Benoît Vincent

da unarte allaltra

Giuseppe Zuccarino, nel pubblicare una raccolta di testi provenienti da varie riviste (Da un’arte all’altra, Novi Ligure, Joker, 2009), non è certo alla prima prova. Tra i suoi lavori recenti, possiamo ricordare tre importanti volumi pubblicati da Campanotto (Udine) nel 2002, 2005 e 2008: Percorsi anomali, Il desiderio, la follia, la morte e Il dialogo e il silenzio. Grande lettore e conoscitore della letteratura francese del ventesimo secolo, ha esplorato numerosi autori essenziali della modernità, tra cui Artaud, Barthes, Bataille, Blanchot, Caillois, Derrida, des Forêts, Jabès, Klossowski, Leiris, Mallarmé, Michaux, per citarne solo alcuni. È recensore per dei siti Internet, scrittore – si ricorderà la sua raccolta di frammenti Grafemi (Joker, 2007) – e anche traduttore.

La nuova raccolta si ricollega alle preoccupazioni extraletterarie già messe alla prova ad esempio in L’immagine e l’enigma (Graphos, 1998), in particolare per quanto riguarda i collegamenti che suscitano o stimolano il fatto letterario e che consentono il dialogo fruttuoso tra scrittori e altri artisti: pittori, attori o registi, musicisti, ecc. Se la letteratura resta al centro dell’attenzione, viene qui interrogata nella sua deriva o nei suoi margini. Si potranno seguire così i dialoghi fra Char e Staël, Klossowski e Bene, Fénéon e Seurat. Queste letture costituiscono la parte centrale dell’opera, divisa in tre sezioni.

L’ultima di esse consiste nello studio degli «oggetti» (in tutti i sensi della parola) nelle opere di Caillois, Tàpies o Beckett. La prima invece, sotto il titolo Divagazioni, propone tre saggi su topoi letterari come il canto delle sirene, il solipsismo dell’artista o la casa di vetro. Possiamo soffermarci su questa sezione iniziale, che ci offre alcune piste per circoscrivere il lavoro di Zuccarino sulla letteratura in generale, e più in particolare sulla letteratura francese contemporanea.

Cominceremo col sottolineare l’estrema acutezza dell’apparato filologico di Zuccarino, fedele in ciò alla tradizione italiana, sempre attenta ai riferimenti.

In effetti i tre testi che aprono il libro riguardano più precisamente il rapporto fra l’artista e la propria opera, l’immagine dell’artista o dell’opera in rapporto al pubblico, e dunque, in sintesi, il processo creativo. Avendo in comune il fatto di intessere legami fra opere diverse e anche lontane fra loro nel tempo, questi testi ci chiamano in causa perché, in un movimento del tutto particolare che si potrebbe qualificare come di assenza o di resilienza, confessano la loro segreta ossessione: quella del critico, e della critica, che diluisce o apre il testo attraverso il testo, maschera e smaschera, di volta in volta, il testo nel testo.

«La spiegazione, fantasiosa dal punto di vista storico, ha però il merito di far sorgere nella mente del lettore l’immagine di un edificio trasparente nel senso più letterale del termine» (p. 24, corsivo nostro). Non è forse questo ciò che fa ogni critico e ogni forma di critica: lo sdoppiamento, o semplicemente la nascita di un sotto-testo o di un sovra-testo? Risultano allora significative le osservazioni sui rapporti che intrattengono fra loro gli artisti di diverse discipline, come nel bel testo su Klossowski-Bene, o in quello su Char-Staël. In quest’ultimo, osserviamo e seguiamo la «passione divorante» e la «continua ricerca» dell’artista, che al tempo stesso è «una pressione» che comporta «rischi di inquietudine e di crisi, specie sul piano emotivo» (p. 50).

Mi sembra che il tema ricorra con discrezione nel libro, come in altri di Zuccarino, in particolare nella nozione molto sottile di fedeltà nella sopravvivenza del topos. La collezione dei diversi avatar del canto delle sirene*, quella delle differenti case di vetro e infine l’esame del motivo dell’artista «romantico» egocentrico e incompreso, sembrano volerci far segno, chiamarci per confidarci questo segreto.

Il motivo della creazione originale, e l’indagine su di essa che ci fa passare «da un’arte all’altra», la «capacità di scoprire nuovi usi per le vecchie metafore» (p. 32) che ci permette di scrivere, meriterebbero venisse studiato con maggiore deferenza il minuzioso lavoro di lettura compiuto nel libro.

* Purtroppo essa si ferma prima del libro di Pascal Quignard intitolato Boutès, che prosegue questo arricchimento, ma al volume Zuccarino ha dedicato un altro articolo più recente, Tuffarsi nel mare del canto: http://rebstein.wordpress.com/2008/10/30/tuffarsi-nel-mare-del-canto-di-giuseppe-zuccarino.