Charles de Jacques

Ismo Wagner

Alex Ross: WAGNERISMO. Arte e politica all’ombra della musica. Bompiani, 2022

Wagnerismo? Axel Ross – critico del “New Yorker” e storico che mai si è adagiato sulla specializzazione musicale – sembra trovare riscontri di un’ascendenza wagneriana nelle varie espressioni artistiche e letterarie che si sono succedute dalla seconda metà dell’Ottocento, modernismo e annessi movimenti compresi. La realtà non è così semplice tanto che la relazione che si osserva non è quella dell’influenza o del modello, ma quella della semplice presenza di Wagner e della sua musica in scritti, memorie o altro di personalità varie della cultura, il che in fondo se non corrisponde esattamente alla promessa editoriale non è poco quando per giunta ci si spinge verso il migliaio di pagine (e le si superano con le note).

Il grosso è circoscritto alla stagione dell’estetismo, del decadentismo, del simbolismo, uno spaccato di tempo abbastanza naturale, con Wagner almeno agli inizi ancora vivo (morì nel 1883), e una ancora elastica sensibilità tardo romantica (o neoromantica).  Una certa quale affinità col maestro di Bayreuth è accordata alle correnti “occulte” del simbolismo, con particolare interesse riservato a Joséphine Peladan, al suo rosacrucismo reazionario-cattolico e agli organizzati Salon de la Rose+Croix o a pittori belgi del gruppo dei XX come Alfred Knopff (una prima volta a Bayreuth nel 1888 e più tardi contributore agli allestimenti di un Parsifal) e il suo discepolo Jean Delville (che definiva “letame naturalistico” la letteratura di Zola).

Certamente non è trascurato il soggetto Wagner, il rivoluzionario del ’48, l’ateo feuerbachiano e il creatore di miti, il misogino e Cosima, la famiglia e il genero Houston Stewart Chamberlain, il conservatore e l’antisemita. Ma c’è anche un Wagner “socialista” che attrae i socialisti “per l’enfatica vaghezza delle sue concezioni… una sorta di pot-pourri a disposizione della sinistra, dal quale i sostenitori di questa o quella fazione potevano prendere a piacere”. Ernst Bloch paragonava tuttavia Wagner a Karl May, il Salgari tedesco amato da Hitler, ma Lassalle lo stimava (senza che il sentimento fosse ricambiato), Kropotkin lo ammirava e Augut Bebel lo esaltò nel suo classico La Donna e il Socialismo (1879). Romain Rolland ne Il Teatro del Popolo (1903) dichiarava che Wagner era la più importante personalità teatrale dell’epoca. Anche un giovane Upton Sinclair, prima di denunciare le condizioni dei lavoratori americani, fece imbattere in Canada un giovane poeta coi Nibelunghi. In testa a tutti va però messo George Bernard Shaw con Il Wagneriano Perfetto (1898), un’attualizzazione del Ring (il ciclo è annunciato come “un dramma dei nostri giorni”) “sotto forma di presentazione scritta per un profano”. 

Ma Wagner non è Nietzsche, c’è ben poco da spremere in vista di una critica assalitrice delle idee correnti. Piuttosto le asseconda, come nel caso di Owen Wister, considerato l’autore del primo romanzo western (Il Virginiano), il quale con molta licenza ravvisava nella “dichiarazione di Indipendenza” un panegirico alla disuguaglianza. Incastonata nel suo romanzo” c’è un’espressione particolarmente sgradevole della filosofia del darwinismo sociale e razzista che sta alla base della retorica del Destino manifesto”. Negli Stati Uniti “il Siegfred americano avanza a grandi falcate” nell’opera del sudista Sidney Lanier che tentò di tradurre, senza sucesso, il Ring. Lanier, scrittore e musicista fu poi l’autore di The Simphony (1875), un poema musicato di critica alla società industriale e di non celate intenzioni anticapitaliste. Sua ammiratrice, e ampiamente trattata da Alex Ross, fu Willa Cather, la scrittrice la cui fama è legata alle grandi pianure dell’Ovest, di cui cantò I Pionieri (1913). Il carattere “wagneriano” di questo romanzo viene rivendicato dalla scrittrice in una lettera all’amica giornalista Elizabeth Sergeant che pochi anni dopo la morte le consacrò una biografia (Willa Cather: A Memoir, 1953).

Ross sostiene che Nath Wheeler, il protagonista di Uno dei nostri della Cather sia un parente americano del Castorp di Thomas Mann, il protagonista de La montagna incantata. Con Mann entrano nell’orbita wagneriana del modernismo letterario (senza trascurare il cinema, si tratti di  Ėjzenštejn, Buñuel o di Barbara Stanwyck) vari altri scrittori, con vario peso, da James Joyce a Virginia Woolf, da Tucholsky a Brecht. Si sa però che i futuristi sbraitavano contro Parsifal e Tristan Tzara parlò di “bouillabaisse wagneriana”.