Ricaviamo questa scheda de I topi grigi di Emilio Ghione, l’un tempo celebre Za-la-Mort, dal secondo quaderno (gennaio 1957) del Centro Universitario Cinematografico di Genova. Il fascicolo accompagnava il primo ciclo che il circolo dedicava al cinema italiano, in questo caso quello muto delle origini. Le proiezioni prevedevano, fra l’altro Cabiria di Pastrone, Rotaie di Camerini e Terra Madre di Blasetti. Le maggior parte delle schede era firmata “a cura del direttivo”, una la si doveva a Mario Verdone e due le si dovevano a un non meglio precisato L.V. (che si trattasse di Luciano Vincenzoni?), autore proprio di quella su I topi grigi. Il quaderno recava inoltre in appendice il saggio di Callisto Cosulich su Cinquant’anni di Cinema Italiano. Il torinese Emilio Ghione (1879-1930) fu inizialmente pittore, con caratteristici trascorsi bohèmien. In seguito fu attore, regista, scenografo, soggettista e produttore cinematografico: uno dei grandi pionieri del cinema italiano. Minato dalla tubercolosi, l’anno prima di morire pubblicò a Parigi, su “L’art cinèmatographique, il saggio Le cinema en Italie, una delle fonti privilegiate per le ricerche sul cinema muto italiano insieme al grande volume di Margadonna e, negli anni nostri, agli studi filmografici del compianto Roberto Chiti. 

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Za-la-Mort  e i topi grigi di Ghione

Ricorda Emilio Ghione: “in Francia trionfava allora Arsenio Lupin, il ladro gentiluomo. Bisognava, per onore della nostra produzione, contrapporre un altro personaggio equivalente. Mi venne l’idea di crearne uno col nome di Za-la-Mort, che nel gergo degli apaches vuol dire Viva la Morte. Se Lupin fu un ladro gentiluomo, io fui un apache sentimentale di nobili sensi. Vivevo nella violenza, ma odiavo la bruttura; amavo le viole e i poveri. Sapevo intene­rirmi a tempo e luogo. L’apache romantico, in una parola”. I Topi grigi in otto serie, i cui titoli, suonavano in questo modo,- I) La busta nera, II) La tortura, III) Il covo, IV) La rete di corda, V) La corsa al milione, VI) Aristocrazia canaglia, VII) 6000 wolts, VIII) A mezza quaresima, sono una serie interminabile di avventure: nei bassifondi, in misere soffitte, in ambienti strani e senza volto dove una banda di furfanti, “i topi grigi”, saccheggiano e rubano, op­primendo anime povere e innocenti, con la frode e con la viltà. Di fronte a loro sta Za-la-Mort, il ladro generoso, che, se è con loro d’accordo circa la  “professione”, non ne condivide tuttavia i si­stemi. Una volta Za-la-Mort incontra Leo, un povero ragazzo che mendica per le vie; su di lui trova il tatuaggio dei  topi grigi” e viene a sapere che egli è stato rapito fanciullo da costoro e tenuto schiavo fino allora. Da questo momento Za-Ia-Mort, che era stato invitato da Grigione, il capo della banda, a partecipare a un impor­tante furto, decide di proteggere il ragazzo e di restituirgli il pa­trimonio di cui egli è l’erede e di cui vogliono depredarlo. Si impossessa di documenti che comprovano l’origine di Leo e che an­che i “topi grigi” ricercavano. Questì perseguitano allora Za-la­Mort, riescono a catturarlo e lo torturano; gli incendiano la piccola casetta rustica e gli rapiscono la compagna Za-la-Vie (che era l’at­trice Kally Sambucini), la vecchia madre e Leo. Comincia allora la vendetta del generoso ladro che libera infine il ragazzo e le due donne, mentre i “topi grigi” cadono nelle mani della polizia.

Su questo tono si svolgevano gli otto episodi dei film, sino a quando la banda perdeva definitivamente la partita e Za-la-Mort trionfava. Il personaggio era vivamente creato da Emilio Ghigne; un’atmosfera ingenua e onesta informava tutte queste avventure che interessavano e spesso entusiasmavano il pubblico, e che sono nostalgicamente legate ai nostri ricordi d’infanzia.