Fourrure  (Il Visone Bianco) di Adélaide de Clermont-Tonnerre. Pubblicata la versione italiana quest’anno, 2011,  presso Mondadori, del romanzo ne dava puntuale notizia tempo fa, all’uscita dell’edizione originale, Maurizio Cabona con questa intervista all’autrice.

 

Maurizio Cabona

anni settanta, donne sull’orlo della crisi

In Italia di chi è l’ultimo romanzo critico della borghesia: di Alberto Moravia, di Curzio Malaparte, di Alberto Arbasino? E da noi la borghesia era esigua e la si poteva criticare nel consenso quasi generale. Oggi chi si permette di criticare il “ceto medio”, il “popolo dell’Iva”? In Francia la borghesia esiste ancora ed è vasta, ma lo è anche la tradizione letteraria. Quasi sempre il letterato corrosivo è anche un borghese. Adélaïde de Clermont-Tonnerre è tutt’altra persona e si vede anche dall’esordio con Fourrure (Editions Stock).

Protagonista è Zita, scrittrice di successo dagli anni Settanta, quand’era ventenne; nel 2006, però, Zita viene accusata di essere la prestanome di un altro romanziere e s’uccide. Fra le sue carte, la figlia Ondine scopre un’incandescente autobiografia inedita... Fourrure esce oggi, ma a Parigi è già gara per decifrare le allusioni del romanzo. Infatti Adélaïde de Clermont-Tonnerre, del settimanale “Point de Vue” svaria fra cultura, spettacolo e mondanità. Se la scorgete nella torma di giornalisti alla Mostra di Venezia o al Festival di Cannes, il suo sguardo noisette vi dice: «Che cosa ci faccio io qui?». Se la ritrovate a Brazzaville, al funerale di Stato ben postumo del nobile friulano di Francia Savorgnan di Brazzà, vi piacerà Brazzaville, se non un funerale di Stato. Ma torniamo a Fourrure.

Signorina, perché ha scelto questo titolo per il libro?

Perché la pelliccia è una seconda pelle per Zita prima di affermarsi come scrittrice. Quando cioè lavora per Madame Claude….

Prostituzione come nuova lotta di classe?

In un certo senso è così. Col vizio, Zita si emancipa dal modello virtuoso impostole con il nome.

Quello dell’ultima imperatrice d’Austria-Ungheria, quasi una santa nella lunga vedovanza. Zita ha a sua volta una figlia, Ondine.

L’ispirazione viene dall’Ondine della commedia di Giraudoux, ma per contrasto: il nome di quel personaggio scintillante e piroettante passa qui a una ragazza in brutale rivolta contro la madre.

Donne in crisi di nervi fra anni Settanta e oggi. Nel 1970 però lei non era nata.

Glia nnji Settanta ebbero momenti di gioia, anche se sono sfociati nella cultura della droga e nell’Aids.

La dica tutta…

Va bene: gli anni ’70 significano anche i vent’anni dei miei genitori.

Nostalgia dell’avvenire.

Come? In che senso?.

Nel senso che lei è curiosa del mondo che l’ha preceduta. Ma i suoi genitori ci sono nel romanzo?

No. È una biografia immaginaria, non un’autobiografia camuffata.

Nel romanzo c’è comunque qualcuno noto in Italia?

C’è una figura come Gianni Agnelli, però viene appena citato.

Ce ne faremo una ragione. Come l’ha conosciuto?

Non di persona: ho saputo molte cose dai ricordi di amiche che passarono vacanze con lui e con Jackie Kennedy; e di Benno Graziani, di “Paris Match”, che lo frequentò.

Nel romanzo ci sono comunque altre celebrità?

Françoise Sagan, Joseph Kessel, Wallis Simpson, duchessa di Windsor, Yves Saint Laurent, Stavros Niarchos, Jean-Edern Hallier e un presidente che non nomino…

Be’, si tratta di Valéry Giscard d’Estaing. Come è visto oggi dai francesi?

Come un uomo politico che ne suscitò le speranze, proprio come ha fatto poi Nicolas Sarkozy...

E dopo averle suscitate?

Le deluse e non fu rieletto.

Ricordo, ad esempio, il suo dissidio con Chirac.

Infatti: lo umiliò spesso. Ora Jacques Chirac regola il conto nelle memorie appena pubblicate.

Torniano al suo romanzo “Fourrure”. Lo scrittore Romain Kiev pare Romain Gary.

In parte lo è. E in parte è Sartre, più qualche autore più recente.

E perché Romain Gary?

M’affascinava per i libri, l’eroismo e i premi Goncourt, uno vinto col suo nome e uno come Emile Ajar. Mia zia, la quale vive nel Senese, capì per prima che Ajar era lo pseudonimo di Gary. E lui, nella lettera del suo suicidio, le rese omaggio.

Gary aveva sposato Jean Seberg, che lavorò anche col nostro Pasquale Squitieri.

Donna davvero magica, si uccise in un’auto parcheggiata in un quartiere borghese di Parigi.

Così come nel suo romanzo muore Zita. Ma stiamo fra i vivi: l’italiana di Francia per eccellenza è Monica Bellucci

Mi ha colpito il suo lato sensuale, di nessuno. Vincent Cassel e lei sono una coppia magica.

Fra gli italiani d’Italia, lei chi conosce?

Nel 1994, a Cuixmala, in Messico, a casa dei miei zii cenai con Silvio Berlusconi, sua moglie e la figlia.

E poi?

Ricordo che sono stata ospite a villa Medici, a Roma, dei principi Orsini e della figlia Luisa in una delle più belle feste che ricordi.

Mi parli dei suoi, Adélaïde.

Nello stemma dei Clermont-Tonnerre, la mia famiglia, ci sono le chiavi papali, privilegio per i servigi un tempo resi al papa.

E dal lato materno ci sono…

sì, gli Orléans. La mia bisnonna, Isabella di Francia, era sorella del conte di Parigi.

In letteratura, prima di lei, c’è un’altra Adélaide

Il personaggio che dà il titolo al racconto di Gobineau (Sellerio, ndr)

Anche i Clermont-Tonnerre sono comunque nella letteratura. Marcel Proust li chiama i Guermantes...

Zita non è certo una Guermantes. Caso mai, dobbiamo ricordarlo, è e rimane dalla parte di Swann. Io volevo personaggi che permettessero a ognuno di identificarsi.

Molti di loro sono famosi. Uno è perfino onesto.

Timothée, l’idealista che ogni ragazza sogna. O che sogno io, almeno, debbo ammetterlo...

E non sogna altro?

Qualcuno che – in un caffè romano di piazza del Popolo o di piazza della Scala a Milano, oppure di piazza del Campo o di piazza De Ferrari – legga il mio “Fourrure”. Se sarà tradotto.

"Secolo d'Italia", 20 gennaio 2010