Giuliano Galletta

Nell’incubo della dittatura brasiliana

Flàvio Tavares: Memorie dell'oblio. Castelvecchi 2023

"La porta della cella si richiude e torno a inciampare: adesso il mio piede destro scalzo tocca una testa. La testa pende da un lato. Sento qualcosa di strano che non riesco a spiegare. Mi accuccio e, in ginocchio nel poco spazio disponibile di questa cella di due metri per uno, a poco a poco la vista si adatta all'oscurità e riesco a vedere davanti a me un corpo inerte. Rifletto rapidamente, con la logica di chi conosce la prigione: si tratta di qualcuno disfatto dalla tortura che dorme, e dorme nella stanchezza del supplizio. Non mi azzardo a toccarlo per non svegliarlo ma istintivamente porto la mano davanti alle sue narici e alla bocca aperta, e mi rendo conto che non respira. Non dorme, è morto". Così Flàvio Tavares racconta uno dei tanti momenti drammatici della sua prigionia nelle carceri della dittatura militare che soggiogò il Brasile per oltre vent'anni dal 1964 al 1985. Al momento del golpe Tavares aveva trent'anni (è nato nel 1934 Rio Grande do Sul), cattolico di sinistra, era giá un affermato giornalista e come tale, nel 1961, aveva conosciuto e intervistato Che Guevara. Di fronte alla sanguinaria dittatura fascista brasiliana Tavares sceglie la strada della lotta armata. Viene arrestato, torturato, portato due volte davanti al plotone di esecuzione e infine liberato nel 1969, con altri 14 prigionieri, in uno scambio con l'ambasciatotore Usa Charles Burke Elbright, sequestrato poco tempo prima da un commando rivoluzionario a Rio de Janeiro. Da quel momento comincia per Tavares un esilio che che lo porterá in Messico, Argentina e Portogallo e che proseguirà fino all'amnistia del 1979 quando potrà rientrare in patria; il regime sarebbe definitivamente caduto nel 1985. Tavares ha ricostruito quegli anni in uno straordinario libro autobiografico, "Memorie dell'oblio", edito ora da Castelvecchi nella traduzione di Mauro Rombi e Federico Croci. Scrive l'autore nella breve prefazione all'edizione italiana: "Il sequestro in Brasile dell'ambasciatore degli Stati Uniti nel 1969, il suo rilascio in cambio della Liberazione di 15 prigionieri politici rappresenta il fulcro di questo libro. Un racconto nudo e crudo in cui il terrore delle carceri della dittatura militare si alterna a scene di tenerezza e di lirismo" e ancora "Qui si trovano quegli anni, narrati da chi da un lato fu vittima e anche, dall'altro, un protagonista della resistenza alla dittatura. È il racconto di esperienze personali e inoltre un documento realistico che ritrae anni di orrore, brace e cenere". Anni con i quali il Brasile non ha mai fatto completamente i conti, come osserva Mauro Rombi nella sua introduzione: "Nessun criminale colpevole di omicidi, sequestri e torture è stato perseguito o è stato in prigione. Molti continuano ad avere una sorta di indulgente nostalgia che naturalmente raccoglie le simpatie di un certo elettorato sono soprattutto quello composto dai bianchi benestanti che gestiscono il potere politico ed economico". La testimonianza di Tavares resterà quindi come imprescindibile mónito per il presente e il futuro del Brasile. E non solo del Brasile.

Il libro per la sua qualità letteraria travalica peró i confini della memorialistica; bastino a garantirlo le parole di due grandi scrittori, Ernesto Sabato e il Nobel José Saramago. Il primo ha scritto: "Flávio Tavares ' è un uovo Dostoevskij (in effetti proprio come lo scrittore russo è scampato al plotone di esecuzione Ndr) e 'Memorie dell'oblio' rivela immagini vissute in un inferno appena intravisto da Dante, Rimbaud e dallo stesso Dostoevskij". Mentre il secondo ha detto: "Magistrale, semplicemente magistrale. L'ho letto tutto d'un fiato senza riuscire a fermarmi".

Il Secolo XIX, 6 aprile 2023