Charles de Jacques

obsolescenza situazionista 2

Mentre la Francia si appresta a celebrare il secondo centenario della nascita di Victor Hugo e già s’affaccia una nuova monumentale biografia (Jean-Marc Covasse, Victor Hugo, tome 1: Avant l’exile, 1802-1851) della quale sono uscite da Fayard le prime 1416 pagine; mentre l’ottantenne Robbe-Grillet torna al romanzo con La reprise (Minuit) e Olivier Corpet raccoglie da C. Bourgois (Alain Robbe-Grillet, Le voyageur, textes, causeries et entretiens 1947-2001) svariati testi e interviste; mentre si pubblica postumo l’ultimo libro (Pas à pas jusqu’au dernier, Mercure de France) di Louis-René des Forets, morto nel dicembre del 2000, e la NRF gli consacra (ottobre 2001) un  numero; mentre, con un titolo da “cause célèbre”, quale d’altra parte merita, esce una biografia di Lacenaire (Anne-Emmanuelle Demartini, L’affaire Lacenaire, Aubier) il repubblicano ladro e assassino, nonché poeta apprezzato da Balzac e Stendhal e in seguito amato da Breton e Prévert; mentre Symon Leys – l’autore di Les habitus neufs du président Mao assembla da Gallimard quattro saggi letterari  in  Protées et autre essais; mentre dunque gli eventi letterari in Francia non mancano – e mentre per giunta i francesi devono smettere di pensare in Franchi e si trovano nel contempo ad assorbire, loro così orgogliosi di porre degli steccati “all’invadenza culturale americana”, l’onda d’urto sprigionatasi dal crollo delle torri nuovaiorchesi – i situazionisti e Guy Debord continuano a far capolino fra i protagonisti dell’industria culturale. Sembrano quasi la nebbia londinese di Whistler secondo Oscar Wilde (o quella di Milano per Totò) che si è cominciata a vedere quando è stata dipinta (quella di Totò, “come disse Mezzacapa”, c’è ma non si vede).

Il fascicolo di “Magazine litteraire” del giugno dello scorso anno era prevedibile. Un atto dovuto, a quel punto. Prevedibili, per altre ragioni, anche le preziose ristampe approntate dalle edizioni Allia di Gerard Berreby, ma ci muoviamo qui su un terreno diverso, più intrinseco ai soggetti e a una filologia che prescinde dalle fortune del momento. Lo stesso lancio francese che la casa editrice ha fatto di scrittori come Nick Tosches sembra più il frutto di un sillogismo (il critico e storico del rock and roll Greil Marcus ha scritto dei situazionisti; Tosches ha scritto di rock and roll; quindi …) che di una propensione vera e propria. A parte questo, non c’è che da sostenere l’infaticabile lavoro dell’editore che ha stampato La génese naturelle di Asger Jorn (prefazione di Alice Debord, vedi la nostra circolare del 2001) e sempre di Jorn ha ristampato opere imprescindibili come Pour la forme e Fin de Copenhague di Jorn e Debord (la prefazione di Gerard Berreby a questa nuova edizione è anch’essa sulla nostra circolare del 2001). A Jorn è anche dedicato il libro di Laurent Gerverau Asger Jorn. Critique de l’image quotidienne, dovuto alle edizioni Cercle d’Art che peraltro hanno in catalogo diverse opere di Constatnt (vedi la nostra circolare del 2000). Gervereau è anche il curatore della mostra La planète Jorn tenutasi a Strasburgo fra l’ottobre 2001 e il gennaio 2002 (catalogo Adam Biro).  Allia ha invece pubblicato Défense de mourir , catalogo (400 pagine con alcuni testi inediti) di una retrospettiva dedicata a Gil Wolman, il vecchio compagno lettrista di Debord.

Una curiosità è Trace, revers, écart (gli editori, Sens & Tonka, hanno altri testi di interesse situazionista in catalogo) attribuito a un improbabile Guy Debore (sic), in realtà un esercizio stilistico di dètournement concepito come una sorta di seguito a Panégyrique di Debord (con la “d”) da Jean-Marie Apostolidés, professore a Stanford, uomo di teatro, autore di libri su Luigi XIV, su Tintin, su Unabomber. Apostolidès - che recentemente ha ottenuto ottime recensioni ad un suo libro di memorie nel quale, abbozzando la figura del padre, medico militante dell’Action française, ha tratteggiato contemporaneamente l’idea d’una certa Francia cattolica – ha al suo attivo anche Les tombeaux de Guy Debord, précédé de Portrait de Guy-Ernest en jeune libertin, pubblicato un paio d’anni fa da Exil (lo scrittore è stato fra l’altro uno dei numerosi relatori del Guy Debord Symposium che si è tenuto al Zentrum für Kunst und Medientechnologie di Karlsruhe nel 2001). Il biografo di Debord - nonché attore e giornalista, autore di svariati volumi, fra i quali le guide “alternative” di Londra e Parigi - Christophe Bourseiller (Vie et mort de Guy Debord, Plon 1999, oggi disponibile anche in versione tascabile, ed. Pocket) è invece il curatore di una nuova rivista “Archives – documents situationniste” la quale, dedicandosi nel primo numero a questioni periferiche ma spinose, nella fattispecie i “nashisti”, vale a dire i situazionisti abusivi (un’intervista a Jacqueline de Jong di “Situationnist time”) sembrerebbe rivelare con tutto il sommario (Les temps situationnistes, entretien avec Jacqueline de Jong § Note sur The Situationist Times § Les sommaires de The Situationist Times § Récupération à tous les étages. L'Internationale situationniste, Guy Debord et l'extrême droite, par Christophe Bourseiller § Le pianiste furtif de l'IS, entretien avec Pierre-André Taguieff § This is actually happening (Ça se passe pour de vrai). Debord sur scène à New York, par Guillaume Godard § L'imaginisme et le nucléaire, par Enrico Baj § Livres et publications – Bibliographie) intenzioni poco canoniche.

Dulcis in fundo, un nuovo saggio su Debord pubblicato da Fayard, Guy Debord, la révolution au service de la poésie di Vincent Kaufmann, dell’università svizzera di Saint-Gall, già autore di Poétique des groupes littéraires,  Avant-Gardes 1920-1970 (Presses Universitaires de France, 1997) che, partendo da Mallarmé arrivava (passando, fra l’altro, du mythe au mathème, attraverso Lacan) ai situazionisti (anges de pureté). Scriveva Kaufmann : ”Ho mancato la Comune ed ero ancora bambino nel maggio 68,  la sua mitica replica promossa al rango di paradiso dell’arte realizzata dai situazionisti”.  … “lo stesso prestigio dei situazionisti, così a lungo esemplarmenente irrecuperabili, è in netto rialzo e il riciclaggio di Debord in stilista squisito o in figlio spirituale del cardinale di Retz segue il suo corso. Nella storia delle avanguardie è più facile dire che fare meglio, e i progressi in purezza e irriducibilità sono assai lenti”. … “Non vedo niente di scioccante in Debord …” … “Essi (i situazionisti) non fanno che ripetere la storia delle avanguardie, così ricca di crescendo polemici: nient’altro, insomma, che dispute di famiglia”. Il nuovo libro amplia, com’è ovvio,  ciò che nel vecchio era solo poco più di una traccia e già nel titolo rivela il punto d’arrivo. Per Debord l’Internazionale situazionista sarebbe stata anche un ingombro e l’unica vera preoccupazione della sua vita (una vita complessivamente felice, anche nell’amore) fu lo stile. In nessun altro periodo come quello giovanile del lettrismo, Debord sarebbe riuscito con  la stessa freschezza a mettere la rivoluzione - capovolgendo il proposito surrealista – al servizio della poesia.