Carlo Luigi Lagomarsino

grembiuli e sol dell’avvenire

Marco Novarino: TRA SQUADRA E COMPASSO E SOL DELL’AVVENIRE. Università Popolare di Torino editore, 2013

L’università popolare di Torino fu fondata nel 1900. Oggi si presenta come una Fondazione che organizza corsi di lingue, letteratura, antropologia culturale, economia, arte, egittologia, sessuologia e altro. Avviando da poco una stimolante attività editoriale che supera quella pura e semplice delle dispense didattiche, il suo presidente, Eugenio Boccardo, ha scritto: “Convinti che l’ingiustizia sia un prodotto della natura umana, abbiamo scelto come principale obiettivo, l’edizione di opere dell’ingegno e della ricerca che offrano ai lettori idee e proposte utili nel continuo confronto contro la violenza morale, culturale e fisica”. I primi volumi hanno riguardato “la matematica delle civiltà arcaiche” e la “storia di una famiglia del Risorgimento”, quella di Ernesto Nathan, il famoso sindaco di Roma (dal 1907 al 1913) mazziniano, anticlericale e massone. Il tema della massoneria ritorna adesso in un ampio studio sulle connessioni fra questa e il nascente socialismo italiano. L’autore, Marco Novarino, è docente a contratto presso l’Università di Torino e alla Massoneria ha dedicato non pochi studi. Quest’ultimo volume vuole dimostrare come fra la rete dei circoli del nascente socialismo e le logge fosse avvenuta una compenetrazione della quale fino adesso la storiografia ha sottovalutato la portata. Da Bakunin - che si sospetta volesse fare un uso strumentale delle organizzazioni massoniche per trarne elementi disponibili ai fini rivoluzionari che si proponeva - ad Antonio Labriola – che, chiesta una prima volta di essere iniziato ritentò una seconda ma, esasperato dalle lungaggini, finalmente rinunciò – c’è tutto un mondo, ora cospirativo ora legalitario, che Novarino porta alla luce attraverso una ineccepibile documentazione. Quanto questa sia rara è dimostrato, tanto per dire, proprio dal caso di Labriola, le cui vicissitudini in proposito sono qui documentate per la prima volta.

Nella prefazione, Gian Mario Cazzaniga, a sua volta studioso della massoneria e del socialismo, rileva come Novarino abbia sottolineato “l'intreccio di filoni culturali diversi, dal sansimonismo al libero pensiero, che caratterizza il passaggio della democrazia sociale con la sua rete di associazioni mutualistiche da una egemonia mazziniana ad una garibaldina, da cui l'originalità culturale delle prime sezioni italiane dell'Associazione Internazionale dei Lavoratori, in cui è forte la presenza di questi filoni”. Se l’attenzione ai filoni internazionalisti e garibaldini – che come noto arrivano a intersecarsi nella stessa figura di Garibaldi – è grande, non meno pignola è quella prestata a figure sì importanti ma senz’altro meno accessibili e popolari come quella di Osvaldo Gnocchi-Viani, fondatore del Partito operaio italiano e redattore de “La Plebe” di Enrico Bignami. Giusto il Gnocchi-Viani – che aveva trascorsi mazziniani e a Genova scriveva su “Il Dovere” – sottolineò l’importanza di Saint-Simon – che influenzò lo stesso Mazzini – benché più tardi (nel 1910) precisasse che questa importanza andasse contestualizzata poiché non vi si trovava ancora la concezione di un proletariato artefice in proprio della sua emancipazione. Sono questioni, queste, decisive per chiarire lo sviluppo dell’Internazionale e del socialismo nell’Italia di fine Ottocento, altrimenti schiacciate su presupposti “marxisti” o anarchici.

Allo stesso tempo è indispensabile parlare al plurale della massoneria dal momento che dopo lo stabilirsi delle regole verso le quali guardano i massoni di tutto il mondo (le famose “costituzioni” di Anderson) si svilupparono diversi altri gradi di iniziazione - dopo i tre originari di apprendista, compagno e maestro - che se portarono a controversie e divisioni, non causarono vere flessioni all’ideale dell’universale partecipazione e fratellanza. Se deismo e panteismo si conciliavano con l’ideale massonico, più seria fu invece la rottura con la massoneria francese (“il Grande Oriente”) quando questa decise di consentire l’ammissione degli atei. Ciò ebbe un grande rilievo nei paesi cattolici come l’Italia, dove poté assumere il carattere dell’anticlericalismo spinto. Senza contare che il “nuovo cristianesimo” di Saint-Simon e il positivismo di Comte furono per parte loro un tentativo di piegare i sentimenti religiosi al nuovo culto delle costruzioni e della scienza. Perlomeno in parte, ciò spiega la reciproca attrazione che ci fu in Italia fra tanti massoni e altrettanti socialisti agnostici, atei, liberi pensatori e positivisti che portò, per esempio, alla proliferazione di contatti che si ebbe in Lunigiana e in Versilia.

Nel libro di Novarini è sorprendente il profluvio di nomi, circostanze, connessioni che viene presentato e ogni volta, per quanto possa esser breve l’annotazione, non è mai di passaggio, anche se solo di passaggio capita di leggere di Giovanni Pascoli, internazionalista in gioventù e massone, ma lo studio ha ben altre preoccupazioni.  L’iniziazione di Andrea Costa, e la svolta che lo portò a indietreggiare rispetto al rivoluzionarismo velleitario, ha carattere ovviamente più stringente, soprattutto pensando alla prossima fondazione del Partito socialista. E nella stessa prospettiva, fondamentale fu in Italia, dove anche dimorò, l’influenza del massone Benoît Malon, già elemento di Spicco nella Comune di Parigi e in contatto con Bakunin, poi passato alla formulazione di un socialismo positivista e legalitario (il “malonismo”). Anche in questo caso la selva dei contatti e delle intersecazioni desta uno sbalordito coinvolgimento che fa capire come ci si trovi per le mani un libro non comune.

“Fogli di Via”, novembre 2013