le voci che
corrono
Elsa Schiaparelli
Elsa Schiaparelli, SHOCKING
LIFE. Autobiografia di un'artista della moda, Alet, Padova 2008
(“Il
Giornale” , sabato 7 marzo 2009 ) Ben più di una
semplice stilista, Elsa Schiaparelli negli anni Trenta ha rivoluzionato il
mondo della moda insieme alla sua rivale Coco Chanel. Una geniale
anticonformista, la Schiaparelli (1890-1973), che in questo libro racconta la
storia della sua vita: dalla giovinezza inquieta nella Roma sonnolenta di
inizio secolo, all’incontro con la modernità rombante a New York fino alla
Parigi degli anni ’20 e ’30 brulicante di bohémien. Amica di artisti come
Duchamp, Man Ray, Dalì, collaborò con loro e si ispirò alle loro opere per
realizzare capi incredibili e stravaganti, facendo di ogni vestito una
tavolozza unica ed esplorando l’uso di nuovi tessuti e materiali. Fu lei a
inventare il colore rosa shocking, pensato per la confezione dell’omonimo
profumo con una silhouette femminile, poi ripreso da Jean Paul Gaultier negli anni
’90. Ma Elsa non si limitava alle creazioni eccentriche: fu la prima a
reinventare l’abbigliamento sportivo e a lanciare le giacche con le spalle
imbottite. In lei tradizione europea e innovazione americana si uniranno per
dare vita alla moda come la conosciamo oggi.
§
(Carlo Romano, “Il Secolo XIX”, 22 febbraio 2009) … … … Col pittore (Dalì,
ndr) il rapporto fu del resto assi fecondo tanto che, ispirato alla sua
“Venere coi cassetti” è un originale tailleur denominato “scrivania” (le tasche
erano a forma di cassetto, ovviamente). Ma fecondo non fu solo il rapporto con
Dalì: si pensi a Man Ray, a Picabia, a Duchamp, a Stieglitz che aveva
cominciato a conoscere a New York, dove si era dapprima trasferita all’epoca di
uno sfortunato matrimonio. Questo intermezzo
americano con alcuni protagonisti, fra emigrati e no, del dadaismo, le aprì la
mente prima ancora delle porte quando scelse la destinazione parigina che le
portò fortuna e le procurò un posto di tutto rispetto nella temperie
immaginativa degli anni Trenta e del surrealismo. Il suo prodotto probabilmente
più celebre e “iconizzato”, come si direbbe oggi, il cappello a forma di scarpa
con tacco alto, possiede in un certo senso la forza di un commento alle polemiche che correvano allora
fra Breton e Bataille, tutti e due collaboratori di “Minotaure”, sul significato alto (per il primo) o basso (per il
secondo) che si dovesse dare al materialismo: se esso, in altre parole, dovesse
coincidere più con la testa o più coi piedi.
Elsa Schiaparelli – Schiap per i francesi -proveniva da una famiglia in parte
piemontese (il padre) e in parte napoletana (la madre) trasferitasi a Roma,
dove Elsa nacque nel settembre del 1890. Era una famiglia borghese colta che
risiedeva a Palazzo Corsini. Il padre diresse la biblioteca dell'Accademia dei
Lincei per molti anni e insegnò lingua e letteratura araba all’Università. Fra
la parentela poteva vantare il fondatore del Museo Egizio di Torino, Ernesto
Schiaparelli, e lo zio Luigi, paleografo. Inizialmente avrebbe voluto fare
l’attrice e si dedicò pure, con qualche successo, alla poesia. Finì anche in
convento (spinta dalla famiglia) e si dedicò all’infanzia abbandonata. A suo
dire la cotta per la moda la prese visitando con un’amica l’atelier di Paul
Poiret, il sarto che aveva “liberato” le donne dalla servitù del busto.
La sua prima collezione la presentò nel 1927, e già era chiaro il
rapporto con l’arte d’avanguardia del suo tempo. Lavorò via via con Giacometti,
Leonor Fini, Cocteau e altri. Lanciò il golfino “trompe l’oeil”, sul quale il
fiocco attorno al collo era stampigliato. Via via ne apparvero altri con su
disegnati i tatuaggi da marinaio o persino lo scheletro umano (cose che
diventeranno comuni molto ma molto più tardi, sulle T-shirt dei giovani
d’oggi). Di grande effetto fu la giacca con appiccicate due mani maschili che
creavano l’illusione di un abbraccio. Fra i clienti vantava Greta Garbo e la
duchessa di Winsdor. Tuttavia i segnali dell’epoca non erano tranquillizzanti.
L’editoriale dell’ultimo numero di “Minotaure”
registrava queste minacce, ma si diceva convinto di una nuova primavera nella
quale la presenza del mito avrebbe riportato la vita al suo trionfo,
inevitabile “come gli alberi in fiore”. Il dopoguerra nella moda fu di netta
cesura con quella che l’aveva preceduta. Trionfava Dior e quando “Schiap” nel
1954 decise di mettersi da parte, la rivale Chanel prese nuovamente a mietere
successi. Legata a un “trentismo” di lussi e stravaganze ci si dimentica troppo
spesso che la Schiaparelli fu anche l’ardita sperimentatrice di nuovi tessuti
economici e cerniere. Fu innanzitutto la grande interprete della moda come
gioco.