Bo Botto
Talmud
Harry Freedman: STORIA DEL
TALMUD. Bollati Boringhieri, 2016
Il Talmud, come la
Bibbia, è un classico della letteratura. Si è soliti definire gli ebrei come
"il popolo del libro" ma sarebbe più giusto, dice Harry Freedman, che lo si definisse come "quello dei due libri"
affiancando Bibbia e Talmud. Il primo dei due è la base della religione
ebraica, della sua etica e dei suoi risvolti sociali, ma spesso solo nelle
linee generali, mentre il secondo entra nei dettagli articolandosi in soluzioni
che non necessariamente hanno diretta relazione con gli insegnamenti del primo.
L'origine remota del Talmud è orale e si può dire che la sua forma di libro
consista nella trascrizione di quelle antiche (e anche meno antiche)
discussioni, come fosse un faldone che raccoglie un'insieme di rendiconti. Una
pagina tradizionale del Talmud ("studio") è suddivisa in tre colonne.
Quella centrale consiste nel testo vero e proprio ed include qui e là alcune
righe tratte dalla Mishnah (il codice delle leggi
ebraiche) seguite dal commento. Le colonne laterali riportano delle più recenti
annotazioni. La gran parte del Talmud consiste nel verbale delle discussioni
che si tennero a Babilonia fino al sesto secolo della nostra era a seguito
della diaspora sulla base soprattutto della più vecchia Mishnah
("ripetizione"). I suoi capitoli attengono alla vita nel suo
complesso nelle declinazioni giuridiche, consuetudinarie e rituali (matrimonio,
voti, benedizioni, sessualità, umorismo ecc. ecc.). Di fatto è alla base
dell'ebraismo rabbinico che cominciò a delinearsi fra i Farisei dell'epoca di
Gesù Cristo.
Quella che Harry Freedman propone non è una rilettura chiarificatrice e
riassuntiva del vastissimo testo originale, ma non è nemmeno del tutto quella
"storia" richiamata nel titolo e volge volentieri il lettore
inesperto in una istruttiva carrellata nella zona delle influenze (con Maimonide, certo, ma anche Spinoza e "il falso
messia" Shabbetay Tzevi)
e delle scoperte, nuove e vecchie (come quella delle signore Agnes Smith Lewis
e Margaret Dunlop Gibson nel 1896 al Cairo). Il testo, pur con opportune
digressioni, mantiene una sua organica compattezza che esclude tuttavia l'esame
delle implicazioni religiose e ideologiche più profonde. Al giorno d'oggi, per
esempio, nei paesi a maggioranza cristiana si deplorano le interdizioni
dell'islamismo e le si collega raramente all'origine giudaica, come
l'atteggiamento di ostracismo verso le donne mestruate, considerate impure. Per
non dire di una mutilazione come la circoncisione, che viene accettata senza
discussione quale particolare tradizione culturale, giustificandola nientemeno
che con l'igiene. Il cristianesimo paolino fece piazza pulita di tutto ciò e
già nei vangeli sono riportati episodi (come quello della donna samaritana) che
vanno contro le regole farisee. E, va detto che proprio per queste ragioni il
Talmud non è avaro di bestemmie contro Gesù e i cristiani.
“Fogli di Via”, novembre 2016