Mickey Spillane, 1918-2006
ribattezzato da Totò come Michele Spillone
Morto Mickey Spillane, il duro che
fabbricava best seller
'”Io
sono uno scrittore commerciale, non un 'autore. Margaret Mitchell era un autore.
Ha scritto un libro solo”: dire duro è dire poco e questa sprezzante
affermazione … la dice lunga sull'universo di riferimento e l'ideologia di
Frank Morrison Spillane, nato il 9 marzo
Se l' espressione “hard boiler” fa
immediatamente pensare al Sam Spade di Dashiell Hammett e al Philp Marlowe di
Raymond Chandler, non c'è dubbio che l'Hammer di Spillane sia il figlio
degenere di quei degni padri. Duro, violento, cinico, strafottente e
aggressivo, bevitore incallito e frequentatore abituale di signorine non
proprio immacolate, Hammer, secondo lo stesso Spillane, è quello che molti
uomini vorrebbero essere.
”Ogni uomo in fondo - ha detto Spillane
giocando sul cognome che in inglese significa “martello” - desidera un martello
per picchiare sodo sulla testa del prossimo”. Ed e' proprio quello che fa nella
vita Hammer, il quale, già nella sua prima apparizione, nel 1947 (Ti ucciderò) si dichiara: “io sono solo, posso
prendere chi voglio a calci nello stomaco senza conseguenza, nessuno può farmi
perdere il posto”. E aggiunge, tanto per chiarire: “il mio odio è tenace”.
Spillane ha sempre negato che il
personaggio di Hammer fosse autobiografico (“io sono socievole, tranquillo e
pieno di entusiasmo e mi piacciono i bambini”), ma ha anche fatto notare che
del suo private eye non c'e' mai una
descrizione fisica: “perche' lui è una proiezione mentale”. Realizzata, si può
aggiungere, da un uomo, reduce di guerra, che è stato giocatore di football,
acrobata di circo, istruttore di reclute e collaboratore di agenti federali in
un caso di droga (lavorando al quale è stato ferito da pallottole e
coltellate): ce ne e' abbastanza per capire l'origine del caratteraccio e delle
propensioni manesche di Mike “Martello”.
Nato come sceneggiatore di fumetti (Captain America fra gli altri) e scrittore per riviste
popolari, Spillane ha portato all' estremo il realismo, la violenza e la
ferocia del poliziesco americano, senza risparmiare dettagli minuziosi di
crudeli torture (qualcuno ha calcolato che nei primi 6 romanzi della serie ci
sono 58 morti, di cui 38 uccisi dal protagonista, Hammer). I circa 40 titoli
della sua produzione, a cominciare appunto da I, the Jury (1947: titolo italiano Ti ucciderò), non hanno mai avuto l'apprezzamento
entusiasta delle critica che ne ha sempre parlato come di una parodia dell'
hard boiled. La filosofia dello Spillane scrittore, sintetizzata nella formula sesso&violenza,
d'altra parte era chiara: ha sempre detto di aver scelto di scrivere per
guadagnare, spiegando che “il posto dove preferisco vedere il mio nome è un
assegno non un libro”. Anche il suo segreto di scrittore di successo, in fondo,
è semplice: “Nessuno legge un giallo per arrivare a metà. Lo si legge per
arrivare in fondo. Se lo lasciano a metà, non ne compreranno mai più uno. La
prima pagina vende quel libro. Ma è l'ultima pagina che fa vendere il prossimo”.
Nel 1969 Spillane ha anche fondato una
casa di produzione cinematografica indipendente, insieme al produttore Robert
Fellows, a Nashville, elaborando per lo più progetti televisivi. Creatore delle
serie tv Mike Hammer dal 1984 al 1987 (con il migliore di
tutti gli Hammer del piccolo schermo, Stacey Keach), è stato attore in film
(tra cui Cacciatori di
donne), tv movies e
pubblicità… Nel
Dei molti film tratti dai suoi libri … il
più importante resta Un bacio e una
pistola di Robert
Aldrich tratto nel '55 da Kiss
me Deadly e considerato,
per la sua oscurità, violenza, visionarietà e larvata critica del maccartismo,
un noir di culto.
“ANSA.it”, 18 luglio 2006
§
Bruno Ventavoli: Addio a
Spillane, il giallista che inventò Mike Hammer
«Sono l’autore più
tradotto al mondo dopo Lenin, Tolstoj, Gorkij e Jules Verne: e loro sono tutti
morti». Faceva lo spaccone, Mickey Spillane. Ma aveva ragione. I suoi romanzi
hanno venduto oltre 160 milioni di copie nel mondo, perché erano facili da leggere,
veloci, violenti, screziati di sesso. I critici lo disprezzavano. E i suoi
colleghi giallisti non lo amavano granché (per Chandler, per esempio, era un
volgare «fumettaro»). Lo riabilitarono solo nel ’95, quando la prestigiosa
associazione dei Mystery Writers of America lo onorò con il titolo di Gran
Maestro. Ora è morto anche lui, a 88 anni, dopo una lunga malattia. Ma il suo
detective, Mike Hammer, brutale, misogino, più anticomunista di Bondi e
Schifani fusi insieme, resterà per sempre accanto ai grandi «private eye» della
letteratura noir americana.
Frank Morrison Spillane
era nato a Brooklyn da un barista ed era cresciuto nel quartiere malfamato di
Elizabeth, New Jersey. Da piccolo leggeva Dumas e odiava
Spillane amava
scrivere. Lo faceva bene, con un talento animalesco e brutale. Ma ogni tanto
smetteva. Quasi a dimostrare a se stesso che non poteva rammollirsi sulla
carta. La prima volta dal ’53 al ’61, perché era diventato un testimone di
Geova e andava a suonare i campanelli per fare propaganda religiosa porta a
porta. La seconda volta tra il ‘73 e l’89, perché guadagnava benissimo con i
diritti tv e arrotondava interpretando spot per
…. Negli anni ’50, mentre McCarthy cercava i rossi tra cineasti e intellettuali, Spillane lo fiancheggiava nei romanzi («Morte e distruzione erano le sole cose di cui erano capaci quelli del Cremino»). Nei Cacciatori di donne ci sono fugaci e espliciti omaggi al senatore. Ma l’intera Weltanschauung di Hammer è visceralmente, sbrigativamente, anticomunista. Così come quella di Tiger Mann, l’altro personaggio seriale di Spillane, spia per un miliardario di estrema destra impegnato a combattere russi e cubani.
…Il detective Hammer
traslocò prima in radio, poi in tv, al cinema, persino nei fumetti (sceneggiati
dallo stesso Spillane). Parecchi i film e i telefilm. Pochi memorabili, a parte
lo spietato Un bacio una pistola di Robert Aldrich. Talvolta Spillane faceva
qualche comparsata. Nei Cacciatori di donne di Roy Rowland (1963) è addirittura
Hammer per il film intero.
La vita di Spillane è
stata turbolenta, lunga, felice. Ha avuto l’amore, donne bellissime, un sacco
di denari. Si rallegrava che i suoi libri fossero letti e venduti e sorrideva
beffardo dei critici. «Io – ribadiva – scrivo un romanzo in due settimane e non
rileggo mai quello che scrivo». Per mettere in chiaro che pensava solo ai colpi
di scena. «Nessuno legge un giallo per arrivare a metà. Lo si legge per
arrivare in fondo. Se lo lasciano a metà, non ne compreranno mai più uno. La
prima pagina vende quel libro. Ma è l’ultima pagina che fa vendere il
prossimo». Forse per questo non scrisse mai l’ultima pagina del suo amato
Hammer. Lo abbandonava, sembrava lasciarlo morire. Poi lo andava a riprendere.
Successe nell’89, con L’uomo che uccide, poi nel ’96, con Black Alley, dove lo
risveglia addirittura da un coma. L’ultima avventura la stava scrivendo adesso.
È stata la morte a separarlo per sempre dal suo alter ego di carta.
“la
stampa” 19 luglio 2006