Diego
Gabutti
Poe
detective a New York, tra slums e quartieri alti
Randall
Silvis, Sulle Rive della notte, Neri Pozza, Vicenza 2002
Edgar Allan Poe, prima
che Baudelaire e i simbolisti francesi lo innalzassero a simbolo della modernità,
lavorò in solitudine ai margini della società letteraria americana, dove la sua
stella brillò soltanto alla fine, quando si spense. Era di salute pericolante e
s'attaccava volentieri alla bottiglia. Cercava di sbarcare il lunario come
poteva, in genere senza grande successo, ed era vittima delle cupezze della sua
personalità e della sua filosofia. Diventò il modello, col tempo, dell'artista
maudit, nemico delle convenzioni, cercatore fanatico d'emozioni forti.
Fu un sommo poeta e un
grande critico letterario. Come critico letterario fu il massimo sponsor, con
Hermann Melville, dei racconti del grande Nathaniel Hawthorne, ma s'alienò
l'amicizia d'altri scrittori del suo tempo, per esempio Washington Irving e
James Fenimore Cooper, che si legarono le sue spietate recensioni al dito. Come
poeta è risaputo che aprì la strada alla poesia moderna. Già che c'era, tra un
verso e l'altro, mise al mondo anche lo spavento metafisico e la detective
story, che in seguito avrebbero cambiato la faccia della letteratura moderna.
Secondo Randall Silvis, autore di questo bellissimo e dolente Sulle rive della
notte, Edgar Allan Poe fu anche un bravo detective, quanto e più del suo eroe, Charles-August Dupin.
C-A. Dupin, il detective
afflitto da spleen baudelairiano dei suoi racconti, risolse tre casi celebri:
quello della Rue Morgue, quello della Lettera Rubata e infine quello di Marie
Roget, la giovane sigaraia assassinata. Nell'affare della Rue Morgue,
soppesati tutti gl'indizi e tirate le somme, Dupin stabilì che a fare il colpo
era stato uno scimmione assassino (oggi, per un giallista, questa sarebbe una
soluzione a dir poco imbarazzante). Andò meglio con la lettera rubata: Dupin
scoprì che la lettera era lì, in piena vista, confusa tra altre lettere
imbustate (un'osservazione che gli meritò, un secolo più tardi, l'omaggio d'un
saggio famoso di Jacques Lacan, psicoanalista e sciamano). Quello di Marie
Roget fu un vero caso criminale. Poe lo ambientò a Parigi, e lo affidò alle
cure di Dupin, ma la povera sigaraia si chiamava in realtà Mary Rogers e il
fattaccio avvenne a New York. Poe lesse la storia sui giornali e risolse il
caso (così si dice) nel suo racconto.
Randall Silvis,
scrittore americano bravissimo, ambienta questo suo straordinario romanzo, Sulle
rive della notte, nella New York di Mary Rogers. Poe è un giornalista a
caccia di qualche dollaro per sfamare la famiglia (una moglie malata, una
suocera buona come il pane) e si occupa del caso della sigaraia assassinata con
la collaborazione d'un bambino cresciuto nei bassifondi. Questo gli si
appiccica come un orfano e sarà lui, molti anni dopo, a raccontare tutta la
storia, orrore per orrore, indizio per indizio. Dagli slums ai quartieri alti,
vagando per le redazioni dei giornali e nei condotti dell'acquedotto in
costruzione, nei locali della Borsa e nei saloon malfamati, tra incontri con
altri scrittori e con assassini, Poe insegue l'assassino fino a scovarlo. Prima
che la storia sia finita assisterà alla caduta d'una specie di Casa Usher,
finirà sepolto vivo tra le bottiglie d'amontillado e un corvo volerà sul suo
davanzale gracchiando: "Nevermore, nevermore". Splendide le
ambientazioni, inquietanti come nasi gogoliani i personaggi. Giallo molto
letterario, scritto con raffinatezza, in lingua pura, Sulle rive della notte è
un romanzo come ormai se ne leggono raramente, volando cioè di pagina in
pagina, nella speranza che non finisca mai.
“Il nuovo”, 19 giugno 2002