Wolf Bruno
bibliodelitti
Mario
Baudino: NE UCCIDE PIÙ LA PENNA. Storia di crimini, librai e detective.
Rizzoli, 2011 | Umberto Eco: COSTRUIRE IL NEMICO. Bompiani 2011
Da
categoria avvinta morbosamente alla propria passione, quella dei blibliofili - a
lungo vissuta in appartata distinzione, tormentata dalle invidie, avvertita
dalle prime edizioni, propugnatrice di meriti trascurati quando non fossero
trascurabili, solo vagamente interessata ai contenuti ma presuntuosa, di fondo
accessoria ma con qualche utile sfavillio - sembra ormai contendere ai
collezionisti d'arte quel tipo di supposta rispettabilità determinata da
equivoche angustie di ricercatezza. Si sono diffusi, anche in Italia, episodi
di letteratura romanzesca che vanno a lisciare tali sentimenti con la pretesa
di un'originalità incapsulata in pillole di sapienza bibliografica. Un demerito
di Ne uccide più la penna, il libro che Mario Baudino ha offerto al tema
della bibliofilia e dei delitti, è di non trattare con la dovuta severità
questa letteratura. Un altro è quello di confinare Bernie, il topo
d'appartamento e libraio dei romanzi di Lawrence Block, nella superficiale coda
di un capitolo (avverto tuttavia che se la precedente era una soggettiva
sentenza questa è invece una personalissima amarezza). Non è però il caso di
essere troppo rigidi con Baudino. Alcune parti, che poi sono il grosso del
libro, come quelle su Rex Stout, Raymond Chandler, Dorotyhy L, Sayers, John
Dunning, Augusto De Angelis, Elizabeth Daly, appagano davvero, solide sul piano
informativo e abili in talune divagazioni (quando tratta l'horror nella
fattispecie del Carnacki di Hope Hodgson, per esempio).
Sento
ad ogni modo il bisogno di insistere nel disapprovare quel tono di affettuosa
indulgenza che viene profuso in questo come in altri libri sulla bibliofilia,
senza sfiorarne minimamente la realtà. E mi spingo senza remore a fare
altrettanto con l’ultimo libro di Umberto Eco, che pure, fra gli ultimi, mi è
sembrato essere il migliore (Costruire il
nemico). E’ una raccolta di scritti occasionali, in specie testi di
conferenze. Eco non vi manca di tornare sulle vicende legate al Gruppo 63 e mi
è parso farlo con prudente reticenza circa la reale portata delle polemiche di
quarant’anni fa.
A
Eco è venuto a mancare con gli anni quel sottofondo che rendeva piccante il
solo trattare coi mezzi dell’alta
accademia gli elementi socio-culturali considerati più vili. Ma, tratti di quel
che vuole, lo scrittore illustre sembra
parlare ormai proprio e soltanto di bibliofilia (segnalo che la stessa Bompiani
editrice del volume, ha mandato in libreria, sempre di Eco, La memoria Vegetale, esplicitamente
destinato a questa) col suo tono ammiccante ma da primo della classe che non
resiste all’esibizione erudita. Viene così il sospetto che non abbia mai
parlato d’altro e lo abbia fatto sempre nel modo vacuo di questi scritti. Alla
fine tutte le pretese scientifiche della semiologia hanno di verificabile solo
il nome di un autore, il titolo di un libro, il suo stampatore, la data della
prima edizione.