Carlo Romano

Fedeli al cinema

 

Peter Bogdanovich: CHI DIAVOLO HA FATTO QUEL FILM? La Nave di Teseo, 2024 | Mary Pat Kelly: MARTIN SCORSESE. Un viaggio. Baldini+Castoldi, 2024 | Martin Scorsese – Antonio Spadaro: DIALOGHI SULLA FEDE. La Nave di Teseo, 2024

Le “conversazioni con registi leggendari” di Peter Bogdanovich (Aldrich, Cukor, Dwan, Hawks, Hitchcock, Jones, Lang, Lewis, Lumet, McCarey, Preminger, Siegel von Sternberg, Tashlin, Ulmer, Walsh) erano già note in Italia. Bogdanovich (1939-2022) è un classico delle interviste a registi, attori e uomini di cinema in genere. Cominciò giovanissimo su “Esquire” per pubblicare in seguito notevoli monografie e chiacchierate con Ford, Welles, Lang, Dwan, Hawks, Hitchcock. Rispetto alla “spontanea” metodologia di questi libri, le interviste di Chi Diavolo ha Fatto quel Film? sembrano seguire una prestabilita scaletta che se fa entrare nel vivo delle questioni le sottrae però qualche emozione.  La più notevole è quella con Allan Dwan, il pioniere dei pionieri della storia del cinema (“Dwan? Non è quello che ha cominciato a dirigere quando hanno inventato la luce elettrica?”, si chiese con una battuta Orson  Welles). La sua filmografia è difficilissima da stabilire anche per la quantità di pellicole da un rullo che supervisionò (Bogdanovich ne conta circa 750 fra il 1911 e il 1913). Un primissimo tentativo di filmografia lo fece Jacques Lourcelles su “Presence du Cinéma”, la rivista dei cosiddetti Macmahonisti, polemici coi “Cahiers”, che arrivò a computare un migliaio di film. È facile capire che si tratta di un libro fondamentale per chiunque si interessi di cinema. La brutta novità di questa nuova edizione è il prezzo del volume assai più elevato di altri ugualmente impegnativi prodotti dell’editore.

Altre conversazioni ce le forniscono Martin Scorsese e il teologo Antonio Spadaro - un gesuita decisamente originale che ha scritto di arte contemporanea americana con saggi su Hopper, Rothko, Warhol, Basquiat pubblicati da Vita e Pensiero nel 2022. Tutto ebbe inizio con un appuntamento in casa del regista per parlare di Silence, il film del 2016 che racconta la ferocia delle persecuzioni subite dai cristiani nel Giappone del XVII secolo. Quello di portare sullo schermo il romanzo di Shusaku Endo era un vecchio progetto di Scorsese che si concretizzò dopo anni di riflessioni avvalendosi della sceneggiatura di Jay Curran Cocks, suo collaboratore a L'età dell'innocenza e Gangs of New York. Cresciuto con i preti da una parte e i gangster dall’altra, il discorso di Scorsese non può che soffermarsi sulle sue esperienze in un quartiere dove miseria e disperazione erano all’ordine del giorno insieme alla violenza, ma dove un sacerdote poteva cambiarti, come successe a lui, approdato persino al seminario. Un libro sulla redenzione quindi? No, un meditare sul male (vivo in tutta la filmografia di Scorsese) che porta il gesuita a definire “sconvolgente” profilo e sapere teologico del regista, seguito fin dentro l’ultimo film sui nativi americani (Killers of the Flower Moon, 2023)

Questi temi abbondano anche nella fruttuosa antologia di testimonianze raccolte da Mary Pat Kelly, sceneggiatrice, regista, documentarista, drammaturga, narratrice, autrice per altro del primo studio sul regista, Martin Scorsese the first decade. Testimonianze sono anche le tre prestigiose prefazioni di Di Caprio (“Marty ha definito un nuovo standard per la regia cinematografica”), Steven Spielberg (“I miei film sono sussurri, quelli di Marty sono grida”) e, dulcis in fundo, quella di Michael Powell (“Per i suoi collaboratori è un enigma. Ignora la parola ‘logica’. Sa molto poco della vita. Sa che, quando sei morto, inizi a puzzare”). La kelly in un articolo dell’”Irish Independent”, riferendosi a Chi sta bussando alla mia porta dichiarò: “Ho visto il primo lungometraggio di Martin Scorsese in circostanze straordinarie. Gli avevo scritto una lettera nel 1965, quando lui era uno studente di cinema e io studiavo per diventare suora. Iniziò una corrispondenza, ma non l'avevo ancora incontrato quando, nel 1967, partecipai alla prima del film al Chicago Film Festival nel teatro Playboy. È stato incredibile vedere un'opera così importante, scritta da qualcuno che avevo avuto modo di conoscere, che affrontava il tema del cattolicesimo e della doppiezza tra uomini e donne”.