le voci che corrono
il
populismo in Italia secondo Marco Tarchi
> Marco Tarchi, L'Italia populista. Dal qualunquismo ai girotondi, il Mulino,
Bologna 2003
...
... Per riprendere le
considerazioni conclusive di Marco Tarchi nel suo libro dedicato alle figure
del populismo nella storia dell'Italia repubblicana (L'Italia populista. Dal
qualunquismo ai girotondi, il Mulino, pp. 208, euro 12,00) nei cinquantacinque
anni di storia dell'Italia repubblicana il populismo ha lasciato una traccia
visibile e profonda i cui temi ispiratori pescano nell'eredità fascista. Tra
questi Tarchi individua: «la diffidenza verso i partiti e la politica di
professione, l'aspirazione a una ricomposizione organica della società al di là
delle `artificiali' contrapposizioni ideologiche o di classe, la fiducia nelle
virtù personali dei leader più che nella bontà o nell'applicabilità dei loro
programmi».
Tuttavia, ancora a
giudizio di Tarchi, se nella storia dell'Italia repubblicana il sentimento
populista si mantiene ma trova spazi occasionali per acquisire una fisionomia
stabile, ciò è dovuto ai vincoli costituiti dallo scontro bipolare e da una
tenuta complessiva di un sistema clientelare - e dagli anni settanta
consociativo - che fa sì che sul piano interno ancora certi fenomeni non si
manifestino.
Gli anni `90 sarebbero
allora il momento in cui il sentimento populista s'incontra con la rottura di
alcuni vincoli: il terreno su cui agisce è quello in cui si celebra la
liberazione dai vincoli e dalle strettoie della politica. Un terreno che si
costruisce sul «mito della società civile». Un mito cui differentemente
concorrono e mutuamente contribuiscono forze politiche di tutte le provenienze:
di destra, di sinistra, di centro e anche trasversali che Tarchi ripercorre
sistematicamente nel suo libro fin dagli anni della Costituente.
Un terreno di coltura
favorevole al populismo che si fonda sull'insoddisfazione nei confronti della
politica e che ha la sua matrice nell'esperienza dell'«Uomo Qualunque» di
Guglielmo Giannini e poi nella figura di Achille Lauro negli anni `50. Una
matrice «di destra» ma che - dagli anni `60 - non si limita a quest'area.
Con la stagione dei
movimenti, infatti, la costruzione del mito della società civile come luogo
depositario delle virtù sane e intoccate di una società a fronte delle
artificialità e delle storture della politica connota anche parte essenziale
del linguaggio «virtuoso» dei movimenti ecclesiali specie quelli a maggior
vocazione movimentista (Comunione e Liberazione sarà fra questi, in parte anche
le Acli di Livio Labor) che talora introiettano il mito dell'antipolitica.
Un mito che non
casualmente attraversa parte consistente del lessico politico dei movimenti del
Sessantotto italiano, che costituisce la retorica del Partito Radicale a
partire dai referendum istituzionali degli anni `70 e che sarà il linguaggio
della nuova politica di Craxi e di Martelli e ancor più la riscoperta di
Proudhon come filosofo della politica della società virtuosa.
In questo contesto entra
in scena il fenomeno delle leghe e dei localismi politici. Tarchi dedica pagine
acute al fenomeno rappresentato dalla Lega Nord: soprattutto soffermandosi sul
linguaggio politico, sui modelli comunicativi e simbolici e sui rituali
collettivi, sulla costruzione artificiale di un «popolo del Nord» dato invece
come già esistente e dunque come unità organica compatta e coesa da difendere.
Una propaganda politica che nel momento in cui adotta un linguaggio
apparentemente descrittivista della realtà ha i contorni fortemente
prescrittivi. Una retorica politica che dunque costruisce il suo soggetto.
Il «Popolo del Nord»,
infatti, non c'è se non retoricamente nella fraseologia della Lega, ma inizia a
esistere nel momento in cui viene nominato, descritto e assunto come un attore
«naturale». Una tecnica, questa, che non è solo di Umberto Bossi, ma è la
stessa con cui costruiscono la loro retorica Silvio Berlusconi e Forza Italia
nella sua fase nascente. ...
David
Bidussa, “Il manifesto”, 2 Gennaio
2004
§
Dopo che per anni era
rimasto nel retrobottega degli analisti, il populismo è oggi sotto i riflettori.
...
Dopo aver messo a punto
gli strumenti concettuali con i quali scandagliare il fenomeno populismo,
Tarchi individua nella recente storia italiana, dall’Uomo Qualunque alla Lega,
da Di Pietro a Silvio Berlusconi e a tanti (forse troppi) altri. In questa
parte il desiderio di completezza purtroppo configge con le dimensioni agili
del volume, per cui alcuni passaggi rimangono privi della necessaria
articolazione. Nella ricerca di tutti quei momenti della Stoiria d’Italia in
cui si è “invocato” demiurgicamente il popolo, l’Autore accomuna, in maniera
non convincente, fenomeni diversi insistendo sulla compresenza di un populismo
di destra e di sinistra, accomunati da un’affannosa “rincorsa” alla benedizione
(più che legittimazione) popolare. Ad esempio, sorprende vedere inseriti in
questa carrellata sia il Partito Radicale di Marco Pannella, sia ...
Piero
Ignazi, “Il Sole-24Ore”, 21 dicembre
2003