Saverio Zuffanti

una storia morale

 

 

Non dovrebbe sfuggire al lettore che a questo Humanity di Jonathan Glover corrisponde il numero 555 de “la cultura”, la collana posta più di mezzo secolo fa da Alberto Mondatori al centro del Saggiatore, la sua casa editrice. Per l’argomento che tratta, come si capirà, era forse più intonato il 666, ma si sarebbe scivolati via nel tempo, ritardando la pubblicazione di un libro che merita di avere un gran numero di lettori avendo fra i non ultimi pregi quello della chiarezza, pur proponendosi con un sottotitolo ingombrante e impegnativo: una storia morale del ventesimo secolo.

Glover insegna etica – dopo averla insegnata per molti anni al New College di Oxford - presso il King’s College di Londra. E’ autore di alcuni volumi: Responsability, Causing death and asving lives, What sort of people should there be? e I: philosophy and psychology of personal identity. Humanity non è tuttavia un trattato di storia del pensiero etico sviluppatosi nell’ultimo secolo, ma un libro di storiografia dal punto di vista della morale.

Fra le sue pagine si entra senza indugi nella storia-storia sia attraverso le guerre che hanno contrassegnato il XX secolo sia attraverso i grandi regimi totalitari. Unico filosofo che sembra presiedere a queste tragedie, una sorta di filo conduttore, è Nietzsche: “L’universo severo che resta quando sia stata eliminata la metafisica religiosa ci consente tuttavia di avere ancora una vita ricca e soddisfacente. Questa soddisfazione dipende spesso dall’idea nietzschiana del creare noi stessi in base a quelli che noi giudichiamo essere i veri valori. Ma alcuni di noi, attratti da queste idee, potrebbero essere atterriti al pensiero di dove esse portarono lo stesso Nietzsche …”. A scanso di equivoci Glover aggiunge: “Le raggelanti conclusioni di Nietzsche  non discendono necessariamente dalle sue premesse sul valore dell’autocreazione e sull’assenza di una legge morale esterna a noi”.

Ogni considerazione sulla pericolosità di soluzioni che, come quella nietzschiana, hanno di che apparire ambigue, è inoltre controbilanciata da Glover  attraverso gli esiti paradossali della moralità vigente. A questo proposito sono particolarmente istruttive le pagine che – verso il fondo,  al momento di trattare del nazismo - vengono dedicate nel libro al rapporto fra conformismo e obbedienza.

Quando a Eichmann, prigioniero a Gerusalemme, fu consegnato in lettura Lolita di Nabokov non ci mise molto a restituirlo, definendolo con indignazione “un’opera assolutamente malsana”. Hitler si scagliava del resto con foga contro “il sudiciume” urbano rappresentato innanzitutto dalla prostituzione e dagli spettacoli di cabaret: “chiunque voglia attaccare la prostituzione deve prima di tutto collaborare a eliminarne le basi spirituali … Il teatro, l’arte, la letteratura, il cinema, la stampa, i manifesti e le vetrine devono essere ripuliti di tutte le manifestazioni del mondo che sta marcendo e messi al servizio di un’ideale morale”. Nello stesso contesto, Glover ricorda i famosi esperimenti condotti a New Haven, Connecticut, da Stanley Milgram (in seguito replicati a Princeton). In uno di questi fu detto che a ogni risposta sbagliata di un allievo cui erano stati collegati degli elettrodi alla testa, gli altri avrebbero dovuto premere dei tasti in modo da provocare sul malcapitato (che in realtà stava recitando una parte) scosse di varia intensità, da 15 a 450 volt: ben ventisei studenti su quaranta arrivarono a premere il bottone della “scossa” maggiore!

Sono solo pochi esempi, insufficienti a chiarire quale sia la ricchezza di Humanity. Basterà però dire che di episodi esemplari il libro ne è zeppo fino ad arrivare a costituirne la trama concettuale generale e il nerbo non solo di ogni capitolo, ma di ogni paragrafo, si tratti de “il male minore e la guerra giusta”, de “l’erosione del rispetto”  o di “dilemmi morali coercitivi”. Si pensi inoltre che ognuno dei 43 capitoli (più l’epilogo) è costituito da numerosi paragrafi (per un totale di oltre 500 pagine). Ma non c’è nessuna concessione al curioso o al bizzarro. Si parla di episodi generalmente (e drammaticamente) noti che vengono restituiti senza angosce, ma con un taglio riflessivo che alla fine li chiarisce in una nuova crudezza, siano riferiti a Mao Tse Tung o al massacro di My Lai, ai bombardamenti sulla Germania o al Ruanda.