Domenico Letizia

Cesare Zaccaria tra anarchismo e radicalismo liberale

Nel quarto numero del periodico dei “Comunisti Anarchici” di Firenze denominato “L’informazione di parte”, nel discutere dei problemi dell’anarchismo e del libertarismo comunista viene illustrato il mondo anarchico come attraversato da scissioni interne. Viene riportato: “L'altra faccia del termine libertario (usato non a caso senza unirlo al termine comunismo) la troviamo nell'esperienza della Federazione Libertaria Italiana, nata dalla confluenza fra l'Unione Spartaco, marxista luxemburghiana, ed una scissione verificatasi all'interno della FAI nel 1946. Tale organizzazione rappresentò un tentativo di sintesi tra marxismo ed anarchismo, poi scivolato nella socialdemocrazia, al quale non furono estranei elementi di provocazione. Questa scissione della FAI non fu l'unica; altre defezioni e scissioni furono originate dalla insufficienza o dall'incapacità politica di questa organizzazione di esprimere una linea di classe, perché dominata dalla presenza di una corrente antiorganizzatrice, del resto molto organizzata, all'interno della FAI. Portatrice di una tendenza che si definisce "libertaria", questa corrente è in realtà un misto di liberalismo ed anarchismo, che conduce al più bieco interclassismo”. Di questa corrente definita, secondo misere osservazioni,  un misto tra liberalismo e anarchismo”, sempre nel documento, viene identificato tra i principali protagonisti Cesare Zaccaria, descritto come: “liberale, anarchico, poi liberale, legato a tendenze simili inglesi ed americane. Questa tendenza cominciò ad organizzarsi in Italia, giungendovi al seguito degli Alleati, al Congresso di Napoli dei gruppi del sud del 10-11 settembre 1945. Non a caso già in quel Congresso parlarono di "libera iniziativa" come base del futuro sviluppo economico, di comunalismo kropotkiniano, si sforzarono di proporre un "superamento" dell'analisi di classe della società, tratteggiandone la composizione in "caste" sociali e, quel che più importa, si presentarono come ferocemente anticomunisti, nel senso di opposizione al PCI, ma anche al comunismo anarchico”.

Cesare Zaccaria è ricordato insieme a Giovanna Caleffi Berneri (la vedova Berneri) come tra i principali animatori della rivista Volontà. Scrive Pietro Adamo: “Volontà nasce a metà del 1946. Trova le sue radici nell’operato di una coppia un po’ irregolare, una coppia di militanti ma anche una coppia nella vita e in questo sta forse la sua maggiore irregolarità. Le due persone in questione danno vita a riviste come Rivoluzione libertaria e Il pensiero libertario; prima di fondare la rivista Volontà fanno un settimanale che si intitola anch’esso Volontà; animano anche una casa editrice, le Edizioni RL. I due vivono a Napoli e si muovono in un contesto, il Sud liberato, dove, tra il ’43 e il ’45, si può pubblicare e si può fare propaganda; gli antichi militanti di sinistra, gli anarchici, ma anche i socialisti, i comunisti, i repubblicani più radicali, si radunano, fondano associazioni, animano club, fanno nascere reti di comunicazione. Insomma i due si ritrovano al centro di una situazione magmatica e vivace. Si chiamano Cesare Zaccaria e Giovanna Caleffi, sposata Berneri”. Sempre Pietro Adamo nel descrivere la figura di Zaccaria scrive: “Cesare Zaccaria, è stato sin da giovane un militante anarchico (di tendenza individualista) ed è diventato amico di Camillo fin dai primi anni Venti. È un noto ingegnere (anche se non pare sia laureato), particolarmente preparato nel rimodernare le navi, ovvero nel trasformare navi da guerra in navi di servizio civile; in questo è rinomatissimo e gira tutto il mondo alle dipendenze del noto armatore napoletano Achille Lauro. Zaccaria è un grande pensatore misconosciuto dell’anarchismo. Ha delle idee peculiari sulla tradizione, ancora più peculiari di quelle del suo amico Camillo, che vedremo segnare con forza il percorso di Volontà. Cesare e Giovanna hanno anche la fortuna di godere della stima e dell’aiuto di Pio Turroni, uno dei personaggi più influenti del movimento anarchico, che giunge dall’esilio messicano a Napoli alla fine del 1943 e prende a lavorare con loro”.

Grazie all’operazione eretica di Zaccaria tra i collaborati della rivista vi saranno Salvemini, Silone, Chiaromonte, Rossi, Capitini, Jacometti, Caleffi. A volte parteciparanno con articoli inediti inviati alla redazione; altre volte concederanno i loro testi perché siano ripubblicati all’interno di Volontà, discutiamo comunque di una presenza costante e continua. Pietro Adamo analizzando la storia di “Volontà” descrive tutta la portata eterodossa del lavoro di Zaccaria e della Berneri, “Attraverso la discussione dei temi caldi, si intende di fatto proporre una peculiare visione dell’anarchismo: un po’ eterodosso, molto aperto, molto antidogmatico, molto concretistico e molto problemistico. Un anarchismo, mi verrebbe da dire, molto salveminiano. Il professore pugliese è importante per Volontà. Non soltanto perché partecipa attivamente, perché ha una vivace corrispondenza con Giovanna, perché lei gli chiede consigli, perché lui ne dà anche di non richiesti a Zaccaria, ma anche e soprattutto perché le esperienze intellettuali di Camillo Berneri, di Giovanna e di Cesare Zaccaria riportano alla sua lezione: l’antidogmatismo e il revisionismo di Camillo, la sua volontà di sottoporre tutto a libera discussione, di ridiscutere sempre tutto, ereditati in tutta evidenza da Zaccaria, sono il risultato di un salveminismo applicato all’anarchismo. In questo senso il problemismo di Volontà è funzionale a una ridiscussione antidogmatica e piuttosto spregiudicata del ruolo e dello scopo dell’anarchismo nella società di massa contemporanea”.

Soffermiamoci sulla figura di Cesare Zaccaria che per molti rappresenta un incrocio radicale tra liberalismo e anarchismo, sempre Adamo scrive: “Zaccaria risente anche molto di influenze liberali. Vive a Napoli, la città di Croce e ne frequenta i circoli. Dal liberalismo e dalla sua militanza giovanile nell’individualismo anarchico trae la sua avversione per ogni forma di organizzazione e per ogni tipo di dirigismo. Oggi diremmo che è quasi un liberista. Zaccaria è convinto che soltanto la spontaneità della vita sociale possa garantire la libertà di commercio, la libertà economica, e così via. Quindi è contro ogni tipo di intervento da parte dello stato e difende ad oltranza i principi dell’individualità e della libera associazione. Da qui il tono prevalente di Volontà, una rivista che sembra scritta a New York, per via della grande attenzione alla cultura libertaria di lingua inglese: nella rivista è tutto un fiorire di William James, di Jefferson, di John Stuart Mill, di Thoreau. Da qui il tono anglocentrico di Volontà, che guarda con orrore a ogni tipo di accordo con le sinistre tradizionali e che di quelle sinistre condanna essenzialmente il furore comunistico, in un momento storico -tra fine Quaranta e inizio Cinquanta- in cui il Pci costruisce una egemonia culturale sul territorio di cui sarà difficile liberarsi. Ed è per questo stesso motivo che la rivista polemizza con forza, entro il movimento anarchico, con gli organizzatori, i pianificatori e tutti quelli che vogliono regolare troppo da vicino la vita dell’uomo”.

Zaccaria, oltre che rappresentare quell’anarchismo laico e liberale è anche espressione di una cultura eterodossa dell’anarchismo, fattore che sarà costante di vivace antipatia da parte di molti esponenti dell’anarchismo classico che non guarderanno di buon occhio (come descritto nel documento dei comunisti anarchici fiorentini) le idee e la direzione di “Volontà”. Zaccaria ebbe quindi una lunga e abbastanza tortuosa, oltre che affasciante, evoluzione. Il riferimento al modello statunitense è per Zaccaria oggetto di grande fascino per il “dinamismo sociale e l'iniziativa individuale”. Per Zaccaria il motore della creatività sociale resta la libera concorrenza e la legge di mercato, anche se liberato dalla cappa ossessiva della speculazione finanziaria e monopolistica. Altro elemento della personalità di Zaccaria, che possiamo considerare come frutto del suo anarchismo eterodosso legato al mondo anglosassone, sarà il suo avvicinamento alle tematiche del Partito Radicale, al quale poi aderirà. Tra i temi propagandistici prediletti da Zaccaria, nei testi da lui curati nell'immediato dopoguerra, non può non colpire la presenza, oltre che dei diritti civili, del controllo delle nascite, una bandiera tipicamente radicale. Zaccaria, successivamente, dal movimento anarchico, passò al Partito Radicale, divenendone un esponente di spicco. Ritengo importante approfondire la sua figura, proprio per quella radicalità e per quel radicalismo che ad un’attenta analisi può rappresentare quell’anello di congiunzione tra liberalismo e anarchismo, insomma: il radicalismo inteso come percorso che dal liberalismo conduce all’anarchismo.

“Fogli di Via”, novembre 2013