Maurizio Cabona
Monotolo
Tolo Tolo di e con Checco Zalone,
uscirà il 1° gennaio, due anni dopo Contromano
di e con Antonio Albanese. Come Contromano
è un film dignitoso rispetto alla media italiana, ma non fa né ridere, né piangere.
La trovata dei due film, del resto, è identica. Diffidente verso immigrati
africani, un fallito – alla lettera – italiano migra nell’Africa nera, dove si
redime dai pregiudizi. Tolo Tolo, poi, esce dopo l’analogo, ma a sfondo
balcanico, Scappo a casa di
Enrico Lando, con Aldo Baglio. Morale di questi tre film è che gli italiani
s’illudono di essere migliori degli altri popoli.
Tolo Tolo aggiunge di suo che nell’Africa nera
(l’immaginaria Saint-Jacques è in realtà il Kenya) e in Libia (ma è in Marocco
che si è girato) ci sono guerre civili. Ciò promuove da migranti a rifugiati
gli africani (Nassor Said Birya
è il bimbo che redime, Soulemayne Sylla
è il cinefilo che tradisce) diretti in Europa. Checco è tra loro dopo aver
aperto – e chiuso in un mese – un ristorante etnico in Puglia, lasciando debiti
e risentimenti tra i finanziatori della sua iniziativa. A loro Checco serve
ormai più morto che vivo. Una vittima del terrorismo vale almeno un
risarcimento alla famiglia…
Il prologo pugliese funziona e strappa il sorriso, se non
la risata. Il resto del film è monotono, salvo i siparietti dell’arrampicatore
sociale e politico (l’ottimo Gianni D’Addario), mezzo Conte e mezzo Di Maio.
Tutto questo occupa mezz’ora. La restante ora, quella africana, sta tra il
drammatico non credibile e il comico non riuscito. Nemmeno la telefonata dalla
famiglia a Checco in mezzo a un combattimento si sottrae ai limiti sia di
sceneggiatura, sia di regia.
Zalone come sceneggiatore patisce l’altro
sceneggiatore, Paolo Virzì; Zalone come attore
patisce l’identità con Zalone regista. Non che
ultimamente il suo sodalizio con Gennaro Nunziante fosse felice come al tempo
di Cado dalle nubi. Ma ci sono
debolezze che non vengono punite: peggiorando i loro film, erano migliorati gli
incassi… Secondo questo
principio di proporzionalità inversa, Tolo
Tolo potrebbe incassare quanto Sole a catinelle
o Quo vado?
Fino a che punto si potrà diluire il primigenio brio cattivista di Zalone nel buonismo
progressista, condizione indispensabile per portare il film in Francia, dove
uno Zalone prima maniera parrebbe la replica della
detestata (dalla critica d’oltralpe) Oriana Fallaci senile? Così il pubblico
italiano si dovrà rassegnare che l’unico personaggio nuovo e graffiante sia lo
smagliante fotografo “senza frontiere”, finto simpatico, autentico ipocrita.
Peccato che Alexis Michalik, che lo interpreta, sia –
per ora – solo un bel ragazzo.
“Il
Messaggero”, 28 dicembre 2019