Mercier-Thoinnet, signore e signora
Souvenirs de Voyage (1838)
Partiamo da Nizza verso
Genova […] I nostri compagni di viaggio erano un senatore di Nizza e un
commerciante di Genova. Il senatore ci dice che, avendo gli italiani la
monomania del coltello, i governi, al fine di impedire gli assassini, avevano
emanato leggi severe e punivano con la galera chi fosse stato trovato in
possesso di armi nascoste come pistole tascabili, bastoni animati, ecc. Quel serio
areopagista, malgrado l'austerità dei costumi imposta
dalla toga, non pareva affatto insensibile, come pure il genovese, alla
cortesia e, gli si fosse dato corda, avrebbero volentieri professato il
cicisbeismo in voga a Genova. Se le carrozze pubbliche danno qualche fastidio
quando si voglia starsene in disparte, tutto sommato hanno il vantaggio di
insegnare a conoscere il paese. Nella propria carrozza, che si vede? Che si
sente? Si viaggia come se non si viaggiasse: si ritorna a casa dopo tanti strapazzi
altrettanto vuoti e sprovvisti di conoscenze che al momento di lasciare il
proprio focolare. La strada è delle più montuose e spaventose; in molti punti
può passare solo una vettura; il mare e i precipizi sono a duecento piedi; la
ruota della vettura, esile, allorché se ne allontana per pochi pollici, non ha
nessuna garanzia di parapetti, poiché la strada ondeggia e segue le
irregolarità marine: sono salite e discese continue; sulla vostra testa, vi
minacciano rupi spaventose spesso frananti a causa della pioggia. Durante i
temporali e ai piedi dei monti s'improvvisano orribili torrenti e fiumiciattoli
che la prudenza non sempre consente di oltrepassare; bisogna allora attendere
lo scorrere di quelle acque, che non tardano molto a ritirarsi. Le proprietà
sono care come in Francia. Con sei franchi al giorno, si possono nutrire due
cavalli. Il crespino e il sorbo lanciano i loro grappoli di corallo. I minimi
appezzamenti inclinati sul fianco dei monti sono coltivati come un giardino; in
ogni sconvolgimento della natura, in mezzo a rocce staccate dalle montagne e
trattenute da alberi, si notano segni della paziente e riparatrice
industriosità umana. Nei passaggi stretti s'incontrano giovani viaggiatori con
addosso camiciotto di tela grigia, scarponi, zaino contenente un bagaglio cui
raramente fanno ricorso, a giudicare dall'aspetto esteriore. Cambiamo i
cavalli, ma non appena percorsa una lega, il postiglione si ferma, dice al
corriere che gli era caduto il mantello per strada, ci tocca aspettare più di
un'ora mentre ne andava in cerca. In Francia, fossero tollerati simili ritardi,
le imprese postali ne sarebbero gravemente danneggiate. Un conducente sarebbe
immediatamente sanzionato. Tuttavia dobbiamo dire, a lode degli italiani, che
da nessuna parte abbiamo incontrato postiglioni e vetturini in preda al vino;
non si ubriacano di rosette bianco come a Marmande;
quasi sempre un postiglione francese ride, s'indispettisce, canta o bestemmia
per tutto il tempo che è per strada; se una montagna o qualche tratto impervio
l'obbliga a procedere piano, fa schioccare la frusta sulla testa, per un quarto
d'ora, senza alcuna ragione; tutto quel rumore, quell'agitazione derivano da
un'avversione per il riposo. Un postiglione italiano al contrario conduce
quattro cavalli con la massima tranquillità; non canta, né ride; non si
spazientisce; fuma soltanto e, quando s'avvicina a una strettoia, suona la
trombetta, per avvisare le altre vetture di non avanzare dal verso opposto
prima che sia transitato lui. Se gli dite di andare un po' più veloce, si gira,
vi guarda in faccia, si leva la pipa dalla bocca, e continua a tenere
l'identico passo.
In piena notte, non
dormivo, occupato, nel corso di un passaggio difficoltoso, in pensieri sui
giorni a venire, quando le ruote, a pochi pollici dall'abisso, incontrano
l'ostacolo di grosse pietre; rischiamo di ribaltarci e cadere in mare, giù, a
qualche centinaio di piedi. Allora sveglio gli altri viaggiatori, in fretta
scendiamo a terra e lasciamo la vettura col nostro Fetonte, senza le nostre
persone, superare i pericoli. Nel frattempo, nonostante sia fatta notte,
guidati dal nostro senatore e dal genovese, tentiamo di visitare un mulino ad
acqua; i mugnai erano occupati in riparazioni; spaventati dai visitatori
notturni, credono siamo folletti o briganti; ritorniamo alla carica finché ci
aprono; aggiustavano delle mole al lugubre lume di una torcia. Dopo una breve
conversazione, risalimmo nella vettura che intanto aveva già superato la
discesa pericolosa.
A Finale siamo
soddisfatti dell'albergo; tutto è arredato con mobili antichi; farebbe la
fortuna degli amatori, dato che il rococo imperversa
sull'attuale scena del mondo. Venimmo trattati molto bene, ci servirono degli
eccellenti cavoli rossi e frutta eccellente del Pomi Carli,
davvero squisita. Il cameriere che ci serviva, non trovando il nostro appetito
proporzionato alla bontà della cucina, credeva, per scrupolo di coscienza,
fosse suo dovere incitarci a far onore al pasto; ci diceva candidamente:
Mangiate finché potete, che mangiate poco o tanto, i prezzi sono comunque
fissi.
Non avevamo ancora visto
chiese così belle come a Finale; prima di arrivarci, abbiamo dovuto superare il
monte della Scatera; le vetture salgono per
milleduecento piedi per poi discendere; uomini sono disposti a giusta distanza
al fine di avvisare i conducenti e farli fermare in punti più spaziosi perché
due vetture che s'incrociano non riescono a passare; si discende lungo un
tratto a spirale ben mantenuto, ma dei pericoli si viene ricompensati con una
magnifica vista dall'alto di queste barriere ardite e naturali.L'aspetto
dei monti è superbo e procura allo spirito sensazioni molto gradevoli, quando
per la prima volta, Genova e il mediterraneo s'offrono allo sguardo. Scendendo
lunga una di quelle colline coperte di mirti, ulivi, melagrani che contrastano
con l'aridità della cima delle rocce, si dimentica ogni fatica incontrata
precedentemente. Proseguiamo per la nostra strada; attraversiamo un belll'uliveto; più oltre, un giardino inglese fornito di
palme, aranci, limoni e gelsi; superiamo poi due montagne, scavate a forma di
volta; è impossibile incontrare siti più ridenti; la natura era ornata come a
primavera, il mare maestoso si sollevava fino alle nuvole, venendo a muggire e
spirare contro le rocce scoscese; navi, barche, battelli a vapore solcavano le
onde, componendo una curiosa varietà. Cominciamo a scorgere dei bufali maestosi
nel loro modo d'avanzare.
Giungiamo a Savona dove
il Santo Padre Pio VII, durante l'impero, è stato confinato nel Palazzo
dell'Arcivescovato. Le donne, come poi a Genova, indossano uno scialle o un
velo sul capo. Gli ordini religiosi continuano a crescere. Napoleone, durante
il breve tragitto della sua gloria, qui come altrove ha ordinato gigantesche
opere; è colui che ha ordinato di costruire la via della Corniche, tanto irta
di difficoltà: ha litigato con l'ingegnere capo per aver organizzato quella
strada lungo i punti salienti delle montagne, mentre poteva essere tracciata
tra le rocce più in basso. Si è considerato l'ingegnere come un venduto ai
genovesi i quali volevano, grazie a quel progetto, conservare i propri baluardi
in caso d'invasione e d'ostilità.
Arriviamo a Genova,
regina del mar ligure, verso le undici di sera ed abbiamo percorso
quarantacinque leghe da Nizza. Poco versati nella lingua genovese avemmo un
momento di difficoltà per recarci all'albergo Croce di Malta. Il nostro facchino,
così si chiama il portabagli in Italia, ci faceva
passare per vie molto strette e credetti che non mi avesse capito e che, invece
di condurci ad un hotel decoroso, ci guidasse verso una dimora meno acconcia;
poiché le strade diventavano tanto strette che si faticava a circolare, mi
sgolavo a gridargli in italiano che si sbagliava e che eravamo fuori strada. In
quasi tutti i paesi caldi le strade sono molto strette per conservare un poco
di fresco; in altri momenti, durante un assedio, questo rendeva più facile
difendersi; alla fine, dopo aver girato per quelle stradine, raggiungiamo il
Croce di Malta; è un vero palazzo: il vestibolo con mosaico e con getti d'acqua
che rinfrescano; la scala di marmo è scivolosa; per me non era facile salire e
scendere, temevo di vacillare e rompermi la testa; la nostra camera da letto
era magnifica; da nessun'altra parte abbiamo visto tanta eleganza; l'argenteria
abbonda, assumendo mille forme attraenti. Molti inglesi, e dove non se ne
trovano! alloggiavano nel nostro albergo. Appena giunta l'ora d'apertura degli
uffici, la prima preoccupazione fu di andare a ritirare, fermoposta come s'usa,
le lettere provenienti dalla Francia. Ne trovammo parecchie dei nostri
familiari [...] A Genova le donne del popolo escono con un velo di stoffa
dipinta o di mussolina graziosamente disposto dietro il capo che chiamano mezzero;
possono uscire da sole con quel velo, senza che nessuno ci veda del male: ma,
in generale, le donne sono malvestite, confondono la ricchezza e gli ornamenti;
s'imbellettano di bianco e si coprono, anche nei giorni lavorativi, di gioielli
d'oro e d'argento; la domenica, aggiungono perle fini e coralli in quantità: le
signore più mature indossano un velo bianco su un copricapo chiamato zendale;
le giovani sfoggiano le loro chiome e hanno un ventaglietto in mano; le
contadine smettono il velo quando lavorano e stanno a testa nuda sotto il sole
cocente; l'alta società, per quanto possibile, nell'intera Italia, segue le
mode francesi: se non possiamo più dominare militarmente su questi popoli, la
prova della loro persistente ammirazione verso i nostri usi, è che cercano
sempre di imitarli. Le giovani donne non frequentano la società prima d'essere
sposate; vengono accasate ancora molto giovani, sempre per interesse; ne
risulta che i caratteri e i gusti sono sovente parecchio dissimili e, inoltre,
eccitati come sono da un clima poco temperato, lascio a voi giudicare sulla
bontà dei matrimoni e le cause del cicisbeato. Le donne di sessant'anni hanno
altrettante pretese, e coquetterie, e sono poco
coperte quanto le più giovani. Le spose sono talmente ristrette
all'amministrazione domestica che il marito ha un potere assoluto; una
principessa non aveva nessuna autonomia per ordinare del tè o della cioccolata,
il principe aveva delegato il proprio elemosiniere per le necessità culinarie:
la signora del palazzo non potrebbe ordinare del rombo in salsa piccante senza
il beneplacito di un mentore. I mariti che, in molti paesi, facilmente
s'adombrano, qui non sono per niente gelosi della costante assiduità dei
cavalier serventi verso le loro signore: questi saggi mariti che dimostrano
verso estranei le premure che altri giovanotti hanno già introdotto nei loro
palazzi, si rassicurano e concludono, in base al calcolo, che si sorvegliano
rispettivamente, e conservano il bon ton e la decenza. A Genova si mangiano
molti maccheroni, salsicce crude, prosciutti, parmigiano e un cibo succulento
composto da maccheroni, olio ed aglio. […] A Genova c'è una tale libertà di
culto che i Turchi hanno una moschea.Gli
abitanti non spazzano mai davanti alle loro dimore. Galeotti incatenati a
coppia, muniti di lunghe scope, trascinando lentamente un tombarello, spazzano
di mattina e di sera i quartieri della città. […] Come già detto, tutte le
strade sono buie, ripide, strette; le vetture non possono circolare e le
signore distinte si fanno portare su sedie, precedute da lacchè. Le mura alte e
scure che si trovano di fronte alle abitazioni, rendono i piani inferiori
parecchio bui e disagiati; gli ambienti migliori occupano di solito il posto
dei nostri solai! Una sola strada, in linea irregolare, che prende i nomi di
Strada Nuovissima, Strada Balbi e Strada dell'Annunziata, si fa notare per il
lungo seguito dei Palazzi Doria, Durazzo, Fieschi, Brignole, Serra, soprannominato Palazzo del Sole; niente di
splendente al mondo come questa successione monumentale di porticati, disposti
su due file, divisi da un selciato di granito dorato dalla dolce e vaporosa
luce di cui è prodigo il cielo italiano; si trascorrono ore in estasi davanti
ai porticati e alle scale difese da leoni; là passeggiano giovani e belle donne
nate per questi angoli incantevoli: sul selciato levigato passano lievi altre
donne brune, di carnagione fresca e chiara; spesso sembrano le Grazie, una
processione ed un mirabile corteo di Veneri. La Sala degli Spettacoli è
altrettanto bella; l'etichetta, come in tutti i teatri d'Italia, prescrive di
rendervi visita alle persone che si conoscono. Essendo la città mercantile, il
popolo è laborioso, ma ha una passione per il lusso; le donne eccellono nel
fare ricami che confezionano con la stessa abilità con cui le nostre dame di
campagna girano il fuso. La via occupata dagli orafi è curiosissima; da nessuna
parte si lavora tanto bene la materia preziosa, trasformata in mille diverse
maniere: è una profusione di lavori in oro, argento, filigrana, spille,
pendenti, catenine, pettinine e coralli.
La chiesa dell'Annunziata
ospita diciannove altari di marmo ed un pulpito ornato di pietre preziose,
dorature, ecc; appartiene ai francescani […] C'è
l'usanza di questuare con sacchetti legati a lunghe canne che vari uomini
muovono secondo cadenza; sono così agili nella manovra che, non essendo per
nulla abituati a quel genere d'esercizio, e sopresi nel sentire d'un tratto
dietro di noi quel suono argentino, voltandoci di colpo per individuare quel
nuovo incantamento, lo facemmo tanto velocemente da rischiare di farci venire
un torcicollo. Fu in questa chiesa che udimmo, per la prima volta, predicare in
italiano; poco abituati all'eufonia della lingua, dove il gesto è ampio,
pronunciato e procede con la stessa celerità della parola, pensammo che
l'apostolo, trascinato dall'oratoria, si sarebbe lanciato dal pulpito per
schiacciare cadendo, come un micidiale ordigno, gli inermi ascoltatori,
riducendoli in cenere. C'è molta apparenza di devozione insieme ad un tocco
d'immoralità: spesso la chiesa è un luogo di riunione dove si coltiva il
sentimento, e dove le brillanti toilettes di Genova
vanno per pascersi di dolci illusioni, organizzando convegni leziosi che
finiscono per non essere più innocenti: tutto ciò è poco edificante sotto le
volte di un luogo santo. Tipi eleganti portano il libro delle preghiere,
offrono fiori alle amanti e le accompagnano di mattina alla chiesa
dell'Annunziata. Di sera, a passeggio per Strada Nuova, offrono bouquets dove si sposano mirto e geranio e li dispongono
con cura nel fazzoletto ricamato. […] Nei climi prossimi alle montagne coperte
di neve, con in più l'uso delle donne di andare a capo scoperto, c'è una
diffusa cecità, e sarebbe un colpo di fortuna per gli oculisti che volessero
stabilirsi a Genova. […] A Genova le case hanno un tetto d'ardesia; gli
abitanti sono molto educati e cortesi, benché vendicativi.
(trad. J.M)