Carlo Romano
Orson Welles a pranzo
Peter Biskind (a cura
di): A PRANZO CON ORSON. Conversazioni con Henry Jaglom e Orson Welles.
Adelphi, 2015
Ci
fu, a suo tempo, il libro di interviste a Orson Welles di Peter Bogdanovich e
fu un libro a dir poco tormentato, in ogni caso inconcluso e ben lontano da
quelle appassionanti conversazioni dei volumi consacrati a Ford o a Hawks o ai
divi. A Bogdanovich interessava per prima cosa addentrarsi nei segreti del
mestiere finendo col non mettere bene a fuoco la personalità del soggetto che
quanto fosse debordante lo ricorda questo volume di conversazioni risalenti
agli anni Ottanta tenute al tavolo del ristorante hollywoodiano Ma Maison
(chiuso nel 1985) col regista (e amico di Bogdanovich) Henry Jaglom, che,
armato di magnetofono, col consenso di Welles, registrò tutto. Le bobine
rimasero nel cassetto per anni e anni, finché Peter Biskind non vi mise mano e
le trascrisse, mettendo in bella copia un buon numero di petegolezzi,
provocazioni da bar e giudizi sommari (ancora da bar). Bogdanovich, per
esempio, è quotato al livello di un accalorato cinefilo che va in sollucchero
per mediocrità - tali sono considerate da Welles - tipo Sam Fuller. Nemesi
vuole che la celebrazione delle qualità di quest'ultimo vada di pari passo, fra
certi cinefili, con l'enumerazione dei difetti di Welles, il quale ha per altro
l'impudenza di affermare che "il cinema è la meno interessante delle arti
a parte il balletto". Troviamo comunque una buona dose della Hollywood
classica a cominciare dai produttori (Thalberg, Zanuck, Cohn, Mayer,
Selznick...) e non poche pagine sono occupate da ingredienti stuzzicanti circa
alcune grandi femmine del cinema (Irene Dunne era insipida, Kate Hepburn
assatanata, Carol Lombard sboccata e volgare ma bellissima e brava... cose
così) compresa l'ex moglie Marguerita Cansino alias Rita Hayworth (che
considera una delle più grandi attrici della sua epoca). Ma si salta facilmente
da Hollywood alla politica. Welles afferma, quanto a chiacchiere, di preferire
quelle con la gente di destra (anche il Presidente Mao ebbe a dire: "mi
piace trattare con quelli di destra, dicono quel che pensano veramente").
Evidente è l'effetto spiazzante che Welles vuol suscitare nel suo interlocutore
e non mancando di lanciare accuse di "reazionario" a destra e a manca
- ricordando che il suo fu il rango di un "rosso" di Hollywood - si
dichiara "razzista". La sua bestia nera sono gli irlandesi, in
particolar modo gli irlandesi d'America e prima di ogni altro Spencer Tracy,
che proprio non digerisce.
“Fogli di Via”, novembre
2015