsiasi altra
società, diceva Ruth Benedict, “sono tanto significative quanto le nostre”. A
fronte di tale relativismo culturale, Paolo Rossi riprende gli interrogativi di
Ernesto De Martino (“È vero che l'incontro con la diversità deve verificarsi su
un piano di completa assenza di valori? Una volta distrutta la convinzione che
la natura umana coincida con i modelli assunti come validi dalla propria
cultura, è necessario per questo un atto di abdicazione? È vero che ogni e
qualunque intervento nelle altrui faccende costituisce una forma di
repressione? È vero che la pura e semplice rinuncia ad ogni modello costituisce
di per sé il principio necessario e sufficiente alla soluzione dei problemi
della storia umana?”) e, osserva, un
conto è lo sforzo di comprensione, altra cosa è il confronto interculturale
perciò si possono solo esercitare pressioni perché certi valori vengano
rispettati là dove non lo sono.
Ma le differenze del
comportamento alimentare non sussistono soltanto fra la nostra e le altre più o
meno esotiche società, sono presenti in maniera nemmeno troppo velata fra noi,
ancorché prendano talvolta le sembianze di doveri religiosi o di patologie, si
pensi al digiuno o all’anoressia. Proprio su queste tematiche il libro di Paolo
Rossi (pubblicato poco prima della scomparsa) riesce a sviluppare un discorso
che è spassoso e persuasivo. Sul digiuno, e sul suo declino, per esempio, si
possono misurare “i veri e propri crepacci che si aprono nelle secolari mura
della chiesa cattolica” magari meglio che con l’impegno messo dalla cultura
laica nel polemizzare con le credenze e le superstizioni teologiche. Il libro,
ad ogni modo, ancorché tutt’altro che voluminoso, fra fame (senza trascurare
gli scioperi della stessa) ed esibizione del corpo, fra metafore e scenari
storici, fra produzione alimentare e gusti, arriva a compendiare egregiamente, riverberando
teoria, una realtà che seppur riguardi da vicino la sopravvivenza è
bizzarramente complicata dalla cultura.
“Fogli di
Via”,
novembre 2012