Omar Wisyam

Una poesia di Isidore Ducasse a Charles Fourier ((al termine di una notte trascorsa con Stephane Mallarmé)

 

Avvertenza sul titolo: Il titolo è errato. Qualcosa si è involato. La prima parola è scomparsa. Manifestava un disagio evidente (?) e, come un palloncino, sfuggito di mano, ha preso il volo. La forza di gravità avrebbe trattenuto una locuzione più pomposa? Tipo alla maniera di..? (Nota di Omar Wisyam)

 

Avvertenza sul testo: Nel corso di uno dei miei frequenti viaggi a Parigi - durante i quali frequento solitamente librerie dell'usato, bancarelle e varia umanità che, soprattutto, parla a vanvera - mi fu consegnato un foglio autografo di Isidore Ducasse (offerto nell'ambito di una trattativa riguardante un volume di Ambrose Bierce e una tavola - macchiata! - di Milton Caniff). Per prudenza sarebbe più corretto dire un foglio di presunta attribuzione al poeta. Vi ho trovato un testo che è insieme una nota di diario e un abbozzo poetico. Un frammento disperso e inedito, redatto in una data imprecisata, probabilmente nel 1870 (oppure di pochi mesi precedente). Vi si parla di un incontro protrattosi a lungo, in un locale parigino, con Stephane Mallarme, giunto a Parigi per un breve e insospettato soggiorno (forse in seguito all'instaurazione della Repubblica, e in quel caso, di poco anteriore alla morte di Ducasse). Vincendo una crescente antipatia reciproca, parlarono di vari argomenti, ricorrendo spesso al nome e al ricordo di Fourier,  giungendo infine a sfidarsi in gioco. Si trattava di inventare sul momento la trama di una storia ambientata oltreoceano. Ma c'è anche dell'altro. Di quell'incontro Ducasse lasciò le righe (o i versi) che seguono. (Nota di Omar Wisyam)

 

Ora che mi sono convinto (in realtà non io - ma il Conte di Lautreamont) che il movimento reale (che indurisce lo stato di cose presente), autentico quanto il mostro di Mary Shelley, non è che sogno, illusorio come un racconto fantastico, grondante sangue, uno di quelli in cui le sevizie lascive seguono le possessioni diaboliche - scritto male e che si legge per (esclusiva - no!) noia e per passione - un genietto petulante (jinn!), un folletto accattivante e cattivo, uno spiritello pettegolo e saccente, che infesta i pensieri, si mette a saltellare sulla spalla e, perfido, sussurra le sue diavolerie. Non c'è che dire: è tutto vero e ineccepibile - dice lui.

I francesi sognano o delirano (tanto è lo stesso), i tedeschi ne fanno un ragionamento squadrato e razionale, ma poi, dietro le loro luride insegne si precipitano, a perdita d'occhio, sterminate orde scaturite dalle loro buie e fétide tane, i figli delle pianure feroci dell'Asia! (la loro forza è il rifiuto di tutto: no al futuro! no al passato! no alla memoria! no al paradiso!). Lautreamont ride.

Attila - l'ottimo imperatore romano, il restauratore dei massacri, l'Augusto dei ricatti, il sommo sacerdote delle razzie (sarebbe una storia inebriante e fascinosa - con il vezzo di essere più vera).

Mi rammento di Fourier - il diavoletto, lui sognava... la terra promessa (per gli angloamericani Nowhere... meravigliosa e funesta doppiezza! Nessun-dove e Qui-ed-ora). Il sogno di tutti. Il sogno di William Morris, (Il Paradiso Terrestre, Earthly Paradise... ) - gli architetti...

Ma tu lo sai, jinn jinn, che Mallarmé - in memoria di Charles devo riferire la notte trascorsa con Stephane - mi raccontò ubriaco la trama di una storia ambientata oltreoceano, nella contea di Hazzard? (ma poi cambiava idea, gli sembrò volgare, e disse che un giorno avrebbe scritto una poesia sul caso, sul lancio dei dadi - come gli piaceva il suono della parola hasard  - e la bellezza frenetica dei naufragi).

Continuava a confondersi e a fumare e parlava di uno spericolato via vai di carri e di botti di whisky con un personaggio spassoso, il boss Hogg, ricalcato su un certo tale di sua conoscenza (?). Più si confondeva e più si giustificava affermando che Fourier, a sua volta, aveva scritto una storia ambientata nel Nuovo Mondo: “Gli angeli di Charlie”, cioè i suoi angeli, lui che si compiaceva di tradimenti e scappatelle e compilava, come passatempo, i cataloghi dei cornuti. Slanciate nell'azzurro del cielo le gambe degli angeli - capaci di sciogliere i piccoli intrighi del Falansterio.

Dovetti, per non tradire il gioco, ideare anch'io una storia; e la mia, viziosa e crudele qual è la metà preponderante del mio mondo interiore, l'oscuro fratello, il notturno e infero Conte di Lautreamont decise di chiamarla “I vizi di Miami”,  col buffo nome di un posto sperduto ma ampio e luminoso tra le paludi dove si smercia l'oppio e si finge di contrastarne il gran traffico.

Stéphane non era ancora stanco, seppure la notte volgesse al termine. Gettiamo via i Nomi Propri! dozzinali distintivi di una falsa identità - diceva. Al posto loro eleggiamo un nome comune che vi espanda la sua aura. Charles Fourier... che diventi Amour Fourier.

E ad ogni poeta francese il suo nuovo - veritiero - nome...

Mi invitò a scegliere il suo - un grave errore.

Lautreamont rispose immediatamente: Guerre Mallarmé.

Stéphane sorrise e oppose all'offesa ricevuta la sua.

Per te ne ho due - prima avevo pensato a Rhum Ducasse, ma adesso preferisco Mort Ducasse.

Li accogliamo entrambi - d'altronde la fiamma dell'alba ci ha preceduto.

Voglio dirti che ho avvertito una sensazione opprimente. Sento che tra qualche anno un giovane chierico bretone entrerà in questo locale seguito dalla schiera dei suoi discepoli - mi disse - per incensare le tue maligne prose a scapito delle mie poesie.

Non temere - gli risposi - ce ne saranno purtroppo molti altri di chierici lugubri, molti di più, che adoreranno il tuo spirito sterile.

Il bretone sarà Bretelle.

E dopo altri anni ancora un ragazzo ambizioso giunto a caso (volutamente condotto dal naso o dal caso - come piace a te), qui dentro, tra queste mura scure di alcol e di disperazione, vorrà perdere tempo e bere, bere e giocare - a lui forse piacerebbe essere Boussole - lo sento - ma Lautreamont ha scelto Tube - perché sua vuole essere l'ultima mia parola.

Mallarme non ascoltava più.

Non nominare il naso che, non so perché, mi fa pensare a qualcuno - russo? -  e alla sua città - e perdeva sempre qualcosa come il cappello la strada il cappotto la pipa l'ombra...  - selvaggio.

Lascia perdere - rivale - ormai sei penoso - hai trascurato l'ora per te più indicata per l'addio e, poiché non voglio vederti mai più, posso rivelarti una visione - mi è apparsa all'improvviso - che una mattina la statua di Charles Fourier all'alba, rimossa da tempo, quel tizio, tube, rimetterà a dimora per un solo canto del gallo.

 

Nota conclusiva (a cura di Omar Wisyam): Forse Ducasse si riferisce a de Sade, quando accenna a racconti “scritti male”. La citazione del “movimento reale” appartiene ovviamente a Marx. Come Ducasse potesse conoscere questa frase, che compare all'interno della Ideologia tedesca, opera pubblicata postuma nel 1932, sebbene scritta con Engels tra il 1845 e il '46 e “abbandonata alla critica roditrice dei topi” è un mistero. Inoltre destano sospetti il richiamo al libro in versi di William Morris, Il Paradiso Terrestre, e al termine inglese Nowhere, che effettivamente Morris impiegò come titolo per un'opera molto posteriore all'incontro dei due poeti a Parigi. Non stupiscono le dimostrazioni di chiaroveggenza di Lautreamont (affinate con sedute spiritiche e droghe), qualche perplessità sussiste nell'attribuire una dote analoga in Mallarmé. Ma forse quest'ultimo è solo un pregiudizio dell'estensore di questa nota.

 

P. S. Qualcuno a cui ho sottoposto il manoscritto si è informato  curiosamente se guardavo la TV negli anni '90 del secolo scorso. No - ho risposto. Che c'entra?

Ah, niente! Vai tranquillo, Omar. Gli intenditori apprezzeranno...