Carlo Luigi Lagomarsino
Artistismo
Vincenzo Trione: ARTIVISMO
Arte, politica, impegno. Einaudi 2022 | Ugo Nespolo: PER NON MORIRE
D'ARTE. Einaudi, 2021 | Pablo Echaurren: ADOTTA
UN ARTISTA E CONVINCILO A SMETTERE PER IL SUO BENE. Kellermann,
2021
"Il sonno della ragione genera mostre" (Echaurren). C'è un fantasma che si aggira per musei, collezioni private, gallerie, principali medium che viene chiamato "arte contemporanea". Privo dell'ausilio di penombre e tavolini traballanti si avvale piuttosto di muri e ambienti imbiancati che si pensa abbiano a conferirgli autorevolezza e forza simbolica nel paradigma dei grandi significati e del buon affare. Basta crederci e le attese non saranno deluse in termini di prestigio personale, tornaconto, differimento dal bruto economicismo alle finezze intellettuali, eleganza, autostima, potere. Non ha alcuna importanza quel che c'è di illusorio, importa essere supponenti e, all'occasione, spietati con chi ne rimane fuori. La superbia, qualche rara volta incongruamente travestita da ironia, fa parte del gioco e giocare equivale a darla a bere per vivere al meglio. Di fatto non si va oltre a contorte raffigurazioni di qualche motto di spirito solo che il motto di spirito è di gran lunga più efficace della rappresentazione. Ma Vincenzo Trione, docente d' arte contemporanea e titolare di altri titoli, ovviamente prestigiosissimi, vuol convincere i suoi lettori che tutto ciò che rischia di apparire deprecabile si aggiusta con l'impegno politico, il presunto collateralismo a fumetti e cinema, la buonafede di qualche nome sul quale si possa giurare.
A due artisti italiani molto noti ancorché trasversali - e accomunati, direi, da uno spirito genuinamente fanciullesco - come Echaurren e Nespolo, il quadro (dei quadri e di tutto il resto altrimenti inquadrato) appare sensibilmente diverso rispetto ai vagheggiamenti del docente. Echaurren opta per l'attacco frontale in una chiave allegramente (leggesi "felicemente") libellistica: "Ogni selce scheggiata contiene più creatività di una fiera d'arte". Ben detto. Oltretutto mica è chiaro cosa si intenda come "arte". Pittura e scultura si sono appropriate del vocabolo e pappagallescamente lo ripetiamo. È dagli albori dell'"età moderna" che lo facciamo. Circa alla metà del secolo scorso quel ciclo si era di fatto concluso ma i troppi interessi hanno fatto sì che artificiosamente continuasse e si continuasse a parlare di arte fino a includervi installazioni e teatrini comportamentali. Nespolo, in testi in gran parte già letti altrove ma qui rielaborati con ricordi autobiografici, lo fa in maniera garbata commemorando senza malizia un non troppo lontano passato in cui qualcosa di eroico possa effettivamente esserci stato nell'impegno pubblico degli artisti. La buona educazione non regge tuttavia il confronto con lo sberleffo, cosa che Echaurren non risparmia. "L'umiliazione per un artista", osserva, "non è nell'essere venduti ma nel non essere acquistati"." Gli artisti oscillano nel definire i loro prodotti; c'è chi li chiama 'opere' (presumendo di passare d'un tratto dalla cronaca alla Storia) e chi 'lavori' sentendo una maggior vicinanza con il popolo, con la fatica e la nobilitazione comporta". "In quanto merce perfettissima", l'arte "deve proporre in continuo novità da consumare".
Non stupisce che la "nota a margine" (che possiamo anche chiamare "postfazione") al pamphlet la si debba a Gianfranco Sanguinetti, l'ultimo dei situazionisti sopravvissuti alla véritable scission dei primissimi anni Settanta: "Ciò che si può rimproverare all'arte contemporanea non è di esser morta in quanto arte ma di non aver saputo fare della propria morte qualcosa di più alto di ciò che insiste a chiamarsi arte".
Per “Fogli di via”