Genesio Tubino

L'amazonizzazione del mondo

Alec MacGillis Fulfillment: Winning and Losing in One-Click America (Farrar, Straus and Giroux 2021)

Percorrendo l'Interstate 95 ai tempi della guerra al corona virus e del confinamento stretto MacGillis trovò una conferma ai propri sospetti: pochi veicoli, parecchi camion e buona parte di questi col marchio Amazon inviati a spostare rifornimenti, più o meno essenziali, per le truppe civili chiuse in casa. Il resto è noto: crescita enorme dei ricavi di Jeff Bezos e dei fondatori-proprietari delle grandi aziende tecnologiche basate soprattutto a S. Francisco e Seattle. Verso il gigante Amazon, uscito dalla crisi pandemica più forte ed egemonico di come vi era entrato, si indirizzano ormai da tempo accuse e lamenti che, amplificati globalmente, riecheggiano quelli rivolti a Walmart al tempo della distribuzione e dislocazione prevalentemente fisica dei prodotti: chiusura progressiva dei negozi di vicinato in primis, e poi lavoro sottopagato, comportamenti antisindacali, luoghi di lavoro spesso insicuri (algoritmo della produttività, più algidamente), desertificazione del tessuto sociale e via discorrendo. Tra parentesi, sicuramente peculiare alla migrazione degli acquisti online è l'effetto distruttivo sui media, stampa locale in primis, privata dei ricavi pubblicitari dei piccoli annunci, suo prevalente quando non unico sostentamento.

All'origine del vantaggio competitivo di Amazon, suo crimine originario, c'è comunque il gioco ad evadere, nelle pieghe dei regolamenti e contratti spesso scritti ad hoc, il pagamento delle tasse; poi, a consolidare la cosa, la ricerca di crediti d'imposta e sussidi presso i governi locali in cambio dell'insediamento di nuovi magazzini o data center (e la conseguente assunzione di manodopera resa disponibile dalla chiusura delle industrie eliminate dal gioco della globalizzazione).L'elusione fiscale consentita dalle norme e gli incentivi, offerti da amministratori che gareggiano in servilismo pur di raccogliere le briciole di una tassazione compiacente e accomodante verso le grandi web companies, sono il tocco finale nella lista delle deprecazioni.

Al comportamento predatorio verso i concorrenti si accompagna dunque la faccia draconiana volta all'organizzazione interna: insieme consentono all'insegna Amazon di attrarre traffico e denaro del cliente stregato da un'efficienza venduta come cura e dedizione personalizzate.

Suo vanto, adempiendo i desideri, è corrispondere al meglio alle preferenze d'acquisto di un consumatore profilato in ogni sfumatura. Ma è col controllo dell'informazione, riguardo innanzitutto alla formazione dei prezzi, sempre più arbitrari quando non insensati, che conseguentemente si allarga la possibilità di governare le nostre vite. Parlando della concentrazione e dei monopoli dell'economia digitale, là dove finiscono le speranze dell'economia libertaria, qualcuno si è spinto ad evocare la situazione sovietica del 1987, con economisti americani accademici e no a difendere un inganno neoliberista che non sta più in piedi. Raccontano, per quel che vale, alcuni sondaggi che tra i repubblicani americani Amazon sia l'istituzione più fidata dopo i militari e la polizia; per i democratici addirittura la prima: con questo il futuro degli Usa è sistemato.

L'autore ammette che la storia dell'azienda, partita come distributrice di libri ed ora soprattutto fornitrice di servizi internet e logistica, non è la sola responsabile dell'imbroglio in cui oggi si trovano gli Stati Uniti, ma la vicenda Amazon offre una buona cornice per disegnare un futuro che ci riguarda, a partire dalla smaccata sproporzione tra i guadagni della proprietà e quelli dei lavoratori che, braccialetto elettronico o meno, inscatolano la merce ordinata. E prima ancora che questa sproporzione tra redditi, la recente storia mostra un distacco accentuato tra le poche aree geografiche economicamente affluenti e le tante “lasciate indietro”. Differenze nei benefici e nelle opportunità di crescita che, non più distribuite nei diversi stati, plasticamente si riassumono nel gigantismo di poche imprese in grado di fare la fortuna di popolazioni impiantando o delocalizzando le proprie insegne. Accoppiandosi la concentrazione economica alle diseguaglianze regionali, il caso Amazon viene assunto dall'autore come prisma attraverso cui considerare un gioco a somma zero. Ricoprire con uno strato di Amazon crepe e nodi di un legno già compromesso per altri motivi in alcune pagine dà l'impressione di proiettare l'ombra di Mabuse sul profilo di Bezos, ma si può concordare sul fatto che “Amazon” è il nome di un malessere diffuso, la cosa, nel corpo di un'America ridisegnata verso il basso. Con un solo annuncio, Amazon è in grado di modellare il paesaggio delle opportunità professionali ossia il futuro degli abitanti degli Stati Uniti, viste le politiche di stati sempre più intimiditi ed esitanti: tasse e costi di licenze locali tagliati in cambio di speranza (di lavoro, di futuro).

Spostandosi lungo gli S. U. MacGillis sottolinea quale sia il vero costo del conveniente click sul sito Amazon, le conseguenze nascoste e pesanti come un tempo si diceva, della snella economia internetiana. Cosa succede nello spazio fisico e nel tempo vissuto tra un click sul pc e l'arrivo della consegna sul pianerottolo di casa? (Di sicuro, dice la vulgata, qualche lavoratore sarà costretto a far pipì in una bottiglia pur di non urtare la suscettibilità di un algoritmo). Quanta interazione umana è andata persa? Un libro anche di geografia, un ritratto paesaggistico di stati devastati dall'insultante opulenza, ormai a livello di fantascienza distopica, dei Bezos o dei Musk (non casualmente interessati più alla corsa spaziale che alle basse vicende terrestri) ma oltre le deprecazioni, spera l'autore, bisogna rafforzare le disposizioni antitrust e costringerli a pagare le tasse, se non vogliamo aggiungere pagine al libro dell'orrore. Riconoscere l'uscita dal mondo smithiano o almeno indicare apertamente la smaccata visibilità della famosa mano, fino a ripetere, per Amazon, quel che da noi si diceva mezzo secolo fa per la Fiat e cioè che quanto è utile e gratificante per Amazon è un fallimento per il pubblico, americano oggi, globale domani. Che si distribuisca dunque la ricchezza prodotta se davvero si crede nelle virtù della rete decentrata: tale l'auspicio quasi certamente disatteso.