L'8 e il 9 dicembre, mentre a Nizza si riuniva il Vertice dei governanti europei, si teneva a Milano il convegno "Europa, ultimo Leviatano". Ospitiamo qui la breve cronaca di Alberto Mingardi, pubblicata da "Libero" (12 dicembre 2.000), e il testo di Anthony Jay -ideatore di "Yes Minister", popolare sit-com inglese- che è entrato a far parte del numero monografico di "Enclave" (Leo Facco editore, dicembre 2.000) dedicato al convegno.
Alberto Mingardi
il nuovo Leviatano che ha casa a Bruxelles
Ci sono quelli per cui il Sessantotto non è mai finito Nei giorni scorsi, i più si sono dati appuntamento a Nizza, qualcuno s'è presentato a Milano, sotto le finestre dell'Hotel Duomo, sabato pomeriggio. Reggevano un bello striscione ("Libertari? Solo fascisti") e distribuivano volantini firmati da questa o quella combriccola marxista. Tutto perché, dentro all'Hotel, si era alle battute conclusive del convegno "Europa: l'ultimo Leviatano", organizzato dal Cidas e dalle riviste "Enclave" e "Federalismo e libertà". Per due giorni sul palco, si sono dati il cambio i più bei nomi del liberalismo internazionale e della
cultura italiana, quella che non vota a sinistra. C'era il direttore di Libero, Vittorio Feltri. C'era Sergio Ricossa, e altri coraggiosi (De Paolini, Ronza, Diaconale, Bracalini), gente che non ha paura di sfidare l'ultimo totem, di smascherare l'ultimo tabù.
L'Europa appunto. Dall'estero, è arrivato Lord Harris of High Cross, un uomo che ha speso una vita (letteralmente) per promuovere le idee liberali. Ce l'ha fatta: se in Inghilterra c'è stata una Margareth Thatcher, almeno in parte è merito suo. Ma l'allergia contagiosa al "politicamente corretto" la condivide in pieno anche Daniel New, pratica-mente un'icona dell'ultra-destra americana, che al convegno ha fatto una relazione personale e toccante. Ha raccontato una storia:, quella di suo figlio, Michael, che, da soldato, s'è rifiutato di andare a combattere sotto le insegne delle Nazioni Unite. "Non è questo che l'America deve fare": cioé non deve giocare allo sbirro globale, ficcare il naso negli affari altrui. La tentazione, s'intende, è fortissima: il pericolo gigantesco. Pensate che Kofi Annan una volta ha dichiarato che, in certe situazioni, si dovrebbe dire "maledetta sovranità!", cioé intervenire a tutti i costi, fregandosene dei confini nazionali. Peccato che quando ciò avviene si generano tutta una serie di effetti perversi, si sradicano tradizioni e classi dirigente per impiantarne, artificialmente, altre. Peggiori. Questo è il filo rosso che lega Onu, Nato, Europa: un delirio d'onnipotenza, una presunzione fatale. Si va dal controllo della lunghezza delle zucchine all 'armonizzazione delle tasse che, come ha dimostrato l'economista francese Pascal Salin, è sempre un livellamento verso l'alto. Gli interventi sono stati molti, tutti profondi e interessanti. Anthony Jay, in una parola: un genio, ci ha ricordato che l'Europa in realtà sono due. Una è quella di Nizza, e dei ragazzi dei centri sociali che la contestano a parole soltanto: è il Super-Stato. L'altra era un sogno, quello di un mercato comune che abbattesse e non erigesse più barriere.
Di immigrazione s'è parlato con Hans Hermann Hoppe, che al tema ha dedicato riflessioni importanti. Quel che non va con l'immigrazione, dice Hoppe, è che, in un welfare state, essa diventa nientemeno che un furto, da parte degli immigrati verso gli "autoctoni" Il problema si risolve solo localizzando il più possibile il controllo dell'immigrazione, giù giù giù fino alle province, i comuni, i rioni. Chissà se al Leoncavallo qualcuno è davvero convinto che questa sia "xenofobia".
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Anthony Jay
maledetta burocrazia europea
Nel corso degli anni ho notato che ci sono 10 regole che permettono alla burocrazia di sopravvivere: 1) Condividere le responsabilità. In modo che ogni decisione sbagliata venga presa da più di una persona, preferibilmente da un largo comitato, così nessuno se la verrà a prendere con te. 2) Cercare consulenze a vasto raggio. La maggior parte dell'opposizione viene da colleghi, dipartimenti o organizzazioni esterne che si sentono esclusi: allora vanno tutti inclusi. Ci vuole tempo ma non necessita di alcuna approvazione dall'alto. 3) Mantenere il segreto. Se la gente non sa cosa stai facendo non sa nemmeno che cosa stai facendo di male. Niente è più dannoso per la carriera di un pubblico ufficiale che l'indignazione pubblica. La cosa è valida anche per i documenti pubblici. Bisogna sempre essere generici ed impenetrabili. 4) Riparare le attività svolte dietro rigide regole e procedure. Finché puoi dimostrare che ti sei attenuto alle regole sei salvo. Se invece ti prendi delle libertà e agisci in base al buon senso finisci in un territorio infido.
5) Dovunque ci sia possibilità di essere biasimato, metti tutto su carta e dimostra che la colpa non è tua. 6) Evita ogni rischio. La ricompensa per qualcosa di buono è molto più piccola della penalità da pagare per qualsiasi sbaglio. 7) Evita i cambiamenti e la fretta. Non tanto perché bisogna lavorare di più, ma per via delle possibilità di sbagliare quando non ci sono più i precedenti a proteggerti. La prima regola della burocrazia per Milton Friedman è: "L'unico modo possibile di fare una cosa è quello in cui viene normalmente fatta". Ed evita la fretta perché se le cose sono fatte velocemente è più probabile che vengano sbagliate. 8) Evita di confrontarti con standard obiettivi. Se usi criteri obiettivi la gente può dimostrare che hai sbagliato. Usa quei criteri nei confronti degli altri ma non fare che gli altri li usino contro di te. 9) Cerca di allargarti. Suggerisci pratiche che richiedano il lavoro di più persone, locali più ampi e budget più elevati. Se ti va bene questo ti renderà più importante nel sistema. Se ti va male puoi evitare almeno di subire tagli. Qualsiasi cosa succeda non andare mai al di sotto delle spese previste, altrimenti l'anno successivo ti ridurranno il budget. 10) Dai tutte le responsabilità agli altri (ai tuoi colleghi, agli altri dipartimenti, a organismi esterni ed al pubblico in generale). Così non sarai tu quello a cui resta il cerino in mano.
Il mio orrore per la burocrazia è cresciuto dal momento che ho cominciato a capirla più chiaramente. Non ho orrore dei burocrati. Mi sono piaciuti quasi tutti quelli che ho conosciuto e molti di loro fanno del loro meglio all'interno del sistema. E' proprio il sistema che è sbagliato.
Quando crescevo negli anni '40 e '50 si aveva l'impressione che, se le cose le faceva il governo, allora queste sarebbero state fatte lentamente, talora in modo inefficiente, ma sempre nell'interesse pubblico. Ora capisco che la verità è diversa: non c'è l'obiettivo dell'interesse pubblico, ma anzi lo si sente come una costrizione. Jim Hacker e Sir Humphrey Appleby, di cui parliamo in "Yes, Minister", badano solo alle loro paure ed alle loro speranze e non se ne importano delle interesse del pubblico.
Se appare che Humphrey stia agendo contro di esso, allora si troverà nei guai; se sembra che Jim agisca per esso, allora avrà fortuna; è per questo che i ministri spendono tanto tempo affinché il pubblico abbia la percezione che essi lavorano per loro. L'idea che il loro primo e unico desiderio sia quello di servire il pubblico è uno scherzo di cui si è parlato in "Yes minister".
Più volte abbiamo rilevato che il primo motivo del conflitto di Jim con Humphrey era il timore delle prime pagine dei giornali, seguite da interrogazioni parlamentari, sdegno dei deputati e dalla possibile richiesta di dimissioni. Anche uno dei punti di forza di Humphrey contro Jim era che l'azione che egli proponeva potesse finire sui giornali. La burocrazia è il cancro degli organismi politici; i votanti, il parlamento e la stampa sono il sistema immunitario. Così né Jim Hacker né Sir Humphrey hanno fatto la parte del cattivo in "Yes, Minister"; anzi, Jonathan Lynn ed io, abbiamo pensato che nella loro posizione ci saremmo comportati come loro.
Il cattivo è stato il sistema - la grande tirannica burocrazia che li ha fatti agire in questa maniera. Per questo io fui sospettoso di Bruxelles fin dall'inizio, anche quando, insieme ad altre persone, votai "sì" pensando di promuovere il libero commercio in Europa, cosa cui ero favorevole. Tuttavia appena è apparso chiaro che lo scopo è l'unione politica in un'Europa federale, il mio sospetto è diventato orrore.
Ho pensato - e credo ancora che la burocrazia britannica sia una minaccia, ma quella di Bruxelles rappresenti un vero incubo.
Se un gruppo di brillanti burocrati avesse cercato di migliorare il più possibile il sistema che massimizza il loro potere ed i loro compensi e minizza la loro responsabilità, non credo che avrebbero potuto realizzare niente di migliore di quanto ha fatto la Commissione Europea. Essa adesso gode di poteri da fare invidia a tutte le burocrazie nazionali. Vediamo:
Il controllo politico è esteso su 15 paesi diversi che parlano 11 lingue.
Non c'è nessun partito di governo a livello europeo che venga eletto sulla base di un programma definito.
I collegi sono così grandi (circa 250 mila votanti) che poche persone conoscono chi sono i parlamentari europei che li rappresentano dopo che hanno votato.
Fare accordi con 15 paesi è tanto difficile che la politica è sempre un compromesso burocratico.
Tutte le iniziative sono concepite o per lo meno svezzate dalla burocrazia.
I politici che hanno incarichi nei loro paesi hanno così poco tempo che possono interessarsi di pochissimi argomenti e comunque ciascuno rappresenta solo un quindicesimomo di ciascun gruppo politico.
Le divergenze sul piano culturale e linguistico creano confusione ed incomprensione tra i politici, cose che vengono sfruttate a meraviglia dalla burocrazia.
I dipartimenti governativi non sono gestiti da ministri eletti che sperano in una rielezione, ma da commissari nominati che non hanno bisogno di voti.
La grande ricchezza della Comunità Europea le permette di comperare la cooperazione dei burocrati dei paesi membri attraverso i fondi elargiti loro e le gratifiche di viaggi e di intrattenimenti. L'acquiescenza dei politici può essere comprata dando loro fondi per i loro paesi di origine ed incarichi per i loro protetti. E questo al di là della corruzione pura e semplice.
Le differenze di lingua fanno sì che non ci sia una stampa europea capace di dare risalto agli scandali e di unificare i sentimenti degli elettori nell'Unione Europea. Le tasse onerose e la virtuale assenza di controllo democratico hanno oleato un macchinario che produce facili guadagni. Ma anche questo è abbastanza marginale.
Mentre scrivevamo "Yes, Minister" abbiamo scoperto che le burocrazie non sono strumenti passivi. Anzi si creano un loro programma.
Il contrasto tra gli impegni dei manifesti di partito e le leggi da emanare rappresentano il trionfo della politica dei ministeri sopra quella dei ministri. In termini di partito i ministri, più o meno si fanno equilibrio perché la Difesa, il Commercio e gli Interni di destra controbilanciano la Salute, l'Educazione e il Lavoro di sinistra. Ma in realtà a Bruxelles questo equilibrio non sussiste.
I 19 direttorati, in tutto 15 mila burocrati, puntano dritti all'Europa federale e se possono unificare la moneta nessuno li fermerà più.
Naturalmente alla fine cadrà tutto il sistema ed il danno sarà incalcolabile.
Non c'è nemmeno alcun interesse a rimpiazzare i rappresentanti attuali con persone "migliori"; la Commissione può essere un "salon des refuses" ed il parlamento una landa desolata piena di falliti, ma anche se fossero dei geni politici e amministrativi non potrebbero sconfiggere il sistema.
In pratica abbiamo messo insieme un Frankestein politico e un Gargantua fiscale e li abbiamo posti a lavorare nella Torre di Babele sotto il controllo ultimo dei Macaviti.
Il risultato è un impero burocratico senza imperatore, che potrebbe finire sotto il controllo graduale di una sola nazione.
Se questo succederà o no sarà un impero comunque di cui io non voglio che la Gran Bretagna diventi una provincia.