Sabato
15 luglio, nell’ambito del festival Cartoon Club di Rimini, è stato assegnato
il Premio Franco Fossati 2022, il principale riconoscimento italiano dedicato
alla saggistica sul fumetto. Il premio è andato al volume Un
uomo chiamato Blueberry, curato da Bruno Caporlingua e Mauro
Giordani, pubblicato nel 2021 da Editrice Anafi
(Associazione Nazionale Amici del Fumetto e dell’Illustrazione). Il libro non è
in vendita, ma è riservato ai soci di ANAFI (https://www.amicidelfumetto.it/). Di
seguito pubblichiamo un estratto del volume.
Jean-Michel Charlier
Jean-Michel
Charlier nasce a Liegi, in Belgio, il 30 ottobre del
1924. Al pari di René Goscinny, può essere
considerato il più importante sceneggiatore del fumetto franco-belga. A
differenza del primo, che eccelle nella bande dessinée umoristica, Charlier si
specializza nel genere realistico-avventuroso. Nelle sue storie, come gli
appassionati sanno bene, non mancano, comunque, personaggi divertenti,
protagonisti di spassosissimi siparietti che spezzano il pathos degli eventi
drammatici che si raccontano.
Fin
da bambino, il disegno diventa la sua grande passione e, durante il periodo
della scuola, ama pasticciare i suoi quaderni con innumerevoli schizzi di navi
e aeroplani, sognando di diventare da grande un ufficiale della marina
militare.
Le
sue prime letture sono Zig et Puce di Alain Saint-Ogan
sul quotidiano Le Dimanche Illustré, Tintin di Hergé
su Le Petit Vingtième e
una serie lituana chiamata Pitche, realizzata da Aleksas Stonkus e pubblicata sul quotidiano La Libre Belgique.
Dal punto di vista letterario, si appassiona ai romanzi polizieschi del
commissario Maigret di
Georges Simenon.
Nel
1940, la Germania nazionalsocialista invade il Belgio, e Jean-Michel Charlier si adopera come autista di ambulanze nell’ospedale
militare di Liegi e si unisce, per un breve periodo, a un movimento di
resistenza. Negli anni che seguono, si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza
e, contemporaneamente, si guadagna da vivere trovando occupazione nel mondo del
giornalismo. Dopo la laurea all’Università di Liegi, nel 1945, inizia a lavorare
come disegnatore nell’agenzia World Press di Bruxelles, il syndicate gestito da Georges Troisfontaines,
che si occupa di realizzare storie a fumetti e redigere pagine redazionali per
il settimanale per ragazzi Spirou della
casa editrice belga Dupuis e per Le Moustique.
Per
questo periodico, inizia a scrivere e disegnare delle piccole schede tecniche e
alcuni racconti brevi che firma con lo pseudonimo di Flettner.
Si tratta di illustrazioni per pagine di aviazione dal titolo La Page illustré du CSA e di altre destinate alla rubrica
sportiva della rivista.
Scrive
la sua prima storia breve a fumetti di guerra intitolata L’Agonie du Bismarck,
per la quale Charlier, oltre alla sceneggiatura,
realizza i disegni delle navi e degli aeroplani. Il resto è opera del
disegnatore Victor Hubinon con il quale inizia una
bella amicizia e un lungo sodalizio professionale.
Nel
1947, i due realizzano la loro prima avventura del pilota americano Buck Danny, una saga a fumetti di
genere aviatorio destinata ad avere un successo sensazionale. Parallelamente
alla produzione per il settimanale Spirou, Charlier,
con lo pseudonimo di Charvick, collabora al
quotidiano Bimbo (1948/50),
per il quale illustra una rubrica didattica sulla marina e aviazione dal
titolo Le Cours
du chef-pilot e,
insieme a Hubinon, la serie a fumetti Joë la Tornade che
racconta le avventure di un investigatore francese nelle isole del
Pacifico.
La
direzione delle edizioni Dupuis è, ovviamente, molto
contrariata per questo lavoro extra che Charlier si è
ritagliato e, per mettere fine alla vicenda, costringe lo scrittore a firmare
un contratto con la World Press con una clausola di esclusiva. In cambio, Dupuis si impegna a pubblicare rapidamente le storie in
album di Buck Danny e
versare, conseguentemente, le quote delle relative royalty.
Le
avventure di Joë la Tornade sono,
a quel punto, terminate da un altro autore, Albert Weinberg. Charlier saggiamente decide, su consiglio dell’amico Jijé, di lasciare definitivamente il disegno per
concentrarsi esclusivamente nella sceneggiatura. Tra il 1949 e il 1952, sulla
rivista Spirou,
sempre con Victor Hubinon, realizza a fumetti la
biografia di Robert Surcouf, il celebre corsaro
francese del XVIII secolo, che combatté con successo la flotta inglese nei mari
dell’India.
Con
la fusione tra la World Press e la International Press diretta da Yvan Chéron, Charlier ha modo di
conoscere Albert Uderzo. Jean-Michel Charlier è sedotto dalla qualità dei suoi disegni e propone
all’autore francese una collaborazione per il supplemento per ragazzi del
quotidiano La Wallonie.
É il 1950, e i due decidono di riprendere il personaggio Belloy, le chevalier
sans armure, un fumetto umoristico di
carattere medioevale precedentemente scritto e disegnato, dal 1948, dallo
stesso Uderzo per la rivista francese OK.
Per
Charlier sono anni molto prolifici, crea tre serie
per La Libre Junior,
supplemento settimanale di fumetti del quotidiano generalista belga La Libre Belgique.
I fumetti sono: Fanfan e Polo (1950/52), disegnata da
Dino Attanasio; Tiger Joe (1950/53), una guida di caccia in Africa,
disegnato da Hubinon, e le divertenti avventure
di Alaine Christine (1953/57), disegnate
dal francese Martial Durand,
detto Martial.
Le
serie di Charlier prodotte per Spirou,
all’inizio degli Anni Cinquanta, sono tutte di grande successo. Tra
queste: Les Vraies Histoires de l’Oncle Paul (Paape, Follet, Graton, Mitacq, 1951/54),
l’investigatore assicurativo Jean
Valhardi (Jijé
e Paape, 1951/54), le amazzoniche avventure di Kim Devil (Forton, 1953/56) e i simpatici scout de La Patrouille des Castors (Mitacq, 1954/79). Ancora per Spirou, Charlier
prosegue incessante la produzione delle avventure di Buck Danny e i suoi amici Sonny Tuckson e Jerry “Tumb” Tumbler, disegnate sempre da Victor Hubinon (1947/78).
Non
convinto che il fumetto sia una professione che gli possa garantire un futuro
sicuro e redditizio, nel 1952, Charlier prende la
licenza di pilota e vola per un breve periodo con la compagnia aerea, di
bandiera belga, Sabena. Deluso dall’ambiente di
questo nuovo lavoro, Charlier decide di tornare, a
tempo pieno, alla bédé, consapevole di aver fatto,
comunque, esperienze utili per le sue storie aviatorie.
Nel
1956, molti autori di fumetto insoddisfatti del trattamento economico riservato
dagli editori decidono di firmare una carta per la formazione di un
sindacato di categoria. Furioso per l’iniziativa, ritenuta ingiustificata, Troisfontaines, capo della World Press, decide di
licenziare in maniera arbitraria tre firmatari per dare un forte esempio anche
a tutti gli altri. Jean-Michel Charlier, uno dei
leader della “rivolta”, interviene con fermezza per assicurare il reintegro
immediato dei tre nomi esclusi. Troisfontaines, alle
strette, accetta di riassumere Eddy Paape e Gérald Forton, ma si rifiuta
categoricamente di riprendere anche René Goscinny.
Per
solidarietà e per mantenere fede all’impegno assunto, Albert Uderzo e Jean-Michel Charlier si
licenziano dalla World Press. Questa decisione non piace affatto agli editori
francesi di fumetto che, per rappresaglia, per un paio d’anni si alleano per
non dare lavoro ai fumettisti ribelli. Per sopravvivere, Jean-Michel Charlier, è costretto a fare lavori occasionali come, ad
esempio, la propaganda porta a porta.
Le
lotte sindacali intraprese convincono Jean-Michel Charlier,
René Goscinny, Albert Uderzo
e Jean Hébrard, ex pubblicitario della World Press,
che una soluzione ai propri problemi possa essere la fondazione di una propria
agenzia. Il gruppo fonda, così, Edifrance che,
inizialmente rileva il periodico Pistolin. Questi cambiamenti
professionali ed editoriali non impediscono, comunque, a Charlier
di continuare il proprio lavoro di sceneggiatore e per Spirou crea, con Eddy Paape, un nuovo
personaggio: il giornalista avventuriero Marc Dacier (1958/67).
Il
29 ottobre del 1959, esce il primo numero del quindicinale Pilote, rivista progettata dallo
stesso Charlier, da Goscinny
e da Uderzo. Jean-Michel Charlier,
fin dal primo numero, firma due serie divenute popolarissime e longeve: il
pirata Barbe-Rouge
(1959/73), disegnata da Victor Hubinon, e i piloti
dell’aviazione francese Michel Tanguy e Ernest Laverdure (1959/66),
disegnata da Albert Uderzo e, poi, da Jijé. Nello stesso numero compare anche un terzo
personaggio: Jacques Le Gall (1959/67) disegnato dal bravo Mitacq. La bella serie dello scout solitario, protagonista
di avventure trepidanti, è, però, meno fortunata e destinata ad avere molto
meno successo delle prime due.
É
con queste serie che Charlier dimostra, ancor di più,
il suo grande talento di narratore, la sua capacità di costruire intrighi
raffinati e complessi in ambientazioni molto diverse tra loro, pur mantenendo
in esse un ritmo sempre sostenuto e avvincente. La sua forza è quella di basare
i propri racconti in un contesto geopolitico reale, regalando al lettore tutte
le sue conoscenze in fatto di tecnologia e strategia militare. Charlier si consacra definitivamente un grande maestro del
genere storico, dello spionaggio e del thriller tecnologico.
Con
il sostegno di Radio Lussemburgo, crea per Pilote, il giornalista Guy Lebleu o anche Allô DMA (1961), disegnato da
Raymond Poïvet. Dal1963, Charlier
diventa caporedattore di Pilote,
rivista nella quale deve essere gestita anche la serie di Astérix di René Goscinny e Albert Uderzo,
divenuta in pochi anni un fenomeno editoriale a livello mondiale.
Al
periodico Pilote è
associato Dargaud, un colosso nel campo dell’editoria
del fumetto francese che raccoglie le storie più belle, pubblicate a puntate
sulla rivista, per riproporle in lussuosi album cartonati.
Jean-Michel
Charlier, nel frattempo, non ha mai abbandonato la
sua collaborazione con le edizioni Dupuis e continua
a scrivere le storie di Buck
Danny e altre serie, pur essendo, già da diverso tempo, in
contrasto con le vedute della dirigenza di stanza a Marcinelle.
Per
aiutare l’amico Albert Weinberg, scrive anche, in forma anonima e non
accreditata, alcune storie del pilota canadese Dan Cooper, la bella serie di aviazione pubblicata sul
settimanale Tintin e
sui volumi editi da Lombard.
Nel
1962, Charlier, mentre lavora a un reportage negli
Stati Uniti, matura l’idea di realizzare un fumetto western. Contatta Jijé, già autore del cow-boy Jerry Spring, ma questi oberato di lavoro, declina l’invito e
consiglia un proprio allievo che, anni prima, si era già proposto allo stesso Charlier per questo genere.
La
prima apparizione di Blueberry
Nel
numero 210 di Pilote,
dell’ottobre del 1963, debuttano, così, le avventure del tenente Blueberry con
le prime due tavole di Fort
Navajo disegnate dal francese Jean “Gir” Giraud.
Il successo della serie è immediato e il personaggio diventa uno dei beniamini
dei lettori della rivista Pilote.
Nel
1967, viene trasmesso il primo episodio della serie televisiva Les Chevaliers du ciel, adattamento delle avventure di Tanguy et Laverdure interpretate
da Jacques Santi e Christian Marin, attori straordinariamente somiglianti ai
personaggi della bédé. La sceneggiatura dei telefilm,
fedele ai soggetti delle storie a fumetti, è opera dello stesso Charlier. Il serial, con le musiche di Johnny Hallyday, prosegue per tre stagioni e ottiene un enorme
successo di pubblico sia in Francia che all’estero. In Italia gli episodi sono
trasmessi dalla Rai e, anni più tardi, dal canale satellitario Canal Jimmy.
La
televisione piace molto a Jean-Michel Charlier che
inizia a collaborare, sempre più spesso, con questo mezzo. Tra i suoi lavori,
il feuilleton Les Aventures du capitaine Lückner del
1973.
In
campo fumettistico, Charlier scrive Mississippi River, il primo episodio
di una nuova serie western per Jean Giraud
intitolata Jim Cutlass,
pubblicata su Pilote nel
1976.
Nel
1979, nel fumetto Michel Brazier adatta per Spirou la sua serie tv Les Diamants du président (1977). I disegni sono di André Chéret, autore stimato con il quale desiderava lavorare.
Per Super As,
versione francese del tedesco Zack,
Charlier scrive una nuova serie chiamata Les Gringos (1979/80)
basata sulla rivoluzione messicana. In uno degli episodi di questa serie
intitolato Nez Cassé, compare Mike S. Blueberry ormai
anziano. Negli Anni Ottanta, dopo la morte di Hubinon
(1979) e Jijé (1980), Charlier
scrive le sue principali serie per altri disegnatori: Buck Danny per Bergèse, Barbe
Rouge per Gaty e Pellerin, Tanguy et Laverdure per
Serres e Coutelis. In
questo periodo crea, per i disegni del neozelandese Colin Wilson, nuovi episodi
de La Jeunesse de Blueberry.
Nel
dicembre 1987, Gilles Ratier realizza l’intervista
più completa con Jean-Michel Charlier, pubblicata
sulla prozine Hop! pochi mesi prima della scomparsa del grande
sceneggiatore. In questa, Charlier tira le somme
della sua carriera:
«Qualche anno fa, ho provato a fare
un conto della mia produzione, e mi sono reso conto, con spavento, di aver
scritto più di cinquecento storie dei miei diversi eroi. Ormai il numero deve
essere salito drammaticamente anche perché ho una pessima memoria. […] Non
sarei in grado, ad esempio, di citare l’elenco di tutti gli album di Buck
Danny. Non ricordo sempre cosa ho già scritto.
Anche all’interno di alcune delle mie storie, a volte dimentico completamente
quello che è successo negli episodi precedenti. Questo a volte mi gioca brutti
scherzi, perché penso di aver avuto un lampo di genio avendo trovato un colpo
di scena o una storia eccellente da scrivere, e mi rendo conto, invece, di
averlo già usato. È molto noioso perché devo distruggere tutto quello che ho
scritto e ricominciare da capo. Ovviamente potrei rileggere le mie storie di
tanto in tanto, ma ora ho difficoltà a leggere i fumetti. Ne leggo ancora
alcuni, anche se è ben lungi dall’essere una forma letteraria che personalmente
apprezzo. […]
D’altra parte, amo la lettura classica, sono un grande consumatore di libri,
soprattutto quelli di storia. Amo il cinema, il teatro, viaggiare anche fuori
dal lavoro… e, come si può vedere, mi piace molto il buon cibo e i buoni vini.
[…] Ho dato precedenza al mio lavoro di sceneggiatore grazie a Jijé. Mentre continuavo disegnare aerei e navi di Buck
Danny, ecc… mi disse che non mi sarei accontentato
nella vita di fare un disegnatore mediocre e che il mio talento era nello
scrivere. Ricordo di essere rimasto traumatizzato in quel momento, perché
economicamente, per me, non era affatto la stessa cosa!
Inoltre, ero ovviamente molto turbato nel vedere le mie capacità di disegnatore
non riconosciute. Detto questo, mi sono subito reso conto che Jijé aveva assolutamente ragione. Gli sono sempre stato
grato per aver avuto l’onestà di dirmelo. […] All’inizio non avevo alcun
desiderio particolare di pilotare un aeroplano. Ma ho capito subito che non
avrei potuto raccontare una storia di aviazione se non lo avessi fatto. […]
Radio Lussemburgo era l’emittente radiofonica più importante, in un’epoca in
cui l’Europa 1 non esisteva ancora e, soprattutto, la televisione non aveva
ancora conosciuto uno sviluppo apprezzabile. Questa stazione voleva creare un
giornale (Pilote) che completasse il suo programma per ragazzi che andava in
onda ogni giovedì pomeriggio. […] Il lancio del primo numero è stato davvero
straordinario, avevamo venduto 300.000 copie.
[…] Nel 1960 feci un reportage alla Edwards Air Force Base, Nevada, dove vengono
testati tutti i dispositivi, tutti i prototipi di aeroplani americani. Lì
vicino ho visitato i luoghi del vecchio west. Nella mia vita non avrei mai
pensato di realizzare un fumetto western, tornai con l’irrefrenabile voglia di
scriverne uno. È successo che diversi anni prima, Jean Giraud
era venuto a trovarmi chiedendomi se volevo scrivergli una sceneggiatura
western. Gli ho detto che non era proprio il mio genere e che non volevo
approfondire questo argomento. Di ritorno da questo viaggio, stavo cercando un
disegnatore, era lui, e abbiamo creato Blueberry! […]
Non c’è una sola storia di Blueberry che non sia
direttamente ispirata da eventi reali. C’è sempre un punto di partenza
strettamente storico in tutte le mie storie.
In Blueberry, molti personaggi secondari sono
realmente esistiti. Sono inseriti nella saga con i loro veri nomi e con il
ruolo che hanno effettivamente svolto nella vita. Per scrivere una
sceneggiatura parto, quindi, sempre da un fatto reale. Questo mi costringe a
mettere insieme una notevole quantità di documentazione come articoli di
giornale, libri o foto. In effetti, è questo il segreto! L’importante è trovare
il punto di partenza sul quale realizzare un certo numero di colpi di scena.
Per il resto è un lavoro classico, nel senso che la sceneggiatura di un fumetto
è scritta più o meno come quella di un film. […]
Per le sceneggiature ho un grosso problema, difficilmente riesco a scrivere più
di dieci pagine in una volta. Dopo questa fase, mi mancano le idee. Devo
passare a un’altra serie e, poi, a un’altra ancora. Poi ricomincio per dieci
pagine e vado avanti così fino alla fine. […] I disegnatori con cui lavoro
intervengono pochissimo nella progettazione dei soggetti. Ovviamente sottopongo
loro queste storie, ma è molto raro che mi chiedano modifiche. È successo
alcune volte che Jean Giraud mi abbia chiesto di
prolungare un ruolo, perché affascinato dal personaggio che io l’avevo
concepito solo come comprimario. Il caso più eclatante è quello di Mac Clure che doveva apparire solo per quattro o cinque tavole
al massimo. Giraud gli trovò un fisico molto
particolare e mi disse che sarebbe stato un peccato non farlo tornare. […] Blueberry è una serie un po‘ speciale, poiché a differenza
delle altre mie storie, è una serie che ho progettato nel suo insieme, su un
arco di diverse dozzine di album. Fin dall’inizio, sapevo esattamente cosa si
sarebbe svolto, di album in album, nella storia della vita di Blueberry. […]
A volte intervengo nel lavoro del disegnatore, soprattutto per spiegare loro
cosa voglio che mostrino in questa o quella tavola. Accompagno la mia
descrizione, di per sé molto dettagliata, con uno schizzo che faccio io stesso.
Con questo non voglio assolutamente invadere il loro ruolo, perché bisogna
lasciare a tutti loro la possibilità di interpretare le cose come credono, si
tratta semplicemente di indicare loro ciò che non devono omettere. Questo non
vincola gli autori che poi disegnano come vogliono e, generalmente, è migliore
di quello che io stesso avrei potuto immaginare. Con i più giovani mi è
capitato di intervenire e chiedere loro di rifare alcuni disegni. Anche con
Jean Giraud, ho chiesto di rifare copertine che non
ritenevo buone. Ma è sempre stato in tono molto amichevole. Ovviamente
riconosco il loro diritto di criticare le mie sceneggiature e di chiedermi
modifiche se qualora lo ritenessero necessario.»
Jean-Michel
Charlier muore a Parigi il 10 luglio 1989 all’età di
64 anni. È sepolto nel cimitero di Saint-Cloud (Hauts-de-Seine).