Renato Venturelli
per le antiche
sale. Cinema
a Genova
Cent’anni fa, a Genova, c’erano quasi cento sale cinematografiche:
praticamente il doppio degli schermi che ci sono oggi. Lo rivela uno studio di
Stefano Petrella, minuzioso spulciature di giornali e
di archivi, che da qualche tempo sta dedicandosi alla ricostruzione storica
delle sale genovesi. Molte erano ovviamente concentrate in via XX settembre,
che l’anno dopo sarebbe stata addirittura definita la “piccola Broadway
genovese” da una delle più prestigiose riviste americane di categoria. Ma il
grande boom stava rapidamente conquistando tutta la città e anche le
delegazioni, con sale aperte un po’ ovunque, da Nervi a Rivarolo,
dalla Foce a Pontedecimo. Il cinema non aveva ancora
compiuto vent’anni, fino a poco tempo prima era solo un fenomeno da fiera, ma
proprio in quel 1914 stava vincendo la sua battaglia per conquistare il
pubblico borghese delle grandi città.
Era del resto l’anno di “Cabiria”, il kolossal col camallo Bartolomeo Pagano destinato a trionfare in tutto il
mondo. “Nella sola via XX settembre del 1914 c’erano oltre dieci sale” ricorda Petrella. “Si cominciava dal Borsa, quasi a De Ferrari,
dove un tempo c’era il café concerto Bavaria e ora una banca. E si scende attraverso il
Centrale, più o meno dall’attuale Macdonald, il
Moderno, il Parigino, il Regina Elena, l’Universale... Nello slargo di via San
Vincenzo, dove ora c’è un negozio di scarpe, c’era il cinema XX settembre. Da
via Porta d’Archi c’erano l’Italia e il Sempione. In fondo il Massimo, mitica
sala popolare. E lì vicino il Vernazza di Portoria, o lo Stella di via Fieschi.
Ma poi si va dal Castelfidardo di via Canevari
al Genovese (sì, proprio il teatro) a The World, una
costruzione in legno in piazza Martinez”.
Della maggior parte di queste sale s’è persa
completamente la memoria: Petrella colleziona
immagini, cartoline, ritagli di giornale che possono testimoniare anche
visivamente quest’epoca. Alcune però sono ancora aperte, e continuano
eroicamente a funzionare: dal Sivori di salita Santa Caterina (all’epoca
Cinematografo Reale), al Carlo Felice che è l’odierno City, all’Alhambra che è
diventato l’attuale Odeon, fino alle tracce del Garibaldi di vico Boccanegra o del Principe di via Balbi (il Gioiello). E poi
il Dante di Sampierdarena (attuale Eldorado), a
introdurre la marea di sale delle delegazioni.
“L’evento del 1914 fu comunque l’inaugurazione
dell’Orfeo, ricavato scavando nella roccia dal Ponte Monumentale, dotato di
palchi e di uno spettacolare ingresso a tre volte riportato per anni sui
giornali nazionali come esempio di eleganza” aggiunge Petrella,
che poi postilla perfidamente: “A farlo costruire fu il gioielliere Luigi
Burlando, contro la volontà del Comune che avrebbe preferito dei negozi: circa
novant’anni dopo il Comune si è preso la sua discutibile rivincita alienandolo
e concedendolo a un megastore Benetton, che però ha avuto vita molto più breve
di quella del cinema...”.
“la Repubblica”, 6 settembre
2014
Venturelli ci ha inviato anche una lettera che dimostra come questo scavo
archeologico continui.
“…comunque con Petrella
siamo sulle tracce di un cinema di Sestri Ponente che fu aperto tra il 1910
(richiesta apertura 1908) e il 1927 quando venne chiuso per norme di sicurezza,
e in quel momento era gestito da Pittaluga. Siamo
andati a parlare col nipote del proprietario, tuttora padrone di tutto il
complesso. era in una traversa di via Sestri, un po’ dopo il mitico vico
Sant’Erminio (ma il forno con la focaccia buona ha cambiato
proprietario). un vicoletto strettissimo. Ma – e questa era la
curiosità – il padrone era stato in America, e quindi aveva messo un’insegna
all’americana dal portone del palazzo in via Sestri: e come insegna c’era una
zucca vuota con dentro una lampada. Così era chiamato “da u sucche” e mi dicono che è rimasta un’espressione diffusa
tra i vecchi di Sestri.”
Sarebbe interessante estendere questa ricerca a
tutta la regione