le voci che corrono

Greenwich Village/Ross Wetzsteon*

 

> Ross Wetzsteon, Republic of Dreams: Greenwich Village: The American Bohemia, 1910-1960, Simon & Schuster, NY 2002

Se il ventesimo secolo fosse il secolo americano, si potrebbe azzardare che è stato più specificamente il secolo di New York e che il Greenwich Village ha covato ogni importante movimento artistico e politico dell’epoca. Dalla prima decade fino ai beatniks e all’arte moderna degli anni cinquanta e sessanta, il Village era la meta per gli  uomini e le donne ribelli provenienti da tutto il paese che vi si sono affollati inseguendo i loro sogni artistici, politici e personali. …

l’editore

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… Non c’era altro modo di seguire l’appello dell’esprit francese. Fino allo scoppio della prima guerra mondiale, il Greenwich Village era il santuario dei rifugiati dell’esprit. …

Roger Gathman, “The Austin chronicle”, 31 maggio 2002

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Gente del Village

Ross Wetzsteon comincia con l'idea che il Greenwich Village potrebbe essere “il miglio quadrato più significativo nella storia culturale americana”. Per le restanti cinquecento e più pagine sostiene questa idea con brevi biografie degli scrittori, degli attivisti, dei teatranti, degli artisti che hanno popolato questa Boemia del radicalismo e dell’autocoscienza. Quale altro posto ha potuto vantare “uno spettro che varia da Henry James a Marlon Brando, da Marcel Duchamp a Bob Dylan, da Gertrude Vanderbilt Whitney a Abbie Hoffman?”. E dove troveremmo d’altra parte il luogo di nascita della prima free-love community, del Metropolitan Museum e della American Civil Liberties Union?

Come chiunque sia approdato al Village negli anni settanta (il libro ha la sua conclusione anni prima) posso testimoniare l’intossicante sensazione di credere di trovarsi nel miglio quadrato più libero dell’intera storia americana. Ma una delle sorprese del libro di Wetzsteon è come deruba gli anni sessanta e settanta della loro pretesa all’originalità culturale. L’idea che “le trasformazioni sociali e culturali comincino dalla liberazione personale e sessuale”, la devozione “a qualunque cosa purché sia tabù nel Midwest” … l’uso degli allucinogeni … erano tutti leitmotifs del Village mezzo secolo prima che Bob Dylan capitasse da quelle parti.

Altrettanto antica era l’opinione del “New York Times” che tali cose (e pittori come Duchamp) “fossero degradanti se non distruttive, e non solo della letteratura e dell’arte, ma della società”. Vecchio era anche il termine “radical chic” che “si crede inventato da Tom Wolfe per abbozzare l’infatuazione di Leonard Bernsteins con i Black Panthers”, usato in verità già all’inizio del secolo per descrivere il salon di Mabel Dodge, un luogo che Max Eastman pensò come “un campo magnetico per attirare la gente e farla comportare stranamente”.

Il libro è una serie lunga di cammei. …

Charles Kaiser, “Washington Post”, 4 agosto 2002

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 i giorni di gloria del Village

Che libro meraviglioso è la Republic of Dreams  … monumentale al punto che Cecil B. DeMille ne sarebbe invidioso.

Dove cominciare? Con Eugene O'Neill o Edna st Vincent Millay    John Reed o Margaret Sanger, Thomas Wolfe o Willa Cather? O Theodore Dreiser ... Walter Lippmann … Emma Goldman … Djuna Barnes … E.E. Cummings … Jackson Pollock ... gli espressionisti astratti? O le tracce delle figure più importanti nella vita culturale americana, lasciate nel Greenwich Village a cominciare dal 1910 circa e consustanziatesi? Edward Steichen … Marianne Moore … forse Charlie Chaplin … Max Eastman … Mabel Dodge ... Big Bill Heywood ... Dylan ThomasDelmore Schwartz … Tutta la lista dei ribelli che dall'America centrale si diressero verso Manhattan alla ricerca della libertà e dell'amore libero, del socialismo e dell’anarchia, di nuova letteratura e di nuova arte, persino di nuova America … la nuova Boemia americana. …

Richard J. Walton, “The Providence Journal”, 30 giugno 2002

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Ross Wetzsteon, redattore per molti anni del “Village voices”, è morto nel 1998 prima di poter condurre ad anni a noi più vicini la storia di Republic of Dreams. Scrisse di teatro. Come giornalista e critico collaborò a svariate testate. Proveniente dal Montana, passò la sua vita di adulto nel Village.