Charles de Jacques

surPolitik

 

Si può dire ormai che questa o quell’altra cosa sono “surrealiste”, ma non tutto si può osare in nome del Surrealismo. Che le politiche di Sarkozy o Bush o Berlusconi, o di qualunque altro uomo politico, meritino di esser definite “surrealiste” non  ha niente a che vedere col Surrealismo e nemmeno, a ben guardare, con la “politica surrealista”. Come per "l’esistenzialismo" sartriano, al di là di quella che sembra essere un’evidenza, non c’è alcun motivo serio per considerare il Surrealismo fra le sottospecie dell’ideologia comunista moscovita. Di parere contrario sono studiosi (e polemisti) come Boris Groys o Jean Clair, per i quali le avanguardie artistico-letterarie, specialmente il Surrealismo, non avrebbero costituito altro che dei gruppi totalitari corrispondenti ai totalitarismi politici. Per costoro non ci sarebbe mai stata un’età dell’innocenza e le avanguardie, di fronte al tribunale della storia, risulterebbero invariabilmente colpevoli.

Surréalisme et politique, politique du surréalisme di Wolfgang Asholt e Hans T. Siepe (Rodopi, 2007) è un’antologia di saggi che tentano di guardar dentro al problema, riuscendovi in molti casi. Già i curatori, intitolando "Défense et illustration du surréalisme politique et de la politique du surréalisme" la loro prefazione, fanno capire dove vogliono andare a parare. La visione è ampia, non si basa sull’elusione e la défense non prescinde da analisi schiette. Elencare i contributi di questo libro è dunque indispensabile: Carole Reynaud Paligot si occupa di speranze e delusioni surrealiste francesi fra il 1919 e il1969; Sven Spieker della burocrazia dell’inconscio; Karl Heinz Bohrer di mitologie rivoluzionarie; Peter Bürger della necessità “dell’impergno” surrealista; Jacqueline Chenieux-Gendron affianca Breton e Hannah Arendt; Élena Galstova di surrealismo e plotica a teatro; Michael Sheringam della soggettività in Breton; Sjef Houppermans su politica, letteratura, sucicidio e Crevel; Irčne Kuhn su Maxime Alexandre; Claude Bommertz sulla poesia ermetica surrealista; Hans T. Siepe sull’anticolonialismo; Effie Rentzou sul ripensare la politica alla luce del surrealismo; Henri Behar sulla guerra d’Algeria; José Vovelle sui “post-magrittiens” Mariën e Broodthaers; Andreas Puff-Trojan sulla poetica dell’objet trouvé in André Breton, Joseph Beuys, Hermann Nitsch et Rudolf Schwarzkogler; Wolfgang Aholt sulla “svendita” del Surrealismo e la presenza del suo “fantasma”.

Breton in una celebre conferenza tenuta ad Haïti nel dicembre del 1945 aveva affermato che “il Surrealismo ha contribuito al riordinamento della condizione umana sotto i due aspetti: materiale e spirituale”. Il Surrealismo, secondo Walter Benjamin, procurava alla rivoluzione l’ebbrezza. Effie Rentzou, che poi andrà a occuparsi della ricezione “politica” del Surrealismo in Grecia, offre, nella prima parte del suo saggio diversi spunti in proposito, come assai pertinente al proposito è la ricostruzione delle vicende surrealiste nel saggio della Paligot (Ambitions et désillusions politiques du surréalisme en France, 1919-1969). Interessanti sono le note di Effie Rentzou sulle opinioni di Louis Janover - co-direttore della rivista "Ètudes de marxiologie”, amico di Maximilien Rubel, firmatario di qualche tract surrealista, efficace polemista anti-Aragon, autore di svariati saggi sul movimento e in particolare di studi dei suoi rapporti con la politica – il quale, oltre a giudicare insufficiente il Surrealismo alla luce dell’ internazionalismo proletario, ritiene devastante per lo stesso movimento la tradizione giacobina francese (ʺil surrealismo non ha mai tentato di mettere in discussione la teoria giacobino-blanquista della rivoluzioneʺ, Surréalisme, art et politique, Galilée, Paris 1980).

L’avvento delle neo-avanguardie comportò successivamente fenomeni ben riconoscibili di continuità e rottura con le "pretese" rivoluzionarie del Surrealismo, e ciò, più che in altre esperienze, è evidente in quella dell’Internazionale Situazionista. In Collectivism After Modernism: The Art of Social Imagination After 1945 curato da Blake Stimson e Gregory Sholette per laUn. of Minnesota Press (2007), Jelena Stojanović, occupandosene, si interroga, fra l’altro, su certi esiti grotteschi. Sulla "politica" nell’ambito delle neo-avanguardie si veda anche il contributo di Michael Corris, relativo alla cosiddetta "arte concettuale" nel volume Neo-avant-garde curato da David Hopkins e pubblicato nel Regno Unito da Rodopi nel 2006 (il libro riporta i contributi del covegno Mapping the neo-avant garde, tenutosi all’University of Edinburghm l’anni precedente). Si vedano inoltre, nello stesso volume, il saggio di Anna Katharina Schaffner dedicato alla "poesia concreta" e quellli sul "neo Dada" rispettivamente di Anna Dezeuze e Günter Berghaus. Quanto all’IS, come recente contributo generale, va citato quello di Fabien Danesi uscito (2008) con Les presses du réel: Le mythe brisé de l’Internationale situationniste. L'aventure d'une avant-garde au cœur de la culture de masse (1945-2008).

“La Bave", Septembre 2008