L'intervista che segue fu rilasciata da Marcel Allain all'inviato di "settimana ICOM"- un rotocalco che aveva quale omologo il più popolare dei "cine-giornali" degli anni cinquanta-sessanta - nel dicembre 1964. Il grande e bel ritratto che illustrava l'articolo era del fotografo Gianni Cirani. A fianco del testo ne riproduciamo un particolare.

Maurizio Torrisi

resuscita il creatore di Fantomas

Ardesy (Francia), dicembre

Lo credevano morto. Come il Conte di Montecristo. E invece, è vivo e vegeto. Come Edmond Dantés, il celebre personaggio creato dalla fantasia di Alessandro Dumas, anche lui è rispuntato fuori quando nessuno se lo aspettava. Solo che mentre la resurrezione del Conte di Montecristo è avvenuta nelle circostanze drammatiche che tutti sappiamo, la resurrezione di Marcel Allain, il padre di Fantomas, è avvenuta in un clima da "soirée" parigina, presente un bel gruppo di attori, di attrici, di starlettes, di produttori, di giornalisti. Lo spunto per quella soirée era la prima dell'ultimo film dedicato alle mirabolanti gesta di Fantomas che, per l'occorrenza, aveva assunto i connotati di Jean Marals. Nell'intervallo della proiezione, ci sono state le presentazioni. Ogni qual volta Marcel Allain declinava le proprie generalità, era un oh! di sorpresa a non finir mai. Come? Il padre di Fantomas era ancora in vita? Ma allora. doveva avere almeno un secolo! E giù di questo passo.

Marcel Allain ride ancora, qui nel suo immenso ed eterogeneo gabinetto di lavoro che è la stanza principale della buffa casa di granito in cui vive da una trentina d'anni. "Avrebbe dovuto vedere le loro facce! Avevano l'aria di chi all'improvviso si vede spuntar davanti un trapassato...". Del trapassato - le. fotografie che pubblichiamo lo dimostrano - Marcel Allain non ha assolutamente nulla. Ad 80 anni compiuti, colui che nel 1911 insieme con Pierre Souvestre creò Fantomas e che dal 1914 (anno della morte di Souvestre) continua da solo a raccontarne le terribili avventure può vantare ancora un incarnato fresco, dei polmoni d'acciaio (ha parlato con noi senza interrompersi per un'ora e mezza), una vitalità a prova di bomba. Alla base di queste eccellenti condizioni fisiche c'è un segreto: la serenità.

Vuole insegnarci ad affrontare l'ultimo viaggio

Allain è un uomo sereno: Ed è sereno perché ha una precisa coscienza dei suoi limiti di uomo di lettere. "Non Sono un vero e proprio scrittore - confessa subito - sono soltanto un aouseur, un tipo che fa divertire la gente. Punto e basta". Un amuseur talmente sereno che sta preparandosi a scrivere un libro che non assomiglierà a nessuno dei 497 romanzi che lo hanno preceduto. Si intitolerà "En partence". Destinazione: la morte. "C'è chi scrive una guida su come coltivare un giardino, altri vi rivelano tutti i segreti per diventare un eccellente alpinista: ad 80 anni, io sto ormai per far fagotto. Sono calmo e disteso: nelle condizioni migliori, dunque, per dar qualche consiglio a proposito del viaggio senza dubbio più importante della vita di un uomo, dell'unico viaggio senza ritorno...".

E' quasi certo che, avesse Marcel Allain dato retta a suo padre ("Dottore in medicina, dottore in legge, dottore in lettere: mio padre era una enciclopedia ambulante") la sua vita sarebbe stata assai diversa da quella che in effetti è stata: al termine di una grigia e monotona vita di avvocato, probabilmente non avrebbe avuto nessuna voglia di scrivere una guida "per prepararsi alla morte". La sorte ha voluto invece che la sua vita sia stata sempre interessante e movimentata e che, al termine di questa galoppata, egli abbia adesso (o ritenga dì avere) qualcosa di utile da dire a. coloro che per anni lo hanno ammirato semplicemente come l'inventore di Fantomas. Tutto è cominciato mezzo secolo fa.

"... Nel 1911 - precisa Allain. -Ero allora segretario di redazione a Comoedia, il maggior quotidiano di Francia nel campo artistico e letterario. Il mio direttore era Gaston Pawloski. Un tipo formidabile. Quando sentiva squillare il telefono sul tavolo, commentava tranquillamente: "Non rispondete. Deve essere qualche incosciente". Un tipo formidabile che, una volta, solamente per divertirsi, modificò un mio articolo dedicato a Baudelaire sostituendo al nome del famoso poeta il nome altrettanto famoso di Verlaine! Non le dico la valanga di lettere di protesta, il giorno dopo, Un po' come se in Italia qualcuno scrivesse un saggio su La Divina Commedia attribuendola al Petrarca...".

"La sua carriera 'giornalistica cominciò a Comoedia"?

"No: era cominciata sette anni prima. Nel 1904 - avendo respinto l'invito di mio padre a sposare una donna ricca che non amavo - avevo deciso di vivere col sudore della mia fronte. L'avvocatura non mi interessava: volevo scrivere. La mia prima novella comparve su un foglio che si chiamava Nos Loisirs ("I nostri svaghi"): me la pagarono 75 franchi, senza averla letta, semplicemente perché il direttore aveva fatto confusione fra me ed un noto attore che si chiamava egualmente Allain. Da Nos loisirs passai a collaborare al Petit Parisien, diretto da Lefage. Lefage non sapeva, sulle prime, che cosa esattamente farmi fare.

"C'era allora un personaggio di cui tutta Parigi parlava e che i migliori giornalisti avevano inutilmente cercato di avvicinare in carcere: "Casque d'Or", l'amante di un famoso gangster (ricorda il film che Jacques Becker ha tratto dallo stesso soggetto e l'interpretazione che del personaggio principale dette Simone Signoret?). Lefage scherzando mi suggerì: "Veda di. avvicinare "Casque d'Or...". Era una parola! Non mi persi comunque di coraggio. Facendomi forte del mio titolo di avvocato, indossai la toga e mi presentai al giudice istruttore, chiedendogli un lasciapassare per il carcere dove era stata rinchiusa la donna.

Neanche a pensarci, naturalmente. Non mi detti per vinto.

"Approfittando di una breve assenza del giudice istruttore, rubai uno dei lasciapassare che giacevano sul suo tavolo e con quello mi presentai alla prigione di "Casque d'Or". Potei parlarle. Credeva dapprima che fossi un informatore della polizia. Convintasi poi che io non ero che un avvocatino alle prime armi, mi raccontò un mucchio di cose divertenti. Feci il "pezzo" richiesto, lo presentai al mio direttore.

Uno scandalo alla base del successo

Lefage lo lesse e poi mi disse:

"Bravo Allain! Lei ha una immaginazione di prima classe. Come ha fatto ad inventare tutte queste cose?...". Non credeva ad una sola riga di quanto da me scritto. Per lui - era chiaro - Io "Casque d'Or" non l'avevo vista neppure da lontano. Mi batteva paternamente sulla spalla, continuando a congratularsi.per la mia fantasia... Lei non ci crederà. Ho avuto un bel ripetergli che, io; "Casque d'Or" l'avevo bell'e bene incontrata. Non ci fu niente da fare...".

"Il suo articolo dunque non uscì mai?".

"Mai. In compenso Lefage mi affidò altri reportages che peraltro furono altrettanti fiaschi. Fu comunque al Petit Parisien che feci la conoscenza di Pierre Souvestre che - lui - era già un giornalista affermato e conosciuto. Grazie a Pierre, fui assunto come "negro" a L'Auto - il maggior giornale sportivo dell'epoca. - E fu appunto nella redazione de L'Auto che avvenne per me l'incidente che avrebbe deciso della mia vita. Da qualche giorno mi occupavo della redazione di un feuilleton sportivo che si intitolava Le Rour…".

"Che significava Le Rour?".

Otto milioni in attesa del proprietario

"Niente. Non significava niente. Era una parola da me inventata. Il feuilleton era zeppo di cose inventate da cima a fondo ma Il suo motivo di attrazione consisteva in questo: sin dall'inizio avevo annunciato che grazie a Le Rour avrei denunciato un colossale scandalo prodottosi nel mondo sportivo francese. La cosa aveva messo a rumore gli ambienti sportivi e giornalistici. Un giorno Desgrange, il direttore de. L'Auto, mi chiama nel suo ufficio.. Accanto a lui vedo seduto un imponente signore che, dall'atteggiamento assunto, doveva evidentemente considerarsi molto importante. "Giovanotto - mi dice quel tale - io posso rovinare la sua carriera, posso spezzarle le reni. Io non voglio che lei riveli lo scandalo annunciato in Le Rour. Quel signore, non sapevo nemmeno chi fosse. Gli risposi quindi. che le sue minacce non mi facevano paura. "Lei non sa chi sono io!". Era nientemeno che Bunau-Varrilla, il potentissimo e temutissimo direttore de Le Matin, un quotidiano che egli era riuscito a portare in quegli anni ad 1 milione di copie. Bunau-Varrilla aveva in effetti qualcosa da rimproverarsi a proposito dl un concorso sportivo; una "pastetta" peraltro niente affatto grave. Di quella "pastetta" il bello è che io non sapevo assolutamente nulla. E glielo dissi. Rassicurato, Bunau-Varrilla mi strinse la mano e si congedò dicendo: "Avrà mie nuove, di qui a qualche giorno". Le ebbi. Artheme Fayard, che era allora il più grosso editore francese, mi scrisse dicendomi che, a seguito di un colloquio con Bunan-Varrilla, desiderava incontrarmi. Pensammo - io e Pierre Souvestre - che Fayard volesse pubblicare in libro Le Rour. Alla prova dei fatti, quello che egli voleva era un insieme di tre romanzi centrati su un personaggio misterioso e temibile; Fantomas, insomma. Per la verità, il personaggio ideato da me e Pierre Souvestre si chiamava Fantomus: ma Fayard - forse perché miope - lesse "Fantomas" anzichè "Fantomus" ed il nome sbagliato rimase. Si trattava di scegliere un cartellone pubblicitario per la nuova serie di romanzi. "Sceglietelo nella pila di disegni che ci hanno lasciato vari artisti in queste ultime settimane" suggerì l'editore. E' quanto facemmo, La nostra scelta cadde su un cartellone che vantava i meriti di una pillola contro la costipazione. Lo trasformammo leggermente; lo adattammo...".

Chi era l'autore del cartellone? >.

"Non lo si seppe mai. Aveva lasciato presso Fayard il disegno ma non il suo indirizzo. Non si è mai fatto vivo: è morto senza sapere che sette od otto milioni di franchi lo hanno invano atteso per anni presso l'editore Fayard. Eccoci dunque arrivati al primo "Fantomas": quello del 1911: Costava allora 7 soldi ad esemplare. Con Fayard, io e Souvestre avevamo fatto un contratto che prevedeva un compenso di 2.500 franchi. Usciti i primi "Fantomas", ci recammo ad incassare. Il cassiere, con un mezzo sorriso sulle labbra, fu categorico: "Non posso pagarvi. Rivolgetevi al padrone". Fayard non era disposto a pagarci 2.500 franchi: ma sorrideva anche lui.

Simbolo del crimine impunito

Mi risentii di colpo avvocato, lo minacciai di trascinarlo davanti ad un tribunale per violazione di contratto. Fayard continuava a sorridere. "No, Monsieur Allain, no, lei non mi trascinerà davanti a nessun tribunale...". Ed aveva cominciato intanto a scrivere uno chèque. Ero su tutte le furie: pensavo che l'editore volesse cavarsela a buon mercato, dandomi solo una parte del dovuto. Non ero disposto a cedere. Gettai comunque uno sguardo sulla cifra dello chèque che Fayard mi tendeva. Lessi: 25.000 franchi, dieci volte dì più del pattuito. Strabiliai, volsi lo sguardo verso Souvestre. Pierre prese lo chèque e lo lesse più attentamente di quanto lo avessi letto io. Fayard ci offriva non 2.500 franchi, non 25.000 franchi ma 250.000 franchi, qualcosa come 20 milioni di franchi attuali. Le lascio immaginare il mio stupore. Fayard rideva, divertito La smise per dirci: "Ma, benedetti figlioli, non sapete ancora che il vostro 'Fantomas' è il più strepitoso successo di cassetta del momento? Non sapete che debbo affittare delle tipografie per riuscire a stampare tutte le copie che le librerie mi reclamano? Fantomas si sta vendendo ad un milione di copie: 1 milione, avete capito?"...

"Era insomma il successo dall'oggi al domani. Quanti "Fantomas" lei ha scritto insieme con Pierre Souvestre?".

Ultracentenari i personaggi di Allain

"I primi 32: dal n. 33 al n. 44 sono esclusivamente opera mia. Comunque sia nella prima che nella seconda serie Fantomas è sempre rimasto lo stesso personaggio. Egli simbolizza il crimine impunito, il genio del male: c'è in Fantomas del sadismo, c'è l'avidità per il danaro, ma c'è soprattutto il gangsterismo elevato a genialità. Fantomas non è né francese né inglese né niente: quale sia la sua patria di origine, non si sa. Si sa solo che, in India, ha conosciuto Lady Beltham, moglie troppo giovane di un aristocratico britannico troppo vecchio, e ne è divenuto l'amante.

Lady Beltham corrisponde all'amore di Fantomas-uomo, ma respinge il Fantomas-criminale, e farà sempre tutto il possibile perché i suoi delitti non si realizzino. Ecco perchè spesso Lady Beltham è l'alleata di Juve, il poliziotto che si batte contro Fantomas. Gli altri principali personaggi dei miei libri sono Helène, la figlia di Fantomas, e Fandor, il giornalista amico di Juve; Helène ama Fandor e ne è riamata ma non può convolare con lui a giuste nozze perché Fantomas le ha giurato che il giorno in cui Fandor diventerà suo marito quello sarà il suo ultimo giorno di vita. Fra Fandor eterno fidanzato ma vivo e Fandor marito per un solo giorno, la povera Helène dovrà ovviamente contentarsi del primo...".

"Un amore destinato a non finir mai, dunque...".

"Esattamente. A questo proposito le racconterò una storia divertentissima. Giorni or sono ho ricevuto una lettera da una ammiratrice di Fantomas. Mi diceva: "Cher Monsisur, mi sono sbizzarrita a contare quante volte - parlando di Fandor - lei usa l'espressione "Sei mesi dopo" oppure "L'indomani" oppure "Un anno più tardi". Ebbene, facendo la somma di tutti questi lassi di tempo, risulta che Fandor ha ormai la 'bellezza di 186 anni: età più che sufficiente - penso - per farlo sposare con Helène".

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