Carlo Romano

Wyndham Lewis

Stenio Solinas: GENIO RIBELLE. Arte e vita di Wyndham Lewis. Neri Pozza, 2018

Quel che fu Wyndham Lewis più che materia controversa sembra essere affare d'irritazione. Modernista antiromantico con spunti nell'avanguardia, buon pittore e sarcastico romanziere che prendeva di petto l'élite di Bloonsbury, fu uno che andava a trovare di notte Oswald Mosley "con la segretezza del cospiratore" mentre scriveva su Hitler e poi irrideva ambedue. Aveva anche scritto di essere "in parte comunista e in parte fascista, con un'inclinazione monarchica nel mio marxismo". Roba da "british eccentrics", ilare compagine nella quale gli insulari tendono a riversare sia certe brillantissime glorie sia poco affettuosi figuri nei quali tuttavia ravvisano, per quanto non benedetti, scampoli di aristocrazia caratteriale o anche soltanto di snobismo.

Un pronostico vorrebbe che se Lewis fosse stato più accomodante coi suoi connazionali avrebbe ottenuto le stesse lodi tributate all'amico Joyce ma volle viceversa autoproclamarsi "Il Nemico", come suggerisce il titolo dei tre numeri di una sua rivista degli anni Venti, alienandosi le eventuali simpatie già con l'alterigia dell'artista prima ancora di rovinare in una politica, giustamente o ingiustamente, percepita come sgradevole e fascista. Ma questo racconto si scontra con quel certo grado di popolarità che almeno per qualche tempo ebbe il fascismo in Inghilterra presso politici e intellettuali al di sopra di ogni sospetto. Uno dei primi sondaggi Gallup tenutosi nel paese - per quel che valgono i sondaggi e le loro campionature - dava di gran lunga superiore il favore che incontrava il fascismo rispetto al comunismo. Il suo libro su Hitler, poco prima che questi prendesse il potere, decretò in ogni caso, vuoi pure con superficialità, la sua statura di "nemico".

Ho idea che agli artisti e agli scrittori, agli intellettuali in genere, si debba guardare come a quei negozianti che piegano le loro preferenze merceologiche all'ambito che, meno battuto, può dargli visibilità, anche se non il primato. Non mi stupirei se le scelte di Lewis avessero delle analogie con tutto ciò. Ragionare in aggiunta coi termini del "canone" tanto caro a Harold Bloom, penso che possa aiutare a capire - senza niente di definitivo, beninteso - perché James Joyce è James Joyce e Wyndham Lewis è Wyndham Lewis.

Forte di una bibliografia davvero accurata e una capacità narrativa di cui ha dato sfoggio nei suoi libri - confermando che non tutto è andato perduto, come invece si tende a credere, nel giornalismo delle pagine culturali che costituisce il suo lavoro - Stenio Solinas ha biografato Lewis colmando, per uno che fu stimato amico di Pound, una grave lacuna, anche se non erano in molti ad accorgersene in Italia (dove tuttavia non sono mancati alcuni studi e traduzioni).

I pregi di questa biografia - che non son pochi - non sono riusciti tuttavia a incantarmi del tutto sul piano dell'interpretazione, abbandonata a toni che per quanto non precisamente lievi tendono a sfumare nelle pieghe del racconto. Beninteso, a fronte di biografismi smaccatamente ideologici, anche questo aspetto potrebbe configurarsi come un pregio, senonché le sfumature invitano, forse anche più delle affermazioni decise, a coglierne il senso, il quale mi sembra poi tutto stretto attorno a cognizioni tipo "l'anticonformismo" che apparentemente ovvie lo sono meno quando le si vorrebbe pressoché esclusive di personalità eretiche fin che si vuole ma pur sempre in odore se non ogni volta di fascismo, perlomeno di avversione radicale per la "sinistra".

Faccio un esempio: Lewis ebbe una breve storia con Nancy Cunard, spregiudicata rampolla della famiglia erede delle fortune della più importante compagnia inglese di navigazione, e non solo di quelle, che fu una delle femmes fatales nella Parigi degli anni Venti, amica di scrittori e artisti e soprattutto vicina all'ambiente dei surrealisti con tratti di pasionaria che la portarono a solidarizzare con la causa dei repubblicani spagnoli. La donna curò un pamphlet nel quale numerosi scrittori inglesi (ma non Lewis) erano invitati a dire la loro sulla guerra di Spagna. La stragrande maggioranza si schierava con la Repubblica, alcuni si definirono neutrali e solo cinque si dichiararono a favore di Franco. Questo, osserva Solinas, era "lo spirito intellettuale del tempo", ma fra le righe - sarà pure una mia concessione alla cultura del sospetto - mi pare voglia indicare in quella maggioranza una maggioranza di conformisti. Personalmente sono spinto a credere che conformisti e anticonformisti si trovino tanto nelle maggioranze quanto nelle minoranze, e non mi pare una visione particolarmente originale.

Quanto allo spirito intellettuale del tempo - ciò che di sovente in altri lavori si trova nominato come "trentismo" - Solinas propende a considerarlo "una moda", espressione che lascerebbe in fin dei conti filtrare una stabile rappresentazione se non si connotasse di ingredienti svalutativi. Penso piuttosto che certi intellettuali dell'epoca anche in seguito all'abbandono delle loro primitive inclinazioni modaiole - comuniste o giù di lì - ne conservassero pressoché intatto lo stile anche quando anni dopo scelsero un diverso arruolamento partigiano nel conflitto della "guerra fredda". Gli esempi, direi, non sarebbero pochi. Oltretutto non mi parrebbe fuori luogo prendere in considerazione personaggi spumeggianti, ricchi, mondani e apparentemente frivoli come Jessica Midford - e con scelte opposte le sue sorelle Diana, moglie di Mosley, e Unity, amica di Hitler - che mantennero fede fino alla fine alle idee radicali in fatto di questione sociale che abbracciarono fra le due guerre mondiali.*

*Ciò mi permette di segnalare la recente uscita di un volume di Mary S. Lovell imperniato su Le sorelle Mitford , la Biografia di una famiglia straordinaria (Neri Pozza, 2018) che concede meno del solito argomenti al lato leggero.

“Fogli di Vua”, gennaio 2019