Ci è parso di particolare interesse il seguente saggio, non firmato, apparso sul n.2 (2012) di “Connessioni per la lotta di classe” (Redazione: connessioni@autistici.org). Esplicito ed incisivo nella sua impostazione ideologica e/o teorica, lo è altrettanto nella ricostruzione storica e sociale nella quale coinvolge alcune opere di immaginazione, specialmente cinematografiche. Tralascia tuttavia di affrontare il ruolo che proprio nel campo immaginativo ebbe l’opera di William Seabrook – giornalista, viaggiatore ed occultista della “generazione perduta americana – il cui The Magic Island del 1929 fornì di elementi stuzzicanti le successive fantasie, tanto da ispirare da lì a poco il film diretto da Victor Halperin che è citato. Medesima sorte è riservata all’antropologa e romanziera  Zora Hurston, che se studiò il Vudu nella sua versione statunitense, affermò in ogni modo di esser riuscita a fotografare una zombi ad Haiti. Per altro la stessa Maya Deren, cui si deve un celebre documentario, è citata solo in bibliografia e solo in bibliografia è d’altra parte riportato, benché ideologicamente affine ai propositi degli autori, The Black Jacobins (1938) di C.R.L James. Ciò comunque non toglie nulla a quel che abbiamo affermato all’inizio.

(…)

Zombi e proletariato

Quale dunque sarà il metodo? Quello della dimostrazione teorica, della cultura? Dovremmo aspettare vari secoli ancora per “preparare il proletariato”? No, perdio, la via della propaganda non è la teoria ma il sentimento, in quanto questo è il riflesso spontaneo dei bisogni materiali nel sistema nervoso degli uomini Amadeo Bordiga

Gli zombi sono entrati nell’immaginario comune a livello mondiale grazie alla ampia filmografia di genere a loro dedicata. Hanno incarnato via via nel tempo le paure e le paranoie dell’uomo moderno così da diventare parte integrante della cultura popolare occidentale.

La figura dello zombie non è isolabile in un’unica tradizione, nasce in contesto caraibico per poi approdare in territori inediti dell’immaginario occidentale come la campagna e la provincia nord americana, fino alla metropoli.

Lo zombie, morto che riprende vita, è una figura diffusa nella religione vudu caraibica, culto che ha le sue origini nelle pratiche e credenze provenienti per lo più dall’Africa orientale e importate dagli schiavi neri. I riti di origine africana si sono inseriti nel contesto del America centrale e meridionale proprio durante la deportazione di schiavi, che riuscirono a conservare il proprio retaggio religioso, profondamente dinamico e inscrivibile in altri contesti. Le religioni nere mantennero soprattutto due denominatori comuni ai loro rituali originari. Il culto degli orixas, specie di divinità o demiurghi dotati di particolare energia ereditati soprattutto dagli Yoruba della Nigeria, e il culto degli antenati di origine bantu: l’attaccamento alla parentela. Nella religione vodu si sono fusi inoltre elementi del cristianesimo importato da missionari e colonizzatori.

Il tratto determinante delle religioni quali il vudu di Haiti è indubbiamente il sincretismo, sempre attivo: la reazione verso nuovi culti, il cattolicesimo, e altre religioni è incorporante e assimilatoria.

Secondo la tradizione haitiana può diventare zombie chiunque muoia di morte innaturale. Dal punto di vista emico la persona è composta da un corpo, da un gros-bon-ange (doppio spirituale del corpo) e da un ti-bon-ange, lo spirito. La credenza negli zombie non è paragonabile alla risurrezione cristiana. Il corpo, corruttibile, appartiene al mondo della materia e con la morte ritorna ad essa, può essere animato solo da un anima o posseduto da un loa (1). Quello che spaventa maggiormente i credenti della religione vudu non è l’incontro di uno zombie ma la possibilità di diventarlo. Secondo questo sistema religioso non è un veleno a causare la condizione di morto vivente ma piuttosto la performance di un rito magico condotto dal bokor (2).

Si è diffusa un idea di zombie, al di fuori del contesto caraibico per cui i non morti essendo privi di anima sono temibili, caratterizzati dall’assenza di moralità. Questa idea crea una grande confusione sulla funzione dello zombie poiché piuttosto che essere strumenti del male essi sono una specie particolare di schiavi da adoperarsi nel lavoro di fatica e nei campi. Per i credenti nella religione vudu poter essere trasformati in zombie è una terribile minaccia. Lo zombie è l’incarnazione di ciò che per la cultura haitiana va disprezzato: la perdita dei poteri di percezione, valutazione e controllo di se. In questo senso, per ridurre la possibilità di creare zombie vengono svolti riti funerari molto accorti e particolareggiati finalizzati ad evitare la risurrezione fisica e la condizione di falsa vita o falsa morte.

White Zombie (in italiano L’isola degli zombie) dei fratelli Harpelin è uno dei primi film della storia del cinema dove compaiono i morti viventi haitiani. Uscito nel ‘32 e ambientato ad Haiti, racconta la storia di un imprenditore bianco che, grazie all’aiuto di un esperto in pratiche magiche degli isolani, ha reso zombie degli autoctoni facendoli lavorare come schiavi nelle piantagioni di canna da zucchero e in fabbrica nella raffinazione del prodotto. Lo zombie rappresenta nella cultura haitiana la perdita del potere decisionale su se stessi, in definitiva questa figura si è profondamente legata a quella dello schiavo africano delle piantagioni, deumanizzato e soggiogato al lavoro incessante nei campi, senza possibilità di evasione e di scelta.

 

Il vudu come resistenza

I fenomeni religiosi vanno interpretati nella loro componente dialettica, sia come forma di resistenza e di emancipazione sia al contempo come anestetico dell’emancipazione stessa: “La

miseria religiosa è, da un lato, l’espressione della miseria effettiva e, dall’altro, la protesta contro questa miseria effettiva. La religione è il gemito della creatura oppressa, l’animo di un mondo senza cuore, così come lo spirito d’una condizione di vita privata di spiritualità. Essa è l’oppio per il popolo”, K.Marx, Critica della filosofia del diritto di Hegel

La religione vodu ha avuto un ruolo di primo piano nella battaglia contro lo schiavismo, il colonialismo, l’ingerenza del cristianesimo e più di recente verso il controllo delle élite cittadine sulla popolazione contadina.

L’isola di Santo Domingo, allora Hispanola, fu la prima porta d’accesso al Nuovo Mondo quando Colombo vi sbarcò e venne presto rivendicata dalla corona spagnola. La riduzione in schiavitù della popolazione indigena ebbe come conseguenza una drastica diminuzione della popolazione autoctona, causata da condizioni di vita insostenibili. La mancanza di manodopera venne via via sopperita con l’importazione di schiavi dall’Africa, mentre il governo spagnolo perse gradualmente interesse per l’isola, favorendo territori dell’America meridionale e centrale ricchi di oro e argento.

Nella prima metà del XVII secolo i francesi incominciarono a colonizzare l’isola rivendicando il dominio della parte occidentale, l’odierna Haiti, che venne ceduta formalmente alla corona francese nel 1697. La popolazione di Haiti al tempo era costituita prevalentemente da schiavi neri nati in Africa, impiegati nella produzione di canna da zucchero di cui Hispanola ebbe il primato della produzione mondiale. A causa delle insostenibili condizioni degli schiavi l’aspettativa di vita non permetteva una riproduzione sufficiente a sopperire il fabbisogno di manodopera sull’isola.Sono ben note ormai le condizioni disumanizzanti dello schiavismo coloniale nelle Americhe, chi tentava di sottrarsi a questi trattamenti brutali, se scoperto, rischiava torture, pubbliche umiliazioni con il benestare della chiesa cattolica, e infine l’esecuzione. Questo atteggiamento dei bianchi non impedì la formazione gruppi di maroons, schiavi fuggitivi, che riuscivano a scappare dalle piantagioni dove venivano sfruttati con l’intento di non tornarci più se non per scorribande e rapine. I maroons vivevano in montagna in comunità o come fuggiaschi solitari. È interessante notare che proprio queste comunità di maroons diedero vita a una serie di rituali, pratiche e credenze, mutuate dalle tradizioni dell’Africa orientale da cui gli ex schiavi provenivano, che sono sopravvissute fino ad oggi, con molti mutamenti, e che definiscono la religione vudu.

Questi gruppi di ex schiavi, denominati maroons si nascosero nell’entroterra dell’isola, sulle montagne ricoperte di foreste e fondarono piccoli gruppi di fuggitivi, senza correre non pochi rischi. I maroons vivevano in campi fortificati circondati da palizzate e ampi fossati. Erano contadini, coltivavano orti rendendosi quasi autosufficienti, un’altra fonte si sostentamento era la pratica di raid nelle piantagioni. Se i fuggitivi solitari erano una mera irritazione per i francesi, questi maroons organizzati erano molto più preoccupanti perché minacciavano l’ordine e la stabilità della colonia. Il governo francese rispose con incessanti campagne di sterminio e incursioni. La spedizioni,che ebbero forti costi per il governo coloniale, non furono di successo. Come risultato a metà del diciottesimo secolo intere regioni vennero vendute dai bianchi.

Negli accampamenti, questi fuggitivi vivevano pressapoco come nelle comunità di provenienza africane. La segretezza è il tratto fondamentale per la sopravvivenza di queste comunità che svilupparono un loro sistema economico, politico e religioso. I primi leader delle comunità di maroons vennero sostituiti da quelli che i nuovi studiosi contemporanei descrivono come una nuova classe di schiavi, arrivati nella colonia nel diciottesimo secolo. Erano uomini dal sangue reale, spesso educati non solo nelle loro tradizioni africane ma anche da insegnanti arabi e dotati sin dalla nascita di un educazione logica, al vigore morale, e il sentimento della tradizione militante.

Questi individui prima di essere mandati nelle colonie ricevevano un processo molto selettivo, se non fosse per altro che sopravvivere al viaggio, agli abusi nella piantagione, e alla costante deprivazione fisica. L’accettazione nei gruppi di maroons era molto controllata. Solo chi andava come volontario veniva preso, e solo dopo essersi assicurati che non fosse una spia coloniale.

I fuggitivi appena arrivati dovevano cancellare il loro passato, rimuovere marchi da schiavo con coltelli o acidi delle piante. Erano sottoposti a rigidissime iniziazioni durante le quali imparavo le strette di mano e le parole chiave segrete che distinguevano gli affiliati da tutti gli altri. La segretezza definiva e proteggeva questi gruppi, e ovviamente il modello che aveva l’organizzazione interna era simile a quello delle società segrete africane, che probabilmente alcuni degli ex schiavi avevano conosciuto nella loro gioventù, prima di essere imbarcati. Durante il periodo coloniale, e ancora oggi, le società segrete erano un tratto dominante in tutto l’ovest dell’Africa (area denominata Dahomey) in particolare nella foresta pluviale a ridosso della costa dove venivano reclutati gli schiavi. Le somiglianze tra queste società e quelle dei maroons sono impressionanti. Per esempio per l’uso della stregoneria e delle pozioni.

 

Sono giacobini questi neri?

È nelle comunità maroons che la religione vudu si è definitivamente formata e il suo messaggio politico e messianico si è potenzialmente realizzato. Il vudu diventò per gli schiavi un linguaggio, un modo di esprimersi e resistere alla oppressione religiosa e culturale e diventò il focus dello sviluppo della coscienza politica. Sempre più frequentemente i leader maroons quando raggiungevano le colonie predicavano la diserzione, l’odio verso i colonialisti, il sabotaggio nelle piantagioni, e l’avvelenamento del bestiame. Alla fine del diciottesimo secolo la religione vudu è emersa come il singolo e più critico fattore unificante nell’impellente battaglia degli schiavi rivoluzionari.

Il vudu fu il cemento per costruire un legame tra i membri della cospirazione. Se il vudu caricò la rivolta, le tattiche dell’organizzazione delle bande ribelli arrivavano direttamente dai precedenti stabilimenti di maroons. Con crescente audacia i ribelli distruggevano le piantagioni e le vie di comunicazione, saccheggiavano i treni merci. I raid si compievano durante la notte, lasciavano scie di fuco, veleno, e cadaveri prima di ritirarsi all’alba dentro inaccessibili gole e burroni.21 Nel 1793 sotto la pressione dei leader maroons venne ufficialmente abolita la schiavitù. Ma i maroons riconobbero subito la proclamazione per quello che era. Un disperato tentativo di minare l’esplosivo potenziale dei neri lasciando intatte le strutture essenziali dell’ordine economico coloniale. La rivolta dei giacobini neri nelle fonti storiche è direttamente collegata alla figura Toussaint L’Ouverture, un haitiano nero influenzato dalle idee della rivoluzione francese. Sebbene oltreoceano l’uguaglianza e la libertà borghesi erano il baluardo delle rivoluzioni in corso tali diritti non erano riconosciuti agli abitanti delle colonie. I neri, considerati inferiori per razza, non potevano godere degli stessi diritti della loro controparte rivoluzionaria d’oltreoceano.

Mentre Toussiant prese il potere appoggiato dalla Spagna nel 1794 cambiò partito ritornando all’alleanza con la Francia. Bissau e Jean Francois, gli altri due leader delle rivolte rifiutarono l’offerta francese e rimasero alleati con gli spagnoli che promettevano un’emancipazione incondizionata. Toussaint ritornato all’alleanza coi francesi smantellò e uccise nei campi dei suoi ex alleati. Consolidò la sua posizione sconfiggendo le due armi nemiche (Inghilterra e Spagna), i rivali mulatti e gli l’ex schiavi. Venne battezzato secondo rito cattolico Touissan L’Overture ed emerse come il capo assoluto di Santo Domingo.

Si impegnò a ristabilire, sotto la legislazione francese, l’ordine e la prosperità dell’isola. Lo stato civile libero non impedì che gli ex schiavi si trovassero nuovamente a lavorare in condizioni simili a quelle pre-rivoluzionarie, sfruttati come zombie. I decreti autocratici di Toussaint resero le piantagioni fortemente controllate, e il commercio fu militarmente supervisionato. Gli eccessi di brutalità della colonia furono sconfitti ma la struttura essenziale del lavoro in piantagione rimase invariata. Inoltre come devoto della chiesa romana cattolica non ebbe interesse a considerare le credenze pagane dell’Africa.

Nel 1802 Napoleone, col fine di restaurare la schiavitù e il Code Noir, fece arrestare Toussaint che morì in una prigione francese l’anno successivo. Le truppe inviate da Napoleone e guidate da Leclerc si trovarono a combattere con gli abitanti neri della colonia. Il primo gennaio 1804 il comandante militare dei maroons e degli ex schiavi, Jean Jaques Dessalines, nato schiavo ad Haiti, dichiarò l’indipendenza dalla Francia sotto il vessillo di “Libertà o Morte” sconfiggendo le truppe francesi e sterminando la popolazione bianca. Creò nel 1805 una nazione costituzionale indipendente di cittadini neri: “gli eventi di Saintedomingue furono centrali per i tentativi di quest’epoca storica di dare un senso alla realtà della Rivoluzione Francese e alle sue conseguenze” Cagliero; Ronzon; 2002: 29

Sia Tussiant che Dessalins promulgarono misure di repressione verso il vudu, Dessalins proibì le funzioni e fece fucilare gli adepti. La segretezza delle società, dei riti, delle preparazioni magiche sono una minaccia per l’ordine dell’isola ma il vudu continua a sopravvivere. Il radicarsi del vudu ad Haiti è la conseguenza di quello che gli storici chiamano comunemente il grande scisma haitiano. Per il periodo che va dall’indipendenza al concordato del 1860, Haiti si distaccò da Roma e dalla chiesa cattolica che non inviò più i suoi sacerdoti. Il culto cattolico non fu sospeso ma messo in mano di chiunque si dichiarasse prete. I curati si misero in concorrenza con indovini e produttori di wanga (3), amuleti, sortilegi, iniziando a vendere feticci ed esorcismi.

 

Gli zombie nella crisi

L’uso della religione vudu, come ricordato in precedenza ha sempre mantenuto una ambivalenza, propria di tutte le religioni.Nel 1915, dopo gravi disordini e preoccupati dall’influenza tedesca sull’economia dell’isola, gli Stati Unti decisero di occuparla dando il potere in mano alla minoranza mulatta. Nel 1957 il malcontento creato dall’ingerenza americana generò l’elezione Francois Duvalier, noto come Papa Doc. Autoproclamatosi dittatore governò fino al 1971 anno della sua morte, a cui successe il figlio Baby Doc. Probabilmente vinse le elezioni grazie all’appoggio dell’esercito e fu sostenuto dagli Stati Uniti che coglievano la possibilità di controllare da vicino la rivoluzione cubana. Papa Doc per avere maggiore influenza sulla popolazione si definì un hungan (4), un mago della magia nera, e spesso durante le sue uscite in pubblico si vestiva come la divinità vudu che attende e guida i morti nell’aldilà. Introdusse una milizia speciale, i tonton macoutes, nome di una divinità vudu che s’impadronisce dello spirito di un uomo e lo fa scomparire. Duvalier seminò il terrore tra i suoi sudditi basandosi sulla violenza, sul terrore e la credenza nel vudu. Il culto della personalità del Presidente Duvalier era arrivato a tal punto da far circolare migliaia di volantini con l’immagine di Cristo che posava una mano sulla sua spalla con la scritta “io l’ho scelto”. Papa Doc incoraggiava la devozione nei suoi confronti e diffondeva ad arte racconti di oppositori trasformati in zombi seminando il terrore tra la popolazione che viveva un particolare periodo di crisi e di povertà. Il sistema culturale vudu è stato sfruttato da Papa Doc per esercitare il controllo sociale durante un periodo di grande crisi economica di Haiti. Il regime cadde nell”87 e si aprì un periodo di forte instabilità. Le prime elezioni nel 1991 vedono la vittoria di Aristide che inaugura un periodo di riforme sociali (il tentativo di un nazionalismo “sociale” haitiano) contrastate da un ristretto gruppo di oligarchie locali. Dopo sette mesi di governo Aristide deve fuggire all’estero a causa di un golpe appoggiato dalla Cia, dal governo Bush e da alcune multinazionali operanti nel territorio haitiano. Il golpe produce una grandissima violenza e disordine tuttavia nel ‘96 Aristide viene di nuovo messo in carica ma 22 continuarono cambi di governo e si succedono diverse personalità fino al grave terremoto di Haiti e l’epidemia di colera del 2010 con cui si ritorna all’occupazione americana per gestire “l’emergenza”.

Gli Stati Uniti hanno fatto di Haiti un oggetto di osservazione e controllo sin dalle prime rivolte di schiavi, e dall’indipendenza che poteva minare fortemente l’assetto delle colonie ontinentali e la nascita di movimenti di liberazione degli schiavi. Tuttavia dal contesto specifico caraibico la religione vudu e nello specifico la figura dello zombi assume un significato che travalica i meri contorni etnico-religiosi.La cinematografia sugli zombie viene spesso riproposta in periodi di particolare crisi economicosociale, di passaggio storico. I non morti tornano a vivere per rivendicare uno status perduto. Subito dopo la crisi del ‘29, quando gli Stati Uniti stavano raggiungendo il tasso di disoccupazione più alto della storia, nelle sale esce White Zombie. Nelle locandine il film venne pubblicizzato con la frase: “Unusual time demand unusual pictures”. L’immaginario delle colonie, quello dello schiavismo e della perdita di libertà sbarca tra la gente di un ex colonia. Nel film, una giovane donna americana, appena sposata, viene uccisa per essere resa zombie, a causa delle gelosie di un ricco uomo bianco del posto che si serve dell’aiuto di un altro bianco esperto di vudu – interpretato da Bela Lugosi. Questo a sua volta utilizza le pratiche magiche apprese per creare degli zombie schiavi al suo servizio. La paura di perdere l’anima e di diventare dei burattini, da dominatori a dominati, serpeggia nel paese dalla grande crisi: l’inconscio collettivo rivela la paura di finire schivi.

Nel 1966 ne la lunga notte dell’orrore di Gilling viene riproposta il parallelismo schiavozombie. I morti viventi hanno raggiunto l’Europa: le condizioni della filiera della canna da zucchero vengono per la prima volta nella storia del cinema paragonate a quelle dei lavoratori occidentali. La pellicola è ambientata in un villaggio della Cornovaglia alla fine dell’Ottocento dove un proprietario di miniere di stagno, che ha imparato le pratiche magiche ad Haiti, rende zombie delle persone per impiegarle nell’estrazione. Probabilmente il film è una allusione alle condizioni dei lavoratori nelle miniere del Galles, affetti dalla silicosi. Gli zombie che compaiono sul grande schermo sono sempre stati rappresentati in massa, una collettività. Questa caratteristica, oltre all’inettitudine, li differenzia da altri protagonisti delle saghe del terrore come vampiri o mummie che hanno simboleggiato il ritorno di aristocrazie o imperi passati alla storia. Anche gli zombie, ritornati dal passato simboleggiano e rivendicano una condizione di schiavitù. Gli zombie travalicano i confini vivo-morto (rompendo il rapporto spazio - temporale lineare e dicotomico tipico del pensiero moderno) e mettono in discussione le più elementari certezze.

Romero farà un passo in più e porterà lo stato di guerra generalizzato delle colonie ad ogni anfratto del mondo occidentale. Nel 1968 esce The night of the living dead, gli zombie assediano un casolare di campagna e cercano di contagiare e cannibalizzare i “vivi”. In Dawn of the dead (Zombi in italiano), uscito nel ‘78, i morti viventi accerchiano un centro commerciale, simbolo della sconfinata provincia americana, luogo per eccellenza del consumismo ma anche l’unico luogo di socializzazione e incontro. Gli zombie attaccano la provincia, il luogo considerato più sicuro in quegli anni secondo le propagande politiche statunitensi che si apprestano a demonizzare la città. Un censimento degli anni ‘80 dimostra che le aree metropolitane crescono soltanto del 9,1% mentre le aree non metropolitane del 15,4%.

Fasset e Nathan negli anni ‘70 indicarono nuovi metodi per misurare la forza e la debolezza della città basandosi su indicatori quali: abitazioni putrescenti, perdita di popolazione e concentrazione di povertà. Ma la crisi che tocca la città è inesorabile, poiché l’unica soluzione presa in considerazione dalle amministrazioni per evitare il tracollo fiscale di molte realtà urbane statunitensi fu quella di tagliare sulle spese di manutenzione delle infrastrutture, col risultato di aggravare e agevolare il processo di degrado e l’esodo in provincia. Tra il 1965 e il 1980 la percentuale di PIL investito nei lavori pubblici cadde dal 3,6 al 1,7% (5).

E’ interessante osservare che questo fenomeno rendeva “minoritarie” (in senso relativo”) le porzioni sociali che praticavano riots nelle metropoli, in quanto schiacciate non solo dalla repressione, ma dal volume sociale delle porzioni che beneficiavano del processo integrativo del capitale, come quella di Minneapolis del 1934, quella dei neri a Chicago nell’aprile 1968 e quella di Watt nei pressi di Los Angeles dell’agosto 1965 e quella più famosa di Los Angeles dell’aprile 1992. Nel 2005, con Land of the dead, gli zombie di Romero si trasferiscono per la prima volta in città. La metropoli è diventata il luogo dove sono più visibili e acuite le differenze economiche e sociali. Si inverte la proporzione tra aree metropolitane e aree non metropolitane. Romero struttura la città facendo eco a Metropolis di Fritz Lang, una Metropolis postmoderna e irrazionale. La città dei ricchi imprenditori e delle loro famiglie vive divisa e fortificata, separata da tutto il resto, con un vero e proprio esercito di difesa. Pare un universo indipendente, tutto si può consumare e vivere dentro questi grattaceli, che ricordano il claustrofobico condominio di Ballard. Il ceto medio impoverito, vive ai margini della roccaforte di grattaceli, per strada, con la continua minaccia di attacchi zombie, onnipresenti. Quello che differenzia definitivamente questa pellicola 23 dalle altre di genere è il risveglio dei non morti, la fine dell’inettitudine e della passività degli zombie che rivendicano uno spazio per loro. Gli zombie in Land of the dead, sono l’esercito industriale di riserva, le masse de-integrate, che non hanno un posto nella società da cui sono rigettati ma al contempo sono diventati la maggioranza: la terra è invasa dagli zombie. I morti viventi, capitanati da un afro- americano in tuta da benzinaio sembrano risvegliarsi, escono dal torpore e marciano verso i grattaceli, rappresentati come un quarto stato. Gli zombie, sono i nuovi schiavi, non quelli delle piantagioni di Haiti, ma piuttosto i nuovi prodotti dal capitalismo avanzato, il moderno lavoratore collettivo fluttuante nella condizione di occupato non-occupato propria dell’esercito industriale di riserva.

 

Zombi senza cervello, proletari senza coscienza

Gli zombi come abbiamo visto vengono per lo più presentati come incapaci di pensare e di attivizzarsi, sono mossi unicamente dalla bramosa ricerca di carne. Per molti versi è quella stessa descrizione che viene fatta dello stesso proletariato, e in base a questa condizione che si giustifica la necessità di una coscienza, di una avanguardia, di una direzione, che reintroduce quella divisione del lavoro che si vorrebbe abolire. In termini storici si è sempre contrapposta la “spontaneità” estremista alla “coscienza” realista. Quando il proletariato entra spontaneamente nella lotta rivoluzionaria, non vuol dire affermare che esso è “partito” senza alcun capo, senza alcuna direzione, “spontaneo” non vuol dire “selvaggio”. Il carattere “selvaggio” della spontaneità non è che una manifestazione, dell’attivizzazione rivoluzionaria del proletariato totalmente determinata dalla situazione che questa classe occupa all’interno dei rapporti sociali fondamentali della società, e da una fase particolare, che, durante un periodo dato, gli fornisce l’occasione di intervenire sulla scena. Il proletariato è il prodotto della situazione che esso occupa nei rapporti sociali (e prima di tutto nei rapporti di produzione), va letto in questo senso il suo continuo sviluppo in lavoratore collettivo, prodotto dallo stesso capitale. Questa situazione fa del proletariato la classe rivoluzionaria, poiché solo l’atto rivoluzionario corrisponde a ciò che esso è.

Agire spontaneamente, vuol dire agire in maniera conforme al suo essere. Così, quando il proletariato vota, esso non agisce spontaneamente: questa azione non la compie conformemente al suo essere specifico. Quando un proletario vota, egli non agisce in quanto tale, ma in quanto cittadino, in quanto membro della società politica borghese. Quando il proletariato non è rivoluzionario, esso non esiste, ed i prorivoluzionari non possono fare niente con esso, non possono, interpretando il ruolo di educatori del popolo, creare la situazione storica nella quale il proletariato diviene ciò che esso è, solo lo sviluppo stesso della società moderna può crearlo.

Quando tale situazione appare, si realizza l’emersione del nuovo di fronte all’impossibilità del vecchio. Quando si generalizzavano nuovi rapporti sociali nella lotta di classe, i prorivoluzionari (indipendentemente dalla loro specifica condizione sociale) si ritrovano all’interno del proletariato, che si costituisce spontaneamente per risolvere i compiti rivoluzionari, nati dalla necessita.

Ugualmente, perché ne ha bisogno, il proletariato in quanto classe acquisisce coscienza di , cioè la rappresentazione chiara della situazione, dei suoi rapporti con le altre classi e del suo ruolo. A causa della sua situazione nei rapporti di produzione capitalistici, il proletariato, il lavoratore collettivo, è la sola classe portatrice, in quanto classe, della coscienza e passione al comunismo.

Tutto il resto non è che ideologia, visione rovesciata della realtà.E’ quindi assurdo contrapporre “azione spontanea” e “azione cosciente”, “spontaneità” e “organizzazione”. Più esattamente tale contrapposizione è la radice di una concezione borghese e reazionaria legata al mito delle rivoluzioni borghesi fondate sul principe di Machiavelli, ecco perché essa sussiste a dispetto della sua vanità filosofica. Questa opposizione potrebbe avere senso solo se il proletariato fosse “spontaneamente” incosciente, se la coscienza non facesse parte dei suoi attributi.

Questa tesi è cara a tutti coloro che credono di poter mantenere inalterati i rapporti sociali dentro ad un processo rivoluzionario, o anche in una semplice lotta. Riproducendo gli stessi

meccanismi del movimento del capitale. Nel nuovo movimento, in ogni lotta, il proletariato tende spontaneamente a prendere coscienza di se stesso, dal suo senso “Il partito proletario nasce dal suolo storico della società moderna”  (K.Marx). La sua incapacità di svilupparsi è dovuta quindi alla capacità del vecchio di mantenersi e riprodursi, svuotando e polverizzando quei nuovi rapporti sociali prodotti dalla lotta stessa.

Il movimento spontaneo del proletariato suppone una lotta senza pietà contro tutto ciò che l’ostacola e, in particolare, un combattimento feroce contro tutte le versioni dell’ideologia. Coloro che oppongono a questo pensiero la litania: se il movimento rivoluzionario è spontaneo e ineluttabile, non vi è che da aspettare, non vi è niente da fare, rivelano a qual punto che essi non hanno effettivamente niente da fare in questo movimento. I pro-rivoluzionari sanno che la lotta, sotto forme diverse, è un prodotto spontaneo del loro essere, poiché non possono liberarsi di questa passione che sottomettendovisi. In questo senso il moderno proletariato, in quanto sempre più lavoratore collettivo e zombizzato, 24 dentro ad una società sempre più vecchia ha in potenza la capacità di sviluppare il nuovo, lo zombi quindi come nuovo paradigma del presente, come agente trasformatore di nuovi rapporti sociali e di produzione, poiché impossibilitato dal vecchio a soddisfare i propri bisogni.

Note

(1)Loa: L’essere soprannaturale nel vudu. Il termine viene generalmente tradotto con “dio” o “divinità” ma il Loa è piuttosto un genio, un demone o uno spirito.

(2)Bokor: Termine derivato dalla parola fon Bokono (prete), generalmente designa l’hungan che pratica la magia nera, ma spesso viene indicato per indicare il sacerdote vudu. Il Bokor è anche un guaritore.

(3)Wanga: Amuleto magico usato con scopi egoistici e malevoli, l’arma magica per eccellenza.

(4)Hungun: Prete vudu

(5)Zelati P., 2008, Il fantastico realistico nel cinema di John Carpenter, Un mondo a parte, Roma (p.99)

Bibligrafia essenziale:

Arona D., Pascarella S., Santoro G., L’alba degli zombie. Voci dell’Apocalisse: il cinema di George Romero, Gargoyle, Roma | Cagliero R., Ronzon F, 2002 Spettri di Haiti. Dal colonialismo

francese all’imperialismo americano, Ombre Corte, Verona | Davis W., 1988, Passage of Darkness. The etnobiology of the haitian zombie, The University of North Carolina Press | Deren M., 1959, I cavalieri divini del vudu, Il saggiatore, Milano | James C.L.R., 1968, I giacobini neri: la prima rivolta contro l’uomo bianco, Feltrinelli, Milano | Metraux A., 1971, Il vudu haitiano. Una religione tra legge sanguinaria e realtà etnologica, Einaudi, Torino | Revert E., 2001, Stregoni, zombie e vudu: pratiche magiche nella Antille, Mimesis, Milano