Mario Graibanous
Ertegun: What’d i say. The
Atlantic story
Ahmet M. Ertegun, figlio
dell’ambasciatore turco negli Stati Uniti all’epoca di Roosevelt, arrivò a
Washington – dopo esser stato in Svizzera, a Parigi e a Londra - quando aveva 12 anni. Nato nel 1923, si
laureò in filosofia seguendo i corsi delle università di Annapolis e di
Georgetown. Si sarebbe dovuto dedicare, come il padre, alla carriera
diplomatica, ma si appassionò alla musica jazz e al blues. Ahmet M. Ertegun
divenne il fondatore della Atlantic Records, un’etichetta discografica che non
ha bisogno di commenti, tanto è legata alla storia musicale (e a quella degli
steccati razziali) della seconda metà del XX secolo.
Quando ragazzino Ertegun
cominciò ad appassionarsi alla musica americana, soprattutto di quella nera,
passò innumerevoli giornate alla ricerca delle vecchie incisioni. Si mise anche
ad organizzare cene all’ambasciata per poter conoscere Louis Armstrong o Duke
Ellington. Passato a New York, bussò a tutte le porte di Harlem, alla ricerca
di dischi e testimonianze. Nel 1947, coi soldi di un amico odontotecnico, come
lui appassionato di musica nera, Herb Abramson, decise di far evolvere la sua
passione in un’attività imprenditoriale. Così nacque la Atlantic. La prima sede
fu la casa di Ertegun nella cinquantaseiesima strada. Nel 1949, Ertegun e
Abramson riuscirono a piazzare un primo hit nelle classifiche nazionali:
un nuovo arrangiamento di Drinkin’ wine spoo-dee-o-dee realizzato
da Stick, il fratello di Brownie McGhee. I due soci organizzarono diverse
spedizioni nel Sud e, con la collaborazione di Jesse Stone quale arrangiatore,
contribuirono a trarre dalla tradizione blues quel suono che con Bill Haley,
Elvis, Carl Perkins ecc. sarebbe diventato il rock and roll. Uno dei primi
grandi personaggi dell’Atlantic fu Big Joe Turner, famoso souther di
Kansas City fin dagli anni venti. Il suo primo successo con l’Atlantic, Chains
of love (1951), fu scritto dallo stesso Ertegun. Nel 1954 Big Joe
incise Shake, ratte and roll, che fu portata al successo anche da
Bill Halley con la Decca. Nel
1953 Herb Abramson – il quale va anche ricordato tra i fondatori della National e della Jubilee – dovette partire
per il militare, finendo per essere costretto a cedere la sua quota
dell’azienda. Ertegun fu allora affiancato da Jerry Wexler. “Lo staff
dell’Atlantic”, ha scritto Charlie Gillette, “ha dimostrato un intuito per
stili musicali e pubbliche preferenze senza confronto nella storia musicale dal
dopoguerra in poi” (The sound of the city, Souvenir Press, London
1983). A Big Joe Turner si aggiunsero i Drifters, Prof. Longhair, King Curtis,
Ruth Brown, la Vern Baker, Bobby Darin, Ray Charles, Salomon Burke, Wilson
Pickett, Aretha Franklin, Coltrane, Ornette Coleman, Cream, Led Zeppelin e una grande
quantità di altri artisti. Il periodo aureo della casa furono gli anni
sessanta, quando dire soul e dire Atlantic era pressoché la stessa cosa . “In
quell’epoca”, ha scritto Peter Guralnick, “la Atlantic rappresentava ormai il
centro riconosciuto della musica soul – del soul del Sud – essendo diventata la
nuova etichetta di Joe Tex … e offrendo il terreno di crescita a Otis Redding e
all’intero sound di Memphis, che stava prendendo d’assalto l’industria
del disco. Tra il 1962 e il 1967 l’Atlantic incrementò le vendite del 500 per
cento, soprattutto grazie alla sua quota in continua espansione del mercato del
soul; due terzi dei singoli della casa,
e metà dei suoi album, erano diretti al pubblico nero. Nel 1967,
diciotto delle canzoni soul Top 100 appartenevano all’Atlantic” (Soul
music, Arcana editrice, Milano 1987).
Questa storia rigogliosa è
oggi lo stesso Ertegun a raccontarcela in un libro di gran mole uscito il
giugno dell’anno scorso: What’d i say. The Atlantic story. Welcome Rain l’editore. Ertegun
è coadiuvato da altri. Greil Marcus, ad
esempio, che ripercorre i primi anni dell’etichetta. Ci sono inoltre scritti e
testimonianze di Nat Hentoff, Lenny Kaye, Robert Gordon, Robert Christgau,
Vince Aletti, David Fricke, Will Friedwald e Barney Hoskyns. Il volume è stato
compilato da Perry Richardson e disegnato da Marc Balet. Realmente abbagliante
è la grande quantità di immagini che serpeggiano fra le sue 560 pagine.
Quando a Londra il papà
disse a Ahmet che si sarebbero trasferiti negli Stati Uniti, lui esclamò:
“ringrazio Dio. Sto per andare nella terra dei Cowboys, dei gangsters di
Chicago, degli indiani, delle bellezze nere e rapate, del jazz”. Nel 1987
avrebbe ottenuto un riconoscimento ufficiale per il ruolo pionieristico svolto
nella diffusione della musica contemporanea. Nel 1991 venne insignito del
dottorato onorario in musica dal Berklee College of Music di Boston e nel 1993
fu omaggiato dalla National Academy of Recording Arts & Sciences. Attivo in
diverse organizzazioni culturali e filantropiche (American Turkish Society,
Children's Storefront School of Harlem, Parrish Art Museum, American Hospital
of Istanbul e svariate altre) Ertegun è oggi membro della Rhythm & Blues
Foundation ed è il principale fondatore, nonché attuale presidente, della Rock
and Roll Hall of Fame Foundation.