Carlo Romano
“Per
terra e per Mare”.
Giornale di avventura e viaggi diretto dal Capitano
Cavaliere
Emilio
Salgari
Nel 1898, undici anni dopo la pubblicazione de La Favorita del Mahdi, la prima in
volume, Emilio Salgari si trasferisce a Sampierdarena, sotto contratto
dell'editore Donath di Genova. E' con questo che pubblica, lo stesso anno del
suo trasferimento in Liguria, il primo romanzo del ciclo "antillano",
Il Corsaro Nero, vale a dire la
storia di Emilio di Roccabruna, signore di Ventimiglia. Ed è con questo editore
che inizia la collaborazione con Pipein Gamba (Giuseppe Garuti, 1868-1954) il
bravo illustratore modenese (si firmava anche Pipinus da Modona) ma genovese
d'adozione, allora molto attivo nei giornali e nei teatri. E' ancora con Donath
che nel 1904 Emilio Salgari dà vita al"giornale di avventure e di
viaggi" a scadenza settimanale "Per
Terra e per Mare".
Il n.1 dell'anno I presentava per sei delle otto
pagine la prima puntata de Jolanda la
figlia del Corsaro Nero che faceva seguito a La Regina dei Caraibi, secondo romanzo del ciclo, pubblicato nel
1901. Le ultime due pagine erano occupate dalla prima puntata de La Rosa della Prateria (The Praire,
1827) di F. Cooper (traduzione del Prof. Tonini). Lo stampava la tipografia
Ciminago di vico Mele a Genova. Dal secondo numero a stamparlo saranno tuttavia
i genovesi F.lli Armanino mentre col 1905 si passerà allo stabilimento Licinio
Cappelli di Rocca San Casciano in provincia di Forlì, vale a dire nella
tipografia dell'importante editore bolognese. Sotto lo svolazzante logo art
nouveau del titolo appariva in bella evidenza la dicitura: "diretto dal
Capitano Cavaliere Emilio Salgari".
Questa impostazione non cambia per i primi numeri.
Il n. 9, maggiorato di quattro pagine, presenta in più una novella salgariana, Un'avventura del Capitano Salgari al Borneo.
Col n. 10 si affaccia un nuovo collaboratore, Aristide Marino Gianella. Il n.
11, con una bella e grande fotografia, parte in copertina con La Pesca dei Tonni di E. Bertolini, un
lungo servizio giornalistico dello stesso Salgari, celato da pseudonimo, che
occupava ben 5 pagine illustrate (fotografie). Il settimanale prosegue tuttavia
con l'impostazione originaria ma con nuovi collaboratori: Athos Gastone Banti,
Americo Greco e altri, fra i quali il Luigi Motta che collaborerà con Salgari a
diverse opere e che in generale dell'opera salgariana sarà il più noto
continuatore.
Col N.19 cambiano le diciture sotto il titolo. Da
"Giornale di avventure e di viaggi" diviene, con caratteri urlati,
"Giornale per tutti", mentre in corpo minuscolo si segnala essere un
giornale di "avventure e viaggi illustrati" di "scienza popolare
e letture amene". La direzione è sempre bene in evidenza, ma con nuovi
caratteri e il nome del direttore è in grassetto. In copertina sarà poi la
volta delle Meravigliose avventure di
caccia di John Staar e si moltiplicheranno i servizi fotografici ("la
fine delle vecchie navi", "Come si ciba il pitone", "I
Fumatori d'Oppio", "La Marina Austriaca" e tanti altri).
Il giornale godette di una buona diffusione
nazionale e vi collaborarono già celebri scrittori d'avventura come Yambo
(Enrico Novelli) e perfino Salvatore di Giacomo, il famoso poeta e drammaturgo
napoletano, con addirittura un racconto del terrore. Fra i fuilletton del
giornale sono da ricordare, nell'ultima fase (2006), le Avventure del buon Brigante Cartouche.
A questo punto Salgari, attratto da un miglior
trattamento economico, passa all'editore Bemporad di Firenze. "Per Terra e per Mare" chiude.
Il 25 aprile del 1911 lo scrittore, dopo un fallito tentativo dell'anno
precedente, si suicida a Torino. Anche due dei suoi quattro figli si
suicideranno, Romero e Omar, quest'ultimo continuatore delle saghe romanzesche
paterne. A cura di Omar Salgari uscirà nel 1940, presso Garzanti, nella collana
"i romanzi della vita vissuta" e con prefazione di Lucio D'Ambra, Mio Padre Emilio Salgari. Gli altri due
figli, Nadir e Fatima, moriranno anche loro in circostanze drammatiche, il
primo vittima di un incidente motociclistico e la primogenita a causa della
tubercolosi.
P.S.: Dal momento che quest’anno cade il centenario della
morte dello scrittore veronese, è cosa buona ricordare il libro di
“testimonianze e memorie” raccolte da
Giuseppe Turcato negli anni Sessanta proposto (con belle prefazioni di Agostino
Contò e Claudio Gallo) da Aliberti nel 2005: Viva Salgari! Giuseppe Turcato (1913-1996) coltivò studi storici,
specialmente sul movimento partigiano di cui fu un protagonista in Veneto, e, in
qualità di letterato, fu all’origine del recupero filologico dei testi di
Emilio Salgari (collaborò fra l’altro con Spagnol e Dossena all’edizione
mondadoriana annotata). Nel corso della sua vita raccolse una quantità
considerevole di libri, illustrazioni, carte geografiche, resoconti di viaggio
che oggi costituiscono, conservati presso la Biblioteca Civica di Verona, il
più consistente fondo di documentazione dedicato all’universo salgariano. Fra
il 1964 e il 1965, Turcato inviò una lettera a vari letterati e geografi
chiedendo lumi sull’influenza che Salgari potesse aver avuto sulla loro
formazione. Alcune risposte furono assai dettagliate, quella di Fosco Maraini,
per esempio, altre chiedevano giustizia per lo scrittore, è il caso di quella
di Carlo Bo, alcune tradivano un qualche entusiasmo dietro gli svolazzi
testuali, si veda Quasimodo, qualcun'altra l’entusiasmo lo manifestava con
franchezza, si pensi a quella di Rino Albertarelli, altre ancora toccavano
l’annosa disputa se preferire Salgari o Verne, ma c’era chi anche (e non pochi)
rifiutava ora sdegnato ora ammiccante il
senso stesso del questionare. Telegrafica la risposta di Alberto Arbasino: “la
ringrazio per la sua lettera su Salgari, ma temo di non poter proprio farne
niente perché non l’ho letto”.
“Fogli di Via”, Marzo 2011