Capo
redattore del "Figaro" e poi fondatore di "Guêpes",
dove diede prova del suo genio satirico e aforistico, Alphonse Karr (1808-1990) dopo aver partecipato alle vicende
repubblicane del '48, con il colpo di stato di Luigi Napoleone dovette
ritirarsi in Costa Azzurra e si diede con successo alla floricoltura. Il brano
su Genova che qui riportiamo è tratta da Promenades hors de mon
jardin (Paris
1872). Ci piace segnalare che una crestomazia di sue sentenze sulle femmine fu
pubblicata a Genova, per la cura di Arturo Salucci, dalla Libreria Editrice
Moderna ne "i Libri dell'Amore".
Svisti dai vicini: Alphonse Karr
A Marsiglia mi
avevano detto: Genova è la città dei ricchi bouquets.
Ma si tratta di una reputazione usurpata. Prima di tutto, ai genovesi non
piacciono i fiori. Ciò non significa, lo so bene, strappare quelli che crescono
spontaneamente su una terra tanto ricca e sotto un sole così favorevole. Ma
quanto a piantarli, coltivarli, prendersene cura e raccoglierli...per questo ce
ne corre!
Chiariamo lo
sbaglio.
Per uno straniero,
ci sarebbe motivo d’ingannarsi per alcuni giorni. Molti dei fiori che in
Francia coltiviamo con tante cure, nelle campagne genovesi crescono
spontaneamente. Il mirto è selvatico, il gelsomino bianco è selvatico, la
ginestra è selvatica. La valeriana rossa fiorisce sui muri, i melograni
sviluppano i fiori appariscenti nei boschetti con i cisti, gli oleandri
diffondono un soave profumo sulle rive dei ruscelli e stagliano i fiori rosa
sullo sfondo azzurro del mare; le leguminose s'arrampicano svelte in siepi ai
cui piedi si apre la grande campanula violetta; i gladioli fioriscono tra le
spighe, i garofani al bordo delle strade, i gigli arancio al margine dei
castagneti. Gli aranci, i limoni, le camelie, i gerani, i gelsomini crescono e
fioriscono all'aperto.
Bene! Con tutte
queste premesse, non ho potuto vedere a Genova un giardino dove si coltivino
davvero fiori. Questi sono rari, poco variati. Ma dal momento che sono proprio
quelli rari in Francia, a causa del clima, la cosa non mi stupisce al primo
colpo d'occhio; solo dopo un po' ci si accorge che i padroni dei giardini hanno
trovato un modo per essere poveri tra tante ricchezze (…)
Io che ho abitato
a lungo a Le Havre ho riconosciuto subito i genovesi; vi riconosco, siete dei
trafficanti...
Gli hanno
costruito una grande terrazza su arcate in riva al mare e sopra il magnifico
porto; la terrazza è di marmo bianco. Passeggiandovi notai dei caratteri
tracciati a matita sul marmo. Oh, sospirai, un poeta ha scritto sul marmo i
pensieri ispiratigli dal tramonto, dagli splendori di questo cielo, di questo
grande azzurro mare! Mi avvicinai. Ecco la copia esatta di quanto mi era
saltato all'occhio:
28.285 lire nuove
di Piemonte
9.773
-----------
18.512
Ad ogni passo
c'era un’addizione, una sottrazione, una moltiplicazione scritta a matita sul
marmo bianco; pensai di potermi accontentare copiando solo la prima capitatami
sotto gli occhi.
Me lo spiego: i
genovesi- quelli che sono mercanti e quelli i cui padri lo sono stati- non si
rassegnano all’idea di un capitale improduttivo. Sia che trascorrano quattro
mesi estivi in campagna e nei giardini, sia che vi passino solo la domenica,
hanno prima d'ogni cosa calcolato il valore della loro campagna, il prezzo delle
piante, l'interesse che può fruttare il denaro che gira- e si spaventano nel
sapere quanto gli costerebbe ogni ora di riposo, di piacere, di meditazione
sotto le cime profumate. Vogliono che gli alberi dei loro giardini producano
soldi e diano da vivere. Sono commercianti di arance e limoni; gli alberi non
sono alberi felici che fioriscono, esalando profumi, sono operai che lavorano e
producono limoni; operai che danno merce- ciò gli conferisce un'aria triste. Ed
effettivamente debbono obbedire agli interessi del commercio. Ci sono piccoli
aranci di Cina a foglie strette, con frutti grandi come una mela appiola. Tali
frutti, raggruppati, non diventano gialli sull’albero, dove sarebbero graziosi,
e vengono raccolti ancora verdi. Si raccolgono i limoni e le arance nel momento
più favorevole per la vendita, senza pensare di lasciare a qualche albero un
ornamento che conserverebbe quasi tutto l'anno. In tutti i giardini ci sono
gran riquadri di gelsomino giallo. Mi dicevo: quanto devono profumare questi giardini
nelle notti di agosto e settembre! Invece no. Ogni giorno si raccolgono i fiori
di gelsomino “per i produttori di pomata”. I fiori si aprono nel primo
pomeriggio e vengono asportati alle cinque. Restano sulla pianta giusto il
tempo in cui il caldo impedisce di sostare in giardino.
Se non si
raccolgono i fiori di aranci e limoni, se li si lascia crescere sugli alberi,
lo si deve al fatto che arance e limoni si vendono più cari dei fiori.
Quanto ai bouquet
di Genova, essi sono enormi, e questo è tutto l'elogio che se ne possa fare. Un
bouquet discreto ha la larghezza di un ombrello e l'aspetto di una coccarda; si
compone invariabilmente di cerchi di fiori bianchi, blu, rossi, gialli (…)
Ho visto i
giardini di Genova e i dintorni: dentro non ci sono fiori. Ho visto le Peschiere,
giardino abbastanza esteso in cui sono state catturate belle sorgenti in una
varietà di fontane di cattivo gusto che disonorano sia l'acqua che il marmo.
Questo giardino è una fabbrica di camelie per il commercio.
La villa Pallavicini, a due leghe da Genova, è un gran giardino
molto ben disegnato in quasi tutte le parti, particolarmente in una. I
proprietari non ci vanno mai, al fine di non disturbare i visitatori. Quando un
genovese o uno straniero vuole visitare villa Pallavicini
chiede un permesso per iscritto…Dopo una impercettibile salita di mezz'ora…si
scende in una caverna buia in cui pendono magnifiche stalattiti, avvistate mano
a mano che gli occhi si abituano all'oscurità. Si avanza dietro la guida e
presto si sente il rumore di una cascata e si nota, tra le rocce, uno stagno al
cui bordo accorrono delle carpe curiose. Là, un barcaiolo stava in attesa; la
vostra guida vi saluta, vi augura buon viaggio e si ritira; voi salite sulla
barca che segue qualche sinuosità tra le rocce, poi all'improvviso, uscite
dalla caverna e vi ritrovate all'aperto, in pieno sole, sullo stesso stagno
che, per un abile effetto di prospettiva, sembra terminare in mare, perché
effettivamente sta a mille passi da lì, spazio che i declivi, sapientemente
calcolati, nascondono completamente. Ad una delle estremità dello stagno, il
sole sale e il pendio termina con grandi aloe che stagliano le foglie verdi e
acute sullo sfondo azzurro del mare, avendo, la stessa maestria, calato agli
occhi la distanza che separa il mare da questo lato dello stagno.
Sfortunatamente,
si è pensato di imbruttire questo angolo, questo giardino delle fate, con
costruzioni di cattivo gusto- chioschi cinesi dorati, ecc…Là
ritrovate la prima guida che vi riprende mentre il barcaiolo va ad aspettare un
altro “gruppo “ per cui si rappresenterà esattamente la stessa scenetta di
commedia appena rappresentata davanti a voi… Vi conduce dopo qualche svolta in
un pergolato tra bei roseti; la guida vi invita ad entrare sotto la pergola, poi,
spingendo abilmente una molla nascosta, fa partire tre o quattro getti d'acqua
che vi inondano. Dal momento che avete percorso due leghe di polvere, l'acqua
la irrora e vi copre di fango; ci sono persone che ridono (…)
L'Acquasola è una bella passeggiata con piante
d'acacia su di un colle. In mezzo c'è un prato in cui crescono aranci e
oleandri. Vi si passeggia soltanto di sera, vale a dire durante le
ultime due ore di luce. Là, in un viale che circonda la passeggiata, alcuni
cavalieri si sforzano, con un’ostentazione ben poco dissimulata, di attrarre
faticosamente gli sguardi. Non ho mai visto infastidire tanto dei poveri
cavalli usando mano e gambe. La parte di quel viale che affianca quella
preferita dai pedoni è lunga solo un quarto del percorso circolare effettuato
dai cavalieri. Ora, quei medesimi cavalli che si difendono, scalpitano e
caracollano per venticinque passi, una volta usciti dalla parte del viale dove
i cavalieri sperano d'essere notati, una volta fuori dal teatro, fanno il resto
della passeggiata al trotto svogliato, a testa bassa, collo allungato, come
attori dietro le quinte.
Calata la notte,
si va a passeggiare nelle strade, vale a dire in tre strade: via Carlo Felice,
via Nuova e via Nuovissima.
Queste strade sono
pavimentate con grandi lastre, sempre impeccabilmente pulite, su cui le donne
possono trascinare impunemente i loro abiti di seta.
Poi si va a
prendere, al caffè della Concordia, gelato e sorbetto. La Concordia è un
giardino con grandi aranci e limoni e oleandri alti come tigli. Vi si arriva
passando per un peristilio e una scala di marmo bianco…Oltre che i gelati alla
frutta, come da noi, là vi danno quelli al gelsomino, al geranio, al timo, alla
salvia , alla verbena , al basilico, ecc.
Fanno, alla Concordia, della musica che, come tutta quella sentita a Genova,
tende ad accelerare il movimento, ma che sotto quegli aranci carichi di fiori
d'argento e frutti d'oro, sotto quegli oleandri dai fiori di porpora pallido,
fa della Concordia il cabaret più grazioso che si possa vedere…Una signora
sotto il peristilio confeziona e vende quelle immense coccarde che a Marsiglia
chiamano i magnifici bouquet di Genova.
Il suolo di Genova
è molto disuguale. Per farsene un'idea bisogna recarsi sul ponte di Carignano.
Questo ponte, alto più di centocinquanta metri si lancia da una collina
all'altra; sotto un'unica arcata ci sono case anche di otto piani. Le case
costruite sui versanti delle colline hanno nel retro un suolo più elevato di
quello della facciata e ne approfittano per avere giardini ad ogni piano. Hanno
un giardino al quinto come al piano terra (…) Giardini piccoli in verità, in
pieno sole ed ombreggiati da aranci e fichi (…)
Se in Francia le
vigne sono malate, qui sono pressoché morte…Alcuni strappano le vigne e le
sostituiscono con dei limoni, un prodotto eccellente e che dà un raccolto
affidabile.
Eccoci ai legumi . È la parte poco brillante, e questo perché i
coltivatori non vogliono diversamente. La terra è molto fertile, il sole
prodigiosamente fecondo. I loro perpetui amori non possono essere sterili. Ma
quando la natura fa tanto, l'uomo, naturalmente pigro, si mette con ardore a
non fare niente.
Qui si pianta un
poco, si raccoglie discretamente e non si coltiva del tutto. Il coltivatore, il
villano, mette in pianta o semina un certo numero di piante e semi, poi
va a pescare con la canna in riva al mare, in attesa del raccolto (…) Il
genovese si nutre male- cominciando dal gran signore fino all'operaio. Il
contadino non si tratta meglio di come tratti le sue vacche. Questo è quanto ho
visto: al mattino il contadino va in giardino, raccogliendo a caso quel che
trova per fare la minestra. La minestra è una zuppa ottenuta con una
specie di vermicelli grossi cui si mischia tutto quel che si trova al mattino;
è una zuppa che si presta molto alla fantasia. In effetti, mentre cammino di
fianco al contadino, egli mette in un cesto qualche fagiolo, dei piselli, della
bietola, aglio, borragine, timo, serpillo, alcune foglie di cavolo,
dell'insalata, due o tre pomodori, delle zucchine, un limone, del basilico,
della salvia, ecc. Quando il cesto è pieno, lo porta alla massaia; nessuna
regola nelle proporzioni; se ci sono pochi o punto cavoli, vi si metterà più
borragine o serpillo. Basta che la cesta sia piena. Si fa cuocere il tutto in
acqua, vi si aggiunge qualche pugno di pasta e la minestra è pronta (…) A
Genova non ci sono macellai come in Francia. Ci sono rivendite di carne
di vitello, di carne ovina, di carne di manzo. Nessuno vende due tipi di carne,
ancor meno tre (…) La terra non si vanga; si aspetta che il sole l'abbia
indurita e spaccata come una vecchia ceramica; allora qualcuno infila nelle
fenditure e nelle fessure delle radici di cavolo per l'inverno. Ma il
procedimento tradisce qualche negligenza. Altri, quando la terra è “incrinata",
la riducono in pezzi grossi usando una zappa a punta, ma non servirebbe un
grande avvocato per farla passare come attrezzo contundente. Allora si piantano
i cavoli tra i cocci di terra. La pioggia si annoierebbe se non le si lasciasse
niente da fare (…) Qui l'ombra non nuoce, protegge. I limoni fioriscono e
fruttificano sotto gli ulivi e i fichi, i gelsomini fioriscono e il grano
matura sotto i limoni, i legumi vengono bene all'ombra della pergola. Questo
accresce singolarmente l'ampiezza morale di un giardino; per ampiezza morale
intendo ciò che può contenere e produrre. Il giardiniere più ricco non è colui
che possiede il giardino più grande, ma colui che accoglie nel proprio
giardino più frutti, più fiori, più legumi, più ombra, più acque mormoranti,
più canti d'uccelli, più profumi, più occasioni di sogno, più pace e
tranquillità, e meno visite (….)
Il porto di Nervi
è un piccolo poverissimo porto dal punto di vista della navigazione, il che non
gli impedisce di essere pittoresco e incantevole (…)
Non è del tutto
errato il proverbio secondo cui il mare di Genova è senza pesce. Tuttavia le
sardine abbondano e sono squisite; il router, la triglia, è forse il
pesce migliore. Citerò ancora il pesce chiamato loup
a Nizza, spigola, che somiglia a quello chiamato bar sulla Manica. Per
il resto le specie corrispondenti alle nostre sono parecchio inferiori. Solo il
merlano, che può raggiungere il metro, è preferibile a quello dell'oceano (…)Se si prende un pesce un po' grosso, è una sorta di
scandalo, si dispera di venderlo; gli stessi ricchi non aggiungeranno quel re
dei mari alla loro minestra. Occorre trovare una maniera
affinché chi mangerà quel pesce non debba pagarlo una moutte
(otto soldi). Il pescatore cui è toccata tanta fortuna, difficile da far fruttare,
va a trovare il sindaco e gli chiede il permesso di organizzare una lotteria.
Il sindaco presta dei numeri e dei biglietti; la moglie e i figli del pescatore
vanno a venderli nelle case di Nervi. All'ora indicata per l'estrazione viene
posto un tavolino davanti alla chiesa; lì si formano i lotti. Il primo lotto
consiste nel pesce grosso; cinque o sei lotti inferiori sono formati da
minutaglia. Nel momento in cui si infila la mano nel sacchetto per estrarre il
numero, alcune donne pregano raccomandandosi alle loro patrone. Ma solo una
avrà la forza di far vincere. Il felice possessore del biglietto vincente viene
designato; prende il suo pesce, accompagnato dalle maledizioni dei concorrenti
meno fortunati. Quando è fuori portata dalla voce, ognuno rimprovera il suo
patrono arrivando talora fino all'ingiuria(…) Se i
pescatori a Nervi sono poveri come dappertutto, i produttori di maccheroni,
vermicelli, ecc così come i commercianti di arance,
diventano ricchi. A Nervi c'è un'altra attività: a Nervi si trovano quasi tutti
i padroni delle piccole vetture di quattro posti, in cui ci si accalca in una
dozzina, che ogni mattina arrivano a Genova e si sistemano in Piazza Carlo
Felice, pronte a partire per Quinto, Recco, Rapallo, Chiavari ecc, e dall’altra parte, per San Pier d’Arena, villa Pallavicini ecc. Sulla maggior parte delle vetture sono
dipinti santi e sante con iscrizioni tipo: “Viva Gesù e Maria- Viva San
Giovanni Battista “ ecc.
Una sera fui
intrigato, poco prima del finire del giorno, dall'arrivo nella baia di Nervi di
una nave di una certa dimensione; portava un carico pesante di botti di
Bordeaux. Era l'ora della mia cena, mi aspettavano, lasciai la spiaggia
proponendomi di ritornarvi quanto prima per vedere la soluzione che mi occupava
la mente.
Come farà la nave
a scaricare a terra? La terra scende con dolcezza; la nave che, appesantita
com'è, pesca per più piedi, non può avvicinarsi alla riva se non alla distanza
di un colpo di fucile. Potrebbe accostare ma non avanzerebbe di molto. Nel
porto di Nervi non ci sono gru o macchine di alcun genere per far sbarcare
quelle enormi botti. Forse si potrebbe, se ci ci
accostasse, a forza di braccia e su assi apposite, far rotolare quelle
sistemate sopra le altre; ma non c'è modo di avvicinarsi a meno di una cinquantina
di passi e d'altra parte, come si farebbe con la seconda fila di botti?
Una mezz’ora dopo,
ero su una delle rocce che inquadrano l'insenatura ;
ma quale fu la mia sorpresa! Alla luce di una ventina di torce, un'orda
rumorosa, salita in parte sull’imbarcazione e in parte su canotti, si sforzava
di affondare la nave con tutto il carico. Con secchi, con gottazze, la
riempivano d'acqua, e lentamente sprofondava sotto i piedi di quelli che
salivano. Mi vennero allora in mente tutte le storie di pirati e filibustieri(…)
Provai, davanti a
tanto disordine, l'emozione che vi coglie nel momento in cui ci si getta in
qualche pericolo; mi credevo obbligato, nella qualità di nuovo abitante di
Nervi, a pagare il mio benvenuto prendendo parte ai pericoli che minacciavano
il villaggio; ma vicino a me stava un abitante del paese e, dopo avergli
parlato in un italiano penoso tanto per lui che per me, avevo scoperto che
parlava il francese.
-Aspettate, gli
dissi, corro a casa un momento e poi scenderemo insieme.
-Vediamo tutto
bene anche da qui.
-Ma non si tratta
di vedere; vado a prendere il fucile.
-Per fare che?
-Beh, quel che
succede…
-Quel che succede
non riguarda voi né me; è ciò che succede ogniqualvolta arriva a Nervi una nave
con carico pesante.
-Ma quegli uomini?
-Quegli uomini
sono marinai della nave cui si sono aggiunti alcuni marinai di Nervi.
-Ma affonderanno
la nave?
-Sicuro; non
desiderano altro.
-Perché?
-Lo vedrete, se
rimarrete.
Offrii un sigaro
al mio compagno, me ne accesi uno, ed osservai.
Effettivamente, in
capo a mezzora, la nave colò a picco, mentre gli uomini rimasti a bordo fino
alla fine si lanciarono in acqua e si allontanarono nuotando; ma le botti piene
di vino, che è più leggero dell’acqua, galleggiando, lasciarono naturalmente la
nave che affondava. Gli uomini sulle scialuppe le spinsero con facilità verso
riva dove i loro compagni le issarono sulla spiaggia con delle corde.
L’imbarcazione,
non più carica, rimase a fior d'acqua. Si gettarono in mare delle forti ancore
e il mattino seguente la si svuotò e riportò a galla.
Non do questo
procedimento come facile e sbrigativo, ma lo presento come ingegnoso e
bizzarro; altrimenti il porto di Nervi non potrebbe senza grandi spese, che il
villaggio al momento non può affrontare, ricevere nessuna merce di un certo
volume (…)
È di gran moda e
supremo bon ton per gli uomini sedersi su di un parapetto o griglia di ferro,
in piazza della Fontana amorosa, vicino alla posta. Questa griglia sovrasta una
strada bassa, in cui ha la funzione di impedire ai passanti di cadere. È ad
altezza di appoggio, larga un dito; vi si deve stare, proprio come si suppone,
seduti scomodamente -ma non ci si può esimere dal sedervisi; si appoggiano i
piedi su di una sbarra inferiore. C'è pure un'altra griglia di fronte alla
posta, dall'aspetto assolutamente simile, ma su cui un uomo un po' comme il faut non
si siede mai. Perciò, è importante non confondere la griglia a lato della posta
con la griglia di fronte. Quelli che andranno a Genova, oramai, e che si
sbaglieranno di griglia non potranno prendersela con me; sono stati avvertiti.
Altra legge della
moda. Di mattina, nelle ore in cui il sole è basso, in cui i palazzi, alti
quindici volte la larghezza delle strade, vi fanno abbastanza ombra, si può
portare, forse si deve portare, il cappello di feltro floscio a larghe falde.
Ma, se dopo mezzodì, quando il sole con i raggi perpendicolari, riesce ad
arrostirvi fin nel fondo delle strade, nelle ore in cui ho visto a Nervi “le
lucertole correre verso l'ombra “, se vi si incontra senza il cappello
francese, vale a dire senza un cilindro a tese strette, non sarete più un uomo
di buona compagnia, siete solo un quidam. Davanti a una donna non dovrete
levarvi che quel cappello a tesa stretta; se la salutaste con un cappello a
larghe tese, sarebbe una mancanza di saper vivere (…)
La gente che entra
in queste chiese ha un poco l'aria di credere Dio in obbligo per i tanti ori,
marmi, velluti, quadri che le addobbano. Non mostrano raccoglimento né
rispetto; trattano Dio su di un piano d’egualità, almeno(...)
Non ci sono che
tre strade per cui possano passare le carrozze. Queste strade sono lastricate;
sono piene di donne che non camminano o vanno spedite ma che passeggiano
lentamente trascinando abiti di seta. Non è permesso ai cavalli di sporcarli;
se un cavallo mal abituato si permette, subito compare un uomo con un
recipiente e netta la lastra incriminata. Le vetture che per caso si mostrano
vanno al passo con un'aria mortificata, timida, paurosa, imbarazzata, come
temessero d'essere schiacciate dai pedoni.
Che fare col
denaro accumulato dai genovesi? Si fanno costruire un palazzo e una chiesa; un
palazzo di marmo e una chiesa d'oro. Almeno era così una volta, perché oggi non
ho visto né palazzi né chiese cominciati (…)
Quando arriva il
momento di seminare la canapa, i bambini del coro percorrono giardini e
campagne distribuendo ai contadini delle croci di canna benedette. Quasi tutti
i giardinieri prendono tante croci per quante aiuole di cannebe
(canapa, cannabis) hanno seminato. Poi piantano la croce in mezzo ad ogni
aiuola (…) Avrei a rigore capito, da un certo punto di vista, se alla stagione
novella piantassero una croce in mezzo al giardino; non compresi perché
fosse solo la canapa a ricevere quell'omaggio(…) A
meno che non sia per pregare Dio di evitare, a chi semina la canapa, di essere
impiccato con la corda che se ne ricaverà…
da “Fogli di Via”, gennaio 2020