Giuliano Galletta
la Genova insolita di
Padovano
Aldo Padovano appartiene alla
categoria degli eccentrici e in particolare alla specie degli eccentrici
genovesi che si distingue, per alcune non secondarie caratteristiche, dal tipo
del tradizionale intellettuale di
provincia italiano, protagonista di tanta letteratura e altrettanto cinema e
che molti, alla fin fine, hanno voluto far coincidere con l’intellettuale
italiano tout court. Il punto è proprio il provincialismo. Genova può infatti
essere considerata una città, per molti versi, marginale, in declino, in crisi
ma non è mai provinciale. Forse lo diventerà, perchè molti suoi abitanti lo
sono diventati, ma il suo Dna è globale. Non so se questo sia un pregio o un
difetto ma certamente è un fatto.
Proprio al Dna genovese Aldo Padovano, 55 anni, storico, scrittore,
regista, straordinario conoscitore dei caruggi che attraversa in permanenza
come un flâneur baudleriano (il gentiluomo che passeggia, un botanico da
marciapiede) ha dedicato il volume Storia
insolita di Genova (Newton Compton, pagine 525, euro 20).
Genova città provinciale?
«Dire di no. Non dimentichiamo che è stata capitale di uno stato, anzi
una città-stato per l’esattezza, con una sua autonomia politica e una
straordinaria potenza finanziaria e marittima durata quasi sette secoli. Non
solo ma dal 1528, con la liberazione dal dominio francese da parte di Andrea
Doria e la Riforma dello Stato, al 1547 - entrata in vigore della cosiddetta
legge del Garibetto - fino al 1576 con
la promulgazione delle definitive Leges Novae, Genova è stata, si direbbe oggi,
uno straordinario laboratorio di diritto costituzionale: per circa
cinquant’anni si è cercato, seppur con contrasti e conflitti spesso anche
sanguinosi, e alla fine si è riusciti ad elaborare e a mettere in pratica
un’organizzazione statutaria, presa a modello anche da altre realtà politiche.
che si adeguasse perfettamente alle esigenze sociali, politiche e
amministrative della città e che avrebbe garantito un assetto stabile per oltre
due secoli».
Guidato dalle grandi famiglie
«I potentati, cioè le famiglie più ricche, dal momento che la nobiltà
era basata soprattutto sul censo, governavano in prima persona la Repubblica e
rispondevano personalmente degli errori commessi, in situazioni spesso di
grande pericolo per la sopravvivenza dello stato stesso, si veda ad esempio il
bombardamento del 1684 subito per dieci giorni di fila da parte della flotta
del Re Sole. Esattamente il contrario di quanto accade oggi quando nessuno si assume
più la responsabilità di nulla; tanto meno i potentati, leggi il partito
trasversale degli affari».
Ma oggi che consapevolezza c’è di questo passato?
«La tradizione locale, che ha radici antiche, è ormai abbassata a
livello di folklore e la cultura popolare è confusa con la volgarità e il
turpiloquio. Ricordo che nel 1975, poco più che ventenne, presi parte a una
commedia in costume intitolata “L’ommo raozo” (L’uomo rabbioso), traduzione e
adattamento in dialetto genovese che Stefano de Franchi. un letterato del
Settecento, fece della commedia Le Grondeur (il Brontolone), scritta dal
drammaturgo francese Palaprat intorno al 1690. Lo studio filologico del testo e
lo sforzo per rendere la messa in scena più fedele possibile all’originale sono
oggi impensabili. E questo avvenne non sotto l’egida di qualche istituzione, ma
con le sole forze di un gruppo dialettale privato».
Quando hai iniziato a occuparti di questa materia?
«Cominciai ad interessarmi alla cosiddetta Storia Patria intorno alla
seconda metà degli anni Ottanta, quando ricevetti dal Comune una sorta di
committenza virtuale, in previsione delle fantomatiche Colombiane del 1992.
Progettai allora, pensando ingenuamente ai grandi mezzi che mi erano stati
ventilati, a quello che ai giorni nostri verrebbe denominato un docu-fiction:
una sorta di viaggio a Genova, più nel tempo che nello spazio, ipotizzando
addirittura Peter Ustinov come testimonial. Il titolo era "A propos de Gênes” in omaggio a Jean
Vigo autore di un documentario sulla sua natìa Nizza. Ma il materiale, che nel
frattempo continuavo a raccogliere, fu utilizzato allora solamente in parte in
un video promozionale, realizzato per la verità con mezzi estremamente modesti
e a cui collaborai in veste di sceneggiatore».
Perché storia insolita?
«La Storia Insolita è il titolo della collana della Newton Compton di
cui sono già usciti altre monografie su Roma, Venezia, Torino e Napoli. Secondo
i canoni di questa collana il libro è diviso in due parti: nelle pagine pari è
raccontata, divisa in 20 capitoli, la storia vera e propria della città; in
quelle dispari, in parallelo con le vicende descritte sulla parte sinistra del
testo, ho proposto aneddoti, curiosità, leggende, “misteri”, riferimenti
letterari, che forse non tutti conoscono. Probabilmente la parte più insolita
del libro è una piccola antologia delle “invettive” lanciate nel corso dei
secoli contro i Genovesi, accusati della proverbiale avarizia, ma anche
invidiati per la loro capacità di ammassare ricchezze
“Il Secolo XIX”, 25 settembre
2008