Charles de Jacques

Vaneigem, encore

Quattro libri nel 2003 (di cui uno in collaborazione con Guylléne Vallée). Eppoi, due nel 2002 e uno o due all’anno negli anni precedenti. La bibliografia s’ingrossa, in particolare pensando che, non scrivendo sulle gazzette, distilla tutto il suo sapere direttamente in volume. Ma se Raoul Vaneigem confessa che, come Lautremont, non ha “il gusto delle confessioni” e mai scriverà memorie o terrà diari (lo dice in Le chevalier, la Dame, le Diable et la Mort, ed. Cherche Midi, 2003) c’è di che rimanere delusi. Eppure, per tanta che possa essere la stima nelle sue capacità, va ritenuto in buona sostanza l’autore di un unico libro veramente memorabile, naturalmente il Traité de savoir-vivre à l’usage des jeunes genération. Proprio fra i redattori di queste pagine c’è stato perfino chi ha fatto un tentativo di dissuasione dal segnalarne le ultime opere. Prevedibile la litania: dopo quel famoso pamphlet ciò che ha scritto è aria più che fritta. Si può non  essere propensi ad usare parole così definitive, ma nel fondo se ne comprendono le ragioni.

La sua insistenza sull’”umano” ha di che sembrare un vuoto espediente metafisico, i suoi scritti sulle eresie hanno un ordinario impianto didascalico sebbene siano immersi in un tentativo stilistico che crea delle aspettative, le ultime prove hanno perso tutto o quasi il vecchio vigore tanto da apparire appiattite su un generico fronte “movimentista”. Ma in Vaneigem va percepita innanzitutto – pur nelle puntuali critiche che ne ha dato - la sua intrinsecità alla temperie surrealista più ancora che la sua antica e concreta collocazione sulla punta emergente dell’iceberg situazionista. In questo senso il fatale paragone con Guy Debord prende una piega che gli è del tutto favorevole, sia nei nodi del pensiero che nella qualità della scrittura. E anzi, proprio in Le chevalier, la Dame, le Diable et la Mort, Vaneigem ci dà la misura di un afflato esistenziale che Debord è apparso non del tutto capace di comunicare,  essendo egli piuttosto prigioniero di un’artificiosità che si potrebbe definire con buone ragioni “lettrista”. In una recente intervista a François Bott di “Le Monde” (12 settembre 2003) Vaneigem ci ha regalato quest’ultima “banalità di base”:

“L’essenziale di ciò che sono lo devo alle compagne  di qualche ora, di qualche mese, di qualche anno, siano esse amiche o amanti. Niente si capisce della vita come dalle donne. Tormentate o poderose che siano le passioni amorose, nessun altro insegnamento è autentico come l’esplorazione della Tenerezza ... Per deturnare Fourier senza tradirlo direi: l’amore è la scienza del godimento ... ho sempre aspirato all’amore assoluto. Libero chiunque di giudicarlo una chimera. E’ così che vivo, con l’idea che il mondo nuovo sarà amoroso o non sarà”.

 

Raoul Vaneigem, bibliografia recente

Le Chevalier, la Dame, le Diable et la Mort, Cherche Midi, 2003.

Rien n'est sacré, tout peut se dire. Réflexions sur la liberté d'expression, La Découverte, coll. "Sur le vif", 2003.

Salut à Rabelais! Une lecture au présent, Complexe, 2003.

 L'art de ne croire en rien, Rivages Poche Petite Bibliothèque 2003, en collaboration avec Guylène Vallée

Pour l'abolition de la société marchande, pour une société vivante, Manuels Payot 2002

L'ère des créateurs, Editions complexes, 2002

Déclaration universelle des droits de l'être humain, Cherche Midi, 2001.

Pour une Internationale du genre humain, Cherche Midi, 2000; rééd. Folio.

De l'inhumanité de la religion, Denoël, 1999.

Lettre de Staline à ses enfants réconciliés, Verdier, 1998

Dictionnaire de citations pour servir au divertissement et à l’intelligence du temps, Cherche-Midi

Éditeur, 1998

Notes sans portée, À la Pierre d'Alun, 1997.

Nous qui désirons sans fin, Cherche Midi, 1996; rééd. Folio, 1997

La Paresse, éditions du Centre Pompidou, collection « Les péchés capitaux », 1996