le
voci che corronoGore Vidal
- Tim McVeigh*La voglia di stupire di Gore Vidal passa sopra a 168 cadaveri
Gore Vidal è il campione dei bastian contrari spettacolari. Non per niente lo scrittore, che vive in una villa a picco sul mare a Ravello, paragonata al Vittoriano di Gabriele d'Annunzio, è stato definito come "gadfly", il moscone, l'insopportabile tafano rompi-scatole della cultura americana.
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Dice di essere rimasto "affascinato" dal 33enne McVeigh col quale scambia corrispondenza da tre anni. Da quando il condannato "lesse un mio articolo sulla graduale perdita delle libertà americane, e lui mi rispose". "E' un ragazzo molto intelligente, scrive benissimo, cita i classici a memoria, è un appassionato della Costituzione americana e della Carta dei diritti, non è un pazzo assassino, come è stato demonizzato dalla stampa". Quel che più l'attrae in McVeigh è che "ha un certo senso della giustizia, cosa rara in una società consumista e materialista come gli Stati Uniti". Non giustifica il massacro ("sarebbe uno dei nostri più grandi eroi, solo avesse fatto saltare in aria un edificio vuoto"), ma si dichiara solidale col fine, rendere la pariglia a uno Stato assassino, con una scia di trame oscure. Non esita a paragonarlo a John Brown, l'antischiavista impiccato a metà '800 dai Sudisti (ne aveva fatti a pezzi alcuni in una spedizione punitiva), ancora oggi celebrato sulle note di "Glory, glory alleluia".
Nell'innamoramento per McVeigh forse gioca anche la vanità del 75enne romanziere, saggista, attore, storico, giornalista, mancato politico Gore Vidal (Eugene alla nascita). "Credo che stiano nominando il Gore sbagliato", disse lo scorso agosto ai giornalisti a un party a Los Angeles in occasione della Convention democratica. Non è detto scherzasse. Lo manda in solluchero che il terrorista abbia "letto i miei libri". "Abbiamo le stesse opinioni sulle varie tirannie del governo Usa contro la nostra gente. Condividiamo alcune idee sull'erosione dei diritti costituzionali in America", dice. Avrebbe voluto intervistarlo, ma l'Attorney general ha proibito le interviste con "argomenti degni del Terzo Reich". Spera, aggiunge, che McVeigh gli lasci un testamento scritto da pubblicare.
La ribellione, anche violenta, contro lo Stato ha una lunga storia e una sua nobiltà nella storia americana. Anche il premio Pulitzer Garrv Wills ha dedicato a Mcveigh un intero capitolo del recente bel libro dedicato all'analisi del fenomeno ("A Necessarv Evil", Un male necessario). Altri grandi scrittori, da Fedor Dostoevskij in poi, hanno scritto e si erano battuti contro la pena di morte. In America Norman Mailer - con Gore Vidal non si possono vedere, sono venuti anche alle mani - aveva difeso i condannati Garv Gilmore e Jack Henry AbboTT (Gilmore era stato giustiziato, Abbott fu liberato, ma ammazzò ancora). Senza precedenti è però un'identificazione così spinta tra scrittore e ragioni politiche dell'assassino.
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La spiegazione va forse cercata nel bisogno primordiale di stupire, far scalpore, creare scandalo, andare controcorrente. Il fascino di Gore Vidal, scrittore e personaggio, oltre alla splendida scrittura, è in fin dei conti sempre legato alla sua trasgressività. Ha costruito la sua fortuna sull'essere eretico, blasfemo, "provocateur".
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E' stato il capostipite del revisionismo filo-sudista.
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Se si comincia non si finisce più.
Siegmund Ginzberg, "il Foglio", 11 maggio 2001
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**Gore Vidal, decadente e patriota
Signor direttore - Gore Vidal, scrive Siegmund Ginzberg, è ossessionato dalla voglia di stupire. Perdoni l’intemperanza, ma è come dire che l’Elefantino dovrebbe mettersi a dieta.
Vidal è più che un caso letterario, è un personaggio …
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I Founding Fathers erano, in massima parte, sudisti. Thomas Jefferson e George Mason, Patrick Henry, insomma gli apostoli di quelle "self-evident truths" che stanno agli Usa come il credo alla Chiesa.
Vidal s’inserisce, da par suo, in quella tradizione. Nipote di T.P. Gore, che aveva sostenuto Teddy Roosevelt e poi Wilson salvo trovarsi disgustato dall’intervento americano nella prima guerra mondiale, è un nostalgico della dottrina di Monroe. Quella che, secondo Charles Beard, disegnò così la politica estera stelle-e-strisce: "verso le nazioni straniere, abbiamo sempre cercato di estendere le nostre relazioni commerciali, limitando il più possibile le connessioni politiche".
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… intellettuale di sinistra (sinistra libertaria, s’intende), rimpiange quel governo anoressico e discreto sognato dai Padri Fondatori.
La sua opera letteraria, quella più seria, da Lincoln a Golden Age, è revisionismo allo stato puro: una ricerca storiografica, travestita da romanzo, per capire il passaggio degli Usa da isola che non c’è dell’anarchia ordinata a prima potenza mondiale.
Vidal ha visto, nell’America di Bill e Hillary , una prémiere di apocalisse. Dall’intervento in Kossovo alle bombe sull’Iraq , sino al massacro di Waco. Mi permetta, signor direttore: Ginzberg menziona diciannove bambini uccisi al Murrah. Ma - e non è una questione di aritmetica - a Waco di bambini (alcuni di uno, due anni appena) ne vennero "gassati" e poi passati col mitra ventiquattro. La differenza è che Tim sta per finire sulla sua croce, mentre questi altri macellai, vivono con malcelato disappunto una punizione fatta di medaglie al merito e stipendi ritoccati. Gore Vidal se n’è accorto, l’ha detto, racconta che sì, è vero, McVeigh ha ucciso - ma i morti del governo non sono meno morti. Non gli va giù, insomma, l’eterno mistero della doppia morale, alcune cose se le fa chi comanda sono buone, se le fanno gli altri no.
Non prendiamoci in giro: quello di Vidal non è bastiancontraresimo, signornonismo. E’ coerenza, è idealità vissuta. L’ideologia americana.
Alberto Mingardi, "il Foglio"
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Timothy McVeight è il giovane americano che nel 1995 spinse contro un edificio governativo di Oklahoma City un'auto zeppa di tritolo. Le vittime furono 168, di cui 19 i bambini. Per il giorno dell'attentato, McVeigh si era fatto preparare una maglietta dove sotto il volto di Abramo Lincoln appariva la scritta: "Sic semper tyrrannis". Condannato alla pena capitale, ha intrattenuto un fitto carteggio con lo scrittore Gore Vidal, il quale ne ha discusso pubblicamente opinioni e spinte ideali. A ciò fanno riferimento gli ampi stralci dell'articolo di Siegmund Ginzberg che riproduciamo e quelli della lettera di Alberto Mingardi pubblicata qualche giorno dopo sullo stesso giornale. Balza agli occhi come Ginzberg attacchi il personaggio Vidal evitando di discuterne gli argomenti, cosicché gli sfoggi mondani dell'uno sembrano costituire, paralogisticamente, la sostanza degli altri. Se ne potrebbe fra l'altro dedurre che per Ginzberg non sia lecito discutere le motivazioni degli assassini.Segnaliamo che da Harper-Collins è uscito recentemente American Terrorist, libro nel quale due giornalisti del "Buffalo News", Lou Michel e Dan Herbeck, raccontano la storia di McVeight. "La gente non sopporta l'idea che McVeight non sia psicopatico" dicono gli autori.