Charles de Jacques
qualcosa di surrealista
Qualcosa di surrealista. Per esempio la mostra del quasi centenario
Enrico Donati che si è tenuta allo Young Museum di San Francisco nel 2007. Troppo
spesso, ventilando l’opportunità di approfondire l’esistenza di un surrealismo
italiano, per quanto ben distante da specifiche formazioni di gruppo, ci si
dimentica di questo lombardo, inizialmente votato alla musica, ma laureatosi in
economia a Pavia, che si appassionò giovanissimo all’arte degli indigeni
americani, conosciuta anche attraverso le visite al Trocadero di Parigi e al
Museo delle Scienze di Milano. Nel 1934 è già in America per un viaggio di tre
mesi. Al ritorno si stabilisce a Parigi frequentando soprattutto musicisti.
Presto rinuncerà alla musica per la pittura e si interessa al movimento
surrealista. Fu Lionello Venturi a metterlo in contatto con André Breton
incitandolo a presentargli le sue opere. Amico di Duchamp, si trasferisce poi a
New York. Nel 1947 prende parte all’Esposizione Internazionale del Surrealismo. La
mostra di San Francisco, allestita alla maniera di una Wunderkammer, ha presentato pitture, assemblaggi, sculture e maschere
in un itinerario indubbiamente affascinante
illuminato dal dovuto omaggio.
Dopo il vecchio opuscolo di Pietro Ferrua e certi testi di Schwarz, è
interessante il libro di Dick Gevers dedicato al tema di surrealismo e anarchia.
Pubblicato dalle edizioni Iris di Amsterdam dirette dallo stesso Gevers, Surrealisme
en Anarchisme è purtroppo scritto in olandese. La prima
parte del libro è un affondo nel tema che non tiene conto soltanto dei rapporti
diretti con le organizzazioni anarchiche ma dell’intrinsecità del surrealismo
con l’anarchismo. La seconda parte è un’antologia di testi originali tradotti
in olandese. Numerose e non banali le illustrazioni.
Di questi tempi esce quasi come una necessità di chiarezza Surréalisme
& athéisme. A la niche les glapisseurs de dieu ! di Guy Ducornet per le edizioni Ginkgo. Il
sottotitolo del libro riprende il titolo di un “tract” surrealista del 1948 che
se la prendeva, fra l’altro, con l’interpretazione di Sade fornita da Pierre Klossowski.
Il volantino era sottoscritto da Adolphe Acker, Sarane Alexandrian,
Maurice Baskine, Jean-Louis Bedouin, Hans Bellmer, Jean Bergstrasser, Roger
Bergstrasser, Maurice Blanchard, Joe Bousquet, Francis Bouvet, Victor Brauner,
André Breton, Jean Brun, Pierre Cuvillier, Pierre Demarne, Charles Duits, Jean
Ferry, André Frederique, Guy Gillequin, Arthur Harfaux, Jindrich Heisler,
Georges Henein, Maurice Henry, Jacques Herold, Véva Herold, Marcel Jean, Alain
Jouffroy, Nadine Krainik, Jerzy Kujawski, Pierre Lé, Stan Lélio, Pierre
Mabille, Jehan Mayoux, Francis Meunier, Nora Mitrani, Henri Parisot, Henri
Pastoureau, Benjamin Péret, Gaston Puel, Louis Quesnel, Jean-Dominique Rey,
Claude Richard, Jean Schuster, Iaroslav Serpan, Seigle, Hansrudy Stauffacher, Claude
Tarnaud, Toyen, Clovis Trouille, Robert Valençay, Jean Vidal, Patrick Waldberg.
Il testo originale di questo volantino è tradotto nel libro in numerose lingue.
Ducornet nella parte ricognitiva si occupa del rapporto fra surrealismo ed esoterismo,
fra surrealismo e razionalismo, del concetto di “meraviglioso” e altro ancora,
dando un affondo sull’”affare” Carrouges (1951) e sul (presunto) “surrealismo”
catolicizzante. Interessante, nel primo capitolo, è l’arringa ateistica pro
Breton, definito per l’occasione, paradossalmente, come il “meno conosciuto” (o
il più frainteso) dei surrealisti.
Da ultimo, ma non in ordine d’importanza, mi preme segnalare l’antologia
che Paola Dècina Lombardi – probabilmente il maggior storico attuale del
movimento – ha dedicato (nei Grandi Classici degli Oscar Mondadori) a La donna, la libertà, l’amore. Essendo
un tema assai controverso quello dell’amore e della donna fra i surrealisti,
oggetto per altro di vari attacchi da parte di chi si muoveva ai margini del
movimento, le ragioni di questa antologia balzano agli occhi e, a distanza di
tanti anni, sembra voler equilibrare le tesi del saggio di Xavier Gauthier del
1971, che resta in ogni caso un grande classico. La raccolta ha il merito di
radunare, anche nel caso degli autori più famosi, testi non ordinari, oltre a
spingersi fra scrittori scarsamente antologizzati ed eccentrici rispetto alla
centrale parigina. Un lavoro notevole, dunque, posto sotto l’insegna della
rivolta come spiegazione degli stessi atteggiamenti che paiono ostici alle
premesse stesse del movimento. Il titolo del volume riprende d’altra parte un
passo di Arcane 17 dove Breton scriveva
che “la luce della rivolta” può esser conosciuta soltanto attraverso “la
poesia, la libertà e l’amore”.