Jean Montalbano
Alan Lomax nell’imperiese
Colombo à rebours, quando Alan
Lomax approda in Liguria, nell’ottobre 1954, si ferma ad Imperia, Baiardo e
Ceriana prima di concludere, con i trallaleri dei portuali genovesi (già
pubblicati dalla Rounder nella serie Italian Treasury curata dal musicologo G.
Plastino) l’immersione rapida nel mare polifonico ligure. Le tappe imperiesi
sono adesso documentate in altri due dischi dal contenuto pressoché inedito a
testimonianza di un canto e di una civiltà che, sotto la superficiale staticità
contadina e la retorica della terra inospitale e del carattere chiuso,
conosceva pure scarti all’interno della consolidata tradizione polifonica e del
repertorio diffuso in tutta l’area piemontese e provenzale (si rammenti solo la
celebrata e “variata” Donna Lombarda ) come successivamente attestato tra gli
altri da E. Neill e M. Balma.
In poche ore il ricercatore americano
registra nell’imperiese circa sessanta pezzi, non soltanto canti a bordone o
sempreverdi come Gh’è zerte scignurine o A barca, sfoggiando un buon italiano
per convincere un centinaio di “ locali” a cantare, in pieno ottobre, un canto
di carnevale, ma gettando pure le basi della “leggenda” del canto cerianasco
come solo competitore di quello genovese(più mobile e ritmato). Raggiunta
Ceriana e la Compagnia Sacco (che allora
si avvicinava al trentesimo anno di attività) Lomax contribuisce a
fissare un canone che pure nel permanere di un ventaglio melodico-tematico (la
bella Pinota, Teresina, la cara Ema…) tollera quegli slittamenti
interpretativi, come il maggiore accento sul “basso continuo”, che accompagnano
le trasformazioni di una cultura di cui è sterile lamentare oggi lo svanire.
nel sommario 2000 di questa
circolare, sezione archivio, si legge un famoso saggio di Alan Lomax sulla sua
esperienza italiana con le annotazioni relative al canto polifonico ligure